Qui troverete avvisi, comunicazioni, segnalazioni su tutte le novita' che potrebbero interessarvi: articoli, libri, eventi, temi controversi, bibliografie, dossier, ecc....
Sunday, April 30, 2006
Darwin Day 2006 a Bari
Vi segnalo una iniziativa che si terrà a Bari il prossimo 3 maggio, con il patrocinio di università e ufficio scolastico regionale. E' la terza edizione del Darwin Day barese. L'intento di questa iniziativa è la realizzazione di un legame tra università/enti di ricerca e scuola su tematiche inerenti la cultura scientifica (e in particolare la teoria dell'evoluzione), al di là della singola giornata celebrativa.
Giornata di studio promossa dall’Associazione Nazionale degli Insegnanti di Scienze Naturali (ANISN) con il Patrocinio dell’Università di Bari e dell’USR per la Puglia
Ore 9,30-11,00
Istituto di Genetica Vegetale, CNR, Via Celso Ulpiani, Antonio Dell’Aquila “L’agricoltura come
motore evolutivo della biodiversità vegetale utile all’uomo”
Museo di Paleontologia, Palazzo di Scienze della Terra, Rafael La Perna “Viaggio nel tempo
attraverso i fossili”
Laboratorio di Biologia delle Alghe, Palazzo di Botanica, Cesira Perrone, Mario De Tullio,
“Conoscere le alghe per capire l’evoluzione”
Museo di Zoologia, Giovanni Scillitani “L’evoluzione della diversità animale”
Aula Magna , Facoltà di Agraria Alessandro Volpone “Darwin e la biologia di fine Ottocento”, “Vicende e teorie della grande Sintesi evoluzionistica nel periodo anni Venti - anni Sessanta del
XX secolo” .
Liborio Di Battista “Storia della biologia e didattica. Una modesta proposta”.
Rosa Roberto “Didattica dell’evoluzione e Unità di Apprendimento”
Ore 15,30-17.30 Aula 11, Facoltà di Agraria
dibattito con interventi di Nicola Melone (Facoltà di Scienze MMFFNN, Università di Bari) “Filogenesi rivisitata con l’ausilio della biogeochimica”.
Giandonato Tartarelli (Scuola Normale Superiore, Pisa) “Un possibile ruolo della selezione
sessuale nell'evoluzione della forma del volto umano?”.
Rossella De Ceglie (Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Bari) “Varietà, specie nuove,
anelli intermedi e testimonianze fossili nell’immagine della natura di Oronzo Gabriele Costa”.
Giambattista Bello (Associazione Arion, Mola di Bari) “Pigmei e giganti tra i cefalopodi”.
Coordina il dibattito Ignazio Lippolis, giornalista e direttore della rivista “Villaggio Globale”
Gli insegnanti interessati al workshop possono prenotarsi al n. 3293176184. Le scuole
devono segnalare la loro partecipazione al numero 3387706674 oppure 0883334253
Un anello mancante nell'evoluzione umana
Dalla celeberrima regione etiope dell'Afar, a nord della capitale Addis Abeba, arriva una nuova entusiasmante scoperta: i resti fossili attribuibili ad almeno otto individui appartenenti ad Australopithecus anamensis forniscono la prova decisiva per comprendere l'origine del genere Australopithecus.
Lo annunciano dalle pagine di Nature i famosi paleoantropologi Berhane Asfaw e Tim White, insieme ad un nutrito gruppo di collaboratori. Cio' che rende davvero importante questo ritrovamento, e' il fatto che per la prima volta e' possibile collegare la prima fase evolutiva umana con la seconda: questi fossili, datati tra 4.1 e 4.2 milioni di anni, presentano caratteristiche anatomiche intermedie tra l'ominide primitivo Ardipithecus ramidus, gia' scoperto da White nel 1992, e Australopithecus afarensis (ricordate Lucy, scoperta da Donald Johansson nel 1974?). Australopithecus anamensis era gia' stato scoperto nel 1965 in Kenya, nella regione del Lago Turkana, e venne classificato definitivamente solo nel 1995: le sue caratteristiche anatomiche, cosi' simili a quelle di Australopithecus afarensis, suggerivano un possibile legame diretto delle due specie: secondo gli autori di questa ricerca, oggi esiste la prova definitiva di cio', avendo finalmente trovato esemplari delle due specie nella stessa zona. Secondo i dati stratigrafici acquisiti, inoltre, il genere Australopithecus si sarebbe rapidamente evoluto da Ardipithecus, in meno di 200.000 anni, con una mutua esclusione temporale dei due gruppi.
Australopithecus anamensis viveva ancora nella foresta, come indica la paleoecologia del luogo: solo le specie successive cominciarono ad allontanarsi da essa. Il ritrovamento di tre specie di ominidi direttamente legate tra loro, insieme a tutti gli altri ritrovamenti che si sono registrati nella zona, permettono a buon diritto di assegnare all'Etiopia, e in particolare alla regione dell'Afar, il titolo di "culla dell'umanita".
Resta comunque ancora acceso il dibattito tra gli antropologi circa il ruolo di Australopithecus nell'evoluzione umana, e cioe' da quale delle specie finora scoperte, se non da una specie ancora da scoprire, si sia poi evoluto il genere Homo.
Paola Nardi
Saturday, April 29, 2006
15th International Conference on the Origin of Life
Volentieri segnaliamo:
15th International Conference on the Origin of Life. Florence, Italy, 24 to 29 August, 2008
Invitation
On behalf of the International Society for the Study of the Origin of Life (ISSOL), we have the great pleasure to invite all those interested in the scientific aspects of the origin of life and related issues to attend the 15th International Conference on the Origin of Life scheduled to take place in Florence, Italy, from 24 to 29 August, 2008.
Because of the multidisciplinary character, the study of the origin and early evolution oflife, the aim of the conference is to discuss and integrate recent discoveries in manifold scientific fields of exo/astrobiology, including interstellar chemistry, comparative planetology, Precambrian paleobiology, chemical evolution and prebiotic chemistry, microbial evolution, genomics, extremophiles, the search for life in the Solar System, as well as historical and educational aspects related to the origin of life.
Your participation and contributions are most welcome. We are sure you will enjoy your stay in the city of Florence, the cradle of the Renaissance, and we are confident that both the scientific and the social programs will ensure a happy and productive academic exchange.
The First Circular including the registration form and the corresponding deadlines is
planned for the end of 2006. Information of the venue of the meeting is available at:
http://www.dbag.unifi.it/issol2008
For further information please contact:
Professor Enzo Gallori, Department of Animal Biology and Genetics, University of
Florence, Italy, enzo.gallori @unifi.it
Professor Renato Fani, Department of Animal Biology and Genetics, University of
Florence, Italy, renato.fani @unifi.it
(come misura antispamming abbiamo inserito uno spazio prima del carattere @, toglietelo per rispondere agli organizzatori)
Il cancro e la biologia evolutiva
Un studio americano applica tecniche di biologia evolutiva per capire i meccanismi di insorgenza e progresso dei processi cancerosi.
