Due specie "distanti" 250 milioni di anni aiutano a svelare i segreti del diverso utilizzo dei geni per ottenere un corretto sviluppo embrionale.
Claude Desplan e Steve Small, biologi al Centro di Genetica dello Sviluppo della New York University, hanno recentemente pubblicato i risultati della loro avvincente ricerca sulla rivista Science. Lo studio ha avuto come protagonisti due sistemi modello, costituiti dal celeberrimo moscerino della frutta Drosophila melanogaster e dalla vespa parassitoide (che depone cioe' le proprie uova all'interno di pupe di varie mosche) Nasonia vitripennis; due specie le cui strade filogenetiche si separarono circa 250 milioni di anni fa. Le due specie, malgrado il luongo cammino fatto separatamente, presentano a tutt'oggi numerosi aspetti morfologici simili: esse utilizzano gli stessi geni e le stesse interazioni tra geni, ma qualcosa e' cambiato nel modo di sfruttare lo stesso materiale genetico per operare lo sviluppo dell'organismo.
In particolare, il dittero D. melanogaster utilizza un morfogene materno specifico del suo ordine, denominato bicoide (bcd), per promuovere la strutturazione del segmento anteriore dell'embrione durante il simultaneo sviluppo dei segmenti corporei lungo l'asse anteroposteriore: e' il gradiente del prodotto di espressione di questo gene a guidare lo sviluppo anteriore del moscerino. D'altra parte N. vitripennis, appartenente all'ordine degli Imenotteri, non possiede il morfogene bcd: come viene guidata la segmentazione di questo insetto? La vespa ottiene gli stessi risultati utilizzando piu' geni, le cui funzioni rimangono separate e discrete: il gene materno denominato orthodenticle (otd, presente anche in Drosophila e implicato in essa nello sviluppo embrionale del cervello) opera in vece di bcd per cio' che riguarda lo sviluppo anteriore, e regola l'espressione dei geni giant (gt) e hunchback (hb), in modo che testa e torace si sviluppino correttamente. Le stesse due azioni promosse da bcd in D. melanogaster vengono dunque svolte da geni diversi in insetti che non possiedono questo gene.
Studi come questo sono assolutamente benvenuti perche' servono a chiarire, al di la' delle conoscenze sempre piu' approfondite acquisite in decenni su particolari sistemi modello, le diverse dinamiche di sviluppo che hanno avuto modo di evolvere in specie separate da una notevole distanza filogenetica.
Paola Nardi
No comments:
Post a Comment