A partire da metà del ‘900 molti biologi evoluzionisti hanno distinto i fenomeni micro- e macro-evolutivi. Alla luce delle moderne conoscenze in biologia evoluzionistica questa distinzione è ancora utile?
I termini microevoluzione e macroevoluzione sono stati coniati per la prima volta nel 1927 dall’entomologo russo Iuri'i Filipchenko, il quale li utilizzò nel suo libro Variabilität und Variation, che rappresenta il primo tentativo di conciliare la genetica mendeliana con i principi dell’evoluzione. Si deve però sottolineare che la valenza con cui questi termini venivano usati era differente rispetto a quella attuale anche in considerazione del fatto che molti scienziati russi di inizio secolo non erano affatto sostenitori delle teorie darwiniane.
A partire dagli anni ’40 entrambi questi termini vengono ripresi da Richard Goldschmidt per distinguere fenomeni dovuti alle mutazioni ed alla selezione naturale da fenomeni biologici più complessi e responsabili di quelli che Goldschmidt chiamava evolutionary novelty ovvero quelle strutture o comportamenti che di tanto in tanto compaiono durante l’evoluzione contribuendo in modo importante al successo di chi li possiede. Goldschmidt ritenne necessario distinguere, quindi, i fenomeni microevolutivi da quelli macroevolutivi, perché dei primi si conoscevano le cause, mentre dei secondi no.
Sicuramente, quando a partire dagli anni ’80 diversi Autori, quali Steven Stanley, Stephen J. Gould and Niles Eldredge, hanno iniziato a riutilizzare questi termini avevano in mente un’idea diversa e facevano riferimento, come è ancora oggi, alla microevoluzione come somma di quei processi di evoluzione che agiscono a livello di popolazioni e specie e alla macroevoluzione per indicare quello che accade nel tempo a taxa di ordine superiori quali i generi, le famiglie, etc...
Una semplice distinzione tra micro- e macroevoluzione la troviamo nel libro Evolution di Mark Ridley (2004), in cui l’autore scrive “Macroevolution means evolution on the grand scale, and it is mainly studied in the fossil record. It is contrasted with microevolution, the study of evolution over short time periods, such as that of a human lifetime or less. Microevolution, therefore, refers to changes in gene frequency within a population. [...]. Macroevolutionary events are much more likely to take millions of years. Macroevolution refers to things like the trends in horse evolution [...] or the origin of major groups, or mass extinctions, or the Cambrian explosion [...]. Speciation is the traditional dividing line between micro- and macroevolution”.
E’ realmente ancora attuale questa distinzione tra microevoluzione e macroevoluzione o è possibile e necessario, viste le recenti scoperte in materia di evo-devo e di network genici, ricondurre la macroevoluzione all’interno della microevoluzione?
Un aspetto interessante di questa domanda risiede nel fatto che mantenere o eliminare questa distinzione non ha solamente un valore scientifico, ma potrebbe anche servire per ridurre le possibili ambiguità utilizzate contro l’evoluzione da parte di neocreazionisti o sostenitori dell’intelligent design.
Un invito alla riflessione su questo argomento lo si può trovare nel saggio intitolato “Is there such a thing as macroevolution?” pubblicato da Massimo Pigliucci sulla rivista Skeptical Inquirer.
Particolarmente importante è a mio avviso l’invito ai biologi evoluzionistici con cui Pigliucci conclude il saggio: keeping a constant dialogue with the public is crucial.
Chi più del popolo di Pikaia può concordare con questa affermazione?
Mauro Mandrioli
Massimo Pigliucci (2007) Is there such a thing as macroevolution? Skeptical Inquirer, vol 31, issue 2, pp.18-19.
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