Ospite del Dipartimento di Scienze delle Terra A. Desio dell’Università degli Studi di Milano, il paleontologo Micheal J. Benton si racconta a Pikaia.
Si sono svolte all’inizio settimana presso il Dipartimento di Scienze delle Terra A. Desio dell’Università degli Studi di Milano per la Scuola di Dottorato in Terra, Ambiente e Biodiversità, le lezioni tenute dal prof. Michael J. Benton, paleontologo dell’University of Bristol. Autore del libro Vertebrate Paleontology, testo su cui hanno studiato la paleontologia moltissimi geologi e naturalisti, Benton ha tenuto per tre giorni delle interessantissime lezioni dove ha parlato di estinzioni e di macroevoluzione.
Il prof. Benton ha raccontato a Pikaia quali sono le sue attuali linee di ricerca: “Al momento io e il mio gruppo stiamo lavorando principalmente su materiale terrestre relativo all’ estinzione di massa delle fine del Permiano in Russia. Molti colleghi in altre parti del mondo lavorano alla parte marina (tra cui alcuni proprio qui a Milano, sia su pesci che su invertebrati) e altri ancora sempre alla parte terrestre in sud Africa. Stiamo lavorando in Russia da ormai una decina di anni e vogliamo cercare di capire quanto grave fu quell’evento di estinzione di massa e se ci sia stata una certa selettività ecologica, cioè se per esempio gli animali più grandi o i carnivori sono stati più danneggiati degli altri gruppi. Siamo anche molto interessati al recupero avvenuto dopo l’estinzione di massa, visto che il numero delle specie diminuì drasticamente e vorremmo capire meglio come le specie che sono sopravvissute si sono riprese dopo la grande crisi.
Mi occupo anche dello studio delle forme della storia della vita, ovvero di come la vita si sia diversificata negli ultimi 500 milioni di anni. Al momento c’è un grande dibattito in paleontologia riguardante la qualità del registro fossile: lo si può davvero usare in modo empirico per ottenere dati oppure si deve accettare che i fossili sono controllati da fattori geologici? Alcuni sostengono che il registro fossile sia solo un segnale geologico e contenga ben poche informazioni biologiche. Altri, me incluso, pensano invece che sia possibile leggere nei fossili alcune informazioni biologiche e che si possono trarre delle conclusioni sull’evoluzione.
Sono poi anche molto interessato alla ricostruzione dell’albero della vita, al pattern filogenetico di tutte le specie, viventi e fossili, e di come si può ricostruire questo albero della vita. Per ottenere la reale forma di questo albero sarà necessario lavorare in parallelo con la biologia molecolare. Se si è interessati all’evoluzione, all’ecologia, all’etologia è importante sapere la vera forma dell’albero dei gruppo di animali che si studia. Altrimenti tutte le supposizioni sui tassi di cambiamenti saranno completamente sbagliate. Sappiamo che molti degli alberi che si vedono nei libri di testo sono errati. Recentemente abbiamo visto, ad esempio, una rivoluzione nella comprensione dei rapporti nei mammiferi, gli Afrotheria. Nessuno sapeva niente degli Afrotheria 10 anni fa e ora tutti accettano le nuove visioni. Si tratta di uno dei gruppi più studiati, quindi io sospetto che quando si dedicheranno le stesse attenzioni ad altri gruppi verranno trovati altri cambiamenti rivoluzionari negli alberi filogenetici. Credo che i mammiferi fossero già un gruppo dove si sapeva che ci doveva essere un pattern che non conoscevano, quindi credo si attendesse solo di scoprirlo e ora sembra abbastanza chiaro, le prove sono forti.
Molte delle persone che contrastano la teoria dell’evoluzione spesso portano come prova a sostegno della fallacità delle teoria di Darwin l’ esplosione di forme di vita che si vede nel Cambriano. Benton ci ha raccontato la sua opinione in merito e ha spiegato come lui creda che non si sia trattato di un’esplosione ma di una fase di evoluzione molto rapida. “Esiste una lunga tradizione tra i creazionisti ad esagerare ogni tipo di discussione. Se la scienza sta affrontando una sano e genuino dibattito, essi diranno che in realtà non sappiamo nulla. Per quanto riguarda l’esplosione del Cambriano. ci sono diversi punti di vista. È vero che il registro fossile sembra mostrare una comparsa di moltissimi nuove forme di vita in modo abbastanza rapido, ma non è stato certo istantaneo. Stiamo comunque parlando di 10-20 milioni di anni, che è un tempo del tutto accettabile per spiegare una comparsa delle specie che non necessita certo una creazione. Non è una vera e propria esplosione e non c’è bisogno di nessun miracolo per spiegarla. Esiste un dibattito tra quelli che sostengono un modello di evoluzione rapida e quelli che ne sostengono uno con tempi più lunghi. Alcuni dati molecolari suggeriscono che l’origine dei metazoi risale a molto prima dell’esplosione cambriana, quindi i creazionisti leggono questo dibattito dicendo che in realtà non sappiamo nulla. In realtà c’è sempre più una buona corrispondenza tra la datazione dei fossili e quella molecolare. È un errore sostenere che si è lavorato su questo argomento per moltissimo tempo e ancora non sappiamo bene come sono andate le cose. In effetti noi possiamo capire molto, è certo necessario continuare a studiare e forse è più una questione di metodi che altro. Purtroppo i creazionisti hanno una visone piuttosto ottusa e non credo che ci sia molto che possa dirgli uno scienziato per fargli cambiare idea.
Ecco dove si possono trovare le spiegazioni di Benton sull’accuratezza dei metodi di datazione dei fossili e sulle prove delle transizioni evolutive e alcune delle principali pubblicazioni del paleontologo inglese: Benton, M. J., Tverdokhlebov, V. P. and Surkov, M. V. 2004. Ecosystem remodelling among vertebrates at the Permian-Triassic boundary in Russia. Nature 432, 97-100. Benton, M. J. and Ayala, F. J. 2003. Dating the tree of life. Science 300, 1698-1700. Benton, M. J. 2001. Finding the tree of life: matching phylogenetic trees to the fossil record through the 20th century. Proceedings of the Royal Society of London, Series B 268, 2123-2130. Benton, M. J., Wills, M. and Hitchin, R. 2000. Quality of the fossil record through time. Nature 403, 534-538.
Per le foto ringraziamo il prof. Andrea Tintori, organizzatore dell’evento.
Chiara Ceci
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