Tradizionalmente, e per definizione, le cosiddette “scienze esatte” – prima tra tutte la fisica – si basano sul tentativo di individuare leggi universalmente valide. In biologia, invece, il concetto di “eccezione” non ha mai spaventato i ricercatori: si cercano leggi che abbiano valenza ampia, ma non necessariamente universale. Tuttavia, sostiene la Fox Keller, il sempre maggiore apporto di matematica, fisica, informatica e ingegneria nella realizzazione di modelli biologici pone l’interrogativo se anche la biologia in sé debba porsi gli stessi obiettivi delle discipline al cui apporto essa ricorre.
Un esempio piuttosto paradigmatico di proficua applicazione alla biologia di leggi generali mutuate dalla fisica, secondo diversi biologi e a detta della maggioranza dei fisici che si occupano di biologia, è quello offerto dalle “reti prive di scala” (scale-free), ovvero sistemi la cui architettura complessiva si genera attraverso un meccanismo di addizione preferenziale, in cui una nuova connessione della rete si attacca al sistema a livello di un particolare nodo preesistente, con una probabilità direttamente proporzionale al numero preesistente di connessioni a quel nodo (per semplificare, viene spesso detto che si applica la semplice regola: “i ricchi diventano sempre più ricchi”). Contando il numero di nodi della rete con ugual numero di connessioni si ottiene una legge di potenza, con pochi nodi che hanno molte connessioni e molti nodi con piccole connessioni. I rapporti si mantengono inalterati aumentando il numero di nodi della rete, e anche quando si considera la rete a diverse scale gerarchiche (da cui il nome scale-free). Questo tipo di dinamica sembra essere particolare ed esclusivo dei sistemi complessi, anche di quelli biologici (vale, per esempio, per le interazioni tra proteine, nella regolazione genica, nelle dinamiche di diffusione dei virus…), e secondo alcuni autori è una delle poche leggi matematiche, forse l’unica, che possa essere definita come universalmente valida in biologia. L’autrice dell’articolo esprime tuttavia alcuni dubbi sulla reale utilità di questo approccio: la legge della potenza, sebbene diffusa, non sarebbe ubiquitaria come si pensa, e non fornirebbe alcuna spiegazione in relazione ai meccanismi che la generano.
L’interrogativo sulla liceità di applicare leggi universali in biologia era stato già posto, tra gli altri, da un centenario Ernst Mayr nel suo volume What makes biology unique? (tr. it. L’unicità della biologia, Raffaello Cortina Editore). Mayr sostiene che una delle caratteristiche distintive della biologia rispetto alle altre discipline scientifiche sia proprio l’assenza di leggi naturali universali: «non vi è dubbio che in biologia», egli dice, «le leggi abbiano un ruolo piuttosto trascurabile nella formulazione di una teoria». Le cause di questo sarebbero il ruolo cruciale di probabilità e casualità nei sistemi biologici, e la natura storica di molti dei processi dei viventi. «A causa della natura probabilistica della maggior parte delle generalizzazioni che si effettuano nella biologia dell’evoluzione, è impossibile applicare il criterio di falsificabilità proposto da Popper per controllare una teoria, perché il caso particolare in cui una data legge venga apparentemente confutata potrebbe non essere altro che un’eccezione, simile a tante altre in biologia». Sebbene alcuni autori – come Mark Buchanan in Nexus – sostengano che “se la contingenza appare come la firma della storia, la legge della potenza è l’altrettanto precisa firma di un ordine più basilare che emerge nonostante la dirompente accidentalità della scienza storica”, secondo Evelyn Fox Keller le generalizzazioni applicate alla biologia non possono che essere provvisorie, poiché l’emergenza della vita e la sua successiva elaborazione dipendono e sono vincolate proprio dalle dinamiche storiche contingenti.
Occorre dunque distinguere con forza tra i “concetti” che caratterizzano la biologia (selezione, speciazione, filogenesi…) e le leggi delle scienze fisiche, e tenere in considerazione, inoltre, che tutti i processi biologici sono soggetti a una duplice causalità: sono regolati da programmi genetici oltre che da leggi naturali: «non esiste al mondo un singolo fenomeno o processo vivente che non sia» scrive Mayr, «in parte controllato da un programma genetico contenuto nel genoma».
Probabilità e caso, contingenza storica, duplice causalità: Ernst Mayr conclude che non si può effettuare un parallelismo tra le basi della scienza biologica e quelle delle scienze fisiche, e che si rende necessario che la filosofia della biologia si sviluppi su un impianto concettuale ben distinto dalla filosofia delle scienze fisiche. La sfida è aperta.
Paolo Cocco e Astrid Pizzo
Fonti:
· Buchanan M. (2002). “Nexus. Small Worlds and the Groundbreaking Science of Networks”. W.W. Norton & Company, New York (tr. it. di Laura Serra, Nexus. Perché la natura, la società, l'economia, la comunicazione funzionano allo stesso modo. Mondadori, Milano 2004).
· Fox Keller E. (2007) “A clash of two cultures”. Nature 445 (7128): 603.
· Mayr E. (2004) “What makes biology unique? Considerations on the autonomy of a scientific discipline”. Cambridge University Press, New York (tr. it. di Cristina Serra, L’unicità della biologia. Sull’autonomia di una disciplina scientifica. Raffaello Cortina Editore, Milano 2005).
Ne abbiamo parlato…su Pikaia
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