Una speciale tecnica spettroscopica, denominata assorbimento transiente, permette per la prima volta di "vedere" all'opera i raggi ultravioletti mentre danneggiano il DNA, in un intervallo temporale di una frazione di picosecondo.
La ricerca, realizzata da chimici della Ohio State University e dell'Universita' di Monaco, guidati da Bern Kohler e pubblicata recentemente in un report sulla rivista Science, fa luce sui meccanismi di alterazione con cui la radiazione elettromagnetica ultravioletta agisce sulla molecola del DNA, ed in particolare sulla natura degli stati eccitati che quest'ultima raggiunge, per poi subire una trasformazione chimica irreversibile, tale da danneggiarne la struttura. Secondo gli autori, sarebbero gli stati eccitati di breve durata ad essere i piu' pericolosi: essi innescano una reazione che lega due timine (la timina e' una delle quattro basi azotate dei nucleotidi che formano il DNA) presenti sulla doppia elica. La frequenza con cui si realizza questo accoppiamento (detto dimerizzazione), e quindi il danneggiamento, dipende dalla posizione che le due basi vengono ad assumere quando sono colpite dalla radiazione ultravioletta. Il DNA e' infatti in continuo e rapido movimento, ma i processi di irraggiamento sono ancora piu' rapidi, e possono cogliere la doppia elica nella conformazione piu' sensibile alla dimerizzazione di due timine.
Se il DNA di una cellula subisce molte di queste alterazioni, esso non sara' piu' in grado di far funzionare opportunamente la cellula: quest'ultima verra' quindi soppressa o, alla lunga, si determinera' l'insorgenza di fenomeni cancerosi. E' infatti ormai ampiamente accettato il modello secondo il quale le mutazioni provocate dalle radiazioni ultraviolette sulle cellule epiteliali o sui melanociti (le cellule preposte alla produzione della melanina) possano portare al cancro della pelle. Sebbene il team non abbia osservato il fenomeno direttamente in una cellula, avendo operato con DNA isolato, e' la prima volta che si osserva direttamente il danneggiamento della doppia elica, grazie alla sofisticata tecnica spettroscopica "ultraveloce" adottata.
I risultati ottenuti spingono gli autori a concentrarsi sulle conformazioni che il DNA puo' assumere e sui fattori che le determinano: sono questi infatti che potrebbero fornire la possibilita' di predire in che misura la doppia elica sara' danneggiata dalla radiazione ultravioletta.
Paola Nardi
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