La ricerca, recentemente pubblicata su Nature Genetics, reca la firma di Carlo Maley, studioso di oncogenesi cellulare e molecolare presso il Wistar Institute di Philadelphia, e di numerosi altri ricercatori del prestigioso Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e della University of Washington. Maley e' convinto che l'approccio evolutivo nello studio dell'oncogenesi sia fondamentale per determinare la probabilita' che un tessuto precanceroso (o tumorale) si trasformi in cancro vero e proprio. Come e' noto, spesso la condizione precancerosa di un tessuto viene conservata per tutta la vita dell'organismo, senza che questa evolva in cancro: alcuni studiosi hanno paragonato la progressione di un tumore alla stasi macroevolutiva invocata nella teoria degli equilibri punteggiati di Gould e Eldredge. Nonostante la gran parte dei
tumori abbia un'origine monoclonale, cioe' da una sola cellula, durante la storia naturale di questi insorge una certa eterogeneita' cellulare, sulla quale puo' agire la selezione: con la proliferazione di genotipi dominanti si riscontra la progressione del fenomeno oncogenetico.
Per dimostrare la validita' di tale approccio, i ricercatori hanno esaminato per piu' di quattro anni i dati genetici provenienti da 268 pazienti affetti dal cosiddetto "esofago di Barrett": questi presentano una modificazione delle cellule della giunzione gastroesofagea, dovuta all'azione dei succhi gastrici che risalgono a causa di un reflusso. Coloro che soffrono di questa patologia non vengono trattati, ma costantemente monitorati dai medici (mediante endoscopie e biopsie), dato che solo in meno del dieci per cento dei casi essa si trasforma in adenocarcinoma esofageo, un cancro vero e proprio. Durante il periodo di studio e' stato raccolto un database che contiene piu' di 30000 diversi genotipi appartenenti alle cellule dei tessuti precancerosi: questo database e' stato trattato con varie tecniche computazionali, allo scopo di misurare la diversita' genetica all'interno delle cellule tumorali. I risultati hanno fornito una straordinaria correlazione tra diversita' genetica dei tessuti tumorali e probabilita' di progressione verso lo stato canceroso vero e proprio: in particolare, per ogni diverso genotipo di cellule che si va ad aggiungere in un tessuto tumorale, raddoppia la probabilita' che lo stesso si trasformi in tessuto canceroso. Come per qualsiasi organismo vivente, la capacita' di generare un alto numero di mutanti fornisce materiale per la selezione naturale, che guida l'adattamento e il sopravvento delle cellule cancerose sull'organismo ospite.
L'analisi della diversita' genetica delle cellule precancerose potrebbe essere un utile marcatore clinico per determinare il rischio di ammalarsi di un certo tipo di cancro e potrebbe inoltre indirizzare la ricerca farmacologica verso molecole piu' efficaci: secondo Maley, infatti, il fallimento di determinate terapie mediche puo' essere determinato dal fatto che solo alcuni genotipi vengono distrutti dai farmaci, mentre altri, poiche' diversi geneticamente, avranno una certa probabilita' di resistere al trattamento. Il gruppo sta proseguendo nella ricerca, con l'obiettivo di confermare questi risultati su diversi tipi di cancro.
Paola Nardi
Camminare e correre come un tuatara
Salamandre e tuatara ci aiutano a capire l'evoluzione del movimento sulla terraferma degli animali terrestri.
Stephen Reilly, biologo alla Ohio University, ha utilizzato gli animali messi a disposizione dallo Zoo della vicina citta' di Toledo per studiare i meccanismi di locomozione di anfibi come le salamandre e soprattutto dei tuatara, peculiari rettili che vivono sulla Terra da ben 225 milioni di anni. Secondo Reilly e i suoi collaboratori, questi gruppi ben rappresentano i primi vertebrati che cominciarono a camminare e a correre, movimenti finora associati soltanto ad animali cursoriali (cioe' dotati di corsa veloce) quali mammiferi e uccelli.
Il tuatara, in particolare, e' estremamente interessante: questo rettile rincocefalo (due sono le specie oggi conosciute, Sphenodon punctatus e Sphenodon guntheri) oggi a rischio di estinzione, della dimensione di 30-60 cm, e' l'unico rappresentante vivente dell'ordine degli Sfenodonti. Vive esclusivamente su alcune isolette remote della Nuova Zelanda a temperature non superiori ai 25 °C: il suo metabolismo e' estremamente lento, e non e' raro trovare esemplari ultracentenari. Possiede scaglie verdi o marroni, una vistosa cresta dorsale, e presenta caratteristiche anatomiche del tutto particolari, che lo differenziano notevolmente da tutti gli altri rettili. Cio' che piu' stupisce e' che le testimonianze fossili confermano che questo animale e' sulla Terra, senza modificazioni rilevanti, da piu' di 225 milioni di anni: per questo motivo esso rappresenta un modello vivente ideale dei primi tetrapodi che conquistarono la terraferma.
L'aspetto piu' significativo della ricerca, condotta esaminando filmati e determinando la forza esercitata nel movimento su particolari piattaforme, e' consistito nello scoprire che anche questi organismi camminano e corrono: finora per loro era stato ipotizzato soltanto il movimento attraverso una lenta e pesante andatura. Camminare e correre sono modi di locomozione che coinvolgono due diversi processi meccanici: nel primo il centro di massa dell'organismo si trova al di sopra degli arti ad ogni passo; nel secondo il centro di massa si abbassa, mentre tendini ed articolazioni funzionano come molle. Anche salamandre e tuatara usano questi meccanismi, che permettono loro di risparmiare fino al 50% dell'energia necessaria al movimento: dato che questi animali possono essere paragonati ai tetrapodi ancestrali, gli scienziati concludono che camminare e correre erano modi di locomozione gia' presenti quando, piu' di quattrocento milioni di anni fa, i nostri progenitori si apprestarono a conquistare la terraferma.
Nel caso specifico dei tuatara, tuttavia, camminare e correre consumano una uguale quantita' di energia, e si sviluppano alla stessa (bassa) velocita': cio' potrebbe significare che i meccanismi associati a questi "fossili viventi" rappresentano una forma di pre-adattamento, rispetto ai meccanismi che osserviamo oggi nei tetrapodi cursoriali moderni. Dopo aver lavorato con animali in cattivita', Reilly spera ora di ripetere il suo studio su tuatara selvatici, i quali sono pero' sempre piu' difficili da incontrare.
Questa interessante ricerca e' stata recentemente pubblicata sul Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences.
Paola Nardi
Tuesday, April 25, 2006
UN PICCOLO GRANDE DINOSAURO
Un affascinante viaggio alla scoperta del primo dinosauro italiano, un fossile straordinario "in carne e ossa" unico al mondo, in mostra per la prima volta al Museo di Storia Naturale di Milano dal 5 maggio 2006 al 5 maggio 2007
Giovedì 4 maggio alle ore 10.30, nell'Aula Magna del Museo di Storia Naturale, viene inaugurata la mostra "Un piccolo grande dinosauro", con il fossile originale del primo dinosauro scoperto in Italia. Alla presenza di Marco Cattaneo, vicedirettore di Le Scienze, interverranno i paleontologi Cristiano Dal Sasso e Giorgio Teruzzi, curatori della mostra.
