Paolo Coccia, Telmo Pievani e tutta la redazione di Pikaia e del Blog ringraziano i circa 100.000 utenti unici che hanno visitato, scaricato, sfogliato, letto i quasi 500 post pubblicati nel 2007.
Sperando che riconfermiate le vostre preferenze verso Pikaia e il Blog anche per l'imminente 2008 vi inviamo i nostri più cari auguri per un sereno anno nuovo!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Qui troverete avvisi, comunicazioni, segnalazioni su tutte le novita' che potrebbero interessarvi: articoli, libri, eventi, temi controversi, bibliografie, dossier, ecc....
Monday, December 31, 2007
Sunday, December 30, 2007
Ritornano gli Happy Hour evoluzionistici a Milano
Ecco l'elenco completo degli incontri:
10 gennaio Antonio Torroni DNA mitocondriale ed evoluzione umana recente
24 gennaio Federico Pezzotta Gemme del Madagascar, figlie dell'evoluzione d'un basamento cristallino
28 febbraio Angelo Tartabini Origine ed evoluzione del linguaggio
13 marzo Nicola Saino Sesso si… Ma con chi?
27 marzo Chiara Ceci Sesso? No. La partenogenesi
10 aprile Marco Caccianiga Sesso? Forse. Come si riproducono le piante
24 aprile Mauro Mandrioli Oltre i geni. Quando il DNA non serve
8 maggio Stefano Moriggi Tecnica ed evoluzione. Una prospettiva pragmatista
22 maggio Emanuele Serrelli Pesci, evoluzione e scienza: lo strano caso del lago Vittoria
Per informazioni:
Museo di Storia Naturale di Milano, Ilaria Guaraldi Vinassa de Regny
02 88463337
ilaria.vinassa @comune.milano.it
www.comune.milano.it/museostorianaturale
Andrea Romano
10 gennaio Antonio Torroni DNA mitocondriale ed evoluzione umana recente
24 gennaio Federico Pezzotta Gemme del Madagascar, figlie dell'evoluzione d'un basamento cristallino
28 febbraio Angelo Tartabini Origine ed evoluzione del linguaggio
13 marzo Nicola Saino Sesso si… Ma con chi?
27 marzo Chiara Ceci Sesso? No. La partenogenesi
10 aprile Marco Caccianiga Sesso? Forse. Come si riproducono le piante
24 aprile Mauro Mandrioli Oltre i geni. Quando il DNA non serve
8 maggio Stefano Moriggi Tecnica ed evoluzione. Una prospettiva pragmatista
22 maggio Emanuele Serrelli Pesci, evoluzione e scienza: lo strano caso del lago Vittoria
Per informazioni:
Museo di Storia Naturale di Milano, Ilaria Guaraldi Vinassa de Regny
02 88463337
ilaria.vinassa @comune.milano.it
www.comune.milano.it/museostorianaturale
Andrea Romano
Darwinisme : une théorie bien vivante
Dal sito francese Futura Sciences segnalo questo Dossier (dicembre 2007):
Darwinisme : une théorie bien vivante
Così recita il breve sommario di presentazione del Dossier:
« L'imposture darwinienne », « Evolution : une théorie en crise », « Le darwinisme en question : science ou métaphysique ? ». A lire les titres des magazines ou de certains livres, on pourrait avoir l’impression que la théorie de l’évolution traverse une crise dramatique. Les biologistes seraient-ils contraints de remettre en question l’idée même d’évolution ? Cette théorie serait-elle devenue obsolète ? Et d’ailleurs peut-on confondre darwinisme et théorie de l’évolution. Avant de chercher du côté des laboratoires des réponses à ces questions, il faut revenir aux bases de cette théorie, afin de distinguer le darwinisme initial de la théorie actuelle, et surtout pour montrer que l’évolution n’est pas une simple opinion mais un cadre de pensée bien plus vaste qui unifie l’ensemble de la biologie d’aujourd’hui.
Il Dossier contiene i seguenti articoli:
Théorie, hypothèses et croyances
L’évolution selon Darwin
Les arguments de Darwin
Darwinisme et biologie moléculaire
Du côté des laboratoires
Les anti-évolutionnistes
Pour en savoir plus
Quelques livres suivant
Paolo Coccia
Darwinisme : une théorie bien vivante
Così recita il breve sommario di presentazione del Dossier:
« L'imposture darwinienne », « Evolution : une théorie en crise », « Le darwinisme en question : science ou métaphysique ? ». A lire les titres des magazines ou de certains livres, on pourrait avoir l’impression que la théorie de l’évolution traverse une crise dramatique. Les biologistes seraient-ils contraints de remettre en question l’idée même d’évolution ? Cette théorie serait-elle devenue obsolète ? Et d’ailleurs peut-on confondre darwinisme et théorie de l’évolution. Avant de chercher du côté des laboratoires des réponses à ces questions, il faut revenir aux bases de cette théorie, afin de distinguer le darwinisme initial de la théorie actuelle, et surtout pour montrer que l’évolution n’est pas une simple opinion mais un cadre de pensée bien plus vaste qui unifie l’ensemble de la biologie d’aujourd’hui.
Il Dossier contiene i seguenti articoli:
Théorie, hypothèses et croyances
L’évolution selon Darwin
Les arguments de Darwin
Darwinisme et biologie moléculaire
Du côté des laboratoires
Les anti-évolutionnistes
Pour en savoir plus
Quelques livres suivant
Paolo Coccia
Dawkins sfida la "Cintura della Bibbia"
Nel 2008 inizierà il viaggio in cui Dawkins terrà numerose conferenze in difesa dell'evoluzionismo nella Cintura della Bibbia, la regione degli USA più restìa ad accettare le teorie non creazioniste.
Il famoso biologo inglese Richard Dawkins, professore alla Oxford University, è da sempre stato un fervente oppositore delle teorie pseudoscientifiche (o meglio non scientifiche), che vorrebbero opporsi alla teoria dell'evoluzione chiamando in causa un artefice divino che guiderebbe i processi evolutivi secondo un "progetto intelligente".
Per promuovere la sua battaglia in favore dell'evoluzione, nel 2008 Dawkins terrà numerose lezioni proprio nel cuore degli USA più ostile all'evoluzionismo, la cosiddetta "Cintura della Bibbia", costituita dagli stati del sud-est del paese, in cui più del 50% della popolazione si dichiara creazionista e credente in un universo databile meno di 10.000 anni.
Il viaggio del biologo inglese coinciderà con l'uscita in paperback del suo ultimo libro "The God Delusion" negli USA e prelude ad una serie di eventi di livello mondiale che culmineranno nel 2009, con il bicentenario della nascita di Charles Darwin.
Da qui si può accedere al sito ufficiale di Dawkins.
Andrea Romano
Il famoso biologo inglese Richard Dawkins, professore alla Oxford University, è da sempre stato un fervente oppositore delle teorie pseudoscientifiche (o meglio non scientifiche), che vorrebbero opporsi alla teoria dell'evoluzione chiamando in causa un artefice divino che guiderebbe i processi evolutivi secondo un "progetto intelligente".
Per promuovere la sua battaglia in favore dell'evoluzione, nel 2008 Dawkins terrà numerose lezioni proprio nel cuore degli USA più ostile all'evoluzionismo, la cosiddetta "Cintura della Bibbia", costituita dagli stati del sud-est del paese, in cui più del 50% della popolazione si dichiara creazionista e credente in un universo databile meno di 10.000 anni.
Il viaggio del biologo inglese coinciderà con l'uscita in paperback del suo ultimo libro "The God Delusion" negli USA e prelude ad una serie di eventi di livello mondiale che culmineranno nel 2009, con il bicentenario della nascita di Charles Darwin.
Da qui si può accedere al sito ufficiale di Dawkins.
Andrea Romano
E' un mondo di coleotteri!
Molte delle attuali linee evolutive di coleotteri si sono originate nel periodo Giurassico, molto prima di quanto ritenuto fino ad ora.
L'ordine dei coleotteri (Coleoptera) conta attualmente il numero più vasto di specie rispetto a tutti gli altri ordini esistenti di animali. Sono state classificate infatti più di 400.000 specie diverse, ma si pensa che ne esistano almeno altrettante non ancora scoperte e nominate. Un grande successo evolutivo, le cui ragioni sono state dibattute a lungo dagli scienziati ma a cui non è mai stata data una risposta definitiva.
Un recente studio, pubblicato sulle pagine della prestigiosa rivista Science, ha evidenziato come questi piccoli artropodi si siano originati molto prima di quanto si pensasse fino ad ora: molte delle attuali linee evolutive risalgono infatti al periodo Giurassico, il periodo che vide anche la comparsa dei primi dinosauri. A differenza di questi, però, i coleotteri sono sopravvissuti e si sono diversificati, dando origine alle attuali specie, tutte discendenti da un antico progenitore, risalente a circa 300 milioni di anni fa.
Un gruppo di ricercatori dell'Imperial College London ha eseguito un'analisi filogenetica sulla base di sequenze di DNA appartenenti a ben 1.880 specie di coleotteri, costruendo l'albero evolutivo di questi piccoli animali dominatori della terra. Inoltre, i ricercatori si sono serviti di alcuni resti fossili, per determinare con miglior precisione i momenti chiave dell'evoluzione e della diversificazione delle varie linee.
Prima di questa scoperta, si riteneva che la grande diffusione dei coleotteri fosse in stretta relazione con l'evoluzione delle angiosperme (piante con fiore), risalente a circa 130-140 milioni di anni fa, che i primi rappresentanti di questo ordine di insetti utilizzarono come fonte di cibo. Questi risultati indicano, invece, che molte delle linee attuali precedono di molto, circa 40 milioni di anni, l'esplosione delle piante che producono fiori.
La straordinaria diversità che si assiste oggi nei coleotteri è stata probabilemnte il frutto di un eccezionale processo adattabilità alle condizioni ambientali vigenti, con un'ampia diversificazione delle nicchie ecologiche e delle abitudini alimentari, che ne hanno facilitato la sopravvivenza negli ultimi 300 milioni di anni.
Andrea Romano
L'ordine dei coleotteri (Coleoptera) conta attualmente il numero più vasto di specie rispetto a tutti gli altri ordini esistenti di animali. Sono state classificate infatti più di 400.000 specie diverse, ma si pensa che ne esistano almeno altrettante non ancora scoperte e nominate. Un grande successo evolutivo, le cui ragioni sono state dibattute a lungo dagli scienziati ma a cui non è mai stata data una risposta definitiva.
Un recente studio, pubblicato sulle pagine della prestigiosa rivista Science, ha evidenziato come questi piccoli artropodi si siano originati molto prima di quanto si pensasse fino ad ora: molte delle attuali linee evolutive risalgono infatti al periodo Giurassico, il periodo che vide anche la comparsa dei primi dinosauri. A differenza di questi, però, i coleotteri sono sopravvissuti e si sono diversificati, dando origine alle attuali specie, tutte discendenti da un antico progenitore, risalente a circa 300 milioni di anni fa.
Un gruppo di ricercatori dell'Imperial College London ha eseguito un'analisi filogenetica sulla base di sequenze di DNA appartenenti a ben 1.880 specie di coleotteri, costruendo l'albero evolutivo di questi piccoli animali dominatori della terra. Inoltre, i ricercatori si sono serviti di alcuni resti fossili, per determinare con miglior precisione i momenti chiave dell'evoluzione e della diversificazione delle varie linee.
Prima di questa scoperta, si riteneva che la grande diffusione dei coleotteri fosse in stretta relazione con l'evoluzione delle angiosperme (piante con fiore), risalente a circa 130-140 milioni di anni fa, che i primi rappresentanti di questo ordine di insetti utilizzarono come fonte di cibo. Questi risultati indicano, invece, che molte delle linee attuali precedono di molto, circa 40 milioni di anni, l'esplosione delle piante che producono fiori.
La straordinaria diversità che si assiste oggi nei coleotteri è stata probabilemnte il frutto di un eccezionale processo adattabilità alle condizioni ambientali vigenti, con un'ampia diversificazione delle nicchie ecologiche e delle abitudini alimentari, che ne hanno facilitato la sopravvivenza negli ultimi 300 milioni di anni.
Andrea Romano
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biodiversità,
ecologia,
genetica,
paleontologia
Due ore con Dawkins, Dennett, Harris e Hitchens
Sul sito del biologo inglese è ora possibile scaricare, guardare e acquistare il DVD della discussione.
L'incontro tra i FOUR HORSEMEN si è svolto lo scorso 30 settembre e ora possiamo vederne il video e ascoltare cosa si sono detti Richard Dawkins, Daniel Dennett, Sam Harris e Christopher Hitchens.
Si parla di religione e delle reazioni avute nei confronti dei libri scritti dai quattro protagonisti.
Chiara Ceci
L'incontro tra i FOUR HORSEMEN si è svolto lo scorso 30 settembre e ora possiamo vederne il video e ascoltare cosa si sono detti Richard Dawkins, Daniel Dennett, Sam Harris e Christopher Hitchens.
Si parla di religione e delle reazioni avute nei confronti dei libri scritti dai quattro protagonisti.
Chiara Ceci
Un mondo di biodiversità
Il bellissimo supplemento Natura del quotidiano spagnolo El Mundo questa volta si occupa di biodiversità.
BIODIVERSIDAD/EL PLANETA
Sabemos cuantas especies hay?
BIODIVERSIDAD/OPINION
i Tantas criaturas!
BIODIVERSIDAD/LINNEO
El creador del orden
ENTREVISTA/QUENTIN WHEELER
Se describen 25.000 especies cada ano, pero podrìan ser màs
ACTUALIDAD/INTERNACIONAL
El pulso del planeta
ACTUALIDAD/ESPANA
La bolsas de plàstico se pasa de moda en Espana
ENTREVISTA/JOSE' MANUEL MORENO
Hemos cambiado todo a nuestro alrededor
CAMBIO CLIMATICO/ANALISIS
Y después de Kioto, qué?
ACTUALIDAD
Jane Goodall, en Espana
CIENCIA/EL ANIMAL HUMANO
La rebeliòn de los capuchinos
INMERSION
A cinco anos del 'Prestige'
ACTUALIDAD/POLITICAS
El filòn africano
REPORTAJE/POLINESIA
Una biòloga en los Mares del Sur
GALICIA
Se presenta un modelo pionero para evitar incendios forestales
CONSERVACION/OPINION
La nuerva Ley de Desarrollo Sostenible del Medio Rural
CONSERVACION/CONCURSO
Premio para los seis arboles y bosques espanoles mas singulares
CONSERVACION/BREVES
En peligro seis de las ocho especies existentes
AIRE LIBRE/CAMINOS
Algo mas que una vìa verde
AIRE LIBRE/PROPUESTAS
Disfrutar la luz invernal
CUADERNO DE CAMPO
La arboleda geométrica
CULTURA/LIBROS
Un réquiem por los hielos
VIDA SANA/CONSUMO
Como celebrar unas Navidades responsables
VIDA SANA/PRODUCTORES
La miel que defiende el medio ambiente
EL ECOLOGISTA EN CASA
Con ustedes, los sensacionales LED
VIDA SANA/LA TEMPORADA
Diciembre es el momento òptimo para los cìtricos y los frutos secos
LA OTRA AMERICA III
Chicago, la ciudad de los tejados verdes
CARTAS VERDES
El lenguaje secreto de la vida
EDICION EN PDF
Descargue la versiòn completa del suplemento (3 Mb)
Chiara Ceci
(ci scusiamo per la mancata e incompleta conversione degli accenti)
BIODIVERSIDAD/EL PLANETA
Sabemos cuantas especies hay?
BIODIVERSIDAD/OPINION
i Tantas criaturas!
BIODIVERSIDAD/LINNEO
El creador del orden
ENTREVISTA/QUENTIN WHEELER
Se describen 25.000 especies cada ano, pero podrìan ser màs
ACTUALIDAD/INTERNACIONAL
El pulso del planeta
ACTUALIDAD/ESPANA
La bolsas de plàstico se pasa de moda en Espana
ENTREVISTA/JOSE' MANUEL MORENO
Hemos cambiado todo a nuestro alrededor
CAMBIO CLIMATICO/ANALISIS
Y después de Kioto, qué?
ACTUALIDAD
Jane Goodall, en Espana
CIENCIA/EL ANIMAL HUMANO
La rebeliòn de los capuchinos
INMERSION
A cinco anos del 'Prestige'
ACTUALIDAD/POLITICAS
El filòn africano
REPORTAJE/POLINESIA
Una biòloga en los Mares del Sur
GALICIA
Se presenta un modelo pionero para evitar incendios forestales
CONSERVACION/OPINION
La nuerva Ley de Desarrollo Sostenible del Medio Rural
CONSERVACION/CONCURSO
Premio para los seis arboles y bosques espanoles mas singulares
CONSERVACION/BREVES
En peligro seis de las ocho especies existentes
AIRE LIBRE/CAMINOS
Algo mas que una vìa verde
AIRE LIBRE/PROPUESTAS
Disfrutar la luz invernal
CUADERNO DE CAMPO
La arboleda geométrica
CULTURA/LIBROS
Un réquiem por los hielos
VIDA SANA/CONSUMO
Como celebrar unas Navidades responsables
VIDA SANA/PRODUCTORES
La miel que defiende el medio ambiente
EL ECOLOGISTA EN CASA
Con ustedes, los sensacionales LED
VIDA SANA/LA TEMPORADA
Diciembre es el momento òptimo para los cìtricos y los frutos secos
LA OTRA AMERICA III
Chicago, la ciudad de los tejados verdes
CARTAS VERDES
El lenguaje secreto de la vida
EDICION EN PDF
Descargue la versiòn completa del suplemento (3 Mb)
Chiara Ceci
(ci scusiamo per la mancata e incompleta conversione degli accenti)
Nonni aiutanti nel nido
Come avviene nell'uomo, nell'usignolo delle Seychelles i "nonni" aiutano i propri figli a crescere i nipoti. Un comportamento mai osservato negli uccelli.
Come avviene nella nostra specie, anche negli uccelli, o almeno nel raro usignolo delle Seychelles (Acrocephalus sechellensis), i "nonni" possono aiutare i genitori nell'allevamento della prole. Questo comportamento, sebbene segnalato in alcune specie di primati e di cetacei, come i globicefali (Globicephala melaena), non era ancora conosciuto negli uccelli. Le cure alloparentali, le cure parentali elargite da individui esterni alla coppia che si riproduce, è un fenomeno molto diffuso nel regno animale: è conosciuto in molte specie di uccelli e mammiferi, ma anche in alcuni pesci. Solitamente, l'individuo che aiuta, il cosiddetto "helper", è un figlio di una cucciolata precedente della coppia stessa che, per mancanza di partner riproduttivi o siti di nidificazione, non è stato in grado di riprodursi a sua volta. Questo non è un comportamento altruistico, in quanto l'"helper" incrementa ugualmente la propria fitness in modo indiretto (fitness indiretta), favorendo la crescita e lo sviluppo dei fratelli minori.
Sulle pagine della rivista Evolution, un gruppo di ricercatori della University of East Anglia ha invece sottolineato come nell'usignolo delle Seychelles siano gli individui più anziani a collaborare alle cure parentali dei propri figli. La causa ambientale che porta a questa forma di helping va ricercata nella scarsa disponibilità di habitat adatti alla nidificazione, mentre non sono ancora chiari i motivi che inducono le coppie più anziane, solitamente più competitive ed esperte, a rinunciare ad avere prole propria. E' chiaro invece che, dopo essere stati deposti dalla propria posizione dominante, gli individui anziani potrebbero andarsene e trascorrere una vecchiaia solitaria, ma spesso preferiscono concorrere con l'esperienza acquisita alla riproduzione dei propri figli, incrementando in maniera indiretta la propria fitness complessiva.
Andrea Romano
Come avviene nella nostra specie, anche negli uccelli, o almeno nel raro usignolo delle Seychelles (Acrocephalus sechellensis), i "nonni" possono aiutare i genitori nell'allevamento della prole. Questo comportamento, sebbene segnalato in alcune specie di primati e di cetacei, come i globicefali (Globicephala melaena), non era ancora conosciuto negli uccelli. Le cure alloparentali, le cure parentali elargite da individui esterni alla coppia che si riproduce, è un fenomeno molto diffuso nel regno animale: è conosciuto in molte specie di uccelli e mammiferi, ma anche in alcuni pesci. Solitamente, l'individuo che aiuta, il cosiddetto "helper", è un figlio di una cucciolata precedente della coppia stessa che, per mancanza di partner riproduttivi o siti di nidificazione, non è stato in grado di riprodursi a sua volta. Questo non è un comportamento altruistico, in quanto l'"helper" incrementa ugualmente la propria fitness in modo indiretto (fitness indiretta), favorendo la crescita e lo sviluppo dei fratelli minori.
