Sunday, August 20, 2006

IL MONDO PERDUTO

IL MONDO PERDUTO (sezione Immaginari&Evoluzione)
Recensione del libro
“I seguiti sono intrinsecamente imprevedibili.”
Ian Malcolm

Ian Malcolm è un matematico specializzato in quel settore della scienza che opera nel campo della cosiddetta Teoria del Caos o Teoria della Complessità.
La teoria afferma che un sistema complesso, cioè nel quale interagiscono un gran numero di parti, ha un’evoluzione strettamente dipendente dalle condizioni iniziali. Ciò porta al motto-paradosso della teoria stessa:

Se una farfalla batte le ali a Pechino cambia il tempo a New York. Con le sue innumerevoli varianti.

Ian Malcolm è anche il personaggio più interessante e carismatico creato da Michael Crichton, e non stupisce quindi che egli abbia imperniato su di lui il seguito di Jurassic Park (JP).
Avete capito bene. Jurassic Park ha un seguito. Del resto chi lo ha letto ricorderà come l’autore abbia lasciato il finale “aperto”.
Non si può peraltro affatto affermare che sia una sorta di “Jurassic Park 2 – la vendetta del T-rex–”
JP infatti viene presentato in forma di antefatto, di premessa. Il mondo perduto ha quindi una sua perfetta individualità. Di certo però Crichton non poteva esimersi dal richiamare in servizio, anzi resuscitare, il suddetto Malcolm.

Bisogna pur fare qualche piccola concessione al pubblico, e a se stessi.

In Jurassic Park abbiamo scoperto che i dinosauri erano esseri complessi. Crichton ci ha guidato fuori dallo stereotipo che vedeva i dinosauri come enormi bestie assassine e prive di cervello.
Erano animali meravigliosi, propagatisi sulla Terra in innumerevoli forme, dal piccolo e agile predatore Procompsognathus, affettuosamente ribattezzato Compy, al gigantesco erbivoro Brachiosaurus. Questa incredibile diversità di forme all’interno di un taxon sono il risultato di una radiazione adattativa su scala globale.

E allora sorgono spontanee le seguenti domande:
Cosa ha reso possibile la radiazione adattativa? Come mai si sono estinti? E che cos’è l’estinzione, e perché è di così difficile interpretazione?

Questi sono i temi centrali affrontati ne Il mondo perduto.

Prima di proseguire è opportuno che io descriva a grandi linee la trama.

La vicenda si svolge a sei anni di distanza dal disastro di Isla Nublar, profetizzato da Malcolm.
La InGen ha insabbiato l’accaduto. Jurassic Park non è mai esistito. Tutto quello che è successo non è mai successo. Gli animali sono tutti morti. Coloro che sapevano hanno tutti firmato un patto di segretezza.

Malcolm, salvatosi per miracolo e malgrado l’esperienza traumatica, ha dedicato una volta ristabilitosi le sue energie intellettuali alla comprensione dell’evoluzione biologica attraverso la scienza del Caos. Le grandi estinzioni sono ciò a cui si interessa di più. E tra le grandi estinzioni quella dalla quale è più attratto è quella verificatasi 65 milioni di anni fa.

Nel frattempo, in Costa Rica, iniziano a circolare strane voci che parlano di animali mai visti prima. Dinosauri? Malcolm è scettico.

Un giovane e arrogante paleontologo lo persuade a partecipare a una spedizione di ricerca. Ciò gli darebbe la possibilità di provare sul campo le sue teorie sulle estinzioni.

All’inizio ho anticipato che il romanzo ruota intorno a Malcolm, e una trama di questo tipo gli lascia infatti un ampio margine di azione.
Malcolm è un immodesto, e spesso si propone come deus ex machina.
Senza timore di rivelare troppo del libro, posso ora anticipare ciò che il matematico assume come presupposto per la comprensione dell’evoluzione biologica attraverso i fenomeni apparentemente antitetici della radiazione adattativa e dell’estinzione.
L’argomento è delineato nella prefazione per mezzo di una magnifica descrizione di una conferenza che Malcolm tiene al Santa Fe Institute, una struttura creata da un gruppo di scienziati di diverse discipline interessati a fare ricerca avvalendosi di quella che è considerata “la scienza del ventunesimo secolo”. La teoria della complessità, appunto. Lascio la parola a Malcolm.