Scipionyx samniticus, noto col soprannome di "Ciro", ha catalizzato l'attenzione di tutto il mondo a partire dal 1998 (anno in cui conquistò la copertina di 'Nature') per il suo eccezionale stato di conservazione. A qualche anno di distanza viene ripresentato alla luce delle scoperte più recenti. Si tratta infatti dell' unico dinosauro al mondo in cui si siano fossilizzati gli organi interni. Inoltre è un esemplare immaturo, un raro "cucciolo", appartenente a una specie nuova per la scienza. Insieme al piccolo dinosauro sono esposti tutti i fossili più importanti estratti dal giacimento di Pietraroia (Benevento) a partire dal 1798. I reperti resteranno in prestito al museo milanese per un anno, grazie a una convenzione con gli istituti che ne sono depositari: la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno e il Museo di Paleontologia dell'Università "Federico II" di Napoli.
Dal più piccolo al più grande
A pochi metri dal più piccolo dinosauro carnivoro del mondo, al Museo di Storia Naturale di Milano è possibile ammirare l'enorme muso del più grande predatore terrestre di tutti i tempi: Spinosaurus aegyptiacus. Il fossile esposto, la cui descrizione è appena stata pubblicata su una prestigiosa rivista scientifica internazionale, appartiene a un esemplare lungo 17 metri e pesante 9 tonnellate. Spielberg, in "Jurassic Park III", aveva ragione: lo spinosauro era più grande del temibile Tyrannosaurus rex.
Informazioni: Dr. Ilaria Guaraldi Vinassa de Regny, Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia 55 – Milano, Tel. 02 88463295, Fax. 02 88463281
Dr. Cristiano Dal Sasso, Sezione di Paleontologia dei Vertebrati, Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia 55 – Milano. Tel. 02 88463301, Fax. 02 88463281.
E-mail mailto:cdalsasso@yahoo.com
Ufficio Stampa Assessorato Cultura Comune di Milano
Maria Grazia Vernuccio. Tel. 02 88450292/3, Fax. 02 88450104.
E-mail mailto:mariagrazia.vernuccio@comune.milano.it
In lode di Charles Darwin
Volentieri segnaliamo questo articolo apparso sul Notiziario d’Ateneo dell’Università degli Studi di Milano, Interventi (n. 2 Anno IV, Aprile 2006) dal titolo:
In lode di Charles Darwin
di Marco Ferraguti, Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Milano e Telmo Pievani, Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”, Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Friday, April 21, 2006
Su Pikaia nasce la rubrica L’ora di supplenza, a cura di Alessandra Magistrelli
Ecco la sua introduzione:
Tutti sanno cosa sia un’ora di supplenza. Per l’insegnante è un intervallo di tempo da passare in una classe spesso non sua e in cui può:
- moderare il brusio, lanciando occhiate arcigne qua e là mentre corregge i compiti;
- presentarsi spigliato, cercando di tenere testa alle battute studentesche per lo più grevi;
- aprire un dibattito solitario su qualche importante argomento d’attualità, ponendo le domande e rispondendosi;
- proporre un argomento riguardante la sua materia o quella del collega sostituito e spiegarlo a se stesso, visto che nessuno lo sta a sentire.
Per gli studenti l’ora di supplenza è un’ora vuota di significato da riempire con i mezzi di sempre : chiacchierare indisturbati, studiare per l’ora dopo, mettersi un paio d’occhiali neri e immergersi nel nirvana, sbeffeggiare il supplente, mangiare la pizzetta…
Questa rubrica, rivolgendosi soprattutto ai proff., nasce allo scopo di nobilitare l’ora di supplenza, cercando di renderla un momento leggero sì, ma con un senso, un’occasione per trasmettere e raccogliere informazioni interessanti. Inoltre, è possibile forse fare qualcosa di diverso ancora .Vediamo quali sono gli ingredienti a disposizione: tempo e spazio limitati, uno stile colloquiale, poche pretese di approfondimento.
Forse con questi elementi di partenza si può - perché no- aspirare anche a “un’ora di supplenza” intesa in senso lato e metaforico, come tempo (poco) e luogo (una rubrica) in cui le notizie fornite riescano a soddisfare quel tanto di curiosità che è in tutti, cercando di suscitare nei lettori di Pikaia qualche interesse. Pikaia è un portale sull’evoluzione naturale per cui s’intendono trattare solo temi a carattere scientifico, anche se non tutti sull’evoluzione. A seconda dell’ispirazione di chi scrive, verranno proposte brevi note biografiche di scienziati; succinti racconti di viaggi naturalistici; storie, talvolta incredibili, sul vagare di piante dal luogo di origine verso destinazioni lontane dove hanno fatto fortuna; vita e morte di insetti o di altri animali; semplici suggerimenti su come eseguire un’esperienza in classe con pochi materiali… e altro ancora pescato nel vasto mare della scienza.
Una specie di almanacco Barbanera in cui trovare la notizia diversa, l’aneddoto, un po’ di distrazione . In fondo non si può chiedere di più a un’ora di supplenza.
Visitateci.....qui di seguito troverete le pillole orarie di "saggezza" naturalistica:
21/04/06
Qualche bagattella su Jean Baptiste de Monet, cavaliere di Lamarck.
Recensione di Dragon Hunter: Roy Chapman Andrews and the Central Asiatic Expeditions
Volentieri pubblico il testo pervenuto da Francesco Santini (francesco.santini @utoronto.ca):
Dragon Hunter: Roy Chapman Andrews and the Central Asiatic Expeditions, di Charles Gallenkamp (con prefazione di Michael J. Novacek). 2002. Penguin Books, New York: 344 Pagine. Lo potete trovare su Pikaia
Le dinamiche di popolazione dei pesci pelagici
Le dinamiche di popolazione dei pesci pelagici
Una ricerca durata quindici anni, intrapresa da ricercatori della nota Scripps Institution of Oceanography presso la University of California, San Diego getta nuova luce sulla fauna ittica pelagica che si trova a circa 4000 metri di profondita' nell'Oceano Pacifico nord-orientale.