Sulle pagine della rivista Evolution, un gruppo di ricercatori della University of East Anglia ha invece sottolineato come nell'usignolo delle Seychelles siano gli individui più anziani a collaborare alle cure parentali dei propri figli. La causa ambientale che porta a questa forma di helping va ricercata nella scarsa disponibilità di habitat adatti alla nidificazione, mentre non sono ancora chiari i motivi che inducono le coppie più anziane, solitamente più competitive ed esperte, a rinunciare ad avere prole propria. E' chiaro invece che, dopo essere stati deposti dalla propria posizione dominante, gli individui anziani potrebbero andarsene e trascorrere una vecchiaia solitaria, ma spesso preferiscono concorrere con l'esperienza acquisita alla riproduzione dei propri figli, incrementando in maniera indiretta la propria fitness complessiva.
Andrea Romano
Lawrence Krauss e l'Intelligent Design
Segnalo un’intervista di Maurizio Melis realizzata lo scorso agosto a Lawrence Krauss, docente di fisica alla Case Western Reserve University di Cleveland, sulle radici culturali dell’Intelligent design in America.
L'intervista è andata in onda su Moebius, il programma di scienza di Radio24.
Andrea Romano
L'intervista è andata in onda su Moebius, il programma di scienza di Radio24.
Andrea Romano
Come salvaguardare il genoma dai trasposoni? Semplice, usando i trasposoni stessi.
Un articolo di prossima pubblicazione sulla rivista Nature evidenzia come nel corso dell'evoluzione parti di trasposoni siano state utilizzate per controllare altri trasposoni.
Il genoma di tutti gli eucarioti contiene sequenze di DNA, denominate trasposoni e retrotrasposoni, in grado di spostarsi autonomamente nel genoma. Data questa loro capacità, gli elementi genetici mobili hanno rappresentato un'importante fonte di riarrangiamento del genoma eucariotico. Come può però essere intuitivo immaginare, i riarrangiamenti indotti da trasposoni possono avere effetti negativi e portare alla perdita dell'espressione di alcuni geni o ad una loro espressione non controllata.
Per ovviare a questo problema, la cellula eucariotica ha acquisito nel corso dell'evoluzione strumenti sempre più efficaci nel controllare trasposoni e retrotrasposoni allo scopo di assicurare la massima stabilità del genoma. Questa necessità è divenuta sempre più forte all'aumentare della complessità del genoma, in virtù del fatto che genomi complessi per funzionare si basano sull'interazione tra numerosi ed indipendenti network genici il cui funzionamento potrebbe essere compromesso da riarrangiamenti genetici dati da trasposoni.
Un sorprendente meccanismo di controllo di trasposoni e retrotrasposoni è stato recentemente pubblicato in anteprima dalla rivista Nature. In particolare, il gruppo di ricerca coordinato da Shiv I. S. Grewal (Laboratory of Biochemistry and Molecular Biology, National Cancer Institute, USA) nell'articolo intitolato "Host genome surveillance for retrotransposons by transposon-derived proteins" mostra che porzioni di un trasposone sono state utilizzate per sviluppare meccanismi di controllo per altri elementi genetici mobili.
Già in precedenza era stata dimostrata la possibilità che tratti di trasposoni venissero "riciclati" per svolgere altre funzioni, ma questa è la prima volta in cui viene riportato che parte di un elemento genetico mobile è stata riutilizzata per favorire il silenziamento di altri trasposoni. Nel lavoro condotto dall'equipe del Prof. Grewal viene, infatti, mostrato che nel lievito Schizosaccharomyces pombe la proteina centromerica CENP-B, che deriva da una porzione di un trasposone (e nello specifico del trasposone pogo), è in grado di favorire il silenziamento di trasposoni della famiglia Tf2.
La proteina CENP-B è, infatti, in grado di riconoscere e legare copie del trasposone Tf2 presenti nel genoma e di favorirne il silenziamento tramite deacetilazione, ovvero ricorrendo ad una modificazione epigenetica che porta alla condensazione della cromatina e quindi al suo silenziamento.
Il lavoro di Grewal mostra quindi come l'evoluzione abbia realmente agito da bricoleur (come suggerito da Francois Jacob in Evoluzione e bricolage) ovvero riutilizzato ciò che aveva a disposizione per realizzare "oggetti" nuovi e nel caso specifico un modo nuovo per controllare i trasposoni usando i trasposoni stessi come "materia prima".
Mauro Mandrioli
Hugh P. Cam, Ken-ichi Noma, Hirotaka Ebina, Henry L. Levin & Shiv I. S. Grewal (2007) Host genome surveillance for retrotransposons by transposon-derived proteins. Nature, in stampa. doi:10.1038/nature06499.
Ulteriori approfondimenti:
Mauro Mandrioli: Anche l'evoluzione ricicla: un esempio di riciclaggio creativo a livello genomico, notizia del 26/10/2007.
Kazazian, H. H. Jr. Mobile elements: drivers of genome evolution. Science 303, 1626–1632 (2004).
Jordan, I. K., Rogozin, I. B., Glazko, G. V., Koonin, E. V. Origin of a substantial fraction of human regulatory sequences from transposable elements. Trends Genet. 19, 68–72 (2003).
Whitelaw, E., Martin, D. I. Retrotransposons as epigenetic mediators of phenotypic variation in mammals. Nature Genet. 27, 361–365 (2001).
Il genoma di tutti gli eucarioti contiene sequenze di DNA, denominate trasposoni e retrotrasposoni, in grado di spostarsi autonomamente nel genoma. Data questa loro capacità, gli elementi genetici mobili hanno rappresentato un'importante fonte di riarrangiamento del genoma eucariotico. Come può però essere intuitivo immaginare, i riarrangiamenti indotti da trasposoni possono avere effetti negativi e portare alla perdita dell'espressione di alcuni geni o ad una loro espressione non controllata.
Per ovviare a questo problema, la cellula eucariotica ha acquisito nel corso dell'evoluzione strumenti sempre più efficaci nel controllare trasposoni e retrotrasposoni allo scopo di assicurare la massima stabilità del genoma. Questa necessità è divenuta sempre più forte all'aumentare della complessità del genoma, in virtù del fatto che genomi complessi per funzionare si basano sull'interazione tra numerosi ed indipendenti network genici il cui funzionamento potrebbe essere compromesso da riarrangiamenti genetici dati da trasposoni.
Un sorprendente meccanismo di controllo di trasposoni e retrotrasposoni è stato recentemente pubblicato in anteprima dalla rivista Nature. In particolare, il gruppo di ricerca coordinato da Shiv I. S. Grewal (Laboratory of Biochemistry and Molecular Biology, National Cancer Institute, USA) nell'articolo intitolato "Host genome surveillance for retrotransposons by transposon-derived proteins" mostra che porzioni di un trasposone sono state utilizzate per sviluppare meccanismi di controllo per altri elementi genetici mobili.
Già in precedenza era stata dimostrata la possibilità che tratti di trasposoni venissero "riciclati" per svolgere altre funzioni, ma questa è la prima volta in cui viene riportato che parte di un elemento genetico mobile è stata riutilizzata per favorire il silenziamento di altri trasposoni. Nel lavoro condotto dall'equipe del Prof. Grewal viene, infatti, mostrato che nel lievito Schizosaccharomyces pombe la proteina centromerica CENP-B, che deriva da una porzione di un trasposone (e nello specifico del trasposone pogo), è in grado di favorire il silenziamento di trasposoni della famiglia Tf2.
La proteina CENP-B è, infatti, in grado di riconoscere e legare copie del trasposone Tf2 presenti nel genoma e di favorirne il silenziamento tramite deacetilazione, ovvero ricorrendo ad una modificazione epigenetica che porta alla condensazione della cromatina e quindi al suo silenziamento.
Il lavoro di Grewal mostra quindi come l'evoluzione abbia realmente agito da bricoleur (come suggerito da Francois Jacob in Evoluzione e bricolage) ovvero riutilizzato ciò che aveva a disposizione per realizzare "oggetti" nuovi e nel caso specifico un modo nuovo per controllare i trasposoni usando i trasposoni stessi come "materia prima".
Mauro Mandrioli
Hugh P. Cam, Ken-ichi Noma, Hirotaka Ebina, Henry L. Levin & Shiv I. S. Grewal (2007) Host genome surveillance for retrotransposons by transposon-derived proteins. Nature, in stampa. doi:10.1038/nature06499.
Ulteriori approfondimenti:
Mauro Mandrioli: Anche l'evoluzione ricicla: un esempio di riciclaggio creativo a livello genomico, notizia del 26/10/2007.
Kazazian, H. H. Jr. Mobile elements: drivers of genome evolution. Science 303, 1626–1632 (2004).
Jordan, I. K., Rogozin, I. B., Glazko, G. V., Koonin, E. V. Origin of a substantial fraction of human regulatory sequences from transposable elements. Trends Genet. 19, 68–72 (2003).
Whitelaw, E., Martin, D. I. Retrotransposons as epigenetic mediators of phenotypic variation in mammals. Nature Genet. 27, 361–365 (2001).
Sir Arthur Charles Clarke ha compiuto 90 anni
Scienziato, romanziere, divulgatore. A lui si deve l'idea dei satelliti geostazionari da utilizzare nelle telecomunicazioni. L'orbita geostazionaria porta il suo nome.
E' uno dei mostri sacri della fantascienza. E' cosceneggiatore insieme a Stanley Kubrick del masterpiece "2001, odissea nello spazio", tratto da un proprio racconto breve, di cui tutti ricorderanno la celebre sequenza iniziale.
L'evoluzione culturale dell'uomo non è mai stata rappresentata in modo così poetico: un osso lanciato nell'aria e dall'età della pietra passiamo nel ventunesimo secolo, dove la tecnica ci ha portato a un punto tale dall'avere fatto dell'esplorazione dello spazio una magnifica consuetudine, tanto che abbiamo astronavi commerciali con le hostess. (Spesso gli autori di fantascienza peccano un po' di ottimismo). Il tutto fondendo le musiche di "Così parlò Zarathustra" e "Il bel Danubio blu" di Strauss. L'evoluzione però non si fermerà qui.
Un suo magnifico libro di fantascienza è "Incontro con Rama", del quale è in programma una trasposizione cinematografica.
E' inoltre vincitore nel 1961 del premio Kalinga per la divulgazione della scienza, che fu conferito a illustri personalità del calibro di Bertrand Russell, Konrad Lorenz, Peter Medawar, Julian Huxley e al nostro Piero Angela.
Raggiunge ora la rispettabile età di 90 anni, e ci saluta con un filmato trasmesso su Youtube. E' un messaggio lucido e toccante, con una punta di amarezza sul futuro della nostra specie, ma non tanto da offuscare la speranza. A questo link è pubblicato il suo messaggio tradotto dall'inglese, ed è presente il rimando a Youtube. Qualcuno recentemente ha detto che senza Dio si è privi di speranza e si degenera verso la malvagità, e che non saranno la scienza e la ragione a salvare l'uomo, ma la fede (una sola).
Dal momento che Arthur Clarke è ateo e non è certo una mosca bianca per le sue idee, pare che quel qualcuno abbia ancora molto da imparare.
Stefano Dalla Casa
E' uno dei mostri sacri della fantascienza. E' cosceneggiatore insieme a Stanley Kubrick del masterpiece "2001, odissea nello spazio", tratto da un proprio racconto breve, di cui tutti ricorderanno la celebre sequenza iniziale.
L'evoluzione culturale dell'uomo non è mai stata rappresentata in modo così poetico: un osso lanciato nell'aria e dall'età della pietra passiamo nel ventunesimo secolo, dove la tecnica ci ha portato a un punto tale dall'avere fatto dell'esplorazione dello spazio una magnifica consuetudine, tanto che abbiamo astronavi commerciali con le hostess. (Spesso gli autori di fantascienza peccano un po' di ottimismo). Il tutto fondendo le musiche di "Così parlò Zarathustra" e "Il bel Danubio blu" di Strauss. L'evoluzione però non si fermerà qui.
Un suo magnifico libro di fantascienza è "Incontro con Rama", del quale è in programma una trasposizione cinematografica.
E' inoltre vincitore nel 1961 del premio Kalinga per la divulgazione della scienza, che fu conferito a illustri personalità del calibro di Bertrand Russell, Konrad Lorenz, Peter Medawar, Julian Huxley e al nostro Piero Angela.
Raggiunge ora la rispettabile età di 90 anni, e ci saluta con un filmato trasmesso su Youtube. E' un messaggio lucido e toccante, con una punta di amarezza sul futuro della nostra specie, ma non tanto da offuscare la speranza. A questo link è pubblicato il suo messaggio tradotto dall'inglese, ed è presente il rimando a Youtube. Qualcuno recentemente ha detto che senza Dio si è privi di speranza e si degenera verso la malvagità, e che non saranno la scienza e la ragione a salvare l'uomo, ma la fede (una sola).
Dal momento che Arthur Clarke è ateo e non è certo una mosca bianca per le sue idee, pare che quel qualcuno abbia ancora molto da imparare.
Stefano Dalla Casa
Sipario.. Darwin in scena!
Cornelia Dean sul New York Times presenta lo spettacolo dal titolo “Trumpery” che Peter Parnell porta sul palco per rivivere le vicissitudini di Darwin legate alla pubblicazione del suo celebre L'origine delle specie.
Va in scena questo mese a New York l'ultima performance teatrale di Peter Parnell dal titolo "Trumpery" ispirata alla vita di Darwin ed, in particolare, alle vicissitudini vissute da Darwin nel momento di pubblicare L'origine delle specie.
Come indicato da Cornelia Dean nel suo saggio intitolato "Darwin’s Era, Modern Themes: Science, Faith and Publication" e pubblicato sul New York Times, l'idea di presentare a teatro questo particolare momento della vita di Darwin è molto interessante, poiché mostra come già Darwin presagisse il conflitto che la pubblicazione della teoria dell'evoluzione avrebbe avuto con la fede.
Il personaggio Darwin viene, infatti, proposto come un uomo che vive il conflitto tra ciò che il proprio lavoro di scienziato gli ha permesso di scoprire e ciò in cui credeva ovvero quei valori religiosi che la madre e le sorelle gli avevano trasmesso e che per tutta la vita la moglie Emma ha sostenuto e trasmesso ai figli.
Come ben scritto da Telmo Pievani in Creazione senza Dio (Einaudi, 2006): "Quando il giovane naturalista, tornato dal suo viaggio di cinque anni intorno al mondo, concepirà una spiegazione alternativa del succedersi delle specie sulla Terra, il peso angoscioso della sua scoperta sarà così opprimente da indurlo a parlarne con pochissime persone ed in modo molto prudente. Nel 1844, in una lettera all'amico Joseph Hooker, scriverà che rendere nota la sua idea sarebbe stato".
Come Cornelia Dean sottolinea nel suo saggio, la figura di Darwin è oggi più che mai moderna perchè metafora dello scienziato il cui lavoro va a scontrarsi con valori religiosi, riportando in vita il mai assopito scontro tra religione e scienza.
Mauro Mandrioli
Titolo: TRUMPERY di Peter Parnell, regia di David Esbjornson.
Atlantic Theater Company at the Linda Gross Theater, 336 West 20th Street, Chelsea; (212) 279-4200.
Cast: Bianca Amato (Emma), Michael Countryman (Hooker), Michael Cristofer (Darwin), Timothy Deenihan (Vicar/Protester), Manoel Felciano (Wallace), Neal Huff (Huxley), Peter Maloney (Owen/Williams), Jack Tartaglia (George) and Paris Rose Yates (Annie/Girl).
Va in scena questo mese a New York l'ultima performance teatrale di Peter Parnell dal titolo "Trumpery" ispirata alla vita di Darwin ed, in particolare, alle vicissitudini vissute da Darwin nel momento di pubblicare L'origine delle specie.
Come indicato da Cornelia Dean nel suo saggio intitolato "Darwin’s Era, Modern Themes: Science, Faith and Publication" e pubblicato sul New York Times, l'idea di presentare a teatro questo particolare momento della vita di Darwin è molto interessante, poiché mostra come già Darwin presagisse il conflitto che la pubblicazione della teoria dell'evoluzione avrebbe avuto con la fede.
Il personaggio Darwin viene, infatti, proposto come un uomo che vive il conflitto tra ciò che il proprio lavoro di scienziato gli ha permesso di scoprire e ciò in cui credeva ovvero quei valori religiosi che la madre e le sorelle gli avevano trasmesso e che per tutta la vita la moglie Emma ha sostenuto e trasmesso ai figli.
Come ben scritto da Telmo Pievani in Creazione senza Dio (Einaudi, 2006): "Quando il giovane naturalista, tornato dal suo viaggio di cinque anni intorno al mondo, concepirà una spiegazione alternativa del succedersi delle specie sulla Terra, il peso angoscioso della sua scoperta sarà così opprimente da indurlo a parlarne con pochissime persone ed in modo molto prudente. Nel 1844, in una lettera all'amico Joseph Hooker, scriverà che rendere nota la sua idea sarebbe stato
Come Cornelia Dean sottolinea nel suo saggio, la figura di Darwin è oggi più che mai moderna perchè metafora dello scienziato il cui lavoro va a scontrarsi con valori religiosi, riportando in vita il mai assopito scontro tra religione e scienza.
Mauro Mandrioli
Titolo: TRUMPERY di Peter Parnell, regia di David Esbjornson.
Atlantic Theater Company at the Linda Gross Theater, 336 West 20th Street, Chelsea; (212) 279-4200.
Cast: Bianca Amato (Emma), Michael Countryman (Hooker), Michael Cristofer (Darwin), Timothy Deenihan (Vicar/Protester), Manoel Felciano (Wallace), Neal Huff (Huxley), Peter Maloney (Owen/Williams), Jack Tartaglia (George) and Paris Rose Yates (Annie/Girl).
I geni che accumulano i grassi
Identificati due geni fondamentali per l'accumulo dei lipidi nei tessuti. Questa scoperta potrebbe risultare utile per contrastare l'obesità.
Il metabolismo e la sintesi dei grassi negli esseri viventi sono in gran parte conosciuti, tuttavia non è stata fatta ancora piena luce sui meccanismi tramite i quali i lipidi vengono immagazzinati in cellule specializzate: gli adipociti o cellule adipose. Queste cellule, il cui citoplasma è quasi interamente occupato da una gocciola lipidica o liposoma, sono molto voluminsoe e di solito si trovano ammassate le une vicino alle altre in specifici distretti dell'organismo.
Uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), ha evidenziato due dei geni coinvolti nel processo di immagazzinamento dei lipidi negli adipociti: si tratta dei geni Fit1 e Fit2 (Fat-inducing Transcripts). Un gruppo di ricercatori del Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University di New York ha creato cellule di topo (Mus musculus) mutate, in cui i suddetti geni sono stati in alcuni casi silenziati e in altri sovraespressi. Negli adipociti in cui è stata inibita l'espressione di tali geni si verifica una netta diminuzione di gocciole lipidiche nel loro citoplasma. Al contrario, nelle cellule in cui Fit1 e Fit2 sono sovraespressi, tramite l'inserzione di uleriori copie nel genoma, l'accumulo dei liposomi risulta incrementato in modo significativo. In alcuni casi, infatti, il contenuto di lipidi aumenta fino a sei volte rispetto alle cellule non modificate. Successivamente, i ricercatori hanno iniettato un inibitore di Fit2 nelle uova di pesce zebra (Danio rerio), in modo tale che il gene non venisse espresso negli embrioni, o almeno che la sua trasrizione fosse fortemente ridotta. Subito dopo la schiusa delle uova, agli avannotti sono stati somministrati alimenti ad alto contenuto lipidico, in modo tale da promuovere un'elevata sintesi di liposomi, che avrebbero dovuto accumularsi nei tessuti preposti all'accumulo, quali il fegato e l'intestino. La seguente analisi dei tessuti ha evidenziato un contenuto minimo, quasi assente, di gocciole lipidiche, ad indicare l'azione fondamentale del gene Fit2 non solo a livello cellulare, ma anche a livello di intero organismo.
Questa scoperta, concludono i ricercatori, potrebbe essere utile nella ricerca di nuovi metodi e farmaci utili per contrastare l'obesità ed altre malattie correlate all'accumulo dei grassi.
