Uno studio molecolare dimostrerebbe che la colonizzazione umana dell'Australia avvenne solo una volta circa 50.000 anni fa. Dal quel momento in poi le popolazioni residenti in Australia non ebbero contatti con quelle asiatiche, rimanendo isolate per migliaia di anni.
Si conosce poco sulla colonizzazione umana dell'Australia. Se, da un lato, paleontologi e antropologi sono concordi nell'asserire che l'uomo moderno giunse per la prima volta nella regione australiana tra 50.000 e 60.000 anni fa, dall'altro, vi sono opinioni contrastanti riguardo eventuali successivi arrivi.
Infatti, alcuni ricercatori sostengono che l'unico modo per spiegare la presenza dei fossili umani molto diversi tra loro che sono stati rinvenuti sia ipotizzare varie migrazioni. Altri, al contrario, ritengono che sia avvenuta una sola colonizzazione per mano di uomini di origine africana che attraversarono tutta l'Asia e la Nuova Guinea fino a giungere in Australia, e che, in seguito, non vi sia stato flusso genico per migliaia di anni. Uno studio, pubblicato on line su Proceedings of the National Academy of Sciences, darebbe credito a questa seconda ipotesi.
Un gruppo di ricercatori dell' Università di Tartu, in Estonia, ha condotto un'analisi molecolare sul cromosoma Y e sul DNA mitocondriale (mtDNA) che viene ereditato solo per via materna, di un vasto campione di uomini provenienti da Australia, Nuova Guinea e Asia. Dopo aver calcolato il tasso di mutazione medio, gli studiosi hanno potuto affermare che gli abitanti indigeni di Australia e Nuova Guinea si separarono dai parenti asiatici circa 50.000 anni fa, proprio il periodo in cui si fa risalire la conquista umana dell'Oceania. Inoltre, lo studio stabilisce che australiani e melanesiani si divisero circa 20.000 anni or sono.
Le differenze genetiche riscontrate dimostrerebbero anche il mancato flusso genico per migliaia di anni verso la regione australiana, confermando dunque l'isolamento geografico degli aborigeni dal resto del mondo.
Andrea Romano
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