Gli scienziati hanno seguito per questo lungo periodo di tempo, in una delle regioni piu' difficilmente accessibili ed osservabili del pianeta, la variazione della numerosita' nella popolazione del genere Coryphaenoides, un gruppo di pesci ossei dominanti nella piana abissale esaminata. La popolazione media e' quasi triplicata nel periodo che va dal 1989 al 2004: le tre specie maggiormente studiate sono state il granatiere (Coryphaenoides rupestris), il granatiere abissale (Coryphaenoides armatus) e il Coryphaenoides yaquinae, che si trova solo nel Nord Pacifico. L'area di ricerca, denominata "Stazione M", si trova a circa 200 km a ovest della costa californiana. L'ecosistema e' stato osservato mediante una telecamera montata su di una piccola slitta trascinata da un cavo sul fondale oceanico, a circa 4000 metri di profondita'. Il fenomeno e' stato messo in relazione con l'abbondanza dei consumatori primari (echinodermi, che fanno parte della cosiddetta megafauna bentonica) e secondari (pesci), nonche' con fattori fisici quali le variazioni climatiche superficiali e il flusso di POC (Particulate Organic Carbon): in particolare, i primi due fattori sono risultati particolarmente importanti, mentre gli ultimi due non hanno dimostrato una relazione significativa con l'abbondanza dei pesci pelagici.
Eventi oceanografici come El Niño e La Niña possono infatti modificare repentinamente la disponibilita' di nutrienti nelle acque superficiali, ma occorrono mesi, se non addirittura anni, perche' i loro effetti si ripercuotano sulle condizioni abissali. La popolazione di Coryphaenoides e' aumentata insieme a quella degli echinodermi quali cetrioli di mare, stelle marine e ricci, che costituiscono una parte importante della loro dieta.
Sembra dunque che le cause del boom di popolazione osservato tra questi pesci, non raggiunti dalle attivita' umane di prelievo, debbano essere principalmente addebitate all'aumento del cibo a loro disposizione: si tratta di un controllo di popolazione definito bottom-up, dove l'abbondanza delle prede determina la numerosita' della popolazione dei predatori. Le dinamiche di queste comunita' abissali verranno ora sottoposte dagli stessi ricercatori a modellizzazione matematica, soprattutto per chiarire le differenze rispetto alle comunita' delle acque superficiali: si valutera' il ruolo della disponibilita' di cibo, che negli abissi dipende da diversi fattori ed e' comunque meno abbondante e prevedibile di quella superficiale.
La ricerca e' stata recentemente pubblicata sulla rivista Ecology e reca la firma dei ricercatori David Bailey, Henry Ruhl e Ken Smith.
Paola Nardi
Wednesday, April 19, 2006
Recensioni sul libro di A. Parker, In un batter d'occhio
La rivista Naturalmente ci ha concesso l'autorizzazione a pubblicare la recensione di Luciano Cozzi del bel libro di A. Parker, In un batter d'occhio. Zanichelli, 2005:
Quando l’evoluzione accese la luce
Eccovela in formato pdf su Pikaia.
Sempre sul portale Pikaia potete trovare il sommario dell' ultimo fascicolo della rivista Naturalmente, febbraio 2006, la segnalazione del libro della Zanichelli con alcune informazioni su Parker e altri commenti e infine l'articolo del mensile Quark
Tuesday, April 18, 2006
Timeline evolutiva
Segnalo questo sito (necessita il plugin Flash per funzionare) che mostra una linea del tempo dai primordi fino ai nostri giorni.
Per poter vedere i cambiamenti avvenuti spostate il cursore rosso!
Tiktaalik roseae e i recettori degli ormoni
Wall Street Journal commenta due ricerche che gettano nuova luce sui meccanismi evolutivi e discreditano i fautori dell'ID. La scoperta di un pesce primitivo (intermedio evolutivo), il Tiktaalik roseae di cui abbiamo parlato su Pikaia, e la dimostrazione del disaccoppiamento tra il recettore e l'ormone bersaglio che i fautori dell'ID, per il principio della irriducibile complessità, negano recisamente: Two New Discoveries Answer Big Questions In Evolution Theory
Sunday, April 16, 2006
Filogenesi delle formiche
Sono tra le specie dominanti in moltissimi ambienti terrestri, e le loro 11.800 specie vivono dai deserti alle giungle più fitte. Le formiche hanno conquistato il mondo grazie soprattutto agli adattamenti della vita sociale, che mette a disposizione dei riproduttori milioni e milioni di operaie (in gran parte) sterili e pronte a sacrificarsi per le proprie sorelle.
Uno studio approfondito che ha preso in esame sei geni della famiglia (apparso su Science il 7 aprile 2006, e il cui abstract è raggiungibile qui) ha portato infine a chiarire i rapporti tra le varie sottofamiglie, ma soprattutto capire quando, e soprattutto perché, le formiche abbiano avuto una così incredibile esplosione di specie. Secondo gli autori, dell'università di Harvard e di quella della Florida, le formiche nacquero almeno 140 (forse 168) milioni di anni fa, e rimasero una parte marginale della fauna per circa 50 milioni di anni. Improvvisamente il numero di specie è letteralmente esploso, al confine tra il Cretaceo e l'Eocene.
Gli autori fanno coincidere questa diversificazione ecologica estrema con il sorgere delle Angiosperme, che precedono di poco la nascita delle specie di formiche. Le angiosperme diedero origine a foreste, praterie e altri ecosistemi, perfetti per aumentare le nicchie ecologiche a disposizione di specie adattabili come le formiche. Si sono in questo modo formati due grandi gruppi di specie che comprendono da una parte le formiche predatrici, e dall'altra praticamente tutte le altre specie, dalla tagliafoglie alle coltivatrici di funghi, alle legionarie. Uno degli autori, Connie Moreau, conclude: "Quando le Angiosperme iniziarono a dominare il mondo, le formiche le accompagnarono e approfittarono della loro evoluzione".
Marco Ferrari
Approfondimenti
Dal sito Le Scienze
L'evoluzione delle formiche. Sono comparse per la prima volta oltre 100 milioni di anni fa
Due libri:
Le società degli Insetti. E.O. Wilson. 1976. Einaudi, Torino.
Formiche. B. Holldobler & E.O. Wilson. 1997. Adelphi.
Dal sito MolecularLab
Formiche evitano la riproduzione sessuata per proteggere i propri geni
Da ScienceWeek
EVOLUTIONARY BIOLOGY: ON ANTS
Un sito dedicato interamente alle formiche, AntWeb
Friday, April 14, 2006
Materiali del ciclo di incontri di Venezia: Chiaramente scienza
Nell’ambito del ciclo di incontri scientifici Chiaramente scienza realizzati dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia si è svolta il mese scorso la conferenza Estinzioni di specie ed evoluzione biologica. Ora potete leggere alcuni documenti allegati alla manifestazione:
Ecologia ed evoluzione dell’estinzione di Ferdinando Boero(pubblicato su Villaggio Globale)
Dinosauri D.O.C. di Cristiano Dal Sasso
Finirà la vita sul pianeta Terra? di Gian Antonio Danieli
Biology and Philosophy. Imminenti e prossime pubblicazioni
La rivista Biology and Philosophy annuncia i seguenti interessanti articoli:
Richard E. Michod, On the transfer of fitness from the cell to the multicellular organism
Karen Neander, Moths and Metaphors. Review Essay on Organisms and Artifacts: Design in Nature and Elsewhere by Tim Lewens
Björn Brunnander, What is natural selection?