Andrea Romano
Il metabolismo e la sintesi dei grassi negli esseri viventi sono in gran parte conosciuti, tuttavia non è stata fatta ancora piena luce sui meccanismi tramite i quali i lipidi vengono immagazzinati in cellule specializzate: gli adipociti o cellule adipose. Queste cellule, il cui citoplasma è quasi interamente occupato da una gocciola lipidica o liposoma, sono molto voluminsoe e di solito si trovano ammassate le une vicino alle altre in specifici distretti dell'organismo.
Uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), ha evidenziato due dei geni coinvolti nel processo di immagazzinamento dei lipidi negli adipociti: si tratta dei geni Fit1 e Fit2 (Fat-inducing Transcripts). Un gruppo di ricercatori del Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University di New York ha creato cellule di topo (Mus musculus) mutate, in cui i suddetti geni sono stati in alcuni casi silenziati e in altri sovraespressi. Negli adipociti in cui è stata inibita l'espressione di tali geni si verifica una netta diminuzione di gocciole lipidiche nel loro citoplasma. Al contrario, nelle cellule in cui Fit1 e Fit2 sono sovraespressi, tramite l'inserzione di uleriori copie nel genoma, l'accumulo dei liposomi risulta incrementato in modo significativo. In alcuni casi, infatti, il contenuto di lipidi aumenta fino a sei volte rispetto alle cellule non modificate. Successivamente, i ricercatori hanno iniettato un inibitore di Fit2 nelle uova di pesce zebra (Danio rerio), in modo tale che il gene non venisse espresso negli embrioni, o almeno che la sua trasrizione fosse fortemente ridotta. Subito dopo la schiusa delle uova, agli avannotti sono stati somministrati alimenti ad alto contenuto lipidico, in modo tale da promuovere un'elevata sintesi di liposomi, che avrebbero dovuto accumularsi nei tessuti preposti all'accumulo, quali il fegato e l'intestino. La seguente analisi dei tessuti ha evidenziato un contenuto minimo, quasi assente, di gocciole lipidiche, ad indicare l'azione fondamentale del gene Fit2 non solo a livello cellulare, ma anche a livello di intero organismo.
Questa scoperta, concludono i ricercatori, potrebbe essere utile nella ricerca di nuovi metodi e farmaci utili per contrastare l'obesità ed altre malattie correlate all'accumulo dei grassi.
Andrea Romano
Le scimmie sanno fare le addizioni
Non siamo gli unici a saper fare i calcoli! Anche i macachi sono in grado di eseguire operazioni matematiche mentali.
Che alcuni animali, tra cui molte specie di primati e alcune di uccelli, come ad esempio le cornacchie, fossero in grado di contare e discriminare tra oggetti raggruppati in diverso numero è risaputo. Tuttavia, fino ad oggi, non si avevano prove sperimentali che anche gli animali possedessero la capacità di formulare operazioni aritmetiche mentali.
Uno studio, pubblicato sulla rivista open access PLoS Biology, ha invece dimostrato che oltre all'uomo anche i macachi della specie Macaca mulatta, possono eseguire addizioni a mente. Due ricercatrici del Duke Center for Cognitive Neuroscience, della Duke University, hanno sottoposto una semplice prova aritmetica non-verbale ad un gruppo di scimmie e uno di studenti volontari: il test è consistito nel proporre ai due gruppi sperimentali due schermate successive contenenti un numero variabile di punti. Successivamente, veniva loro mostrata una terza schermata, su un computer touch-screen, su cui comparivano due diverse combinazioni di punti, di cui una era l'esatta somma delle precedenti. I macachi operavano la scelta semplicemente toccando la parte dello schermo con la risposta che ritenevano corretta. I risultati indicano che nel 76% dei casi le scimmie hanno risposto in modo corretto, contro il 94% di successi riferito agli studenti, dimostrando di essere in grado di formulare addizioni nella mente. Inoltre, il tempo medio di reazione sia dei macachi che degli studenti è stato di circa un secondo. Si può concludere, dunque, che l'evoluzione di un sistema cognitivo in grado di realizzare operazioni aritmetiche mentali sia avvenuta probabilmente in un antenato comune agli ominidi e ai primati non umani, prima della separazione delle linee evolutive che hanno dato origine all'uomo e alle scimmie.
Andrea Romano
Che alcuni animali, tra cui molte specie di primati e alcune di uccelli, come ad esempio le cornacchie, fossero in grado di contare e discriminare tra oggetti raggruppati in diverso numero è risaputo. Tuttavia, fino ad oggi, non si avevano prove sperimentali che anche gli animali possedessero la capacità di formulare operazioni aritmetiche mentali.
Uno studio, pubblicato sulla rivista open access PLoS Biology, ha invece dimostrato che oltre all'uomo anche i macachi della specie Macaca mulatta, possono eseguire addizioni a mente. Due ricercatrici del Duke Center for Cognitive Neuroscience, della Duke University, hanno sottoposto una semplice prova aritmetica non-verbale ad un gruppo di scimmie e uno di studenti volontari: il test è consistito nel proporre ai due gruppi sperimentali due schermate successive contenenti un numero variabile di punti. Successivamente, veniva loro mostrata una terza schermata, su un computer touch-screen, su cui comparivano due diverse combinazioni di punti, di cui una era l'esatta somma delle precedenti. I macachi operavano la scelta semplicemente toccando la parte dello schermo con la risposta che ritenevano corretta. I risultati indicano che nel 76% dei casi le scimmie hanno risposto in modo corretto, contro il 94% di successi riferito agli studenti, dimostrando di essere in grado di formulare addizioni nella mente. Inoltre, il tempo medio di reazione sia dei macachi che degli studenti è stato di circa un secondo. Si può concludere, dunque, che l'evoluzione di un sistema cognitivo in grado di realizzare operazioni aritmetiche mentali sia avvenuta probabilmente in un antenato comune agli ominidi e ai primati non umani, prima della separazione delle linee evolutive che hanno dato origine all'uomo e alle scimmie.
Andrea Romano
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Il mondo perduto
Dalla foresta tropicale della Nuova Guinea ecco due nuove specie: un ratto gigante e un opossum pigmeo.
Dopo le straordinarie scoperte del 2005 e del 2006, in cui furono individuate decine di nuove specie, un'altra spedizione nella regione delle montagne Foja, una regione caratterizzata da una fitta foresta pluviale tropicale della Nuova Guinea, non è stata da meno. Infatti, un gruppo di ricercatori della Conservation International (CI) e del Indonesia Institute of Science (LIPI) ha rinvenuto due specie di mammiferi fino ad ora mai descritte.
Si tratta di una specie di opossum pigmeo, appartenente al genere Cercartetus, e di una di roditore gigante, appartenente al genere Mallomys, di dimensioni pari a circa cinque volte quelle di un comune ratto. Sono disponibili sia un video che alcune foto che immortalano queste nuove specie.
I ricercatori hanno previsto un'ulteriore spedizione con partenza nella fine del 2008 alla ricerca di strane ed ancora sconosciute forme di vita.
Andrea Romano
Dopo le straordinarie scoperte del 2005 e del 2006, in cui furono individuate decine di nuove specie, un'altra spedizione nella regione delle montagne Foja, una regione caratterizzata da una fitta foresta pluviale tropicale della Nuova Guinea, non è stata da meno. Infatti, un gruppo di ricercatori della Conservation International (CI) e del Indonesia Institute of Science (LIPI) ha rinvenuto due specie di mammiferi fino ad ora mai descritte.
Si tratta di una specie di opossum pigmeo, appartenente al genere Cercartetus, e di una di roditore gigante, appartenente al genere Mallomys, di dimensioni pari a circa cinque volte quelle di un comune ratto. Sono disponibili sia un video che alcune foto che immortalano queste nuove specie.
I ricercatori hanno previsto un'ulteriore spedizione con partenza nella fine del 2008 alla ricerca di strane ed ancora sconosciute forme di vita.
Andrea Romano
Uomini e pesci: uguali geni, diversi colori
I meccanismi molecolari che regolano le colorazioni degli spinarelli sono gli stessi coinvolti nella determinazione del colore della carnagione delle diverse popolazioni umane.
Cosa accomuna gli uomini e gli spinarelli? Ben poco, penseranno in molti...tuttavia un recente studio pubblicato sulla rivista Cell ha sottolineato che queste due specie, nonostante l'elevata distanza filogenetica, hanno in comune il meccanismo molecolare che determina la pigmentazione della pelle.
Tutti sanno che esiste una notevole variabilità nel colore della pelle delle diverse popolazioni umane, una variabilità fortemente correlata al gradiente latitudinale. Gli uomini che vivono nelle regioni equatoriali e tropicali, infatti, hanno una carnagione tipicamente scura, mentre coloro che vivono più vicino ai poli hanno la pelle molto chiara. Sostanzialmente, una pelle scura rappresenta una naturale protezione contro i raggi ultravioletti (U.V.), ovvero contro la banda più dannosa dello spettro della luce solare, ed è la conseguenza di un'elevata quantità di melanina. D'altro canto, i vantaggi che questo tipo di pigmentazione offre in climi ricchi di luce possono trasformarsi in svantaggio se l'ambiente circostante è caratterizzato da un irraggiamento meno intenso. Le diverse colorazioni, evolutesi gradualmente negli ultimi 100.000 anni quando gli uomini abbandonarono l'Africa, sono il frutto della relazione che esiste tra il contenuto di melanina della pelle e la vitamina D. La vitamina D è molto importante per l'uomo poichè svolge una funzione essenziale nel processo di crescita delle ossa. In parte essa viene assunta per via alimentare, in parte viene prodotta nella pelle, solo grazie all'energia proveniente dalle radiazioni solari. Dunque, una pelle fortemente pigmentata può essere uno svantaggio in un ambiente in cui la vitamina D somministrata per via alimentare è scarsa, ma anche un eccesso di vitamina D è dannoso, poiché causa la formazione di depositi di calcio nelle arterie con conseguenti gravi problemi di salute.
Anche gli spinarelli hanno attraversato un periodo di importante radiazione adattativa circa 10.000 anni fa, quando, al termine dell'ultima era glaciale, i ghiacci che avevano invaso i continenti si ritirarono, portando alla formazione di numerosi laghi nelle regioni settentrionali del nostro pianeta. In questo periodo, a partire da un antenato comune marino si differenziarono numerose forme, che occuparono nicchie molto diverse, adattandosi dunque a condizioni ambientali differenti. In tutte le strade evolutive intraprese furono necessarie colorazioni diverse: i colori sono infatti utili nel mimetismo, nel riconoscimento specie-specifico oppure nella conquista di un partner riproduttivo.
Un gruppo di ricercatori del Howard Hughes Medical Institute e della Stanford University School of Medicine ha investigato le basi genetiche della modificazione della pigmentazione dei pesci e, conoscendo l'intero genoma dello spinarello che è stato da poco sequenziato, ha individuato alcuni meccanismi regolatori coinvolti in questo processo. Utilizzando specifici marcatori molecolari ha identificato il gene chiamato Kitlg, che indica "ligando di Kit", coinvolto in numerosi processi cellulari, tra cui lo sviluppo dei melanociti, le cellule pigmentate della pelle. I pesci caratterizzati da colorazioni chiare presentano mutazioni che riducono l'attività del gene Kitlg nelle branchie e nella pelle, ma non inibiscono le sue funzioni in altri tessuti, indicando un'azione della selezione naturale su una determinata funzione del gene, preservandone le altre.
Anche nella nostra specie esiste un gene Kitlg, la cui espressione, in studi precedenti, è stata dimostrata variabile nelle diverse popolazioni umane, facendo pensare che potesse avere un significato evolutivo. I ricercatori hanno dimostrato infatti che le diverse versioni di tale gene sono coinvolte nella regolazione della pigmentazione della pelle umana. Infatti, gli individui che presentano due copie della variante africana hanno colorazioni più scure rispetto a coloro che possiedono una variante molto diffusa in Europa e Asia. Nonostante il gene Kitlg non sia il solo a determinare la pigmentazione della carnagione, lo studio ha dimostrato che la diversa espressione di questo gene è in grado di spiegare circa il 20% della differenza di pigmentazione osservata.
Strade evolutive differenti, meccanismi comuni per fronteggiare i medesimi problemi: l'evoluzione spesso non crea strutture nuove, ma riutilizza quelle vecchie modificandole.
Andrea Romano
Cosa accomuna gli uomini e gli spinarelli? Ben poco, penseranno in molti...tuttavia un recente studio pubblicato sulla rivista Cell ha sottolineato che queste due specie, nonostante l'elevata distanza filogenetica, hanno in comune il meccanismo molecolare che determina la pigmentazione della pelle.
Tutti sanno che esiste una notevole variabilità nel colore della pelle delle diverse popolazioni umane, una variabilità fortemente correlata al gradiente latitudinale. Gli uomini che vivono nelle regioni equatoriali e tropicali, infatti, hanno una carnagione tipicamente scura, mentre coloro che vivono più vicino ai poli hanno la pelle molto chiara. Sostanzialmente, una pelle scura rappresenta una naturale protezione contro i raggi ultravioletti (U.V.), ovvero contro la banda più dannosa dello spettro della luce solare, ed è la conseguenza di un'elevata quantità di melanina. D'altro canto, i vantaggi che questo tipo di pigmentazione offre in climi ricchi di luce possono trasformarsi in svantaggio se l'ambiente circostante è caratterizzato da un irraggiamento meno intenso. Le diverse colorazioni, evolutesi gradualmente negli ultimi 100.000 anni quando gli uomini abbandonarono l'Africa, sono il frutto della relazione che esiste tra il contenuto di melanina della pelle e la vitamina D. La vitamina D è molto importante per l'uomo poichè svolge una funzione essenziale nel processo di crescita delle ossa. In parte essa viene assunta per via alimentare, in parte viene prodotta nella pelle, solo grazie all'energia proveniente dalle radiazioni solari. Dunque, una pelle fortemente pigmentata può essere uno svantaggio in un ambiente in cui la vitamina D somministrata per via alimentare è scarsa, ma anche un eccesso di vitamina D è dannoso, poiché causa la formazione di depositi di calcio nelle arterie con conseguenti gravi problemi di salute.
Anche gli spinarelli hanno attraversato un periodo di importante radiazione adattativa circa 10.000 anni fa, quando, al termine dell'ultima era glaciale, i ghiacci che avevano invaso i continenti si ritirarono, portando alla formazione di numerosi laghi nelle regioni settentrionali del nostro pianeta. In questo periodo, a partire da un antenato comune marino si differenziarono numerose forme, che occuparono nicchie molto diverse, adattandosi dunque a condizioni ambientali differenti. In tutte le strade evolutive intraprese furono necessarie colorazioni diverse: i colori sono infatti utili nel mimetismo, nel riconoscimento specie-specifico oppure nella conquista di un partner riproduttivo.
Un gruppo di ricercatori del Howard Hughes Medical Institute e della Stanford University School of Medicine ha investigato le basi genetiche della modificazione della pigmentazione dei pesci e, conoscendo l'intero genoma dello spinarello che è stato da poco sequenziato, ha individuato alcuni meccanismi regolatori coinvolti in questo processo. Utilizzando specifici marcatori molecolari ha identificato il gene chiamato Kitlg, che indica "ligando di Kit", coinvolto in numerosi processi cellulari, tra cui lo sviluppo dei melanociti, le cellule pigmentate della pelle. I pesci caratterizzati da colorazioni chiare presentano mutazioni che riducono l'attività del gene Kitlg nelle branchie e nella pelle, ma non inibiscono le sue funzioni in altri tessuti, indicando un'azione della selezione naturale su una determinata funzione del gene, preservandone le altre.
Anche nella nostra specie esiste un gene Kitlg, la cui espressione, in studi precedenti, è stata dimostrata variabile nelle diverse popolazioni umane, facendo pensare che potesse avere un significato evolutivo. I ricercatori hanno dimostrato infatti che le diverse versioni di tale gene sono coinvolte nella regolazione della pigmentazione della pelle umana. Infatti, gli individui che presentano due copie della variante africana hanno colorazioni più scure rispetto a coloro che possiedono una variante molto diffusa in Europa e Asia. Nonostante il gene Kitlg non sia il solo a determinare la pigmentazione della carnagione, lo studio ha dimostrato che la diversa espressione di questo gene è in grado di spiegare circa il 20% della differenza di pigmentazione osservata.
Strade evolutive differenti, meccanismi comuni per fronteggiare i medesimi problemi: l'evoluzione spesso non crea strutture nuove, ma riutilizza quelle vecchie modificandole.
Andrea Romano
Sunday, December 16, 2007
Bipedismo e gravidanza
Uno studio sottolinea come la colonna vertebrale delle donne si sia adattata per consentire lo svolgimento delle normali attività anche durante la gravidanza, nonostante lo svantaggio in termini di postura e locomozione conseguenti al trasporto del bambino.
Tra le caratteristiche tipiche della linea evolutiva che ha portato alla nascita dell'uomo, il bipedismo è apparso precocemente, con importanti conseguenze dal punto di vista sia anatomico che comportamentale e cognitivo. La postura eretta comportò infatti numerose modificazioni scheletriche nella parte inferiore della colonna vertebrale, nel bacino e negli arti inferiori, e poiché questi cambiamenti possono essere facilmente documentati dai reperti ossei, viene solitamente considerato uno dei tratti fondamentali per definire l'appartenenza agli ominidi. Inoltre, questo adattamento svincolò i primi bipedi dall'uso degli arti anteriori per la locomozione, consentendo la possibilità di utilizzare le mani per altri funzioni, tra cui la fabbricazione di utensili.
Nonostante questi conclamati vantaggi, l'andatura bipede portò con se anche alcune conseguenze negative, come le difficoltà incontrate dalle femmine nel rimanere in posizione eretta durante i mesi della gravidanza. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Nature, ha sottolineato come la selezione naturale abbia agito, nella nostra specie, per compensare questo svantaggio, promuovendo la differenziazione di alcune strutture scheletriche negli uomini e nelle donne. Due degli adattamenti anatomici al bipedismo sono stati l'allungamento della zona lombare della colonna vertebrale, sia tramite l'aumento del numero di vertebre sia mediante un incremento della loro lunghezza, e la formazione della curvatura convessa nella medesima regione della spina dorsale, chiamata anche lordosi.
Quest’ultimo adattamento, in particolare, è fondamentale nei bipedi per la stabilizzazione della parte superiore del corpo, che trova il suo baricentro, o centro di massa, appena sopra i fianchi. Durante le ultime fasi della gravidanza, il peso del bambino provoca un notevole spostamento del centro di massa, che trasla in posizione avanzata rispetto ai fianchi, influenzando in modo negativo sia la postura che la locomozione. La spina dorsale femminile si sarebbe così evoluta per compensare il peso del bambino, senza gravare troppo sulla muscolatura e consentire le normali attività anche durante la gravidanza.
Ricercatori della Harvard University e della University of Texas, ad Austin, hanno analizzato 19 donne incinte, di età compresa tra i 20 ed i 40 anni, sottolineando che, quando si trovano in posizione eretta, la curvatura lombare della spina dorsale aumenta, anche fino al 60%. In questo modo il baricentro viene riportato sopra i fianchi, nella sua posizione naturale. Le donne sono dunque in grado di incrementare la propria lordosi durante la gravidanza, caratteristica che riduce i costi energetici ed aumenta le probabilità di portare a termine con successo la gestazione.
Lo studio ha anche indiduato le strutture scheletriche che consentono questo adattamento che interessa un solo sesso: le femmine presentano infatti tre vertebre lombari coinvolte nella curvatura, mentre i maschi solamente due. Una piccola differenza morfologica che si diventa di grande importanza dal punto di vista adattativo.
Una simile morfologia dimorfica è stata segnalata anche in specie di ominidi ormai estinti: infatti, i ricercatori hanno analizzato le spine dorsali di individui fossili maschi e femmine del genere Australopithecus, risalenti a circa 2 milioni di anni fa, suggerendo che questo adattamento anatomico possa essere precedente all'evoluzione degli appartenenti al genere Homo. Questo piccolo accorgimento potrebbe essere stato infatti fondamentale per la sopravvivenza delle femmine incinte, migliorandone le prestazioni in un ambiente ostile e ricco di insidie come quello della savana africana e aumentando le possibilità dei piccoli di essere messi al mondo. Non stupisce, dunque, che sia stato plasmato dall'azione della selezione naturale.
