Nell'eterna disputa tra natura e ambiente nel plasmare la mente e il comportamento umano, ecco un nuovo tassello nel quadro dell'intricata interazione tra geni e ambiente che si riscontra in una delle piu' importanti malattie mentali.
E' l'uno per cento circa della popolazione umana a soffrire di schizofrenia, una grave patologia neuropsichiatrica che porta a "sentire le voci", avere allucinazioni e a soffrire di molti altri disordini mentali. Dopo piu' di cent'anni di dibattito, approcci psicoanalitici del tutto fallimentari e tentativi piu' recenti di una razionalizzazione tra una condizione necessaria genetica altamente ereditabile e l'interazione di questa con particolari condizioni ambientali, alcune delle quali addirittura intrauterine, uno studio anglo-tedesco, che trova spazio nel numero di Gennaio del Journal of Proteome Research rivela come i biomarcatori associati alla malattia non si riscontrino soltanto nel sistema nervoso centrale ma anche in altri tessuti, e rendano i soggetti schizofrenici maggiormente inclini ad altre patologie, quali diabete di tipo II e malattie cardiovascolari.
Sabine Bahn ha guidato un gruppo dell'Universita' di Cambridge e dell'Universita' di Colonia a scoprire che le proteine alterate legate alla schizofrenia si ritrovano anche nei tessuti epatici e nei globuli rossi dei pazienti esaminati. Dopo aver recentemente scoperto un corposo set di proteine alterate nel cervello di pazienti schizofrenici deceduti, in questo nuovo studio di proteomica la Bahn ha cercato le stesse proteine in tessuti non nervosi di pazienti deceduti e non (nel caso deli globuli rossi), scoprendone ben 14 a livello del fegato e 8 nei globuli rossi. Molte di queste agiscono accelerando lo stress ossidativo e, in generale, degradando il metabolismo energetico all'interno delle cellule: secondo l'autrice sarebbe proprio questa la causa primaria del progredire della malattia non solo a livello cerebrale, ma anche in altri distretti del paziente schizofrenico, portando all'insorgenza di numerose altre patologie croniche.
Questa scoperta e' importantissima non solo per capire meglio come la malattia agisce a livello cellulare e come essa progredisce, ma apre nuove strade allo sviluppo di strumenti diagnostici e di farmaci ad oggi non disponibili.
Ricordo infine ai lettori di Pikaia che Matt Ridley, noto divulgatore scientifico inglese, ha dedicato alla storia dello sviluppo delle conoscenze sulla schizofrenia un intero capitolo, intitolato La follia delle cause nel suo ultimo libro, Il gene agile (Adelphi, 2005); in esso l'autore discute sulla difficolta' nel distinguere tra causa ed effetto in sistemi di tale complessita'.
Paola Nardi
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