Il libro che vi sottopongo è l’autobiografia di Luca Cavalli-Sforza, una delle figure piu’ importanti nel campo dell’evoluzione genetica e culturale delle popolazioni umane. Lo scienziato, tuttora attivo all’eta’ di ottantatre’ anni, ricopre la carica di professore emerito di genetica alla School of Medicine della prestigiosa Stanford University. Cavalli-Sforza offre al lettore, con l’aiuto letterario del figlio Francesco, il racconto intrecciato e senza censure di una vita avventurosa, sia dal punto di vista umano che da quello scientifico.
Nell’opera, divisa in tre parti, egli parla liberamente delle esperienze personali, raccontando del rapporto con i genitori e delle scelte importanti della sua giovinezza, rappresentate dall’universita’ e piu’ tardi dalle opportunita’ lavorative nel campo della ricerca. Queste vicende si svolgono nei difficili anni della seconda guerra mondiale, quando molte menti brillanti sono costrette a lasciare l’Italia a causa delle leggi razziali introdotte dal regime fascista. Cavalli-Sforza si laurea in medicina, ma viene presto attratto dalla biologia, e comincia la sua attivita’ di ricerca orientandosi verso la batteriologia. In quegli anni incontra il suo primo vero maestro, il genetista
Adriano Buzzati-Traverso (fratello dello scrittore Dino), con il quale conduce esperimenti sulla genetica delle popolazioni di Drosophila. Si rende presto conto della necessita’ di fare esperienza all’estero, e proprio nel suo primo soggiorno a Cambridge avra’ la fortuna di lavorare per quasi due anni accanto a due scienziati (e futuri premi Nobel) della caratura di Joshua Lederberg e Ronald A. Fisher.
Si apre cosi’ la seconda parte del racconto, che vede Cavalli-Sforza ben intenzionato a conquistare una sistemazine definitiva nell’universita’ italiana e ad aprire un campo originale di ricerca. Un provvidenziale contratto della Rockefeller Foundation lo incoraggia a fare la scelta definitiva, e Cavalli-Sforza decide di dedicarsi alla genetica delle popolazioni umane, il campo che lo vede ancora oggi protagonista. La prima ricerca riguarda la deriva genetica nella popolazione della val Parma, utilizzando i gruppi sanguigni. E’ inevitabile, a questo punto, una profonda riflessione sulle cattive abitudini dell’universita’ italiana in fatto di organizzazione e reclutamento del personale scientifico: le traversie incontrate da Cavalli-Sforza per diventare professore piu’ di cinquant’anni fa ci fanno capire che, per usare un eufemismo, le cose non sono per nulla cambiate. Si fa strada in quegli anni nello scienziato l’idea di ricostruire l’evoluzione dell’uomo, analizzando le informazioni genetiche di diverse popolazioni umane.
L’obiettivo e’ di costruire un albero genealogico dell’umanita’, delineando cosi’ la storia dell’espansione dell’uomo moderno. Nell’ambito di questo progettoCavalli-Sforza si dedica allo studio approfondito di una delle popolazioni umane piu’ antiche: i pigmei della foresta tropicale africana. Si susseguiranno dieci spedizioni tra il 1966 e il 1985, e le pagine che le descrivono, ricche di umanita’, trasmettono il profondo rispetto e l’ammirazione dello scienziato nei confronti di questi cacciatori-raccoglitori arrivati fino a noi dall’origine dell’uomo moderno.
Dal 1971 Cavalli-Sforza si trasferisce stabilmente a Stanford e all’inizio degli anni ottanta, quando diventa possibile lo studio della variazione individuale del DNA umano, costruisce il primo albero genealogico umano basato sul DNA mitocondriale (che condurra’ all‘ipotesi di Eva africana): piu’ avanti tocchera’ al cromosoma Y, tuttora oggetto dei suoi studi. Il desiderio di aprire nuovi fronti di ricerca avvicina lo scienziato all’evoluzione culturale, cioe’ all’analisi delle analogie tra genetica e cultura: e’ proprio il linguaggio, vero motore dell’evoluzione culturale, ad attirare irresistibilmente lo scienziato. La linguistica appare come lo strumento ideale per lo studio quantitativo dell’evoluzione culturale. Bisognera’ attendere fino al 1994 per la pubblicazione di un’opera di piu’ di mille pagine intitolata Storia e Geografia dei geni umani, che analizza la correlazione fra geni e lingue. A conclusione della seconda parte Cavalli-Sforza ci spiega perche’ negli Stati Uniti e’ piu’ facile fare il lavoro dello scienziato.
La terza parte, intitolata Che gioco e’ la scienza? e’ quella che da’ maggiormente il titolo all’opera: e’ dedicata particolamente ai giovani, a coloro che si interrogano su quale strada intraprendere e a quale tipo di carriera dedicarsi. E’ una riflessione su scienza, tecnologia, conoscenza e realizzazione personale: e’ quest’ultima la condizione che ciascuno di noi deve perseguire e, come scrive l’autore, <<>>. Una cosa e’ certa: a piu’ di sessant’anni dal suo inizio l’avventura scientifica di Luca Cavalli-Sforza non e’ ancora terminata.
Paola Nardi
1 comment:
Perche non:)
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