Andrea Romano
Tra le caratteristiche tipiche della linea evolutiva che ha portato alla nascita dell'uomo, il bipedismo è apparso precocemente, con importanti conseguenze dal punto di vista sia anatomico che comportamentale e cognitivo. La postura eretta comportò infatti numerose modificazioni scheletriche nella parte inferiore della colonna vertebrale, nel bacino e negli arti inferiori, e poiché questi cambiamenti possono essere facilmente documentati dai reperti ossei, viene solitamente considerato uno dei tratti fondamentali per definire l'appartenenza agli ominidi. Inoltre, questo adattamento svincolò i primi bipedi dall'uso degli arti anteriori per la locomozione, consentendo la possibilità di utilizzare le mani per altri funzioni, tra cui la fabbricazione di utensili.
Nonostante questi conclamati vantaggi, l'andatura bipede portò con se anche alcune conseguenze negative, come le difficoltà incontrate dalle femmine nel rimanere in posizione eretta durante i mesi della gravidanza. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Nature, ha sottolineato come la selezione naturale abbia agito, nella nostra specie, per compensare questo svantaggio, promuovendo la differenziazione di alcune strutture scheletriche negli uomini e nelle donne. Due degli adattamenti anatomici al bipedismo sono stati l'allungamento della zona lombare della colonna vertebrale, sia tramite l'aumento del numero di vertebre sia mediante un incremento della loro lunghezza, e la formazione della curvatura convessa nella medesima regione della spina dorsale, chiamata anche lordosi.
Quest’ultimo adattamento, in particolare, è fondamentale nei bipedi per la stabilizzazione della parte superiore del corpo, che trova il suo baricentro, o centro di massa, appena sopra i fianchi. Durante le ultime fasi della gravidanza, il peso del bambino provoca un notevole spostamento del centro di massa, che trasla in posizione avanzata rispetto ai fianchi, influenzando in modo negativo sia la postura che la locomozione. La spina dorsale femminile si sarebbe così evoluta per compensare il peso del bambino, senza gravare troppo sulla muscolatura e consentire le normali attività anche durante la gravidanza.
Ricercatori della Harvard University e della University of Texas, ad Austin, hanno analizzato 19 donne incinte, di età compresa tra i 20 ed i 40 anni, sottolineando che, quando si trovano in posizione eretta, la curvatura lombare della spina dorsale aumenta, anche fino al 60%. In questo modo il baricentro viene riportato sopra i fianchi, nella sua posizione naturale. Le donne sono dunque in grado di incrementare la propria lordosi durante la gravidanza, caratteristica che riduce i costi energetici ed aumenta le probabilità di portare a termine con successo la gestazione.
Lo studio ha anche indiduato le strutture scheletriche che consentono questo adattamento che interessa un solo sesso: le femmine presentano infatti tre vertebre lombari coinvolte nella curvatura, mentre i maschi solamente due. Una piccola differenza morfologica che si diventa di grande importanza dal punto di vista adattativo.
Una simile morfologia dimorfica è stata segnalata anche in specie di ominidi ormai estinti: infatti, i ricercatori hanno analizzato le spine dorsali di individui fossili maschi e femmine del genere Australopithecus, risalenti a circa 2 milioni di anni fa, suggerendo che questo adattamento anatomico possa essere precedente all'evoluzione degli appartenenti al genere Homo. Questo piccolo accorgimento potrebbe essere stato infatti fondamentale per la sopravvivenza delle femmine incinte, migliorandone le prestazioni in un ambiente ostile e ricco di insidie come quello della savana africana e aumentando le possibilità dei piccoli di essere messi al mondo. Non stupisce, dunque, che sia stato plasmato dall'azione della selezione naturale.
Andrea Romano
Dinosauro carnivoro gigante
Ritrovati i resti di uno dei più grandi carnivori mai vissuti.
Sono stati rinvenuti resti fossili di uno dei più grandi dinosauri carnivori fino ad ora conosciuto. L'esemplare, scoperto in Niger grazie ad uno studente della Bristol University, appartiene ad una specie nuova, Carcharodontosaurus iguidensis, di cui però si conoscono esponenti del medesimo genere vissuti anch'essi nelle pianure africane.
La descrizione della specie è stata effettuata sulla rivista Journal of Vertebrate Paleontology, sulla base di una grande porzione del cranio, portante denti lunghi 20-25 cm, e di alcuni frammenti del collo. In seguito alla ricostruzione, si pensa che l'individuo, risalente a circa 95 milioni di anni fa, avesse un'altezza pari a circa 13-14 metri e presentasse una testa di lunghezza pari a 1,75 metri:dimensioni superiori a quelle del famoso Tyrannosaurus rex, anch'esso membro del sottordine di dinosauri Theropoda, i più grandi carnivori mai vissuti sulla terra ferma.
Tale ritrovamento potrà risultare importante per la ricostruzione delle catene trofiche del Cretaceo medio, in quanto nello stesso periodo numerose altre specie di grandi carnivori bipedi andavano a caccia nelle pianure desertiche africane.
Andrea Romano
Sono stati rinvenuti resti fossili di uno dei più grandi dinosauri carnivori fino ad ora conosciuto. L'esemplare, scoperto in Niger grazie ad uno studente della Bristol University, appartiene ad una specie nuova, Carcharodontosaurus iguidensis, di cui però si conoscono esponenti del medesimo genere vissuti anch'essi nelle pianure africane.
La descrizione della specie è stata effettuata sulla rivista Journal of Vertebrate Paleontology, sulla base di una grande porzione del cranio, portante denti lunghi 20-25 cm, e di alcuni frammenti del collo. In seguito alla ricostruzione, si pensa che l'individuo, risalente a circa 95 milioni di anni fa, avesse un'altezza pari a circa 13-14 metri e presentasse una testa di lunghezza pari a 1,75 metri:dimensioni superiori a quelle del famoso Tyrannosaurus rex, anch'esso membro del sottordine di dinosauri Theropoda, i più grandi carnivori mai vissuti sulla terra ferma.
Tale ritrovamento potrà risultare importante per la ricostruzione delle catene trofiche del Cretaceo medio, in quanto nello stesso periodo numerose altre specie di grandi carnivori bipedi andavano a caccia nelle pianure desertiche africane.
Andrea Romano
Ian Tattersall e Telmo Pievani su Radio24
Segnalo le interviste a Ian Tattersall e Telmo Pievani andate in onda su Moebius, la trasmissione di scienza di Radio24.
Nella puntata del 24 novembre, è stato intervistato il famoso antropologo Ian Tattersall, Direttore del Dipartimento di Antropologia dell'American Museum of Natural History di New York e professore di Antrolopogia alla Columbia University, che espone le sue tesi sull'evoluzione del cervello e sulla nascita dell'intelligenza simbolica nella nostra specie.
Sono disponibili sia l'audio della puntata che l'intervista di Maurizio Melis.
Nella puntata dell'8 dicembre, invece, è stato intervistato il nostro direttore Telmo Pievani sull'evoluzione e la biodivesità umana, sia genetica che culturale.
Andrea Romano
Nella puntata del 24 novembre, è stato intervistato il famoso antropologo Ian Tattersall, Direttore del Dipartimento di Antropologia dell'American Museum of Natural History di New York e professore di Antrolopogia alla Columbia University, che espone le sue tesi sull'evoluzione del cervello e sulla nascita dell'intelligenza simbolica nella nostra specie.
Sono disponibili sia l'audio della puntata che l'intervista di Maurizio Melis.
Nella puntata dell'8 dicembre, invece, è stato intervistato il nostro direttore Telmo Pievani sull'evoluzione e la biodivesità umana, sia genetica che culturale.
Andrea Romano
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L'antenato andino degli armadilli
Rinvenuto un esemplare fossile appartenente ad una nuova specie della famiglia dei gliptodonti, gli antichi progenitori degli odierni armadilli.
Un gruppo di ricercatori del American Museum of Natural History di New York e della Case Western Reserve University di Cleveland ha rinvenuto alcuni resti fossili appartenenti ad una specie che potrebbe essere un lontano antenato degli odierni armadilli. Il ritrovamento, avvenuto sulle Ande cilene ad un'altitudine di circa 4000 metri, rappresenterebbe un esemplare di una nuova specie appartenente alla famiglia Glyptodontidae.
I gliptodonti erano mammiferi erbivori interamente ricoperti da una robusta corazza, che, a differenza dei nipoti armadilli, costituita da placche fuse insieme che non consentivano il reciproco movimento e l'eventuale appallottolamento tipico di qusti animali. Questa corazza era tuttavia estremamente robusta e praticamente impenetrabile, ma rendeva il corpo dell'animale estremamente pesante: i gliptodonti potevano infatti raggiungere anche il peso di due tonnellate. L'esemplare scoperto di recente, appartenente alla nuova specie Parapropalaehoplophorus septentrionalis, descritta sulle pagine della rivista Journal of Vertebrate Paleontology, presenta dimensioni di gran lunga inferiori e, sostengono i ricecatori, poteva pesare circa 80 Kg. Come tutti gli appartenenti alla famiglia, presenta invece una corazza priva di placche mobili.
La nuova specie, ricostruita sulla base di resti della mascella, della corazza, degli arti e della colonna vertebrale, è stata confrontata con altre specie di gliptodonti e affini, determinandone il passato evolutivo. P. septentrionalis visse circa 18 milioni di anni fa e risulta essere uno dei primi membri della sua famiglia a evolvere verso una taglia minore.
Sulla base di precedenti ritrovamenti nella medesima area, i ricercatori escludono che questa specie, sebbene rinvenuta sulla cima delle Ande, vivesse ad elevate altitudini: infatti, tutti gli organismi fossili rinvenuti, tra cui numerose piante erbacee e animali erbivori brucatori, facevano pensare alla presenza di un differente bioma, identificato in una savana posizionata a circa 1000 metri sul livello del mare.
Andrea Romano
Un gruppo di ricercatori del American Museum of Natural History di New York e della Case Western Reserve University di Cleveland ha rinvenuto alcuni resti fossili appartenenti ad una specie che potrebbe essere un lontano antenato degli odierni armadilli. Il ritrovamento, avvenuto sulle Ande cilene ad un'altitudine di circa 4000 metri, rappresenterebbe un esemplare di una nuova specie appartenente alla famiglia Glyptodontidae.
I gliptodonti erano mammiferi erbivori interamente ricoperti da una robusta corazza, che, a differenza dei nipoti armadilli, costituita da placche fuse insieme che non consentivano il reciproco movimento e l'eventuale appallottolamento tipico di qusti animali. Questa corazza era tuttavia estremamente robusta e praticamente impenetrabile, ma rendeva il corpo dell'animale estremamente pesante: i gliptodonti potevano infatti raggiungere anche il peso di due tonnellate. L'esemplare scoperto di recente, appartenente alla nuova specie Parapropalaehoplophorus septentrionalis, descritta sulle pagine della rivista Journal of Vertebrate Paleontology, presenta dimensioni di gran lunga inferiori e, sostengono i ricecatori, poteva pesare circa 80 Kg. Come tutti gli appartenenti alla famiglia, presenta invece una corazza priva di placche mobili.
La nuova specie, ricostruita sulla base di resti della mascella, della corazza, degli arti e della colonna vertebrale, è stata confrontata con altre specie di gliptodonti e affini, determinandone il passato evolutivo. P. septentrionalis visse circa 18 milioni di anni fa e risulta essere uno dei primi membri della sua famiglia a evolvere verso una taglia minore.
Sulla base di precedenti ritrovamenti nella medesima area, i ricercatori escludono che questa specie, sebbene rinvenuta sulla cima delle Ande, vivesse ad elevate altitudini: infatti, tutti gli organismi fossili rinvenuti, tra cui numerose piante erbacee e animali erbivori brucatori, facevano pensare alla presenza di un differente bioma, identificato in una savana posizionata a circa 1000 metri sul livello del mare.
Andrea Romano
Documentario on-line sulla transizione pesci-tetrapodi
Con buona pace di Godtube
Dall'anatomia comparata e dalla paleontologia, si conosce bene la indubbia relazione filogenetica che intercorre tra i Sarcopterigi (i pesci dalle pinne "carnose", come il celebre fossile vivente Latimeria spp., cioè il Celacanto) e i primi tetrapodi, che possiamo chiamare "anfibi" (in senso etimologico, non sistematico) .
Conosciamo anche bene che uno degli argomenti preferiti dai creazionisti sono i numerosi vuoti filogenetici ( i classici anelli mancanti) che testimonierebbero i grandi passaggi evolutivi, come appunto quello dai pesci ossei ai primi tetrapodi.
Cosa dicono ora di fronte al Tiktaalik roseae? Pikaia ne ha già parlato qui e qui.
Ora è disponibile on line anche un documentario della National Science Foundation su questo stupefacente fossile a cura degli stessi scopritori, Neil Shubin,dell'Università di Chicago e Ted Daeschler dell' Academy of Natural Sciences.
Il documentario è in lingua in inglese e sottotitolato nella stessa lingua.
Stefano Dalla Casa
Dall'anatomia comparata e dalla paleontologia, si conosce bene la indubbia relazione filogenetica che intercorre tra i Sarcopterigi (i pesci dalle pinne "carnose", come il celebre fossile vivente Latimeria spp., cioè il Celacanto) e i primi tetrapodi, che possiamo chiamare "anfibi" (in senso etimologico, non sistematico) .
Conosciamo anche bene che uno degli argomenti preferiti dai creazionisti sono i numerosi vuoti filogenetici ( i classici anelli mancanti) che testimonierebbero i grandi passaggi evolutivi, come appunto quello dai pesci ossei ai primi tetrapodi.
Cosa dicono ora di fronte al Tiktaalik roseae? Pikaia ne ha già parlato qui e qui.
Ora è disponibile on line anche un documentario della National Science Foundation su questo stupefacente fossile a cura degli stessi scopritori, Neil Shubin,dell'Università di Chicago e Ted Daeschler dell' Academy of Natural Sciences.
Il documentario è in lingua in inglese e sottotitolato nella stessa lingua.
Stefano Dalla Casa
Evolution. What the Fossils Say and Why It Matters
Vi informo che è possibile scaricare liberamente il capitolo dedicato alla disputa evoluzionismo-creazionismo ed alcune tavole illustrate del libro (presto in libreria):
Evolution. What the Fossils Say and Why It Matters(2007), Donald R. Prothero, Illustrated by Carl Buell
Questo è il sito web del libro della Columbia University Press.
In piú ascoltate questo simpatico "Devonian Blues" sull´evoluzione....e leggete questa orazione di un evoluzionista.
Bressan David
Evolution. What the Fossils Say and Why It Matters(2007), Donald R. Prothero, Illustrated by Carl Buell
Questo è il sito web del libro della Columbia University Press.
In piú ascoltate questo simpatico "Devonian Blues" sull´evoluzione....e leggete questa orazione di un evoluzionista.
Bressan David
Libri usati in vendita sull'evoluzione e Darwin
Per esigenze di spazio.....o io o loro per intenderci....sono costretto a liberarmi di molti libri che possiedo. Vi segnalo una prima lista di libri cui seguiranno altre.
Seminari fondamentali per capire l'evoluzione dell'evoluzione:
Accademia Nazionale dei Lincei, Seminari sulla Evoluzione biologica e i grandi problemi della biologia:
XII° seminario - Lo svolgimento della genetica e dell'evoluzione dopo la riscoperta delle leggi di Mendel, 1986. Euro 30
XVII° seminario - Origine ed evoluzione dell'uomo, 1991. Euro 25
XVIII° seminario - Sistematica ed evoluzione dei viventi, 1992. Euro 25
Schrodinger E. Che cos'è la vita. Sansoni, 1947 Tradotto da M. Ageno. Pochi anni prima della scoperta del DNA, le sue riflessioni hanno posto le basi per la comprensione del materiale ereditario. Euro 20
Associerei anche questi due libri nel giudizio precedente:
A. Buzzati, L.L. Cavalli. Teoria dell'urto ed unità biologiche elementari. Longanesi, 1948. Euro 25
Umberto D'Ancona. La lotta per l'esistenza. Einaudi, 1942. Euro 30
Opere su e di Darwin:
Darwin. A cura di Giuseppe Cei. L'Arco, 1947. Euro 20
Darwin. L'origine delle specie. L'abbozzo del 1842. Comunicazione del 1858 (Darwin Wallace). Boringhieri, 1960. Euro 25. Unica traduzione del Novecento
A. Alberti. Carlo Darwin. Formiggini, 1909. Euro 15
R. Manzoni. Darwin. La rinascenza del libro, 1910. Euro 20
C. Darwin. L'origine delle specie. Bollati Boringhieri, 1959. Euro 50. Prima e nuova traduzione del Novecento di Luciana Fratini moglie di Montalenti
M. Prenant. Darwin. Einaudi, 1948. Euro 15
M. Lessona. Carlo Darwin, Casa Editrice Somaruga, 1883. Euro 35. Rara biografia italiana dell'Ottocento (venduto!)
C. Darwin. Autobiografia 1809-1882. Einaudi, 1962. Nuova traduzione novecentesca di Luciana Fratini moglie di Montalenti. Euro 20
C. Darwin. Diario di un naturalista giramondo, Gamma Editrice, 1945. Euro 25. Una delle poche riproposizioni del "Viaggio" nel Novecento
G. Montalenti. Darwin e noi. La vita, le scoperte, l'eredità culturale, L'Unità, 1982, Euro 20 Irving Stone. L'origine. Il romanzo di Charles Darwin. Dall'Oglio, 1980. Euro 15
Le immagini e le descrizioni bibliografiche di questi libri potete trovarle nella mia bibliografia recente che è possibile acquistare:
Paolo Coccia. Un secolo di evoluzionismo in Italia. Con l'elenco completo delle opere di Charles Darwin pubblicate in Italia. Partner-Ship, Prato, 2003. Euro 15
La via italiana alla critica (!!!!!) dell'evoluzionismo:
G. Sermonti, R. Fondi. Dopo Darwin. Critica all'evoluzionismo. Rusconi, 1980. Euro 20
J. Mainard-Smith. La teoria dell'evoluzione. Newton Compton, 1985. Euro 15. L'unico libro sull'evoluzione tradotto in italiano di JMS
G. Pancaldi. Charles Darwin. Storia ed economia della natura. La Nuova Italia, 1977 (con sottolineature). Euro 10. Uno dei pochi italiani che si è cimentato sullo studio delle opere di Darwin nel Novecento....e tradotto all'estero!!!!!!!!
Luigi Bulferetti. Cesare Lombroso. UTET, 1975. Cartonato. Euro 25. Il fondatore dell'antropologia italiana!
Thomas H. Huxley. Il posto dell'uomo nella natura e altri scritti. A cura di E. Padoa. Feltrinelli, 1956. Euro 15. L'unica nuova traduzione novecentesca del libro di Huxley....il mastino di Darwin
Julian Huxley. La sintesi moderna. Ubaldini editore, 1966. Euro 35
Poco conosciuto ma una summa dell'evoluzione dopo la sintesi anglo-americana dei vari Mayr, Dobzhansky, Wright, Haldane, Fisher.......
Ecco altre opere di uno di questi autori:
Theodosius Dobzhansky. L'evoluzione della specie umana. Einaudi, 1965, Euro 30
T. Dobzhansky. Diversità genetica e uguaglianza umana, Einaudi, 1975, Euro 10
Antonio Fogazzaro. Ascensioni Umane. Teoria dell'evoluzione e filosofia cristiana. A cura di Paolo Rossi, Longanesi, 1977. Anche nell'Ottocento il dibattito sull'evoluzione e le gerarchie ecclesiastiche era furioso. Ne ha fatto le spese Fogazzaro!!!!!!! Euro 20
Opera preziosa per la presenza del saggio di S.J. Gould, Il 2000 e le scale del tempo.....e le sue Conclusioni:Pensieri sulla fine dei tempi. Bompiani, 1999....contiene anche i saggi di Eco, Delumeau e Carriere. Euro 10
E. Padoa. Storia naturale del sesso, Einaudi, 1948, Euro 25
Ruth Moore. L'evoluzione. Mondadori, 1962 (illustrato). Una delle prime opere di divulgazione dell'evoluzione. Euro 15
Sul marxismo e le scienze.
