Anche ieri, 9 Febbraio, grande successo per il Darwin Day di Milano. C’era davvero molta gente a seguire la sessione che si è svolta nel pomeriggio dedicata a Darwin geologo.
Dopo i saluti di apertura effettuati dal direttore del Museo di Storia Naturale Enrico Banfi e dall’assessore ai beni culturali Vittorio Sgarbi, il moderatore delle sessione, Guido Chiesura, ha dato inizio a un pomeriggio che ha regalato a molti un nuovo modo di vedere Darwin.
Il primo intervento è stato di Pietro Corsi, professore di Storia della Scienza a Oxford e grandissimo studioso di Lamark, che ha parlato della condizione delle scienze prima di Darwin sia nella geologia che nell’ambito dell’evoluzione.
Anche le due relatrici che hanno seguito Corsi sono venute dall’Inghilterra, da Cambridge.
Sandra Herbert in realtà lavora per l’università del Maryland negli Stati Uniti, ma attualmente è a Cambridge per poter approfondire le sue ricerche sulla figura di Darwin geologo.
La Herbert, storica della scienza e autrice di un libro intitolato proprio Darwin. A geologist, ha meravigliosamente illustrato la carriera geologica del giovane Darwin che si trovò a muovere i suoi primi passi da geologo in questa scienza appena nata e in rapida evoluzione.
Si è parlato delle carte geologiche realizzate nella prima metà dell’ottocento, e in particolare quelle effettuate proprio grazie ai rilevamenti fatti durante il viaggio del brigantino Beagle, la cui missione era in primis cartografica. Grazie alle splendide immagini e alle altrettanto splendide parole tratte dal capitolo XIV del Viaggio di un naturalista intorno al mondo, Sandra Herbert ha fatto vivere le emozioni che Darwin provò davanti ai meravigliosi panorami che incontrò nel suo viaggio, come ad esempio nella Terra del Fuoco o davanti al vulcano Osorno in Cile, che riuscì a osservare di notte durante un eruzione. Anche grazie a queste sue esperienze Darwin si rese conto che il pianeta era vivo, non era un elemento fisso e statico. L’idea dell’evoluzione, quindi, nasce negli occhi e nel cuore di un geologo.
Entrambe le relatrici inglesi hanno sottolineato come Darwin sia stato un buon geologo, soprattutto per quanto riguarda il lavoro di campo.
Liz Hide, geologa, lavora presso il Sedgwick Museum della Cambridge University e gli esemplari raccolti da Darwin sul campo li può vedere ogni giorno.
“Durante il suo viaggio sul Beagle il naturalista inglese ha raccolto circa 2000 campioni di rocce e la maggior parte di questa collezione è conservata proprio al Sedgwick Museum”.
La Hide ci racconta di come Darwin catalogava i campioni che raccoglieva scrivendo tutto nei sui libri di appunti e nei suoi diari. Con un racconto appassionato e ben documentato la Hide ha mostrato la precisione del metodo adottato da Darwin. “Tutti gli appunti rappresentano la materia prima per i lavori che avrebbe poi pubblicato sugli atolli corallini, sui vulcani e su molto altro ancora”.
“La capacità di Darwin di descrivere in poche parole le caratteristiche essenziali dei campioni rocciosi che raccoglieva, lo rendevano sicuramente un capace geologo, usava tutti i suoi sensi nelle descrizioni che faceva: colori, suoni, odori.” La geologa inglese ha anche illustrato quali strumenti egli utilizzava per studiare la geologia dei luoghi che visitava: la lente, il microscopio il goniometro e altri strumenti per analizzare le proprietà chimiche e mineralogiche dei campioni rocciosi.
“Darwin era un uomo della sua epoca e il suo lavoro di campo riflette perfettamente questa cosa. Nonostante ciò il suo modo di lavorare e organizzare la raccolta dei campioni è ancora alla base del lavoro che si svolge ancora oggi sul campo.”
“Il lavoro di raccolta e catalogazione di Darwin è impressionante. “A moment of patient labour” come disse Alfred Harkernel nel 1970.”
Liz Hide terminando il suo bellissimo intervento ha poi evidenziato come Darwin si dedicasse a tutti gli ambiti scientifici con successo: “la sua curiosità e i suoi studi sono così vasti da fare invidia a ogni ricercatore del presente. Al giorno d’oggi ognuno si focalizza su un certo argomento specifico, anche a causa delle diverse pressioni cui la scienza è sottoposta”.
L’ultimo relatore della serata è stato Gian Battista Vai, geologo dell’Università di Bologna che ha parlato delle molte originalità riscontrabili dal punto di vista geologico nel lavoro di Darwin. Partendo dalle parole scritte da Darwin durante il viaggio sul Beagle, Vai ha illustrato come egli anticipò in modo brillante concetti di alcune teorie che furono poi studiate e provate molto tempo dopo. Si tratta di idee riguardanti la tettonica a placche, i terremoti, i vulcani, le scogliere coralline,la paleobiogeografia, le strutture sedimentarie, le estinzioni e molte altre ancora.
Questo pomeriggio della seconda giornata del Darwin Day ha svelato la bellezza e l’impostanza del lavoro geologico di Darwin, e ci fa capire che il geologo è stato molto oscurato dal biologo.
Durante il suo viaggio, prima ancora del suo ritorno in Inghilterra, Darwin aveva inviato una lettera dove richiedeva la sua iscrizione alla Geologica Society di Londra, fondata nel 1807, la prima al mondo, e questa lo aveva accettato come membro nel 1837.
“La GSL era l’organizzazione dove si sentiva più a suo agio, dove si sentiva a casa”, dice Sandra Herbert, “credo che Darwin si sarebbe definito in primis un geologo, più ogni altra cosa, questo era ciò che lui era”.
Chiara Ceci
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