Lo studio dell’invecchiamento è oggi più che mai attuale, dato il generale desiderio di bloccarne il decorso permettendoci quindi di contare su aspettative di vita sempre maggiori. Ma quali origini hanno i processi di invecchiamento? E soprattutto perché dobbiamo invecchiare?
La biologia evoluzionistica ci mostra, anche se può sembrare una magra consolazione, che tutti gli eucarioti invecchiano, ad indicare che l’invecchiamento ed i processi che ne regolano le varie fasi sono stati modellati durante l’evoluzione per svolgere specifiche funzioni.L’ipotesi più accreditata sull’origine dell’invecchiamento suggerisce che esso rappresenti un processo di difesa in cui ogni organismo, dato l’accumulo durante la vita di numerosi danni al genoma ed ai propri organi e tessuti, risulta essere programmato per evitare di trasmettere danni alla prole.
L’invecchiamento non sarebbe quindi un processo passivo (che si manifesta a seguito dei danni subiti), ma un processo attivo ed altamente regolato volto a ridurre il rischio di trasmissione di danni ai figli. Un esempio è impedire ad individui non più giovani di riprodursi e favorire un loro coinvolgimento nella cura dei “nipoti”. Un aggiornamento di questa ipotesi è stata recentemente pubblicata da Martin Ackermann e colleghi sulla rivista Aging Cell. Nell’articolo intitolato “On the origin of aging”, Ackermann mostra come l’invecchiamento non sia tipico solamente degli organismi pluricellulari, ma rappresenti una strategia vincente anche per organismi unicellulari (sia procarioti che eucarioti), sinora considerati “immortali”. L’ipotesi corrente era, infatti, che a seguito del processo di divisione, ogni organismo unicellulare si replicasse producendo due cellule identiche, in cui tutto il contenuto cellulare veniva ripartito equamente. Al contrario, secondo la teoria proposta da Ackermann, l’invecchiamento permetterebbe anche a livello di organismi unicellulari di distinguere individui che agiscono come “genitori” (che accumulano tutte le componenti cellulari già sottoposte ad usura) rispetto a “neonati” che ricevono strutture neosintetizzate e quindi perfettamente funzionanti. La miglior strategia riproduttiva sarebbe, quindi, quella di distribuire in modo asimmetrico le componenti cellulari già usurate tra “cellula madre” e “cellula figlia” in modo da avere una cellula che accumula le strutture “vecchie” ed una che riceve tutte le strutture neoformate. Questa strategia di distribuzione asimmetrica porterebbe anche ad un rischio asimmetrico di riportare danni ovvero la cellula figlia risulterebbe enormemente vantaggiata rispetto a quella parentale.
Secondo il modello di Ackermann e colleghi, quindi, l’evoluzione avrebbe favorito attivamente la realizzazione di programmi di invecchiamento che distinguano chi si riproduce rispetto alle generazioni filiali, facendo in modo che queste ultime abbiano tutti i benefici derivanti dal ricevere strutture perfettamente funzionanti. L’invecchiamento sarebbe quindi una strategia sviluppata precocemente nella storia dei viventi in quanto efficace per garantire alle nuove generazioni di avere le migliori possibilità di sopravvivenza e riproduzione.
Per ogni organismo vivente (sia unicellulare che pluricellulare) invecchiare sarebbe una scelta strategica per investire le risorse migliori per garantire un futuro prospero alla propria prole: tutto sommato quindi invecchiare può essere considerato un buon investimento!
Martin Ackermann, Lin Chao, Carl T. Bergstrom, Michael Doebeli (2007) On the origin of aging. Aging Cell 6: 235-244 (http://www.ingentaconnect.com/content/bsc/ace/latest).
Mauro Mandrioli
No comments:
Post a Comment