Critica Marxista, Quaderni n. 6, 1972. Euro 20. Contiene, tra gli altri saggi:
S. Tagliagambe. Sulla concezione materialistica delle scienze della natura
F. Graziosi. Chimica e storia degli organismi viventi
G. Di Siena. Biologia, darwinismo sociale e marxismo
Per chi segue le scienze cognitive:
Pavlov. I riflessi condizionati, Einaudi, 1943. Edizione rilegata. Euro 25
H. Gardner. The Mind's New Science. A History of the Cognitive Revolution, Basic Books, 1985. Euro 22
Opere varie
Ramusio. Navigazioni e viaggi, vol. I, Einaudi, Euro 25
Atkins. Il secondo principio, Zanichelli NCS, Euro 20
Eames. Potenze di 10, Zanichelli NCS, Euro 20
Paolo Coccia
infoxxxx@pikaia.eu (togliere la stringa XXXX)
Seminari fondamentali per capire l'evoluzione dell'evoluzione:
Accademia Nazionale dei Lincei, Seminari sulla Evoluzione biologica e i grandi problemi della biologia:
XII° seminario - Lo svolgimento della genetica e dell'evoluzione dopo la riscoperta delle leggi di Mendel, 1986. Euro 30
XVII° seminario - Origine ed evoluzione dell'uomo, 1991. Euro 25
XVIII° seminario - Sistematica ed evoluzione dei viventi, 1992. Euro 25
Schrodinger E. Che cos'è la vita. Sansoni, 1947 Tradotto da M. Ageno. Pochi anni prima della scoperta del DNA, le sue riflessioni hanno posto le basi per la comprensione del materiale ereditario. Euro 20
Associerei anche questi due libri nel giudizio precedente:
A. Buzzati, L.L. Cavalli. Teoria dell'urto ed unità biologiche elementari. Longanesi, 1948. Euro 25
Umberto D'Ancona. La lotta per l'esistenza. Einaudi, 1942. Euro 30
Opere su e di Darwin:
Darwin. A cura di Giuseppe Cei. L'Arco, 1947. Euro 20
Darwin. L'origine delle specie. L'abbozzo del 1842. Comunicazione del 1858 (Darwin Wallace). Boringhieri, 1960. Euro 25. Unica traduzione del Novecento
A. Alberti. Carlo Darwin. Formiggini, 1909. Euro 15
R. Manzoni. Darwin. La rinascenza del libro, 1910. Euro 20
C. Darwin. L'origine delle specie. Bollati Boringhieri, 1959. Euro 50. Prima e nuova traduzione del Novecento di Luciana Fratini moglie di Montalenti
M. Prenant. Darwin. Einaudi, 1948. Euro 15
M. Lessona. Carlo Darwin, Casa Editrice Somaruga, 1883. Euro 35. Rara biografia italiana dell'Ottocento (venduto!)
C. Darwin. Autobiografia 1809-1882. Einaudi, 1962. Nuova traduzione novecentesca di Luciana Fratini moglie di Montalenti. Euro 20
C. Darwin. Diario di un naturalista giramondo, Gamma Editrice, 1945. Euro 25. Una delle poche riproposizioni del "Viaggio" nel Novecento
G. Montalenti. Darwin e noi. La vita, le scoperte, l'eredità culturale, L'Unità, 1982, Euro 20 Irving Stone. L'origine. Il romanzo di Charles Darwin. Dall'Oglio, 1980. Euro 15
Le immagini e le descrizioni bibliografiche di questi libri potete trovarle nella mia bibliografia recente che è possibile acquistare:
Paolo Coccia. Un secolo di evoluzionismo in Italia. Con l'elenco completo delle opere di Charles Darwin pubblicate in Italia. Partner-Ship, Prato, 2003. Euro 15
La via italiana alla critica (!!!!!) dell'evoluzionismo:
G. Sermonti, R. Fondi. Dopo Darwin. Critica all'evoluzionismo. Rusconi, 1980. Euro 20
J. Mainard-Smith. La teoria dell'evoluzione. Newton Compton, 1985. Euro 15. L'unico libro sull'evoluzione tradotto in italiano di JMS
G. Pancaldi. Charles Darwin. Storia ed economia della natura. La Nuova Italia, 1977 (con sottolineature). Euro 10. Uno dei pochi italiani che si è cimentato sullo studio delle opere di Darwin nel Novecento....e tradotto all'estero!!!!!!!!
Luigi Bulferetti. Cesare Lombroso. UTET, 1975. Cartonato. Euro 25. Il fondatore dell'antropologia italiana!
Thomas H. Huxley. Il posto dell'uomo nella natura e altri scritti. A cura di E. Padoa. Feltrinelli, 1956. Euro 15. L'unica nuova traduzione novecentesca del libro di Huxley....il mastino di Darwin
Julian Huxley. La sintesi moderna. Ubaldini editore, 1966. Euro 35
Poco conosciuto ma una summa dell'evoluzione dopo la sintesi anglo-americana dei vari Mayr, Dobzhansky, Wright, Haldane, Fisher.......
Ecco altre opere di uno di questi autori:
Theodosius Dobzhansky. L'evoluzione della specie umana. Einaudi, 1965, Euro 30
T. Dobzhansky. Diversità genetica e uguaglianza umana, Einaudi, 1975, Euro 10
Antonio Fogazzaro. Ascensioni Umane. Teoria dell'evoluzione e filosofia cristiana. A cura di Paolo Rossi, Longanesi, 1977. Anche nell'Ottocento il dibattito sull'evoluzione e le gerarchie ecclesiastiche era furioso. Ne ha fatto le spese Fogazzaro!!!!!!! Euro 20
Opera preziosa per la presenza del saggio di S.J. Gould, Il 2000 e le scale del tempo.....e le sue Conclusioni:Pensieri sulla fine dei tempi. Bompiani, 1999....contiene anche i saggi di Eco, Delumeau e Carriere. Euro 10
E. Padoa. Storia naturale del sesso, Einaudi, 1948, Euro 25
Ruth Moore. L'evoluzione. Mondadori, 1962 (illustrato). Una delle prime opere di divulgazione dell'evoluzione. Euro 15
Sul marxismo e le scienze.
Critica Marxista, Quaderni n. 6, 1972. Euro 20. Contiene, tra gli altri saggi:
S. Tagliagambe. Sulla concezione materialistica delle scienze della natura
F. Graziosi. Chimica e storia degli organismi viventi
G. Di Siena. Biologia, darwinismo sociale e marxismo
Per chi segue le scienze cognitive:
Pavlov. I riflessi condizionati, Einaudi, 1943. Edizione rilegata. Euro 25
H. Gardner. The Mind's New Science. A History of the Cognitive Revolution, Basic Books, 1985. Euro 22
Opere varie
Ramusio. Navigazioni e viaggi, vol. I, Einaudi, Euro 25
Atkins. Il secondo principio, Zanichelli NCS, Euro 20
Eames. Potenze di 10, Zanichelli NCS, Euro 20
Paolo Coccia
infoxxxx@pikaia.eu (togliere la stringa XXXX)
Tuesday, December 04, 2007
Scimpanzè campioni di memoria
I giovani scimpanzè dimostrano di possedere capacità mnemoniche straordinarie: in un test su sequenze numeriche hanno ottenuto risultati migliori rispetto ad esseri umani adulti.
Le abilità cognitive degli scimpanzè (Pan troglodytes) sono state sottolineate innumerevoli volte e dimostrate in vari studi sperimentali: spesso si sostiene che questi animali siano in grado di avere prestazioni che si avvicinano a quelle umane, pur rimanendo sempre inferiori. Un nuovo studio, condotto da ricercatori dell'Università di Kyoto, ha evidenziato come, in alcuni casi, le parti possano invertirsi e siano gli scimpanzè a superare gli esseri umani. In particolare, i giovani di questa specie sembrano avere capacità mnemoniche superiori a quelle di uomini adulti.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, ha testato tre coppie madre-figlio di scimpanzè, che erano stati precedentemente istruiti alla comprensione dei numeri da 1 a 9, e alcuni studenti universitari sulla capacità di ricordare e riprodurre sequenze numeriche di diversa lunghezza. Alcuni numeri sono stati proposti agli individui oggetto di studio su un monitor touch-screen per un intervallo di tempo variabile; succesivamente, sulla schermata le posizioni dei numeri venivano sostituite con caselle bianche, che dovevano essere riempite con la cifra corrispondente a quella mostrata in precedenza.
I risultati sono straordinari: dei tre gruppi sperimentali (le madri scimpanzè, i cuccioli scimpanzè e gli studenti universitari), ha dimostrato le maggiori capacità mnemoniche è quello composto dai giovani scimpanzè, che rispondono in maniera efficiente indipendentemente dal tempo di permanenza dei numeri sullo schermo. Le performance degli studenti, al contrario, migliorano con l'incremento del tempo a disposizione per la memorizzazione.
Gli scimpanzè dimostrano, dunque, di possedere una straordinaria memoria fotografica, che risulta superiore a quella dell'uomo, abilità che tuttavia si perde con il passare del tempo e con l'età.
Andrea Romano
Le abilità cognitive degli scimpanzè (Pan troglodytes) sono state sottolineate innumerevoli volte e dimostrate in vari studi sperimentali: spesso si sostiene che questi animali siano in grado di avere prestazioni che si avvicinano a quelle umane, pur rimanendo sempre inferiori. Un nuovo studio, condotto da ricercatori dell'Università di Kyoto, ha evidenziato come, in alcuni casi, le parti possano invertirsi e siano gli scimpanzè a superare gli esseri umani. In particolare, i giovani di questa specie sembrano avere capacità mnemoniche superiori a quelle di uomini adulti.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, ha testato tre coppie madre-figlio di scimpanzè, che erano stati precedentemente istruiti alla comprensione dei numeri da 1 a 9, e alcuni studenti universitari sulla capacità di ricordare e riprodurre sequenze numeriche di diversa lunghezza. Alcuni numeri sono stati proposti agli individui oggetto di studio su un monitor touch-screen per un intervallo di tempo variabile; succesivamente, sulla schermata le posizioni dei numeri venivano sostituite con caselle bianche, che dovevano essere riempite con la cifra corrispondente a quella mostrata in precedenza.
I risultati sono straordinari: dei tre gruppi sperimentali (le madri scimpanzè, i cuccioli scimpanzè e gli studenti universitari), ha dimostrato le maggiori capacità mnemoniche è quello composto dai giovani scimpanzè, che rispondono in maniera efficiente indipendentemente dal tempo di permanenza dei numeri sullo schermo. Le performance degli studenti, al contrario, migliorano con l'incremento del tempo a disposizione per la memorizzazione.
Gli scimpanzè dimostrano, dunque, di possedere una straordinaria memoria fotografica, che risulta superiore a quella dell'uomo, abilità che tuttavia si perde con il passare del tempo e con l'età.
Andrea Romano
Evoluzione e creazione secondo "I Simpson"
Con la consueta satira pungente, il famoso cartone animato "I Simpson" propone il confronto tra creazionismo ed evoluzione: ecco uno stralcio di una puntata in cui nella scuola di Springfield viene imposto l'insegnamento del creazionismo nelle ore di scienze come teoria alternativa all'evoluzione.
Da qui si può accedere al video.
Andrea Romano
Da qui si può accedere al video.
Andrea Romano
Focus sull'evo-devo curato dalla rivista Nature Reviews Genetics
Il dossier, liberamente disponibile ai lettori registrati presso l'editore Nature Publishing Group, affronta in quattro saggi gli ultimi sviluppi della biologia dello sviluppo tentando di fondare una nuova Sintesi Moderna della genetica ed evoluzione.
I saggi, pubblicati nell'ultimo fascicolo della rivista Nature Reviews Genetics, sono i seguenti:
Evo–devo: extending the evolutionary synthesis
Gerd B. Müller
Written in stone: fossils, genes and evo–devo
Rudolf A. Raff
Evolutionary developmental biology and genomics
Cristian Cañestro, Hayato Yokoi & John H. Postlethwait
The road to modularity
Günter P. Wagner, Mihaela Pavlicev & James M. Cheverud
Paolo Coccia
Per saperne di più (rielaborazione della bibliografia tratta dai saggi):
Laubichler, M. D. & Maienschein, J. (eds) From Embryology to Evo–Devo: A History of Developmental Evolution (MIT Press, Cambridge, 2007).Reid, R. G. B. Biological Emergences: Evolution by Natural Experiment (MIT Press, Cambridge, 2007).McGhee, G. R. The Geometry of Evolution (Cambridge Univ. Press, Cambridge, 2007).Arthur, W. The emerging conceptual framework of evolutionary developmental biology. Nature 415, 757–764 (2002).Davidson, E. H. The Regulatory Genome: Gene Regulatory Networks in Development and Evolution (Academic, San Diego, 2006).Wilkins, A. The Evolution of Developmental Pathways (Sinauer Associates, Sunderland, 2002).Carroll, S. B., Grenier, J. K. & Weatherbee, S. D. From DNA to Diversity (Blackwell Science, Malden, 2005).Hall, B. K., Pearson, B. J. & Müller, G. B. (eds) Environment, Development, and Evolution (MIT Press, Cambridge, 2003).West-Eberhard, M. J. Developmental Plasticity and Evolution (Oxford Univ. Press, Oxford, 2003).Salazar-Ciudad, I., Newman, S. A. & Sole, R. V. Phenotypic and dynamical transitions in model genetic networks. I. Emergence of patterns and genotype–phenotype relationships. Evol. Dev. 3, 84–94 (2001).Newman, S. A. & Müller, G. B. Epigenetic mechanisms of character origination. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 288, 304–317 (2000).Oleksiak, M. F., Churchill, G. A. & Crawford, D. L. Variation in gene expression within and among natural populations. Nature Genet. 32, 261–266 (2002).Burke, A. C., Nelson, C. E., Morgan, B. A. & Tabin, C. Hox genes and the evolution of vertebrate axial morphology. Development 121, 333–346 (1995).Wagner, G. P. & Chiu, C. H. The tetrapod limb: a hypothesis on its origin. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 291, 226–240 (2001).Maynard Smith, J. et al. Developmental constraints and evolution. Q. Rev. Biol. 60, 265–287 (1985).von Dassow, G. & Munro, E. Modularity in animal development and evolution: elements of a conceptual framework for evodevo. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 285, 307–325 (1999).Schlosser, G. & Wagner, G. P. (eds) Modularity in Development and Evolution (Univ. Chicago Press, Chicago, 2004).Callebaut, W. & Rasskin-Gutman, D. Modularity: Understanding the Development and Evolution of Complex Natural Systems (MIT Press, Cambridge, 2005).Wagner, G. P. & Altenberg, L. Complex adaptations and the evolution of evolvability. Evolution 50, 967–976 (1996).Müller, G. B. in Origination of Organismal Form (eds Müller, G. B. & Newman, S. A.) 51–69 (MIT Press, Cambridge, 2003).Wagner, G. P. The developmental genetics of homology. Nature Rev. Genet. 8, 473–479 (2007).Kirschner, M. & Gerhart, J. Evolvability. Proc. Natl Acad. Sci. USA 95, 8420–8427 (1998).Love, A. C. Evolutionary morphology, innovation, and the synthesis of evolutionary and developmental biology. Biol. Philos. 18, 309–345 (2003).Müller, G. B. & Newman, S. A. (eds) Evolutionary innovation and morphological novelty. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 304, Special issue (2005).Lee, P. N., Callaerts, P., De Couet, H. G. & Martindale, M. Q. Cephalopod Hox genes and the origin of morphological novelties. Nature 424, 1061–1065 (2003).Prum, R. O. Development and evolutionary origin of feathers. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 285, 291–306 (1999).Newman, S. A. & Comper, W. D. ‘Generic’ physical mechanisms of morphogenesis and pattern formation. Development 110, 1–18 (1990).Müller, G. B. in From Embryology to Evo–Devo: A History of Embryology in the 20th Century (eds Laubichler, M. D. & Maienschein, J.) 499–524 (MIT Press, Cambridge, 2007).Wagner, A. Robustness and Evolvability in Living Systems (Princeton Univ. Press, Princeton, 2005).Collins, J. P., Gilbert, S., Laubichler, M. D. & Müller, G. B. in Modeling Biology: Structures, Behaviors, Evolution (eds Laubichler, M. & Müller, G. B.) 355–378 (MIT Press, Cambridge, 2007).Pigliucci, M. Phenotypic Plasticity: Beyond Nature and Nurture (Johns Hopkins Univ. Press, Baltimore, 2001).Deacon, T. W. Reciprocal linkage between selforganizing processes is sufficient for self-reproduction and evolvability. Biol. Theor. 1, 136–149 (2006).Minelli, A. The Development of Animal Form: Ontogeny, Morphology, and Evolution (Cambridge Univ. Press, Cambridge, 2003).Minelli, A. Molecules, developmental modules, and phenotypes: a combinatorial approach to homology. Mol. Phylogenet. Evol. 9, 340–347 (1997).Wagner, G. P. The biological homology concept. Annu. Rev. Ecol. Syst. 20, 51–69 (1989).Newman, S. A., Forgacs, G. & Müller, G. B. Before programs: the physical origination of multicellular forms. Int. J. Dev. Biol. 50, 289–299 (2006).
I saggi, pubblicati nell'ultimo fascicolo della rivista Nature Reviews Genetics, sono i seguenti:
Evo–devo: extending the evolutionary synthesis
Gerd B. Müller
Written in stone: fossils, genes and evo–devo
Rudolf A. Raff
Evolutionary developmental biology and genomics
Cristian Cañestro, Hayato Yokoi & John H. Postlethwait
The road to modularity
Günter P. Wagner, Mihaela Pavlicev & James M. Cheverud
Paolo Coccia
Per saperne di più (rielaborazione della bibliografia tratta dai saggi):
Laubichler, M. D. & Maienschein, J. (eds) From Embryology to Evo–Devo: A History of Developmental Evolution (MIT Press, Cambridge, 2007).Reid, R. G. B. Biological Emergences: Evolution by Natural Experiment (MIT Press, Cambridge, 2007).McGhee, G. R. The Geometry of Evolution (Cambridge Univ. Press, Cambridge, 2007).Arthur, W. The emerging conceptual framework of evolutionary developmental biology. Nature 415, 757–764 (2002).Davidson, E. H. The Regulatory Genome: Gene Regulatory Networks in Development and Evolution (Academic, San Diego, 2006).Wilkins, A. The Evolution of Developmental Pathways (Sinauer Associates, Sunderland, 2002).Carroll, S. B., Grenier, J. K. & Weatherbee, S. D. From DNA to Diversity (Blackwell Science, Malden, 2005).Hall, B. K., Pearson, B. J. & Müller, G. B. (eds) Environment, Development, and Evolution (MIT Press, Cambridge, 2003).West-Eberhard, M. J. Developmental Plasticity and Evolution (Oxford Univ. Press, Oxford, 2003).Salazar-Ciudad, I., Newman, S. A. & Sole, R. V. Phenotypic and dynamical transitions in model genetic networks. I. Emergence of patterns and genotype–phenotype relationships. Evol. Dev. 3, 84–94 (2001).Newman, S. A. & Müller, G. B. Epigenetic mechanisms of character origination. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 288, 304–317 (2000).Oleksiak, M. F., Churchill, G. A. & Crawford, D. L. Variation in gene expression within and among natural populations. Nature Genet. 32, 261–266 (2002).Burke, A. C., Nelson, C. E., Morgan, B. A. & Tabin, C. Hox genes and the evolution of vertebrate axial morphology. Development 121, 333–346 (1995).Wagner, G. P. & Chiu, C. H. The tetrapod limb: a hypothesis on its origin. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 291, 226–240 (2001).Maynard Smith, J. et al. Developmental constraints and evolution. Q. Rev. Biol. 60, 265–287 (1985).von Dassow, G. & Munro, E. Modularity in animal development and evolution: elements of a conceptual framework for evodevo. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 285, 307–325 (1999).Schlosser, G. & Wagner, G. P. (eds) Modularity in Development and Evolution (Univ. Chicago Press, Chicago, 2004).Callebaut, W. & Rasskin-Gutman, D. Modularity: Understanding the Development and Evolution of Complex Natural Systems (MIT Press, Cambridge, 2005).Wagner, G. P. & Altenberg, L. Complex adaptations and the evolution of evolvability. Evolution 50, 967–976 (1996).Müller, G. B. in Origination of Organismal Form (eds Müller, G. B. & Newman, S. A.) 51–69 (MIT Press, Cambridge, 2003).Wagner, G. P. The developmental genetics of homology. Nature Rev. Genet. 8, 473–479 (2007).Kirschner, M. & Gerhart, J. Evolvability. Proc. Natl Acad. Sci. USA 95, 8420–8427 (1998).Love, A. C. Evolutionary morphology, innovation, and the synthesis of evolutionary and developmental biology. Biol. Philos. 18, 309–345 (2003).Müller, G. B. & Newman, S. A. (eds) Evolutionary innovation and morphological novelty. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 304, Special issue (2005).Lee, P. N., Callaerts, P., De Couet, H. G. & Martindale, M. Q. Cephalopod Hox genes and the origin of morphological novelties. Nature 424, 1061–1065 (2003).Prum, R. O. Development and evolutionary origin of feathers. J. Exp. Zool. B Mol. Dev. Evol. 285, 291–306 (1999).Newman, S. A. & Comper, W. D. ‘Generic’ physical mechanisms of morphogenesis and pattern formation. Development 110, 1–18 (1990).Müller, G. B. in From Embryology to Evo–Devo: A History of Embryology in the 20th Century (eds Laubichler, M. D. & Maienschein, J.) 499–524 (MIT Press, Cambridge, 2007).Wagner, A. Robustness and Evolvability in Living Systems (Princeton Univ. Press, Princeton, 2005).Collins, J. P., Gilbert, S., Laubichler, M. D. & Müller, G. B. in Modeling Biology: Structures, Behaviors, Evolution (eds Laubichler, M. & Müller, G. B.) 355–378 (MIT Press, Cambridge, 2007).Pigliucci, M. Phenotypic Plasticity: Beyond Nature and Nurture (Johns Hopkins Univ. Press, Baltimore, 2001).Deacon, T. W. Reciprocal linkage between selforganizing processes is sufficient for self-reproduction and evolvability. Biol. Theor. 1, 136–149 (2006).Minelli, A. The Development of Animal Form: Ontogeny, Morphology, and Evolution (Cambridge Univ. Press, Cambridge, 2003).Minelli, A. Molecules, developmental modules, and phenotypes: a combinatorial approach to homology. Mol. Phylogenet. Evol. 9, 340–347 (1997).Wagner, G. P. The biological homology concept. Annu. Rev. Ecol. Syst. 20, 51–69 (1989).Newman, S. A., Forgacs, G. & Müller, G. B. Before programs: the physical origination of multicellular forms. Int. J. Dev. Biol. 50, 289–299 (2006).
