Comprendere le regole della natura e dell'evoluzione e riuscire a produrre proteine funzionali in laboratorio..... Potrebbe sembrare una chimera, ma Rama Ranganathan e i suoi colleghi biochimici e farmacologi della UT (University of Texas) Southwestern e all'Howard Hughes Medical Institute (HHMI) stanno riuscendo nell'impresa. Lo scorso 22 settembre sono apparsi due articoli su Nature, nei quali gli autori illustrano il loro progetto ed i risultati raggiunti.
L'obiettivo piu' generale della ricerca di Ranganathan e' quello di studiare i cosiddetti sistemi di "signaling" all'interno della cellula (gruppi di proteine impegnati nella formazione e propagazione di un segnale, come nel caso, ad esempio, della fotorecezione), e di come questi si siano strutturati e modificati nel corso dell'evoluzione. Nell'ambito di questa ricerca viene annunciata la sintesi di proteine artificiali funzionali, ottenute analizzando la storia evolutiva di famiglie di proteine naturali. Le proteine attuali, infatti, conservano traccia dell'eredita' lasciata dalle versioni piu' antiche delle stesse in termini di struttura e funzionalita', ed hanno subìto nel tempo un processo di "fine tuning".
E' noto che la struttura primaria di una proteina, cioe' la semplice sequenza con cui gli amminoacidi sono legati tra loro, ne determina la struttura tridimensionale finale (detta "fold"), e di conseguenza le specifiche funzioni biologiche che svolge all'interno della cellula. Nessuno ad oggi e' pero' in grado di prevedere in che modo una data sequenza di amminoacidi si ripieghera', e quale struttura tridimensionale assumera'. Un piccolo cambiamento nella sequenza, come lo scambio tra amminoacidi o la sostituzione casuale di anche uno solo di questi, puo' facilmente determinare un cambiamento nella struttura tridimensionale e cio' comporta inevitabilmente la perdita della funzionalita'. In pratica quello che non si sa e' la quantita' minima di informazione
necessaria e sufficiente per specificare la forma e la funzione di una proteina.
R. Ranganathan studia dal punto di vista evolutivo il processo di design delle proteine, e sta scoprendo che questo potrebbe essere piu' semplice di quanto finora pensato. Il gruppo di ricerca ha analizzato una particolare famiglia di proteine ed ha individuato i due principali aspetti concorrono al mantenimento della caratteristica struttura e funzione di queste. Uno e' legato alla conservazione nella famiglia di alcune posizioni degli ammonoacidi sulla catena dei vari membri: se l'evoluzione le conserva, vuol dire che esse sono fondamentali per la funzione svolta. Il secondo e' legato alla co-evoluzione di alcune posizioni nella sequenza di amminoacidi, cioe' alcune posizioni evolvono insieme e risultano percio' accoppiate: tutto questo emerge dall'uso di tecniche computazionali di Statistical Coupling Analysis (SCA). Per la particolare famiglia in esame, queste regole sono state codificate in un software, che ha generato nuove sequenze proteiche, le quali sono state poi ri-tradotte nei corrispondenti geni "artificiali". I geni cosi' prodotti funzionano davvero, visto che, inseriti in Escherichia coli, hanno permesso la sintesi delle corrispondenti proteine sintetiche, le quali rispondono alla struttura e funzione gia' manifestate dalla famiglia in esame. Poche interazioni riguardanti un set decisamente piu' piccolo di amminoacidi, e non l'intera sequenza della catena proteica, potrebbero dunque costituire l'informazione necessaria e sufficiente per svelare il mistero del "folding".
Il futuro di questa ricerca e' ancora piu' affascinante: inserire geni artificali in organismi piu' complessi e vedere se e come le proteine artificiali da essi prodotte competono, secondo le regole dell'evoluzione, con le proteine naturali gia' presenti.
Paola Nardi
1 comment:
quello che stavo cercando, grazie
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