Una recente pubblicazione su Plos Genetics mostra come nel corso dell'evoluzione alcune sequenze considerate "DNA spazzatura" sono state utilizzate per modificare l'espressione di alcuni geni.
Scorrendo la lista delle proposte ricreative offerte dall'asilo di mia figlia ho notato una curiosa attività che va sotto il nome di "riciclaggio creativo". Questa attività consiste nel riutilizzare oggetti inutili (quali imballaggi, bottiglie vuote, etc...) per realizzare oggetti che possano avere una qualche utilità casalinga.
Chiaramente questo tipo di attività non ha solamente applicazioni domestiche, ma talvolta genera opere d'arte, perchè laddove il normale cittadino vede un rifiuto, un artista può vedere una risorsa con cui creare. Il riciclaggio creativo non si applica solo agli oggetti, ma a qualsiasi attività umana, tanto che il web designer e fotografo newyorchese Adam Harvey ha messo a punto uno script capace di leggere e scomporre le stringhe di testo dei messaggi SPAM, utilizzandole per ricostruire composizioni artistiche (realizzando una sorta di "SPAM art").
L'idea di riutilizzare materiale di scarto non è però prerogativa umana, dato che fenomeni di "riciclaggio creativo" sono stati frequenti nel corso dell'evoluzione ed in particolare nell'evoluzione del genoma. Esempi di riciclaggio a livello genomico sono rappresentati dai fenomeni di gene sharing (per cui uno stesso gene viene ad essere utilizzato più volte per svolgere funzioni diverse) e dall'utilizzo di geni portati da virus per realizzare geni utili per le nostre cellule.
Il nostro genoma contiene un'ampia quantità di materiale utile al riciclo; infatti, il genoma di tutti i viventi presenta un'abbondante componente data da sequenze che non codificano per alcuna proteina né hanno scopo regolativo o strutturale. Tutte queste sequenze sono state denominate "DNA spazzatura" perchè non svolgono alcuna funzione utile alle cellule. Nel caso specifico dell'uomo, oltre il 40% del nostro genoma è dato da questa tipologia di sequenze. Cosa farne?
Il più delle volte, le cellule semplicemente non utilizzano queste sequenze ed hanno sviluppato meccanismi per impedire a questi inutili tratti di DNA (e pertanto definiti "sequenze egoiste") di fare danni nel nostro genoma o di aumentare eccessivamente il loro numero per evitare di sprecare risorse per la loro replicazione durante i processi di duplicazione del DNA. In particolare, la maggior parte delle sequenze "egoiste" sono costituite da retrotrasposoni, ovvero tratti di DNA che sono dispersi nel nostro genoma e presenti in un elevatissimo numero di copie tanto da essere definiti come sequenze altamente ripetute. Si può realizzare qualche cosa di utile partendo da questo materiale?L'evoluzione, con occhio da artista, ha saputo trovare una risorsa anche in questa "spazzatura molecolare", riutilizzando alcune di queste sequenze per svolgere funzioni utili alla cellula.
Il numero di ottobre della rivista PLoS Genetics pubblica un articolo che ben dimostra come l'evoluzione possa "tramutare in oro" anche tratti di DNA spazzatura. In particolare, Andrea M. Santangelo, Flavio S. J. de Souza, Luca F. Franchini, Viviana F. Bumaschny, Malcolm J. Low e Marcelo Rubinstein mostrano nel loro articolo, intitolato "Ancient Exaptation of a CORE-SINE Retroposon into a Highly Conserved Mammalian Neuronal Enhancer of the Proopiomelanocortin Gene", che tratti di "DNA spazzatura" sono stati riciclati per svolgere funzioni utili.
Nel loro interessante articolo, gli autori dimostrano che uno dei due elementi di controllo dell'espressione del gene codificante per la proopiomelanocortina (POMC), denominato nPE2, è derivato da DNA spazzatura e nel caso specifico da un retrotrasposone.
Il gene codificante per la proopiomelanocortina è molto importante non solo nell'uomo, ma anche in altri metazoi, poiché dalla proteina codificata da questo gene derivano numerosi peptidi bioattivi (tra cui l'ormone adenocorticotropo e la beta-endorfina) per cui è molto importate regolarne l'espressione. Nell'uomo, ad esempio, l'espressione di questo gene a livello ipotalamico è regolata da un elemento denominato nPE2. Questo elemento è altamente conservato ed è presente nei mammiferi placentati, nei marsupiali e nei monotremi, mentre è assente negli altri vertebrati. Attraverso una analisi di tipo "paleogenomico" gli autori hanno cercato di indagare l'origine di questa sequenza mostrando come l'elemento nPE2 derivi dal riutilizzo di parte di un retrotrasposone (nello specifico di un retroposone appartenente alla famiglia MAR1).
In questo caso quindi, parte di un retrotrasposone è stata utilizzata per svolgere una funzione ben diversa da quella originale realizzando quindi a livello molecolare un evento di exaptation dove per exaptation (o exattamento) si intende il fatto che un carattere formatosi per una determinata funzione venga "reclutato" per svolgerne una diversa ed indipendente. Questo concetto, proposto nel 1982 da Gould e Vrba, suggerisce che alcune innovazioni apparse durante il corso dell'evoluzione non siano stato il frutto di un processo di selezione verso quella specifica funzione, quanto il riutilizzo a fini diversi di una struttura già esistente. Un ottimo esempio è l’origine dell’ala, la quale ancestralmente funzionava probabilmente come struttura per la termoregolazione per essere stata poi “riciclata” per il volo secondo una sorta di bricolage (Gould, Bravo brontosauro. Riflessioni di storia naturale, Feltrinelli, Milano, 1992).
L'evoluzione non si è però fermata a questo punto, ma gli autori mostrano come successivamente a questo primo evento di riciclaggio creativo, copie dello stesso retrotrasposone siano state riciclate in altre parti del genoma umano sia a livello di esoni che di introni, mostrando come il genoma umano si sia evoluto creando nuovi geni o nuovi elementi di controllo dell'espressione genica riciclando porzioni di DNA sino a quel momento prive di funzione.
L'articolo pubblicato su PLoS Genetics mi ha fatto ricordare un paragrafo scritto da Francois Jacob nel suo indimenticabile libro intitolato "Evoluzione e bricolage" che ben si presta per descrivere il modo in cui l'evoluzione procede:
"Ma, se si vuole giocare con i paragoni, bisogna dire che la selezione naturale opera non come un ingegnere ma come un bricoleur, il quale non sa esattamente che cosa produrrà, ma che recupera tutto quello che trova in giro, le cose più strane e diverse, pezzi di spago o di legno, vecchi cartoni che potrebbero eventualmente fornirgli del materiale: insomma un bricoleur che utilizza tutto ciò che ha sotto mano per farne qualche oggetto utile (pag. 17, Edizione Einaudi, 1978)".
Mauro Mandrioli
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