Gli attuali processi di conservazione dei fossili causerebbero una notevole perdita del DNA contenuto in essi, rendendoli meno utili per le analisi molecolari.
I fossili appena rinvenuti conterrebbero circa sei volte il DNA presente nei reperti conservati nei musei. Inoltre, presenterebbero il doppio delle sequenze geniche in buono stato. Questa notizia, pubblicata sulla rivista PNAS, è il risultato del lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Institut Jacques Monod di Parigi. La causa di questa discrepanza sarebbe attribuibile ai processi di conservazione e ai trattamenti subiti dai fossili appartenenti alle collezioni museali. Sembra quindi opportuna la realizzazione di nuovo metodo di conservazione dei fossili in grado di preservare l'importante risorsa contenuta in essi, utile a ricostruire, anche tramite analisi molecolari, l'evoluzione delle forme di vita sulla Terra.
Dell'articolo originale è disponibile l'abstract.
Andrea Romano
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