Uno studio congiunto di quattro gruppi di ricercatori ha analizzato i genomi di uomini e scimpanzè, stabilendo che la differenza genetica tra le due specie sarebbe di circa il 6%.
Uomini e scimpanzè hanno un patrimonio genetico comune di circa il 94%, quindi presentano geni eclusivi di ciascuna specie per solo il 6% del genoma. Questo è quanto asseriscono, in una ricerca congiunta, quattro gruppi di ricercatori di differenti università: la Bristol University, la University of Colorado, la University of Michigan e la Indiana University of Bloomington. Questa nuova stima della differenza genetica tra uomo e scimpanzè, come risultato di un nuovo metodo di comparazione tra sequenze di DNA, è stata riportata sull'edizione inaugurale di Public Library of Science ONE (PLoS ONE), una rivista open access su cui è disponibile l'articolo originale.
I ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sulle "famiglie di geni" dell'uomo (Homo sapiens sapiens), dello scimpanzè (Pan troglodytes), del topo (Mus musculus) e del cane (Canis lupus familiaris). Le "famiglie di geni" sono gruppi genici che si ritrovano molto simili o identici in tutti gli organismi, in quanto presentano un'origine filogenetica comune. Sono stati esaminati 110.000 geni appartenenti a 9.990 famiglie geniche delle quattro specie in esame. Lo studio si è poi concentrato sulle famiglie geniche comuni a uomo e scimpanzè, nel tentativo di ricostruire le modificazioni geniche che hanno portato all'evoluzione dell'uomo a partire dal progenitore comune alle altre scimmie antropomorfe. L'analisi sembrerebbe dimostrare che molte delle differenze genetiche tra le due specie sono dovute alla duplicazione o alla perdita di alcuni geni, soprattutto quelli che inluenzano le funzioni cerebrali, piuttosto che alla mutazione di essi. In altre parole, sia la perdita che il guadagno di singoli geni ha contribuito alla divergenza tra l'uomo e gli altri primati. Infatti, tramite un metodo statistico, gli scienziati ipotizzano che la nostra specie abbia guadagnato 689 nuovi geni, attraverso la duplicazione di geni già esistenti, e perso altri 86 dal momento della divergenza tra noi e gli scimpanzè dal nostro progenitore comune. Includendo nell'analisi i 729 geni che i nostri "cugini" sembrano aver perduto, la differenza totale tra le due specie ammonta a circa il 6% del patrimonio genetico.
Questi risultati non confutano la comune convinzione che i DNA delle due specie differiscano solo per 1,5% della sequenza nucleotidica, ma evidenziano che esistono vari modi per stabilire la distanza filogenetica tra specie diverse. Non si esclude che in futuro vengano creati metodi comparativi in grado di rendere conto sia delle differenze esistenti tra le sequenze di basi, sia, a livello più macroscopico, delle differenze strutturali dei genomi.
Andrea Romano
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