Wednesday, March 30, 2005

Il ritorno del concetto di “Razza umana”

Il ritorno del concetto di “Razza umana”

Il 22 marzo scorso è stato pubblicato, prima sul New York Times e poi sul quotidiano Repubblica, un articolo di Armand Marie Leroi, biologo dello sviluppo all’Imperial College di Londra, che propone di rivalutare l’utilità del concetto di “razza” umana, messo precedentemente in crisi e fortemente indebolito dai colpi delle teorie di grandi genetisti e biologi del nostro tempo, tra gli altri Luigi Luca Cavalli Sforza, Richard C. Lewontin, Guido Barbujani e Alberto Piazza, i quali hanno dimostrato l’inconsistenza scientifica dell’idea razziale attraverso correlazioni di diverse frequenze di varianti geniche in diverse popolazioni. Leroi sostiene, al contrario, che le razze esistono e che, inoltre, considerare la loro esistenza come criterio di classificazione potrebbe aiutare l’assistenza sanitaria, attraverso la realizzazione di farmaci mirati alle “predisposizioni” razziali delle persone. L’intervento del biologo inglese ha suscitato forti polemiche (soprattutto a causa del suo richiamo a criteri razziali di tipo “estetico”) e il giorno successivo, sullo stesso quotidiano, il genetista italiano Marcello Buiatti ha criticato duramente la sua ipotesi. Sulla plausibilità scientifica del concetto di razza, Buiatti richiama i lavori della maggioranza della comunità scientifica, in particolare cita una ricerca di Sarah Tishkoff e Kenneth Kidd, che hanno dimostrato come le classificazioni razziali descrivano in modo non adeguato la distribuzione dei geni nella specie umana. Il che significa, secondo lo stesso Buiatti, che: “gli esseri umani sono portatori di variabilità genetica e le differenze si distribuiscono in modo che non ha niente a che fare con le classificazioni in ‘razze’ di ‘ottocentesca’ memoria”. Nell’evidenziare quali conseguenze si porta dietro questo concetto, riprendo un passo dell’intervista, apparsa sempre sullo stesso numero del quotidiano, allo scrittore e giornalista scientifico Franco Prattico, a cui è stato chiesto a chi gioverebbe la reintroduzione del concetto di razza: “innanzitutto, ovviamente, ai razzisti che si troverebbero autorizzati a proporre metodi eugenetici per il ‘miglioramento’ dell’umanità basati su appartenenza a gruppi etnici e riclassificati come razze; ma la popolarità della ‘buona novella’ si estenderebbe a tutti quelli, e sono moltissimi, che veramente pensano che il modo più efficiente per stare meglio sarebbe quello di cambiarci i geni o facendo riprodurre quelli che hanno i varianti ‘buoni’ o modificando patrimoni genetici con le tecniche dell’ingegneria genetica”. E ancora: “…la selezione artificiale dell’essere umano ricorda da vicino l’olocausto degli ebrei e anche quelli più recenti compiuti in particolare in Africa, per cui ci si rifugia nella visione salvifica di una scienza, la genetica, e delle sue applicazioni che vengono viste come magie capaci di risolvere tutti i problemi”. Tale visione, che individua nella scienza l’unica forma di attività in grado di salvarci, svaluta, inoltre, automaticamente il ruolo della politica; politica intesa nella sua accezione positiva di scienza e arte del governare, costruire e organizzare la nostra vita pubblica e minimizza, in generale, “tutto il terreno dei comportamenti collettivi e sociali dell’umanità”. Questo, sottolinea ancora Prattico, dovrebbe preoccuparci, in quanto la qualità della nostra vita e le direzioni del nostro futuro dipendono, più che dai nostri geni, dalle relazioni che instauriamo con i nostri simili e con l’ambiente che viviamo e costruiamo.

Jacopo Romoli

Riferimenti:
Le Razze non esistono, parola di genetista”, Repubblica, 23.03.2005, p. 41
Approfondimenti:
Un interessante discussione sull’articolo e sul dibattito che questo ha suscitato la si può trovare sul sito di Radio3scienza: 23/03/2005 “Ma che razza di scienziato
[http://www.radio.rai.it/radio3/terzo_anello/scienza/]
Per chi fosse interessato all’argomento consiglio anche il testo: CAVALLI-SFORZA, L., MENOZZI, P., PIAZZA, A., Storia e geografia dei geni umani, Adelphi, Milano, 1997

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