<Ma ancor più importante è il modo in cui i sistemi complessi sembrano trovare un equilibrio tra l’esigenza di un ordine e l’imperativo che impone il mutamento. I sistemi complessi tendono a situarsi in un punto che definiremo “margine del caos”. Immaginiamo questo punto come un luogo in cui vi è sufficiente innovazione da dare vitalità a un sistema, e sufficiente stabilità da impedirgli di precipitare nell’anarchia. E’ una zona di conflitto e di scompiglio, dove il vecchio e il nuovo si scontrano in continuazione. […] se un sistema vivente si avvicina troppo al margine, rischia di precipitare nell’incoerenza e nella dissoluzione; ma se si ritrae troppo diventa rigido, immoto, totalitario. Entrambe queste evenienze portano all’estinzione. L’eccessivo cambiamento è letale quanto l’eccessivo immobilismo. I sistemi complessi prosperano solo al margine del caos.>>

E i dinosauri?

I dinosauri sono una parte del tutto. Ci piacerebbe che fosse possibile osservarli in uno zoo, come nelle intenzioni della InGen, ma non è così. Anche loro devono essere collocati in quel punto burrascoso che sta al margine del caos.

Confessiamolo: ogni volta che leggiamo un articolo o un libro, o vediamo un documentario sui dinosauri ci diciamo: “lo so, è stato il meteorite”.
Ed è vero: gli scienziati sono quasi unanimemente concordi nell’affermare che la causa remota che fece estinguere i dinosauri fu la caduta di un bolide avvenuta sessantacinque milioni di anni fa sulla Terra. Possiamo addirittura vederne la cicatrice nel cratere sepolto di Chicxulub, tra la penisola dello Yucatan e il Golfo del Messico. Non bastasse, prima della scoperta del cratere, il geologo Walter Alvarez e suo padre, il premio nobel Luiz Alvarez, scoprirono una concentrazione anomala, un picco per la precisione, di iridio nelle rocce del limite K-T, cioè lo strato geologico che separa il Cretaceo dal Terziario. L’iridio non è comune sulla Terra, ma abbonda nelle meteore. E’ plausibile che il picco di iridio sia dovuto alla vaporizzazione del meteorite e al successivo deposito delle polveri a livello globale. La scoperta avvenne in seguito all’analisi di campioni rocciosi prelevati nei dintorni di Gubbio in Umbria.

http://hoopermuseum.earthsci.carleton.ca//impacts/iridsp.gif
http://palaeo.gly.bris.ac.uk/Communication/Lee/images/irspike2.jpg
http://www.astro.virginia.edu/class/oconnell/astr121/im/KT_boundary_3.gif
http://hays.outcrop.org/images/keller3e/10_12.jpg
http://img.search.com/5/50/300px-Chicxulub_crater_gravity_map.gif
http://solarsystem.nasa.gov/multimedia/gallery/Chicxulub-browse.jpg

Ma quali furono le cause prossime?
Cosa impedì a queste lucertole terribili di adattarsi alle nuove condizioni? Perché, in qualche modo, i dinosauri oltrepassarono il margine del caos?
Il mondo perduto contiene molte più domande che risposte a questo interrogativo, malgrado Malcolm ostenti una certa sicurezza in proposito.
Sappiamo solo ( e il grande pubblico lo sa anche grazie a JP, libro e film) che, forse, i dinosauri camminano ancora in mezzo a noi, senza bisogno di cercare un Mondo Perduto.

Ritengo opportuno non soffermarmi troppo sull’ omonimo film di Spielberg.
Il mondo perduto Spielberghiano contiene, del libro, solo i personaggi e qualche scena tra le più suggestive. E’ un bel film (Spielberg raramente delude) che però è di avventura.
Non ricalca nemmeno lo spirito del libro, a differenza di quello che accadde con JP, anzi.

Ritengo molto più importante fare notare il titolo del romanzo.
Il mondo perduto è un titolo che fu già utilizzato da un altro autore ben noto.
Credo che il nome (Sir) Arthur Conan Doyle, dica più di qualcosa.
La sua opera, però, è conosciuta dal grande pubblico in modo incompleto.
Era un autore poliedrico e con molti interessi, ma diventò immortale grazie alla figura (chiamarlo personaggio lo reputo poco rispettoso) dell’ investigatore (e scienziato) Sherlock Holmes.

In particolare Doyle (1859-1930) scrisse un romanzo intitolato appunto Il mondo perduto.
Non scriverò la trama, la lascio per un altro articolo. Basti sapere che anche questa volta le lucertole terribili fanno la loro parte. E’ un romanzo anche abbastanza accurato dal punto di vista scientifico. Lo ascriverei quindi, con qualche riserva, al genere fantascientifico.

Per ammissione dello stesso Crichton, l’opera di Doyle ebbe grande influenza su di lui.
Non stupisce quindi che egli abbia voluto rendere omaggio al suo maestro.

Sarebbe bello se Malcolm potesse incontrare Holmes. Conoscendoli, cercherebbero di rubarsi la scena a vicenda.

Stefano Dalla Casa

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