Nuovo fascicolo della rivista "darwin"
La rivista darwin è in edicola con il n. 22, anno 4, 2007
Vi propongo una selezione di articoli presenti nell'attuale fascicolo:
Editoriale. I
l tour americano di Lucy, Lorenzo Rook
Genomica Il miglior amico del genetista, Elizabeth Pennisi
Evoluzione La lunga estate calda, Gianfranco Bangone
Evoluzione L'autunno si colora di fuoco, L. Chittka et al.
Cellule minime all'origine della vita, Giovanni Murtas
La selezione dei meritevoli, Giovanni Jervis
Diffidenze ontologiche, Michele Luzzatto
LO SPECIALE NEUROETICA
Il nuovo fronte caldo, Gilberto Corbellini
E' nata una nuova stella, Anna Meldolesi
Paolo Coccia
Vi propongo una selezione di articoli presenti nell'attuale fascicolo:
Editoriale. I
l tour americano di Lucy, Lorenzo Rook
Genomica Il miglior amico del genetista, Elizabeth Pennisi
Evoluzione La lunga estate calda, Gianfranco Bangone
Evoluzione L'autunno si colora di fuoco, L. Chittka et al.
Cellule minime all'origine della vita, Giovanni Murtas
La selezione dei meritevoli, Giovanni Jervis
Diffidenze ontologiche, Michele Luzzatto
LO SPECIALE NEUROETICA
Il nuovo fronte caldo, Gilberto Corbellini
E' nata una nuova stella, Anna Meldolesi
Paolo Coccia
Evolution: Education and Outreach
E' finalmente disponibile il primo fascicolo nella nuova rivista, totalmente dedicata all'evoluzione, dal titolo Evolution: Education and Outreach.
E' finalmente disponibile il primo fascicolo della rivista Evolution: Education and Outreach!! Dal giorno dell'annuncio del lancio, la pubblicazione del primo fascicolo di questa rivista era attesa con grande interesse poiché Evolution: Education and Outreach potrebbe rappresentare un importante punto di incontro per tutti coloro che in modo e con professioni diverse (ricercatori, filosofi, insegnanti e curatori museali) hanno nell'evoluzione un comune interesse.
Lo scopo della rivista è ben illustrato nell'Editorial di Niles Eldredge e Gregory Eldredge:
"Thus, our goal for this journal is nothing less than to provide direct linkage between the worlds of scientific research and the K-16 classroom. We have assembled an impressive team of scientists, educational experts, and teachers to form our initial editorial board. Our journal, to be published quarterly, will contain peer-reviewed articles by scientists—generally accompanied by lesson plans; peer-reviewed articles by educators on curriculum and teaching issues; “personal essays”—reflections by scientists and teachers on their thoughts and experiences on a wide range of subject matter; and “collaborative essays” by teams consisting of scientists/scholars writing with teachers to produce materials directly appropriate to classroom use. Each issue features a contribution—“Views from Understanding Evolution”—from Anna Thanukos and her colleagues at the Museum of Paleontology, University of California at Berkeley, and a column from Eugenie Scott and her staff at the National Center for Science education entitled “Overcoming Obstacles to Science Education.” In addition, interviews with well-known scientists and educators; reviews; letters from readers; several news columns—covering emerging issues in science, in the classroom, and on the internet; puzzles and other features. Our aim: to produce a riveting issue every time— a “must read” from cover to cover! "
L'indice del primo fascicolo (che contiene ben 20 articoli oltre all'Editorial) è molto ghiotto, per cui non mi resta che augurarvi buona lettura!!!
Mauro Mandrioli
E' finalmente disponibile il primo fascicolo della rivista Evolution: Education and Outreach!! Dal giorno dell'annuncio del lancio, la pubblicazione del primo fascicolo di questa rivista era attesa con grande interesse poiché Evolution: Education and Outreach potrebbe rappresentare un importante punto di incontro per tutti coloro che in modo e con professioni diverse (ricercatori, filosofi, insegnanti e curatori museali) hanno nell'evoluzione un comune interesse.
Lo scopo della rivista è ben illustrato nell'Editorial di Niles Eldredge e Gregory Eldredge:
"Thus, our goal for this journal is nothing less than to provide direct linkage between the worlds of scientific research and the K-16 classroom. We have assembled an impressive team of scientists, educational experts, and teachers to form our initial editorial board. Our journal, to be published quarterly, will contain peer-reviewed articles by scientists—generally accompanied by lesson plans; peer-reviewed articles by educators on curriculum and teaching issues; “personal essays”—reflections by scientists and teachers on their thoughts and experiences on a wide range of subject matter; and “collaborative essays” by teams consisting of scientists/scholars writing with teachers to produce materials directly appropriate to classroom use. Each issue features a contribution—“Views from Understanding Evolution”—from Anna Thanukos and her colleagues at the Museum of Paleontology, University of California at Berkeley, and a column from Eugenie Scott and her staff at the National Center for Science education entitled “Overcoming Obstacles to Science Education.” In addition, interviews with well-known scientists and educators; reviews; letters from readers; several news columns—covering emerging issues in science, in the classroom, and on the internet; puzzles and other features. Our aim: to produce a riveting issue every time— a “must read” from cover to cover! "
L'indice del primo fascicolo (che contiene ben 20 articoli oltre all'Editorial) è molto ghiotto, per cui non mi resta che augurarvi buona lettura!!!
Mauro Mandrioli
Geni in movimento
E' noto ormai da tempo che nei batteri avvengono eventi di trasferimento orizzontale di geni tra specie diverse. La rivista Science pubblica un interessante articolo in cui si cerca di capire quanto questo fenomeno possa aver influito sull'evoluzione dei genomi batterici.
E' ormai noto da tempo che in natura esistono due modalità distinte per trasferire DNA da un organismo all'altro. Il primo, definito trasferimento verticale, prevede il passaggio di DNA da un individuo ai propri figli e fa parte delle tradizionali modalità di riproduzione degli esseri viventi che tutti conosciamo, mentre il secondo meccanismo, definito trasferimento orizzontale, prevede il passaggio di DNA tra individui distinti e non necessariamente appartenenti alla stessa specie.
Il trasferimento orizzontale è un fenomeno noto da oltre 60 anni nei batteri e si può realizzare tramite coniugazione, trasformazione e trasduzione. Sebbene questa tipologia di trasferimento di geni sia stata per molti anni oggetto di discussione, è oggi opinione condivisa nella comunità scientifica che i fenomeni di trasferimento orizzontale abbiano svolto un importante ruolo nell'evoluzione dei genomi batterici e che tali eventi siano all'origine di numerose "innovazioni" batteriche, tra cui l'insorgenza di resistenza agli antibiotici ed aumentati livelli di patogenicità. La conseguenza degli eventi di trasferimento orizzontale è che i cromosomi batterici divengono quindi una sorta di mosaico di geni trasmessi verticalmente intercalati con geni trasmessi orizzontalmente. Ma che peso ha avuto il trasferimento orizzontale nell'evoluzione del genoma batterico?
L'ultimo numero della rivista Science pubblica un articolo intitolato "Genome-Wide Experimental Determination of Barriers to Horizontal Gene Transfer" in cui il gruppo di ricerca di Edward M. Rubin (Department of Energy, Joint Genome Institute, USA) conduce una approfondita analisi per verificare quanto il trasferimento orizzontale abbia inciso nell'evoluzione del genoma dei batteri. In particolare, gli autori hanno studiato le possibilità di trasferimento nel genoma di Escherichia coli di 246.045 geni appartenenti a 79 diverse specie batteriche. Le conclusioni presentate sono di grandissimo interesse, poiché viene dimostrato per la prima volta che tutti i geni hanno uguali possibilità di essere trasferiti orizzontalmente, ma il trasferimento di alcuni risulta essere dannoso per le cellule che li ricevono e quindi questi eventi sono selezionati in modo negativo. In particolare, Rubin e colleghi mostrano che oltre 1400 geni presentavano difficoltà nel trasferimento orizzontale e che questi geni sarebbero riconducibili ad una stessa categoria funzionale nel senso che sono tutti implicati nei processi di funzionamento di base della cellula batterica e quindi il loro trasferimento potrebbe alterare la normale funzionalità delle cellule batteriche. A tale riguardo, potrebbero risultare selezionati in modo negativo i trasferimenti orizzontali di geni sensibili al dosaggio ovvero di quei geni che, se presenti in quantità superiori rispetto al normale, possono alterare in modo irreversibile il metabolismo batterico.
Un ulteriore elemento di grande interesse che emerge dal lavoro di Rubin e colleghi è che il trasferimento di geni tra batteri filogeneticamente distanti sarebbe "più facile" rispetto a quello tra batteri filogeneticamente correlati. Questo aspetto è molto interessante, poiché ci indica che il trasferimento di geni tra batteri di specie correlate, può avvenire, ma spesso si ha un immediato effetto negativo legato al fatto che il gene trasferito interferisce con l'espressione dei geni ortologhi presenti nella cellula ricevente. Al contrario, quando arrivano geni da specie batteriche non filogeneticamente correlate non si ha un immediato effetto negativo e quindi l'acquisizione del nuovo gene non solo non danneggia la cellula ricevente, ma anzi le può conferire un vantaggio.
Sebbene il lavoro di Rubin e colleghi sia una simulazione realizzata in modo "forzato" in laboratorio di ciò che può avvenire in natura, il quadro che emerge è impressionante, poichè la quantità di geni che si può spostare per trasferimento orizzontale è estremamente ampia (oltre 240.000 geni!).
Questi dati, se confermati anche in altre specie batteriche e quindi non frutto di qualche peculiarità di E. coli usato come modello sperimentale, indicherebbero che potrebbe essere necessario rivedere il modo in cui le diverse specie batteriche sono state definite e correlate filogeneticamente, poiché i geni trasferiti orizzontalmente potrebbero aver "falsato" gli alberi filogenetici ottenuti. E' infatti evidente che geni in grado di muoversi (e a quanto pare tanti, tantissimi geni!!!) potrebbero far erroneamente considerare filogeneticamente correlate specie, che in realtà condividono solamente alcuni geni acquisiti per trasferimento orizzontale. L'albero filogenetico dei batteri andrebbe quindi rivisto e forse andrebbe sostituito con una sorta di "web of life", che rifletta non solamente le relazioni filogenetiche, ma anche i documentati eventi di trasferimento orizzontale, come suggerito da James McInerney e Davide Pisani nella perspective intitolata "Paradigm for Life" pubblicata nello stesso volume di Science dell'articolo di Rubin e colleghi.
Eventi di trasferimento orizzontale sono stati descritti anche tra procarioti ed eucarioti pluricellulari, anche se sono sicuramente più rari (se si escludono i processi che hanno portato il trasferimento di geni dai mitocondri e dai cloroplasti al genoma nucleare). In questo caso però il trasferimento era favorito dal fatto di essere a livello intracellulare e di non prevedere una fase di trasferimento di DNA tra individui diversi. Recentemente un esempio di trasferimento orizzontale tra procarioti ed eucarioti era stato pubblicato da Julie C. Dunning Hotopp (Institute for Genomic Research, J. Craig Venter Institute, USA) su Science, in cui si mostrava come il batterio Wolbachia pipientis avesse trasferito il proprio genoma completo, o parti di esso, in organismi pluricellulari ed in particolare in insetti e nematodi (come segnalato su Pikaia da Paola Nardi ad inizio settembre 2007). Lo stesso articolo dimostrava, inoltre, che i geni trasferiti erano attivamente trascritti e che quindi potevano essere stati utilizzati per svolgere nuovi ruoli, dato il nuovo contesto genomico in cui venivano a trovarsi. Nel complesso questo articolo mostrava quindi che vi può essere un trasferimento di geni tra eucarioti ed i propri simbionti procariotici, con la possibilità che i geni trasferiti orizzontalmente venissero ad essere integrati nei network genici eucariotici ed utilizzati per svolgere nuove funzioni.
E' stata infine descritta una seconda modalità di trasferimento di geni che prevede il trasferimento di geni tra procarioti ed eucarioti unicellulari, in cui i procarioti fagocitati come cibo divengono anche sorgente di tratti di DNA che vengono introdotti nel genoma dell'eucariote unicellulare (food hypothesis). Questo meccanismo, proposto ad esempio per Trichomonas e Entamoeba, sembrerebbe non essere applicabile ad eucarioti pluricellulari.
Lo scambio di geni sembra tuttavia non conoscere limiti, poiché così come vi può essere una sorta di flusso di geni tra procarioti ed eucarioti, alcuni autori anno mostrato movimento di geni in direzione opposta. In particolare, Patrick J Keeling (Canadian Institute for Advanced Research, University of British Columbia, Canada) ha recentemente pubblicato su BMC Biology un articolo dal titolo "Horizontal transfer of a eukaryotic plastid-targeted protein gene to cyanobacteria" in cui si dimostra il trasferimento di un gene dal genoma di un'alga rossa a quello di cianobatteri appartenenti ai generi Synechococcus e Prochlorococcus.
In una celeberrima tragedia di William Shakespeare, Amleto dice all'amico Orazio "Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, che non sogni la tua filosofia" (Amleto, Scena V). Questa frase non cessa mai di stupirmi per l'efficacia con cui descrive il senso di meraviglia che come evoluzionista provo a fronte dei numerosi meccanismi che i viventi hanno utilizzato nel corso dell'evoluzione per evolvere nuove funzioni. Risulta, infatti, oggi sempre più evidente che non possiamo aspettarci una gradualità nella "comparsa" di una specifica caratteristica fenotipica, poiché essa potrebbe essere un'innovazione dovuta a fenomeni diversi e tra loro indipendenti che vanno dal trasferimento genico alla exaptation.
Per molti tratti fenotipici quindi non avrebbe senso cercare "anelli mancanti" semplicemente perchè questi non sarebbero "mancanti", ma mai esistiti.
Mauro Mandrioli
Ringraziamenti: Un sincero ringraziamento a Paolo Coccia per i preziosi suggerimenti che mi ha dato durante la stesura di questo breve saggio.
Per saperne di più:
Particolarmente interessante è lo special issue dal titolo “Thematic Issue on Horizontal Gene Transfer” pubblicato nel 2007 dalla rivista Environmental Biosafety Research nel volume numero 6 (issue No. 1-2 - January-June 2007). Il volume è interamente accessibile in modo gratuito.
Thomas CM, Nielsen KM (2005) Focus on horizontal gene transfer. Mechanisms of, and barriers to, horizontal gene transfer between bacteria. Nature Review Microbiology 3: 711-721.
Syvanen M (1994) Horizontal gene transfer: evidence and possible consequences. Annual Review of Genetics 28:237-261.
Gogarten JP, Murphey RD, Olenzenski L (1999) Horizontal Gene Transfer: Pitfalls and Promises. Biological Bullettin 196: 359-362.
Gogarten JP, Hilario E, Olendzenski L (1996) Gene duplications and horizontal gene transfer during early evolution. pp. 261-292. In: Evolution of Microbial Life, Society for General Microbiology, D. McL. Roberts, P. Sharp, G. Alderson, and M. Collins, eds., University Press, Cambridge, UK.
De la Cruz F (2000) Horizontal gene transfer and the origin of species: lessons from bacteria. Trends in Microbiology 8: 128–133.
Lan R, Reeves P (1999) Gene transfer is a major force in bacterial evolution. Molecular Biology and Evolution 13: 47–55.
Jain R, Rivera MC, Lake JA (1999) Horizontal gene transfer among genomes: the complexity hypothesis. Proceedings of the National Academy of Science USA 96: 3801–3806.
Ho MW, Ryan A (2001) Horizontal Gene Transfer, ISIS Reprints, Institute of Science in Society, London.
E' ormai noto da tempo che in natura esistono due modalità distinte per trasferire DNA da un organismo all'altro. Il primo, definito trasferimento verticale, prevede il passaggio di DNA da un individuo ai propri figli e fa parte delle tradizionali modalità di riproduzione degli esseri viventi che tutti conosciamo, mentre il secondo meccanismo, definito trasferimento orizzontale, prevede il passaggio di DNA tra individui distinti e non necessariamente appartenenti alla stessa specie.
Il trasferimento orizzontale è un fenomeno noto da oltre 60 anni nei batteri e si può realizzare tramite coniugazione, trasformazione e trasduzione. Sebbene questa tipologia di trasferimento di geni sia stata per molti anni oggetto di discussione, è oggi opinione condivisa nella comunità scientifica che i fenomeni di trasferimento orizzontale abbiano svolto un importante ruolo nell'evoluzione dei genomi batterici e che tali eventi siano all'origine di numerose "innovazioni" batteriche, tra cui l'insorgenza di resistenza agli antibiotici ed aumentati livelli di patogenicità. La conseguenza degli eventi di trasferimento orizzontale è che i cromosomi batterici divengono quindi una sorta di mosaico di geni trasmessi verticalmente intercalati con geni trasmessi orizzontalmente. Ma che peso ha avuto il trasferimento orizzontale nell'evoluzione del genoma batterico?
L'ultimo numero della rivista Science pubblica un articolo intitolato "Genome-Wide Experimental Determination of Barriers to Horizontal Gene Transfer" in cui il gruppo di ricerca di Edward M. Rubin (Department of Energy, Joint Genome Institute, USA) conduce una approfondita analisi per verificare quanto il trasferimento orizzontale abbia inciso nell'evoluzione del genoma dei batteri. In particolare, gli autori hanno studiato le possibilità di trasferimento nel genoma di Escherichia coli di 246.045 geni appartenenti a 79 diverse specie batteriche. Le conclusioni presentate sono di grandissimo interesse, poiché viene dimostrato per la prima volta che tutti i geni hanno uguali possibilità di essere trasferiti orizzontalmente, ma il trasferimento di alcuni risulta essere dannoso per le cellule che li ricevono e quindi questi eventi sono selezionati in modo negativo. In particolare, Rubin e colleghi mostrano che oltre 1400 geni presentavano difficoltà nel trasferimento orizzontale e che questi geni sarebbero riconducibili ad una stessa categoria funzionale nel senso che sono tutti implicati nei processi di funzionamento di base della cellula batterica e quindi il loro trasferimento potrebbe alterare la normale funzionalità delle cellule batteriche. A tale riguardo, potrebbero risultare selezionati in modo negativo i trasferimenti orizzontali di geni sensibili al dosaggio ovvero di quei geni che, se presenti in quantità superiori rispetto al normale, possono alterare in modo irreversibile il metabolismo batterico.
Un ulteriore elemento di grande interesse che emerge dal lavoro di Rubin e colleghi è che il trasferimento di geni tra batteri filogeneticamente distanti sarebbe "più facile" rispetto a quello tra batteri filogeneticamente correlati. Questo aspetto è molto interessante, poiché ci indica che il trasferimento di geni tra batteri di specie correlate, può avvenire, ma spesso si ha un immediato effetto negativo legato al fatto che il gene trasferito interferisce con l'espressione dei geni ortologhi presenti nella cellula ricevente. Al contrario, quando arrivano geni da specie batteriche non filogeneticamente correlate non si ha un immediato effetto negativo e quindi l'acquisizione del nuovo gene non solo non danneggia la cellula ricevente, ma anzi le può conferire un vantaggio.