Günter P. Wagner, How wide and how deep is the divide between population genetics and developmental evolution
Reviews e articoli su Maynard Smith
Sahotra Sarkar, Maynard Smith, optimization, and evolution
Manfred D. Laubichler, Edward H. Hagen, Peter Hammerstein, The strategy concept and John Maynard Smith’s influence on theoretical biology
Alasdair I. Houston, John M. McNamara, John Maynard Smith and the importance of consistency in evolutionary game theory
Ulrich E. Stegmann, John Maynard Smith’s notion of animal signals
Samir Okasha, Maynard Smith on the levels of selection question
Alirio Rosales, John Maynard Smith and the natural philosophy of adaptation
Si', le specie esistono anche per le piante !!
Alcune piante particolarmente promiscue, come quercia, mora e tarassaco, avevano gettato lo scompiglio tra i botanici, portando alla conclusione di non poter dividere il regno vegetale in specie, cosi' come succede per quello animale... Alcuni ricercatori della Indiana University, guidati dal biologo evolutivo Loren Rieseberg, hanno tuttavia ristabilito l'ordine sull'argomento, analizzando in modo certosino quasi 900 specie tra animali e piante, nonche' circa 1350 incroci tra specie: l'articolo, recentemente apparso su Nature, illustra come in realta' non ci siano differenze tra i rappresentanti dei due regni, quando si tratta di collocarli nelle specie di appartenenza. Anzi, e' spesso vero il contrario: e' piu' facile che un incrocio tra due specie animali conduca a ibridi fertili, mentre le specie vegetali utilizzano molto piu' efficacemente la sterilita' degli ibridi per mantenere l'isolamento riproduttivo.
L'analisi e' consistita nell'esaminare e raggruppare statisticamente le caratteristiche morfologiche (attraverso tecniche di tassonomia numerica, o fenetica) e di ibridazione di centinaia di specie di animali e piante presentate in articoli comparsi negli ultimi cinquant'anni sulle riviste scientifiche piu' accreditate. Se da un lato si conferma, in piu' dell'ottanta per cento dei casi, l'effettiva presenza di raggruppamenti fenotipici discreti, talvolta si evidenzia un problema relativo all'assegnazione con troppa facilita' dello status di specie diversa in presenza
di gruppi tassonomici fortemente correlati; i tassonomisti sarebbero dunque troppo inclini a suddividere gli organismi in specie distinte! L'analisi dei dati di ibridazione ha fornito un risultato quantomeno sorprendente: mentre solo il trenta per cento delle circa 500 specie di piante esaminate sono capaci di produrre ibridi fertili, piu' del sessanta per cento delle specie animali prese in esame piu' riprodursi con successo con altre specie. Tutto cio' e' ben diverso dal quadro che solitamente ci viene presentato, dove l'ibridazione di specie animali e' dipinta come rara e molto strana, se non addirittura indotta dall'uomo. In realta' moltissime specie di uccelli e pesci sono in grado di ibridarsi in natura, con un'elevata probabilita' di generare prole fertile.
Secondo Rieseberg e i suoi collaboratori, i botanici sarebbero stati attratti per lungo tempo soprattutto da quelle specie (poche, per la verita': meno dell'uno per cento) che tendono a ibridarsi facilmente e i cui ibridi si riproducono asessualmente.
Mentre resta vivo il dibattito sulla natura biologica e filosofica del concetto di specie, Rieseberg sostiene che questo studio avvalora il concetto di specie come unita' che e' frutto dei processi evolutivi ed e' al tempo stesso capace di promuovere l'evoluzione.
Paola Nardi
Thursday, April 13, 2006
Tiktaalik: piu' di un pesce, quasi un tetrapode
E' rimasto nascosto per circa 375 milioni di anni nelle odierne lontane terre artiche canadesi di Ellesmere Island, a quasi 1000 chilometri dal Polo Nord: e' l'anello mancante tra pesci e vertebrati terrestri!
Tiktaalik roseae campeggia ora sulla copertina dell'ultimo numero di Nature: e' formato da cranio, collo, costole e arti come un tetrapode, ma posside al contempo una mascella primitiva, pinne e squame, come un pesce. Il suo nome e' stato scelto dalla popolazione Inuit del territorio di Nunavut, luogo della scoperta, e nella lingua locale significa "un grande pesce di acqua bassa". Va precisato infatti che nel tempo in cui Tiktaalik viveva, quelle terre si trovavano vicinoall'equatore e formavano un ampio delta fluviale in una zona dal clima subtropicale; l'habitat ideale per determinare una pressione verso la transizione dall'acqua alla terraferma.
Illustrano la fondamentale scoperta con due articoli, frutto di quattro campagne estive, i paleontologi di tre istituzioni americane (Academy of Natural Sciences di Philadelphia, University of Chicago e Harvard University) diretti da Neil Shubin, Ted Daeschler e Farish Jenkins. Il passaggio evolutivo tra pesci a pinna lobata (i Sarcopterigi) e tertrapodi e' svelato dalle caratteristiche anatomiche e comportamentali di questo animale, un predatore simile ad un coccodrillo con denti affilati ed un corpo piatto, lungo da uno a tre metri (sono stati ritrovati reperti appartenenti a diversi individui). In particolare, l'ottimo stato di conservazione dei fossili ha permesso di esaminare con precisione le ossa delle pinne pettorali, che rivelano strutture molto simili e gia' funzionanti della spalla, del gomito e del polso attribuibili ad un tetrapode: lo scheletro di Tiktaalik, concludono i ricercatori, era gia' in grado di supportare il corpo dell'animale sia in acque basse che, per brevi periodi, sulla terraferma.
Il territorio ora difficile e sperduto di Nunavut si trovava dunque nel posto giusto al momento giusto (il tardo Devoniano) per essere la culla di questo importantissimo passaggio evolutivo, sul quale gli scienziati stanno facendo luce attraverso un grande e paziente lavoro.
Paola Nardi
Sunday, April 09, 2006
Per rilassarsi....................
Dal sito Nearingzero numerosi cartoons di argomento scientifico freeware!
Lezioni americane sull'evoluzione
Ho scovato questo sito, in inglese, che cerca di divulgare i temi evoluzionistici in modo piano, rigoroso, discorsivo. Offre la possibilità di ascoltare in podcasting le 10 lezioni oppure di leggere le trascrizioni sul Blog.
Questo è l’elenco delle lezioni da leggere:
Molecular Evidence 3
Transposons Molecular Evidence 2
DNA Functional Redundancy Molecular Evidence 1
Protein Functional Redundancy
Molecular Biology Primer
What is Evo-Devo?
What is Junk DNA?
Random or Nonrandom?
What is Species?
Darwin Day
What is NOT Evolution?
Questo è l’elenco delle lezioni da ascoltare sul sito Freethoughmedia:
110 - DNA Functional Redundancy
109 - Protein Functional Redundancy
108 - Molecular Biology Primer
107 - What is Evo-Devo?
106 - What is Junk DNA?
