La migrazione più lunga tra i mammiferi è messa in atto dalle megattere che si spostano dalle acque dell'Antartide a quelle delle zone più temperate dell'America Centrale durante i mesi dell' inverno australe.
Uno studio, condotto da Kristin Rasmussen e collaboratori del Cascadia Research Collective, ha documentato la migrazione più lunga operata da una specie di mammiferi. La specie in questione è la megattera (Megaptera novaeangliae) e la distanza percorsa raggiunge gli 8400 Km, pari alla distanza tra l'Antartide e le coste centroamericane del Costarica.
I ricercatori hanno monitorato numerosi individui di megattera, di età e sesso differenti, dalle madri con i piccoli ai gruppi costituiti solo da maschi, tramite procedure di fotoidentificazione. Hanno quindi verificato che gli spostamenti verso le zone equatoriali (entro i 20 gradi di latitudine di entrambi gli emisferi) avvengono durante l'inverno australe, mentre verso l'Antartide nei mesi estivi.
Questo comportamento può rinforzare l'ipotesi, caldeggiata da molti anni ma mai dimostrata, che le megattere migrino durante i mesi invernali per svernare in zone dove l'acqua è più calda e ricca di nutrienti. Infatti, la temperatura media delle zone di svernamento, comprese tra l'Ecuador e la Costarica, è compresa tra 24 e 28 C e le coste pacifiche dell'America Centrale sono interessate da un intenso fenomeno di upwelling, caratterizzato dalla risalita di nutrienti dai fondali per mezzo delle correnti sottomarine. Le megattere, così, si sposterebbero nelle regioni calde per consumare minori risorse energetiche nei processi di termoregolazione e ottenere maggiori quantità di cibo. Gli individui che maggiormente beneficiano di tale comportamento sarebbero i giovani ancora in fase di crescita che potrebbero utilizzare le energie risparmiate nei processi metabolici per aumentare di dimensioni ed ottenere in futuro un maggior successo riproduttivo.
Sarebbe proprio questo vantaggio, affermano i ricercatori, che spinge questa lunghissima migrazione, altrimenti difficilmente spiegabile.
L'articolo è apparso sulla rivista Biology Letters.
Andrea Romano
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