Sebbene il lavoro di Rubin e colleghi sia una simulazione realizzata in modo "forzato" in laboratorio di ciò che può avvenire in natura, il quadro che emerge è impressionante, poichè la quantità di geni che si può spostare per trasferimento orizzontale è estremamente ampia (oltre 240.000 geni!).
Questi dati, se confermati anche in altre specie batteriche e quindi non frutto di qualche peculiarità di E. coli usato come modello sperimentale, indicherebbero che potrebbe essere necessario rivedere il modo in cui le diverse specie batteriche sono state definite e correlate filogeneticamente, poiché i geni trasferiti orizzontalmente potrebbero aver "falsato" gli alberi filogenetici ottenuti. E' infatti evidente che geni in grado di muoversi (e a quanto pare tanti, tantissimi geni!!!) potrebbero far erroneamente considerare filogeneticamente correlate specie, che in realtà condividono solamente alcuni geni acquisiti per trasferimento orizzontale. L'albero filogenetico dei batteri andrebbe quindi rivisto e forse andrebbe sostituito con una sorta di "web of life", che rifletta non solamente le relazioni filogenetiche, ma anche i documentati eventi di trasferimento orizzontale, come suggerito da James McInerney e Davide Pisani nella perspective intitolata "Paradigm for Life" pubblicata nello stesso volume di Science dell'articolo di Rubin e colleghi.
Eventi di trasferimento orizzontale sono stati descritti anche tra procarioti ed eucarioti pluricellulari, anche se sono sicuramente più rari (se si escludono i processi che hanno portato il trasferimento di geni dai mitocondri e dai cloroplasti al genoma nucleare). In questo caso però il trasferimento era favorito dal fatto di essere a livello intracellulare e di non prevedere una fase di trasferimento di DNA tra individui diversi. Recentemente un esempio di trasferimento orizzontale tra procarioti ed eucarioti era stato pubblicato da Julie C. Dunning Hotopp (Institute for Genomic Research, J. Craig Venter Institute, USA) su Science, in cui si mostrava come il batterio Wolbachia pipientis avesse trasferito il proprio genoma completo, o parti di esso, in organismi pluricellulari ed in particolare in insetti e nematodi (come segnalato su Pikaia da Paola Nardi ad inizio settembre 2007). Lo stesso articolo dimostrava, inoltre, che i geni trasferiti erano attivamente trascritti e che quindi potevano essere stati utilizzati per svolgere nuovi ruoli, dato il nuovo contesto genomico in cui venivano a trovarsi. Nel complesso questo articolo mostrava quindi che vi può essere un trasferimento di geni tra eucarioti ed i propri simbionti procariotici, con la possibilità che i geni trasferiti orizzontalmente venissero ad essere integrati nei network genici eucariotici ed utilizzati per svolgere nuove funzioni.
E' stata infine descritta una seconda modalità di trasferimento di geni che prevede il trasferimento di geni tra procarioti ed eucarioti unicellulari, in cui i procarioti fagocitati come cibo divengono anche sorgente di tratti di DNA che vengono introdotti nel genoma dell'eucariote unicellulare (food hypothesis). Questo meccanismo, proposto ad esempio per Trichomonas e Entamoeba, sembrerebbe non essere applicabile ad eucarioti pluricellulari.
Lo scambio di geni sembra tuttavia non conoscere limiti, poiché così come vi può essere una sorta di flusso di geni tra procarioti ed eucarioti, alcuni autori anno mostrato movimento di geni in direzione opposta. In particolare, Patrick J Keeling (Canadian Institute for Advanced Research, University of British Columbia, Canada) ha recentemente pubblicato su BMC Biology un articolo dal titolo "Horizontal transfer of a eukaryotic plastid-targeted protein gene to cyanobacteria" in cui si dimostra il trasferimento di un gene dal genoma di un'alga rossa a quello di cianobatteri appartenenti ai generi Synechococcus e Prochlorococcus.
In una celeberrima tragedia di William Shakespeare, Amleto dice all'amico Orazio "Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, che non sogni la tua filosofia" (Amleto, Scena V). Questa frase non cessa mai di stupirmi per l'efficacia con cui descrive il senso di meraviglia che come evoluzionista provo a fronte dei numerosi meccanismi che i viventi hanno utilizzato nel corso dell'evoluzione per evolvere nuove funzioni. Risulta, infatti, oggi sempre più evidente che non possiamo aspettarci una gradualità nella "comparsa" di una specifica caratteristica fenotipica, poiché essa potrebbe essere un'innovazione dovuta a fenomeni diversi e tra loro indipendenti che vanno dal trasferimento genico alla exaptation.
Per molti tratti fenotipici quindi non avrebbe senso cercare "anelli mancanti" semplicemente perchè questi non sarebbero "mancanti", ma mai esistiti.
Mauro Mandrioli
Ringraziamenti: Un sincero ringraziamento a Paolo Coccia per i preziosi suggerimenti che mi ha dato durante la stesura di questo breve saggio.
Per saperne di più:
Particolarmente interessante è lo special issue dal titolo “Thematic Issue on Horizontal Gene Transfer” pubblicato nel 2007 dalla rivista Environmental Biosafety Research nel volume numero 6 (issue No. 1-2 - January-June 2007). Il volume è interamente accessibile in modo gratuito.
Thomas CM, Nielsen KM (2005) Focus on horizontal gene transfer. Mechanisms of, and barriers to, horizontal gene transfer between bacteria. Nature Review Microbiology 3: 711-721.
Syvanen M (1994) Horizontal gene transfer: evidence and possible consequences. Annual Review of Genetics 28:237-261.
Gogarten JP, Murphey RD, Olenzenski L (1999) Horizontal Gene Transfer: Pitfalls and Promises. Biological Bullettin 196: 359-362.
Gogarten JP, Hilario E, Olendzenski L (1996) Gene duplications and horizontal gene transfer during early evolution. pp. 261-292. In: Evolution of Microbial Life, Society for General Microbiology, D. McL. Roberts, P. Sharp, G. Alderson, and M. Collins, eds., University Press, Cambridge, UK.
De la Cruz F (2000) Horizontal gene transfer and the origin of species: lessons from bacteria. Trends in Microbiology 8: 128–133.
Lan R, Reeves P (1999) Gene transfer is a major force in bacterial evolution. Molecular Biology and Evolution 13: 47–55.
Jain R, Rivera MC, Lake JA (1999) Horizontal gene transfer among genomes: the complexity hypothesis. Proceedings of the National Academy of Science USA 96: 3801–3806.
Ho MW, Ryan A (2001) Horizontal Gene Transfer, ISIS Reprints, Institute of Science in Society, London.
Costruzione di mappe concettuali.....anche sull'evoluzione!
Chi vuole cimentarsi nella costruzione di una mappa concettuale sulla teoria dell'evoluzione?
Ecco un esempio proveniente dall' IHMC di Harvard.
Paolo Coccia
Ecco un esempio proveniente dall' IHMC di Harvard.
Paolo Coccia
Tre recenti articoli sulle origini dell'Evo-Devo in Francia e Russia
The roots of Evo-Devo in Russia, The national roots of evo-devo e French tradition and the rise of Evo-devo.
Le citazioni complete:
Theory Biosci. 2007 Nov 6
The roots of Evo-Devo in Russia: Is there a characteristic "Russian Tradition"?
Levit GS.AG Biologiedidaktik/Ernst-Haeckel-Haus, Berggasse 7, 07745, Jena, Germany, georgelevit @gmx.net.
Theory Biosci. 2007 Nov 8
The national roots of evo-devo.
Gilbert SF, Levit GS.Department of Biology, Martin Research Laboratories, Swarthmore College, Swarthmore, PA, 19081, USA, sgilber1 @swarthmore.edu.
Theory Biosci. 2007 Nov 8
French tradition and the rise of Evo-devo.
Morange M.Centre Cavaillès, Ens and IHPST, 29 rue d’Ulm, 75230, Paris Cedex 05, France,morange @biologie.ens.fr.
...e anche questo video di 6 minuti:Sean B. Carroll discusses the science of evolution and the field of evo-devo.
Paolo Coccia
Le citazioni complete:
Theory Biosci. 2007 Nov 6
The roots of Evo-Devo in Russia: Is there a characteristic "Russian Tradition"?
Levit GS.AG Biologiedidaktik/Ernst-Haeckel-Haus, Berggasse 7, 07745, Jena, Germany, georgelevit @gmx.net.
Theory Biosci. 2007 Nov 8
The national roots of evo-devo.
Gilbert SF, Levit GS.Department of Biology, Martin Research Laboratories, Swarthmore College, Swarthmore, PA, 19081, USA, sgilber1 @swarthmore.edu.
Theory Biosci. 2007 Nov 8
French tradition and the rise of Evo-devo.
Morange M.Centre Cavaillès, Ens and IHPST, 29 rue d’Ulm, 75230, Paris Cedex 05, France,morange @biologie.ens.fr.
...e anche questo video di 6 minuti:Sean B. Carroll discusses the science of evolution and the field of evo-devo.
Paolo Coccia
Un'esplosione di fiori
In pochi milioni di anni, le Angiosperme hanno prodotto quasi tutte le linee evolutive odierne
Un gruppo di scienziati delle università della Florida e del Texas ha iniziato a fare luce su quello che Charles Darwin chiamò “l'abominevole mistero” dell'evoluzione delle piante.
Il progetto AGP (Angiosperm Phylogeny Group) ha portato dapprima nel 1998 a una riclassificazione delle Angiosperme, che dalla divisione in due gruppi (monocotiledoni e dicotiledoni) sono passate a un totale di otto (Amborellales, Nymphaeales, Austrobaileyales, Chloranthales, Ceratophyllales, magnolide, eudicotiledoni e monocotiledoni). Le ricerche di Doug e Pam Soltis hanno in parte chiarito le relazioni filogenetiche reciproche tra questi gruppi sequenziando il genoma dei plastidi, organelli presenti nelle cellule delle piante superiori. Inoltre, è stato dimostrato come la diversificazione delle Angiosperme sia avvenuta in un periodo di tempo relativamente breve: 5 milioni di anni. “Le Angiosperme sono rappresentate oggi da circa 400.000 specie”, dice Pam Soltis. “È stupefacente pensare come questa incredibile varietà si sia sviluppata in così poco tempo – soprattutto considerando che le Angiosperme sono comparse sulla Terra 130 milioni di anni fa”.
È dai tempi della pubblicazione dell'”Origine delle specie” che i botanici discutono a proposito della rapida comparsa ed “esplosione” delle Angiosperme. “Una delle ragioni per cui è così difficile capire le loro relazioni evolutive è perché si sono diversificate in un periodo di tempo così breve”, dice Robert Jansen, professore di biologia all'università di Austin, Texas. Questi studi, secondo Jansen, preparano il campo per tutti i futuri studi di botanica comparata.E per quel che riguarda la ragione di una diversificazione così rapida? Doug Soltis ipotizza che possa essere stata dovuta a qualche cambiamento climatico di portata globale. L'altra possibilità è che una delle grandi novità evolutive delle Angiosperme, cioè una cellula in grado di trasportare l'acqua lungo lo stelo, si sia dimostrata così efficace da aver dato avvio alla massiccia diversificazione del Cretaceo inferiore.
Gabriele Ferrari
Un gruppo di scienziati delle università della Florida e del Texas ha iniziato a fare luce su quello che Charles Darwin chiamò “l'abominevole mistero” dell'evoluzione delle piante.
Il progetto AGP (Angiosperm Phylogeny Group) ha portato dapprima nel 1998 a una riclassificazione delle Angiosperme, che dalla divisione in due gruppi (monocotiledoni e dicotiledoni) sono passate a un totale di otto (Amborellales, Nymphaeales, Austrobaileyales, Chloranthales, Ceratophyllales, magnolide, eudicotiledoni e monocotiledoni). Le ricerche di Doug e Pam Soltis hanno in parte chiarito le relazioni filogenetiche reciproche tra questi gruppi sequenziando il genoma dei plastidi, organelli presenti nelle cellule delle piante superiori. Inoltre, è stato dimostrato come la diversificazione delle Angiosperme sia avvenuta in un periodo di tempo relativamente breve: 5 milioni di anni. “Le Angiosperme sono rappresentate oggi da circa 400.000 specie”, dice Pam Soltis. “È stupefacente pensare come questa incredibile varietà si sia sviluppata in così poco tempo – soprattutto considerando che le Angiosperme sono comparse sulla Terra 130 milioni di anni fa”.
È dai tempi della pubblicazione dell'”Origine delle specie” che i botanici discutono a proposito della rapida comparsa ed “esplosione” delle Angiosperme. “Una delle ragioni per cui è così difficile capire le loro relazioni evolutive è perché si sono diversificate in un periodo di tempo così breve”, dice Robert Jansen, professore di biologia all'università di Austin, Texas. Questi studi, secondo Jansen, preparano il campo per tutti i futuri studi di botanica comparata.E per quel che riguarda la ragione di una diversificazione così rapida? Doug Soltis ipotizza che possa essere stata dovuta a qualche cambiamento climatico di portata globale. L'altra possibilità è che una delle grandi novità evolutive delle Angiosperme, cioè una cellula in grado di trasportare l'acqua lungo lo stelo, si sia dimostrata così efficace da aver dato avvio alla massiccia diversificazione del Cretaceo inferiore.
Gabriele Ferrari
Competizione femminile
Nell'antilope topi le femmine si affrontano violentemente per ottenere l'accoppiamento con i maschi migliori: un esempio di inversione dei ruoli nella "battaglia dei sessi".
Nella cosiddetta "battaglia dei sessi", individui di sesso diverso ricoprono, solitamente, ruoli ben definiti. I maschi, infatti, tendono a massimizzare il proprio successo riprodutivo fecondando il maggior numero di femmine e diventando padri di un elevata quantità di figli. Le femmine, al contrario, ottimizzano la propria fitness cercando di accoppiarsi con il maschio migliore, avendo così maggiori possibilità di mettere alla luce una prole che presenta le stesse caratteristiche paterne e che sia, dunque, di alta qualità. Questa differenza nelle strategie riproduttive è dovuta all'entità dell'investimento parentale di ogni atto riproduttivo: i maschi producono un gran numero di gameti molto piccoli, dunque poco costosi, mentre le femmine investono molto di più nelle loro cellule sessuali, di dimensioni maggiori e dotate di grandi quantità di sostanze di riserva, che garantiscono così il corretto sviluppo embrionale della prole. Una femmina, dunque, non può permettersi di rendere vano un tale investimento iniziale e, spesso, elargisce cure parentali per favorire la sopravvivenza alla prole, mentre il maschio si può limitare al solo atto della copula, finalizzato alla fecondazione. In questo contesto, gli individui femminili costituiscono il sesso limitante ed i maschi competono, in maniera diversa in base alle specie, per i loro gameti e cure parentali.
Esistono tuttavia numerosi casi che non rientrano in questo schema generale: ad esempio, sulle pagine della rivista Current Biology ne è stato da poco segnalato uno che riguarda una specie di mammifero africano, l'antilope topi (Damaliscus lunatus). Si tratta di una specie che attua un sistema di accoppiamento particolare, basato sull'aggregazione dei maschi in arene e sulla successiva competizione spermatica tra essi. I maschi si riuniscono in arene (o lek) e controllano un piccolo territorio, che non contiene nulla di appetibile per la femmina al di fuori del maschio stesso, in cui le potenziali partner si recano e scelgono il compagno di accoppiamento in base alla posizione occupata da questo. In genere, le femmine preferiscono i maschi che si trovano al centro dei lek e non considerano quelli più esterni. Tuttavia, l'antilope topi è una specie promiscua, in cui le femmine si accoppiano in un breve intervallo temporale con svariati individui dell'altro sesso (in media 4). Dato che non tutti i maschi che copulano con le femmine possono effettivamente fecondarle, si verifica una seconda competizione tra maschi: la competizione spermatica, che sancisce quale tra i maschi che si sono accoppiati diventerà il padre della prole. La capacità fecondante è tuttavia legata alla quantità di sperma rilasciato in seguito ad ogni atto sessuale ed è probabile che gli individui che si accoppiano più volte, come i maschi al centro delle arene, possano risultare svantaggiati.
Ecco che il ruolo dei sessi si inverte e la risorsa limitante diventano gli spermatozoi dei maschi migliori. In questo caso, come riporta l'etologo Jakob Bro-Jørgensen della University of Jyväskylä, in Finlandia, e del Institute of Zoology di Londra, sono le femmine a dover competere per la paternità dei maschi di alta qualità. Nella Masai Mara National Reserve, in Kenia, si osservano infatti interazioni aggressive soprattutto tra le femmine che si trovano nell'area di accoppiamento dei maschi centrali. In particolare, il maschio concentra gran parte delle sue attenzioni verso la femmina con cui non si è ancora accoppiato (o accopppiato un basso numero di volte), suscitando la reazione della rivale che attacca violentemente la coppia. Questa azione può provocare sia un "ritorno di fiamma" che una risposta aggressiva da parte del maschio, che per massimizzare la propria fitness si deve accoppiare con diverse partner.
In questa specie quindi la doppia competizione che impegna i maschi (competizione per la posizione centrale nell'arena e competizione spermatica per la paternità) porta all'interazione aggresiva tra le femmine, che, in ultima analisi, competono per gli spermatozoi dei maschi migliori, invertendo così i classici ruoli nella battaglia per la riproduzione.
Andrea Romano
Nella cosiddetta "battaglia dei sessi", individui di sesso diverso ricoprono, solitamente, ruoli ben definiti. I maschi, infatti, tendono a massimizzare il proprio successo riprodutivo fecondando il maggior numero di femmine e diventando padri di un elevata quantità di figli. Le femmine, al contrario, ottimizzano la propria fitness cercando di accoppiarsi con il maschio migliore, avendo così maggiori possibilità di mettere alla luce una prole che presenta le stesse caratteristiche paterne e che sia, dunque, di alta qualità. Questa differenza nelle strategie riproduttive è dovuta all'entità dell'investimento parentale di ogni atto riproduttivo: i maschi producono un gran numero di gameti molto piccoli, dunque poco costosi, mentre le femmine investono molto di più nelle loro cellule sessuali, di dimensioni maggiori e dotate di grandi quantità di sostanze di riserva, che garantiscono così il corretto sviluppo embrionale della prole. Una femmina, dunque, non può permettersi di rendere vano un tale investimento iniziale e, spesso, elargisce cure parentali per favorire la sopravvivenza alla prole, mentre il maschio si può limitare al solo atto della copula, finalizzato alla fecondazione. In questo contesto, gli individui femminili costituiscono il sesso limitante ed i maschi competono, in maniera diversa in base alle specie, per i loro gameti e cure parentali.
Esistono tuttavia numerosi casi che non rientrano in questo schema generale: ad esempio, sulle pagine della rivista Current Biology ne è stato da poco segnalato uno che riguarda una specie di mammifero africano, l'antilope topi (Damaliscus lunatus). Si tratta di una specie che attua un sistema di accoppiamento particolare, basato sull'aggregazione dei maschi in arene e sulla successiva competizione spermatica tra essi. I maschi si riuniscono in arene (o lek) e controllano un piccolo territorio, che non contiene nulla di appetibile per la femmina al di fuori del maschio stesso, in cui le potenziali partner si recano e scelgono il compagno di accoppiamento in base alla posizione occupata da questo. In genere, le femmine preferiscono i maschi che si trovano al centro dei lek e non considerano quelli più esterni. Tuttavia, l'antilope topi è una specie promiscua, in cui le femmine si accoppiano in un breve intervallo temporale con svariati individui dell'altro sesso (in media 4). Dato che non tutti i maschi che copulano con le femmine possono effettivamente fecondarle, si verifica una seconda competizione tra maschi: la competizione spermatica, che sancisce quale tra i maschi che si sono accoppiati diventerà il padre della prole. La capacità fecondante è tuttavia legata alla quantità di sperma rilasciato in seguito ad ogni atto sessuale ed è probabile che gli individui che si accoppiano più volte, come i maschi al centro delle arene, possano risultare svantaggiati.