105 - Random or Nonrandom?
104 - What is Species?
103 - Darwin Day
102 - What is NOT Evolution?
101 - What is Evolution?
Friday, April 07, 2006
Un albero genealogico? No, un reticolato!
La teoria che ha dominato negli ultimi vent'anni lo studio dell'evoluzione umana recente, conosciuta come Out of Africa Replacement Theory, rischia di essere demolita definitivamente da una nuova ricerca del celebre biologo evolutivo Alan Templeton, pubblicata sull’American
Journal of Physical Anthropology.
L'interpretazione classica della storia recente di Homo sapiens considera infatti una migrazione dall'Africa, verificatasi circa 100.000 anni fa, che avrebbe prodotto la rapida estinzione di tutte le popolazioni umane preesistenti in Asia e in Europa, senza alcuno scambio genetico. Gia' nel 2002 Templeton aveva scosso la comunita' scientifica con uno studio, apparso su Nature, che dimostrava il succedersi di ben tre grandi migrazioni africane verso l'Eurasia, e inoltre minava seriamente la fondatezza della teoria del Replacement. In questa nuova ricerca lo scienziato ha analizzato ben 25 regioni genomiche umane, appartenenti a varie popolazioni attuali, considerate aplotipi, cioe' pezzi di DNA che difficilmente vanno incontro a ricombinazione o a mutazione: in questo modo e' stato possibile ricostruire la storia genetica di Homo negli ultimi due milioni di anni.
I risultati confermano le tre migrazioni dello studio precedente, e aggiungono molti altri particolari. Il nostro DNA porta i segni inequivocabili della migrazione ed espansione, circa 1.9 milioni di anni fa di Homo erectus dall’Africa all’Eurasia, evento che fu accompagnato da un ricorrente scambio genetico, anche con le popolazioni africane. Le nuove evidenze molecolari confermano un’ulteriore migrazione umana avvenuta circa 700.000 anni fa, proprio quando, come mostrato dalle evidenze fossili, i nostri antenati mostravano un cambiamento significatico del volume encefalico e inventavano nuovi strumenti litici. Anche i dati paleoclimatici favoriscono questa ipotesi: nei due periodi indicati l’odierno Deserto del Sahara aveva le caratteristiche di una savana, un ambiente in grado di favorire il movimento di un consistente numero di individui. Infine la teoria del Replacement relativa alla migrazione piu’ recente, verificata rispetto ai nuovi dati genetici, ha dato una probabilita' statistica di validita' praticamente nulla.
Secondo Templeton, il patrimonio genetico dell’uomo moderno e’ dunque incompatibile con l’ipotesi dell’isolamento genetico e della completa sostituzione delle popolazioni umane piu’ antiche: siamo in realta’ il risultato di un continuo flusso genico tra popolazioni africane ed euroasiatiche e faremmo meglio a pensare al nostro “reticolato” genealogico, piu’ che al nostro albero!
Paola Nardi
Uomo o Scimpanze': e' una questione di regolazione genica
Un nuovo studio conferma una storica ipotesi che ha piu' di trent'anni: cio' che ci differenzia dagli scimpanze' e' la regolazione dell'attivita' del genoma, piu' che i geni codificanti stessi.
E' una schiacciante evidenza per una storica ipotesi gia' avanzata nel 1975 da Mary-Claire King e Allan C. Wilson di UC Berkeley, quando era gia' chiaro quanto straordinariamente piccola fosse la distanza genetica tra noi e lo scimpanze', il primate con il quale condividiamo l'antenato comune piu' recente. Questo nuovo studio, apparso recentemente sulla rivista
Nature, viene da ricercatori di Yale, della University of Chicago, e del Hall Institute di Parkville, in Australia, guidati da Yohav Gilad, professore di genetica umana alla University of Chicago e dal biologo Kevin White.
Esso si basa sulla nuova tecnologia del gene-array, con la quale per la prima volta e' stata misurata simultaneamente l'espressione di un migliaio di geni appartenenti a genomi di quattro specie di primati: il macaco reso (Macaca mulatta), l'orangutan (Pongo pygmaeus), lo scimpanze' (Pan troglodytes) e Homo sapiens.
Il risultato mostra inequivocabilmente che negli ultimi 70 milioni di anni tra i diversi primati non si e' verificata una marcata divergenza dei geni che codificano proteine, mentre negli ultimi cinque milioni di anni, periodo che segna la separazione tra Homo sapiens e scimpanze', tra gli umani si e' verificata la rapida evoluzione dei cosiddetti fattori di trascrizione, e cioe' di geni che regolano l'espressione di altri geni. I geni regolatori presenterebbero un tasso di mutazione superiore di addirittura quattro volte rispetto ai geni che vengono regolati da essi.
In particolare, dei poco piu' di mille geni ortologhi esaminati, estratti da tessuti epatici delle varie specie, il 60% circa non mostra particolari differenze di livelli di espressione: essi partecipano infatti a processi cellulari fondamentali, e l'alterazione della loro attivita' risulterebbe
particolarmente dannosa; per questo la loro regolazione e' rimasta pressoche' invariata negli ultimi 70 milioni di anni. D'altra parte, piu' del 40% dei geni umani classificabili tra i fattori di trascrizione mostra di aver decisamente aumentato la propria attivita': siamo dunque in presenza di un fenomeno di selezione naturale direzionale che si esplica su questi geni regolatori.
La straordinaria somiglianza dei genomi di Homo sapiens e Pan troglodytes, insieme alle altrettanto enormi differenze tra le due specie, in termini anatomici e comportamentali, potrebbero dunque essere spiegate principalmente sulla base dell'azione dei fattori di regolazione genica: questi avrebbero giocato un ruolo fondamentale nella storia evolutiva dell'uomo, separandolo definitivamente dagli altri primati. Come sottolinea Gilad, questo e' un percorso estremamente.efficiente: la modifica dei fattori di trascrizione puo' procedere attraverso poche mutazioni, e quindi con pochi rischi, mentre l'impatto sull'intero genoma e' molto alto.
Gli autori si stanno ora concentrando su alcune importantissime domande: perche' gli umani sono cosi' diversi dagli altri primati? Quali cambiamenti ambientali e comportamentali hanno indotto tali differenze nel sistema di regolazione genica? Gli autori sono convinti di trovare la risposta tra i cambiamenti culturali ai quali solo la nostra specie e' andata incontro.
Paola Nardi
Piccoli virus a rapida evoluzione
Non si sospettava un tasso di evoluzione cosi' elevato per virus a DNA....
I virus, entita' ai confini del vivente caratterizzate da informazione genetica (DNA o RNA) racchiusa in un involucro proteico, sono endoparassiti cellulari obbligati: necessitano infatti di penetrare all'interno di una cellula per impadronirsi dei suoi "macchinari" di produzione di acidi nucleici e proteine, allo scopo di produrre copie di se' stessi. Essi evolvono al pari degli organismi viventi propriamente detti, e opportune mutazioni genetiche possono talvolta permettere loro di passare da specie a specie.
