Certo non ispirano molta tenerezza gli Amplipigi, artropodi appartenenti alla Classe degli Aracnidi, simili a scorpioni appiattiti e senza coda. Ma dietro quell'apparenza davvero inquietante essi celano una vita sociale piena di attenzioni per i propri piccoli e per i propri fratelli.
Sono piu' di 130 le specie di Amblipigi note a tutt'oggi: i loro corpi hanno dimensioni variabili da pochi millimetri a quattro centimetri. Questi aracnidi sono dotati di due lunghi pedipalpi frontali che terminano con uno stiletto, che usano per catturare le prede. Il primo paio di zampe e' invece molto sottile ed allungato, assomigliando a vere e proprie fruste, che l'animale usa come organi sensoriali. Gli Amblipigi sono diffusi nelle regioni tropicali e subtropicali di tutto il mondo e sono attivi per lo piu' di notte, mentre durante il giorno restano nascosti sotto le pietre o le foglie della foresta, in ambienti preferibilmente ricchi di umidita'. Gli studi finora condotti avevano indagato soprattutto le caratteristiche degli adulti, scoprendone i rituali di accoppiamento e la grande aggressivita', che puo' addirittura sfociare nel cannibalismo.
In un'estesa e completa ricerca i cui risultati appaiono sull'eloquente rivista Journal of Arachnology, l'entomologa Linda Rayor descrive invece le cure materne di Phrynus marginemaculatus e di Damon diadema, le due specie che la ricercatrice studia abitualmente nel suo laboratorio: la madre coccola i suoi piccoli accarezzandoli con le lunghe "fruste" anteriori. Anche i piccoli mostrano un'intensa vita sociale: essi restano in gruppo per lungo tempo, continuando a mantenere tra loro il contatto fisico. L'amore fraterno cessa pero' bruscamente intorno ai 12 mesi di vita, quando i fratelli raggiungono la maturita' sessuale, e cominciano a esibire comportamenti aggressivi l'uno contro l'altro.
Molti sono gli aspetti evolutivi ed ecologici che la Rayor intende chiarire su questi interessanti animali: una piu' ampia comprensione dei comportamenti osservati in P. marginemaculatus e D. diadema gettera' certamente nuova luce sull'evoluzione della socialita' tra gli artropodi.
Paola Nardi
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