Una recente ricerca mostra che l'eritrovirus B19, un parvovirus ubiquitario umano associato all'infezione di cellule del midollo osseo e dell'endotelio, muta con un tasso elevatissimo, nell'ordine dei 10^-4 nucleotidi per sito all'anno. La particolarita' risiede nel fatto che i parvovirus sono dotati di un singolo filamento di DNA, e per questi virus si era ipotizzato un tasso di mutazione nettamente piu' basso: il tasso riscontrato e' di solito associato ai virus a RNA, come l'HIV o il virus dell'influenza. Questa peculiarita' era gia' apparsa alla ricercatrice Laura Shackelton lo scorso anno (vedi articolo su PNAS), quando si era occupata di parvovirus che si trasmettono tra i carnivori, come ad esempio il virus della panleucopenia felina (FPLV) e il virus della parvovirosi canina (CPV-2).
In particolare la Shackelton ha analizzato il salto di specie compiuto dal virus della panleucopenia felina dal gatto al cane, con la conseguente insorgenza della parvovirosi canina. L'analisi genomica dei parvovirus e' partita da campioni degli anni '60, cioe' prima del passaggio dell'infezione dal gatto al cane, che sono stati confrontati con campioni successivi al salto di specie: in questo modo, applicando un metodo statistico denominato Bayesian Markov Chain-Monte Carlo (MCMC), e' stato costruito un albero evolutivo dei virus considerati. I risultati mostrano che il parvovirus FPLV ha infettato i felini per oltre cento anni, prima di accumulare le mutazioni necessarie (soprattutto a livello del capside proteico) ad infettare i cani: non appena cio' e' avvenuto, verso la fine degli anni '70, si sono rapidamente accumulate altre mutazioni, in grado di permettere la trasmissione dell'infezione all'interno della stessa specie, tra soggetti malati e soggetti sani. Lo studio dell'eritrovirus B19, recentementepubblicato sul Journal of Virology, ha completato il quadro con l'analisi della dinamica evolutiva del parvovirus umano, confermando l'elevato tasso di evoluzione gia' riscontrato per gli altri parvovirus.
In un periodo di estrema preoccupazione per cio' che riguarda il possibile salto di specie a danno degli umani dell'influenza aviaria, studi come questo aumentano la capacita' di comprensione e previsione dell'effettiva probabilita' associata ad un simile evento.
Paola Nardi
Prossime pubblicazioni dalla rivista Comptes Rendus Palevol
La rivista Comptes Rendus Palevol propone interessanti articoli per le prossime settimane. Sono imminenti le pubblicazioni cartacee dei seguenti articoli (una selezione), accessibili per ora, solo online per gli abbonati. Utili le parole chiavi in francese e inglese.
Li ho raggruppati per argomento.
Filosofia della biologia
-Jean-Pierre Gasc
Form, function, transformation
Keywords: History of Sciences; Morphology; Physiology; Evolution; Functional morphology; Biomechanics
Mots clés: Histoire des sciences; Morphologie; Physiologie; Évolution; Morphologie fonctionnelle; Biomécanique
-Jean Gayon
Les biologistes ont-ils besoin du concept de fonction ? Perspective philosophique
Mots clés: Biologie des causes prochaines; Biologie des causes ultimes; Fonction; Philosophie des sciences; Téléologie; Théorie étiologique; Théorie systémique
Keywords: Biology of proximate causes; Biology of ultimate causes; Function; Philosophy of science; Teleology; Etiological theory; Systemic theory
Paleontologia
-Rémi Hackert, Nadja Schilling and Martin S. Fischer
Mechanical self-stabilization, a working hypothesis for the study of the evolution of body proportions in terrestrial mammals?
Keywords: Stability; Locomotion; Body proportion; Running; Quadruped mammals
Mots clés: Stabilité dynamique; Locomotion; Proportion; Segment; Course; Mammifères quadrupèdes
-Denise Viala
Evolution and behavioral adaptation of locomotor pattern generators in vertebrates
Keywords: Evolution; Adaptation; Locomotor networksMots clés: Évolution; Adaptation; Réseaux locomoteurs
-François-J. Meunier and Mohamed-Y. Ramzu
La régionalisation morphofonctionnelle de l'axe vertébral chez les Téléostéens en relation avec le mode de nage
Mots clés: Teleostei; Colonne vertébrale; Régionalisation morphofonctionnelle; Morphologie; Nage
Keywords: Teleostei; Vertebral axis; Morphofunctional regionalisation; Morphology; Swimming; Axial mode
-Michel Laurin, Damien Germain, Jean-Sébastien Steyer and Marc Girondot
Données microanatomiques sur la conquête de l'environnement terrestre par les vertébrés
Mots clés: Microstructure osseuse; Compacité; Lissamphibiens; Paléoécologie; Tétrapodes
Keywords: Bone microstructure; Compactness; Lissamphibians; Palaeoecology; Tetrapods
Un po’ di paleoantropologia italiana
-Renata Grifoni and Carlo Tozzi
L'émergence des identités culturelles au Paléolithique inférieur : le cas de l'Italie
Mots clés: Paléolithique inférieur; Acheuléen; Tayacien; Clactonien; ItalieKeywords: Lower Palaeolithic; Acheulean; Tayacian; Clactonian, Italy
-Carlo Peretto
The first peopling of southern Europe: the Italian case
Keywords: Peopling; Lower Palaeolithic; Italy
Mots clés: Peuplement; Paléolithique inférieur; Italie
-Giacomo Giacobini
En parallèle aux sépultures. Histoire des idées sur d'autres pratiques mortuaires attribuées aux Néandertaliens
Mots clés: Néandertaliens; Pratiques mortuaires; Cannibalisme; Culte des crânes
Keywords: Neandertals; Mortuary practices; Cannibalism; Cult of skulls
-Giacomo Giacobini
Les sépultures du Paléolithique supérieur : la documentation italienne
Mots clés: Paléolithique supérieur; Sépultures; Rituel funéraire; Italie
Keywords: Upper Palaeolithic; Burials; Mortuary practices; Italy
Paleoantropologia
-Henry de Lumley
Il y a 2,5 millions d'années... un seuil majeur de l'hominisation. L'émergence de la pensée conceptuelle et des stratégies maîtrisées du débitage de la pierre.
Mots clés: Débitage de la pierre; Pensée conceptuelle; Émergence de l'hominisation
Keywords: Stone splitting; Conceptual thought; Outset of hominization
-Emmanuelle Pouydebat, Christine Berge, Philippe Gorce and Yves Coppens
La préhension chez les Primates : précision, outils et perspectives évolutives.
Mots clés: Préhension; Outil; Précision; Cebus; Catarrhiniens
Keywords: Grasping; Tool; Precision; Cebus; Catarrhines
-Eudald Carbonell and Marina Mosquera
The emergence of a symbolic behaviour: the sepulchral pit of Sima de los Huesos, Sierra de Atapuerca, Burgos, Spain
Keywords: Symbolic behaviour; Mortuary symbolism; Sepulchral pit; Quartzite handaxe; Human skeletal assemblage; Spain
Mots clés: Comportement symbolique; Symbolisme mortuaire; Caverne sépulcrale; Hache de quartzite; Assemblage de squelettes humains; Espagne
-Henry de Lumley
Il y a 400 000 ans : la domestication du feu, un formidable moteur d'hominisation
Mots clés: Domestication du feu; Foyers; Pléistocène moyen; Acheuléen; Sites préhistoriques
Keywords: Fire domestication; Fire-places; Middle Pleistocene; Acheulean; Prehistorical sites
-Brigitte Senut
Bipédie et climat
Mots clés: Bipédie; Environnements miocènes; Orrorin tugenensis; Sahelanthropus; Ardipithecus
Keywords: Bipedalism; Miocene environments; Orrorin tugenensis; Sahelanthropus; Ardipithecus
-Yves Coppens
Le bouquet des ancêtres
Mots clés: Pré-humains; Bipédie; Afrique; Milieu tropical
Keywords: Prehumans; Bipedalism; Africa; Tropical environment
-Tim D. White
Early hominid femora: The inside story
Keywords: Hominid; Femur; Miocene; Fossil; Paleontology; Africa, Orrorin; Locomotion
Mots clés: Hominidé; Fémur; Miocène; Fossile; Paléontologie; Afrique; Orrorin; Locomotion
Wednesday, April 05, 2006
Nuovo fascicolo della rivista L'Ateo dell'UARR e Darwin
E’ disponibile il nuovo fascicolo della rivista di cultura laica della Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR):
L’Ateo n. 2, 2006.
Eccovi una selezione degli articoli riguardanti il tema evocato dalla copertina: Buon compleanno Darwin!
Il pluralismo di Darwin di Giulio Barsanti
Da un anniversario all’altro: i venti dell’antidarwinismo di Francesco D’Alpa
Gould rilegge Darwin. Note su La Struttura della Teoria dell’Evoluzione di Andrea Cavazzini
Riflessioni in tema di medicina darwiniana di Sergio Ghione
Darwin e l’evoluzionismo nel 2005 (Bibliografia) di Paolo Coccia
Il nostro Darwin Day 2006 a cura di Maria Turchetto e Baldo Conti
Tuesday, April 04, 2006
Recensione del libro della Lloyd
Elisabeth A. Lloyd, Il caso dell'orgasmo femminile. Pregiudizio nella scienza dell'evoluzione, Codice, pp. 260, 2006
A cura di Luca Sciortino
La corposa recensione potete leggerla su Pikaia
La vera storia degli uomini quadrupedi (Newton, 2006)
Dal Corriere della Sera del 4 aprile 2006:
Sul numero in edicola di Newton il resoconto di un'inchiesta in Turchia, dove gli inviati del mensile scientifico sono andati per incontrare i protagonisti della vicenda che ha scosso il mondo: i giovani costretti da una malattia genetica a muoversi su mani e piedi e gli scienziati che li hanno scoperti. Ma la scoperta più vera è un retroscena umano e scientifico diverso da quello presentato finora dai mezzi di informazione.
Newton, anno X, n. 4, pp. 48-57, 2006
Monday, April 03, 2006
Storia della Scienza Moderna e Contemporanea
A Maggio la rivista Le Scienze e il settimanale L'Espresso daranno alle stampe, a cadenza settimanale, otto volumi di Storia della Scienza Moderna e Contemporanea curati da Paolo Rossi, Professore Emerito di Storia della Filosofia all'Università di Firenze.
Non sarà una storia "separata" delle singole discipline e nemmeno una storia "unitaria" ma un'opera di storia della scienza basata sul ragionamento critico che affronta, questo sì unitariamente, i diversi aspetti dello sviluppo scientifico (ideologico, metodologico, sociale) senza trascurare i fondamenti matematici e tecnologici che l'hanno generato.
Macroevolution: Diversity, Disparity, Contingency: Essays in Honor of Stephen Jay Gould
Già segnalato nei consigli di lettura di Pikaia, ripropongo il volume dedicato al compianto S.J. Gould curato da Vrba, Elisabeth S. and Niles Eldredge:
Macroevolution: Diversity, Disparity, Contingency: Essays in Honor of Stephen Jay Gould. Distributed for the Paleontological Society. 210 p., 42 figures, some in color. 7 x 10, 2005
Stephen Jay Gould (1941-2002) was one of the most prominent scientists of recent decades, a man whose expertise ranged from paleontology to evolutionary theory and the history of science. He was an unabashedly popular figure, attracting standing-room-only audiences to his lectures at Harvard and around the world. In his monthly Natural History columns and innumerable articles and books, Gould made evolution interesting in a way that hardly anyone—since the time of Darwin and Huxley—had been able to do.
In Macroevolution, major themes of Gould's work are reassessed in light of new research by his contemporaries. The book includes original essays by such noted scholars as Niles Eldredge, Richard Fortey, and Lynn Margulis on heterochrony, disparity, and macroevolution, stasis and the dynamics of evolutionary change, and mass extinctions. Fourteen essays provide an expansive overview of contemporary evolutionary theory. Macroevolution is a unique tribute to Gould that will be a valuable educational resource for students, teachers, and anyone interested in the work of this scientific provocateur.
TABLE OF CONTENTS
Disparity, adaptation, exaptation, bookkeeping, and contingency at the genome level — Jürgen Brosius
Heterochrony, disparity, and macroevolution — Kenneth J. McNamara and Michael L. McKinney
Whale barnacles: exaptational access to a forbidden paradise — Adolf Seilacher
Tempo and mode in animal evolution: inferences from rocks, Hox, and molecular clocks — Kevin J. Peterson, Mark A. McPeek, and David A. D. Evans
The competitive Darwin — Hugh Paterson
Key innovations, convergence, and success: macroevolutionary lessons from plant phylogeny — Michael J. Donoghue
Wonderful strife: systematics, stem groups, and the phylogenetic signal of the Cambrian radiation — Derek E. G. Briggs and Richard A. Fortey
Stephen Jay Gould on species selection: 30 years of insight — Bruce S. Lieberman and Elisabeth S. Vrba
The neutral theory of biodiversity and biogeography and Stephen Jay Gould — Stephen P. Hubbell
The dynamics of evolutionary stasis — Niles Eldredge, John N. Thompson, Paul M. Brakefield, Sergey Gavrilets, David Jablonski, Jeremy B. C. Jackson, Richard E. Lenski, Bruce S. Lieberman, Mark A. McPeek, and William C. Miller, III
The evolution of complexity without natural selection, a possible large-scale trend of the fourth kind — Daniel McShea
Mass turnover and heterochrony events in response to physical change — Elisabeth S. Vrba
Imperfections and oddities in the origin of the nucleus — Lynn Margulis, Michael F. Dolan, and Jessica H. Whiteside
Mass extinctions and macroevolution — David Jablonski