Ecco che il ruolo dei sessi si inverte e la risorsa limitante diventano gli spermatozoi dei maschi migliori. In questo caso, come riporta l'etologo Jakob Bro-Jørgensen della University of Jyväskylä, in Finlandia, e del Institute of Zoology di Londra, sono le femmine a dover competere per la paternità dei maschi di alta qualità. Nella Masai Mara National Reserve, in Kenia, si osservano infatti interazioni aggressive soprattutto tra le femmine che si trovano nell'area di accoppiamento dei maschi centrali. In particolare, il maschio concentra gran parte delle sue attenzioni verso la femmina con cui non si è ancora accoppiato (o accopppiato un basso numero di volte), suscitando la reazione della rivale che attacca violentemente la coppia. Questa azione può provocare sia un "ritorno di fiamma" che una risposta aggressiva da parte del maschio, che per massimizzare la propria fitness si deve accoppiare con diverse partner.
In questa specie quindi la doppia competizione che impegna i maschi (competizione per la posizione centrale nell'arena e competizione spermatica per la paternità) porta all'interazione aggresiva tra le femmine, che, in ultima analisi, competono per gli spermatozoi dei maschi migliori, invertendo così i classici ruoli nella battaglia per la riproduzione.
Andrea Romano
Si avvicina Natale. I Consigli di Pikaia per gli acquisti
Aggiornamento del 2 dicembre 2007
I nostri consigli se volete acquistare un libro sull'evoluzione!
Paolo Coccia
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Paolo Coccia
Lancio di una nuova collana di scienze biologiche "Pianeta Redi"
Firenze University Press lancia una nuova collana di opere di biologia e biotecnologia con particolare riguardo alla genetica, specificamente pensata per il mondo universitario.
La collana Pianeta Redi, è un'opera organica e completa, che si compone di manuali snelli e di facile lettura divisi in tre tipologie differenti: manuali di base, testi di approfondimento, quaderni di laboratorio
Collegandosi al sito web si potrà consultare il dettaglio delle opere di prossima pubblicazione e la lista completa degli autori.
Per maggiori informazioni:
Firenze University Press, Borgo Albizi 28, 50122 FirenzeTel. 055 2743051 - fax 055 2743058
La collana Pianeta Redi, è un'opera organica e completa, che si compone di manuali snelli e di facile lettura divisi in tre tipologie differenti: manuali di base, testi di approfondimento, quaderni di laboratorio
Collegandosi al sito web si potrà consultare il dettaglio delle opere di prossima pubblicazione e la lista completa degli autori.
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Oltre il gene. Una (lunga) riflessione sul gene
In un articolo su PlosOne, la rivista scientifica gratuita on-line, la filosofa e storia della scienza Evelyn Fox Keller e il matematico David Harel esplicitano una lunga riflessione sul concetto di gene, che è diventato sempre più confuso da quando è stato proposto all'inizio del secolo scorso (qui una breve descrizione in italiano e qui una molto più lunga in inglese - entrambe da Wikipedia).
Secondo Fox Keller e Harel la realtà del gene diventa, man mano che la si studia, sempre più sfumata e difficile da cogliere. Introducendo concetti che hanno più a che fare con la logica che con la realtà fisica del gene (come quello di dene, che sarebbe una proprietà di tratti del Dna o dell'intero genoma, non la sua realtà fisica) gli autori cercano di superare le difficoltà di avere a che fare con sequenze che cambiano di significato ogni volta che si modifica il "clima" della cellula, e che possono produrre proteine diverse secondo le condizioni e il momento della vita.
L'articolo è molto lungo e difficile, a volte pare più un esercizio di logica che un articolo di biologia, ma la proposta sembra stimolante e interessante. Anche se sono già giunte critiche, a volte feroci, da parte dei genetisti, che accusano gli autori di non conoscere bene la genetica e di utilizzare a volte un linguaggio eccessivamente complesso e addirittura post-moderno; un'offesa gravissima, se rivolta a uno scienziato.
Un esempio delle critiche in questo post di un blog appartenente a un genetista.
Marco Ferrari
Secondo Fox Keller e Harel la realtà del gene diventa, man mano che la si studia, sempre più sfumata e difficile da cogliere. Introducendo concetti che hanno più a che fare con la logica che con la realtà fisica del gene (come quello di dene, che sarebbe una proprietà di tratti del Dna o dell'intero genoma, non la sua realtà fisica) gli autori cercano di superare le difficoltà di avere a che fare con sequenze che cambiano di significato ogni volta che si modifica il "clima" della cellula, e che possono produrre proteine diverse secondo le condizioni e il momento della vita.
L'articolo è molto lungo e difficile, a volte pare più un esercizio di logica che un articolo di biologia, ma la proposta sembra stimolante e interessante. Anche se sono già giunte critiche, a volte feroci, da parte dei genetisti, che accusano gli autori di non conoscere bene la genetica e di utilizzare a volte un linguaggio eccessivamente complesso e addirittura post-moderno; un'offesa gravissima, se rivolta a uno scienziato.
Un esempio delle critiche in questo post di un blog appartenente a un genetista.
Marco Ferrari
Come antichi gorilla
Nella specie nostra progenitrice Paranthropus robustus i maschi crescevano molto più lentamente rispetto alle femmine, come avviene nei gorilla attuali. Questo pattern di crescita si rifletteva sulle strategie sessuali e sull'organizzazione dei gruppi sociali.
Nelle specie di primati che presentano dimorfismo sessuale i maschi spesso arrivano alla maturità sessuale più tardi rispetto alle femmine ma continuano a crescere più a lungo, raggiungendo delle dimensioni superiori. In questi casi, vi è una notevole differenza tra individui maschili giovani e più anziani per quanto concerne la taglia e la morfologia del corpo e a volte anche la colorazioni della pelliccia.
Uno studio, pubblicato sulla rivista Science, ha descritto una specie di ominidi vissuta tra circa 2 e 1,5 milioni di anni, il Paranthropus robustus, dimostrando come la crescita e lo sviluppo degli individui siano simili a ciò che si osserva oggi nei gorilla (Gorilla gorilla) e che tale specie fosse caratterizzata da un dimorfismo sessuale molto più accentuato di quello che si pensava fino ad ora. I ricercatori, tra cui figura Jacopo Moggi-Cecchi dell'Università di Firenze, hanno eseguito un'analisi su 35 campioni fossili di crani appartenenti ad altrettanti indivudui e rinvenuti nelle località Swartkrans, Drimolen e Kromdraii, nel Cradle of Humankind World Heritage Site del Sud Africa.
Dall'analisi, che ha preso in considerazione la crescita e l'usura dei denti e la dimensione dei crani, emergerebbe una notevole differenza tra maschi adulti giovani e maschi adulti vecchi, dimostrando che la crescita continua anche molto dopo il raggiungimento dell'età adulta, e tra i maschi e le femmine, proprio come avviene nei gorilla. In questa specie, infatti, i maschi continuano a crescere anche dopo la comparsa dei denti del giudizio e raggiungono le dimensioni definitive e la colorazione tipica della pelliccia, che si presenta di colore grigio argenteo sulla schiena nei maschi dominanti, quando le femmine coetanee hanno già iniziato ad avere figli.
Da questi risultati si può ipotizzare che il sistema socio-sessuale di Paranthropus robustus fosse simile a quello dei gorilla attuali: gruppi familiari composti da femmine e cuccioli con al vertice un maschio dominante, che ottiene il controllo solo in età adulta avanzata. In questo contesto, i giovani maschi che raggiungono la maturità vengono cacciati dal maschio dominante, in quanto potrebbero costituire una minaccia per il proprio controllo del gruppo, e devono attendere di crescere ancora prima di tentare di subentrare ad un capo-branco. Questo periodo di vita solitaria si trasforma in una condizione molto rischiosa per i giovani, che risultano più soggetti a predazione da parte dei grandi carnivori. Non è un caso, sostengono i ricercatori, che la maggior parte dei resti ritrovati in prossimità dei luoghi di caccia e foraggiamento di leopardi e iene siano di individui di sesso maschile.
Il pattern di crescita lento e il sistema socio-sessuale basato sulla monopolizzazione di un gruppo di femmine causano dunque un alto livello di mortalità soprattutto nei maschi troppo giovani per poter essere maschio dominante ma allo stesso tempo troppo vecchi per poter essere protetti da un branco.
Questo modello di crescita rallentata per gli individui di sesso maschile ha lasciato un segno, anche se non particolarmente accentuato, nella nostra specie: tutti sanno, infatti, che i ragazzi maturano più lentamente delle coetanee.
Andrea Romano
Nelle specie di primati che presentano dimorfismo sessuale i maschi spesso arrivano alla maturità sessuale più tardi rispetto alle femmine ma continuano a crescere più a lungo, raggiungendo delle dimensioni superiori. In questi casi, vi è una notevole differenza tra individui maschili giovani e più anziani per quanto concerne la taglia e la morfologia del corpo e a volte anche la colorazioni della pelliccia.
Uno studio, pubblicato sulla rivista Science, ha descritto una specie di ominidi vissuta tra circa 2 e 1,5 milioni di anni, il Paranthropus robustus, dimostrando come la crescita e lo sviluppo degli individui siano simili a ciò che si osserva oggi nei gorilla (Gorilla gorilla) e che tale specie fosse caratterizzata da un dimorfismo sessuale molto più accentuato di quello che si pensava fino ad ora. I ricercatori, tra cui figura Jacopo Moggi-Cecchi dell'Università di Firenze, hanno eseguito un'analisi su 35 campioni fossili di crani appartenenti ad altrettanti indivudui e rinvenuti nelle località Swartkrans, Drimolen e Kromdraii, nel Cradle of Humankind World Heritage Site del Sud Africa.
Dall'analisi, che ha preso in considerazione la crescita e l'usura dei denti e la dimensione dei crani, emergerebbe una notevole differenza tra maschi adulti giovani e maschi adulti vecchi, dimostrando che la crescita continua anche molto dopo il raggiungimento dell'età adulta, e tra i maschi e le femmine, proprio come avviene nei gorilla. In questa specie, infatti, i maschi continuano a crescere anche dopo la comparsa dei denti del giudizio e raggiungono le dimensioni definitive e la colorazione tipica della pelliccia, che si presenta di colore grigio argenteo sulla schiena nei maschi dominanti, quando le femmine coetanee hanno già iniziato ad avere figli.
Da questi risultati si può ipotizzare che il sistema socio-sessuale di Paranthropus robustus fosse simile a quello dei gorilla attuali: gruppi familiari composti da femmine e cuccioli con al vertice un maschio dominante, che ottiene il controllo solo in età adulta avanzata. In questo contesto, i giovani maschi che raggiungono la maturità vengono cacciati dal maschio dominante, in quanto potrebbero costituire una minaccia per il proprio controllo del gruppo, e devono attendere di crescere ancora prima di tentare di subentrare ad un capo-branco. Questo periodo di vita solitaria si trasforma in una condizione molto rischiosa per i giovani, che risultano più soggetti a predazione da parte dei grandi carnivori. Non è un caso, sostengono i ricercatori, che la maggior parte dei resti ritrovati in prossimità dei luoghi di caccia e foraggiamento di leopardi e iene siano di individui di sesso maschile.
Il pattern di crescita lento e il sistema socio-sessuale basato sulla monopolizzazione di un gruppo di femmine causano dunque un alto livello di mortalità soprattutto nei maschi troppo giovani per poter essere maschio dominante ma allo stesso tempo troppo vecchi per poter essere protetti da un branco.
Questo modello di crescita rallentata per gli individui di sesso maschile ha lasciato un segno, anche se non particolarmente accentuato, nella nostra specie: tutti sanno, infatti, che i ragazzi maturano più lentamente delle coetanee.
Andrea Romano
Riflessioni sulla biologia moderna
Invito alla lettura della review di M. Ruse...attenzione, il contenuto del saggio è ancora provvisorio!
Ecco il saggio:The new biology: beyond the Modern Synthesis
Michael R Rose, Todd H Oakley
Biology Direct 2007, 2:30
Dal sito della rivista riporto:
Background: The last third of the 20th Century featured an accumulation of researchfindings that severely challenged the assumptions of the “Modern Synthesis” whichprovided the foundations for most biological research during that century. Thefoundations of that “Modernist” biology had thus largely crumbled by the start of the 21stCentury. This in turn raises the question of foundations for biology in the 21st Century.Conclusions: Like the physical sciences in the first half of the 20th Century, biology atthe start of the 21st Century is achieving a substantive maturity of theory, experimentaltools, and fundamental findings thanks to relatively secure foundations in genomics.Genomics has also forced biologists to connect evolutionary and molecular biology,because these formerly Balkanized disciplines have been brought together as actors onthe genomic stage. Biologists are now addressing the evolution of genetic systems usingmore than the concepts of population biology alone, and the problems of cell biologyusing more than the tools of biochemistry and molecular biology alone. It is becomingincreasingly clear that solutions to such basic problems as aging, sex, development, andgenome size potentially involve elements of biological science at every level oforganization, from molecule to population. The new biology knits together genomics,bioinformatics, evolutionary genetics, and other such general-purpose tools to supplynovel explanations for the paradoxes that undermined Modernist
.....sulla stessa rivista segnalo anche questi saggi:
Hypothesis
The Biological Big Bang model for the major transitions in evolution
Eugene V Koonin
Biology Direct 2007, 2:21 (20 August 2007)
Hypothesis
On the origin of the translation system and the genetic code in the RNA world by means of natural selection, exaptation, and subfunctionalization
Yuri I Wolf, Eugene V Koonin
Biology Direct 2007, 2:14 (31 May 2007)
Paolo Coccia
Ecco il saggio:The new biology: beyond the Modern Synthesis
Michael R Rose, Todd H Oakley
Biology Direct 2007, 2:30
Dal sito della rivista riporto:
Background: The last third of the 20th Century featured an accumulation of researchfindings that severely challenged the assumptions of the “Modern Synthesis” whichprovided the foundations for most biological research during that century. Thefoundations of that “Modernist” biology had thus largely crumbled by the start of the 21stCentury. This in turn raises the question of foundations for biology in the 21st Century.Conclusions: Like the physical sciences in the first half of the 20th Century, biology atthe start of the 21st Century is achieving a substantive maturity of theory, experimentaltools, and fundamental findings thanks to relatively secure foundations in genomics.Genomics has also forced biologists to connect evolutionary and molecular biology,because these formerly Balkanized disciplines have been brought together as actors onthe genomic stage. Biologists are now addressing the evolution of genetic systems usingmore than the concepts of population biology alone, and the problems of cell biologyusing more than the tools of biochemistry and molecular biology alone. It is becomingincreasingly clear that solutions to such basic problems as aging, sex, development, andgenome size potentially involve elements of biological science at every level oforganization, from molecule to population. The new biology knits together genomics,bioinformatics, evolutionary genetics, and other such general-purpose tools to supplynovel explanations for the paradoxes that undermined Modernist
.....sulla stessa rivista segnalo anche questi saggi:
Hypothesis
The Biological Big Bang model for the major transitions in evolution
Eugene V Koonin
Biology Direct 2007, 2:21 (20 August 2007)
Hypothesis
On the origin of the translation system and the genetic code in the RNA world by means of natural selection, exaptation, and subfunctionalization
Yuri I Wolf, Eugene V Koonin
Biology Direct 2007, 2:14 (31 May 2007)
Paolo Coccia
L’ora di supplenza di novembre 2007. A cura di Alessandra Magistrelli
Cominciamo da un grande chimico tedesco Friedrich August Kekulé von Stradonitz.
Oggi il supplente è particolarmente nervoso.
Ha seguito su un sito web l’ intervista all’on. Cesa che il 4 ottobre 07, durante la riunione del Consiglio d’Europa in cui si è votato contro l’insegnamento del ‘creazionismo scientifico’ nelle scuole, si è espresso a favore del creazionismo, cioè si è dichiarato d’accordo nello spiegare in classe , insieme alla teoria dell’evoluzione, l’ipotesi di un ‘disegno intelligente’ che dia senso alla grande complessità dei viventi. Forse per abituare i ragazzi ad ascoltare più campane.
Il supplente è molto nervoso perché ha trovato le risposte dell’onorevole Cesa particolarmente sfuggenti, vaghe, come se in realtà non sapesse troppo bene di cosa si stava parlando, mentre il supplente - precario da una vita , che si è sciroppato all’università 5 anni di Scienze naturali o biologiche, più 2 infernali anni alla SSIS, per tacere dei centinaia di chilometri in auto su e giù per la città, per il contado, per la regione, a sostituire colleghi malati o dediti alla cura della prole - non sopporta l’ignoranza.
Ha deciso perciò di dedicare le sue saltuarie lezioni alla descrizione della storia di quegli scienziati che, pur importanti per la storia della Scienza, per le cause più diverse ( complotti di colleghi gelosi, vicende storiche, casi fortuiti, aspetti meno noti di una loro difficile personalità) e pur meritando un posto nel Pantheon dei Grandi Scienziati, ne sono stati estromessi o perché non abbastanza ‘normali’ da essere accettati come glorie nazionali o perché, comunque, presentavano qualche distonia che li ha resi dei Carneade.
Carneade: come dimenticare la famosa frase che Manzoni mette in bocca a Don Abbondio ?
« Carneade! Chi era costui?-ruminava tra sé don Abbondio, seduto sul suo seggiolone in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti quando Perpetua entrò a portargli l’imbasciata - « Carneade! questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico:è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?....» ( I Promessi Sposi, cap.VIII).
Quanti Carneade annovera la storia degli scienziati? Menti grandi, grandissime, che hanno lasciato all’umanità un capitale di intuizioni, di scoperte, d’invenzioni, ma che poi sono stati dimenticati, o corrono il rischio di esserlo.
Un esempio : il grande chimico tedesco Friedrich August Kekulé von Stradonitz.
Kekulé nasce il 7 settembre 1829 a Darmstadt, capitale dell’Assia e oggi sede della Technische Universität, fondata nel 1877 e tuttora tra le maggiori della Germania.
Nel 1855 il ventiseienne Kekulé è già professore di Chimica nella prestigiosa università di Heidelberg, nel 1858 passa a insegnare a Gand e nel 1867 a Bonn, dove resta fino alla morte avvenuta nel 1896.
Nella storia della Scienza il nome di Kekulé è sinonimo di Chimica organica
e soprattutto di benzene. Nella prima metà dell’Ottocento, quando erano note solo le formule molecolari e s’ignoravano ancora quelle di struttura, la costituzione delle sostanze organiche rappresentava un notevole problema teorico. La valenza del carbonio era allora sconosciuta, né si riusciva a stabilire quale fosse esattamente il rapporto di combinazione tra carbonio, idrogeno e ossigeno nei composti organici ternari.
Il chimico Wöhler ( quello che sintetizzò l’urea in laboratorio) diceva della giovane Chimica organica : “... è come una foresta tropicale, riempita di cose interessanti e di una mostruosa e illimitata vegetazione, dalla quale è impossibile districarsi e in cui è pauroso entrare ”.
Fu appunto Kekulé che, studiando i composti in cui il carbonio è presente con un solo atomo (CO2, CH4, CS2..), scoprì che in questi esso era sempre tetravalente, per cui ipotizzò che in tutti i suoi composti dovesse avere valenza 4 e che fossero moltissimi quelli in cui gli atomi di carbonio si legavano fra loro a formare delle catene.
Più tardi Kekulé si dedicò allo studio della struttura del benzene ( C6H6), scoperto nel 1825 da Faraday che lo estrasse dal petrolio. C6H6 è una sostanza liquida dall’odore intenso e particolare (da qui il nome di composto aromatico), la cui molecola contiene poco idrogeno rispetto agli idrocarburi saturi e insaturi di cui si conosceva già la formula generale.
Si doveva perciò ipotizzare la presenza di doppi legami tra atomi di carbonio, in contrasto col fatto che il benzene è una sostanza ‘pigra’ che non addiziona facilmente idrogeno. Si sa infatti che la presenza in una molecola di doppi legami (C=C) tra atomi di carbonio, la rende molto reattiva.
Diversi chimici avevano proposto una formula di struttura per il benzene ( Claus, Dewar..), fu però Kekulè a suggerire per questo importante composto una struttura ciclica esagonale, in cui i doppi legami non sono fissi ma si spostano in continuazione, oscillando tra gli atomi di carbonio occupanti i vertici di un esagono.
La numerosa famiglia degli idrocarburi aromatici deve molto a Kekulè: per prima cosa la sua stessa costituzione. Il modello di anello benzenico da lui ideato infatti fece scuola, permettendo la scoperta di numerosi composti con proprietà simili al capostipite.
Ma come riuscì Kekulé ad arrivare al suo « Eureka!»? Stando a ciò che lui stesso ha lasciato scritto poco prima di morire, una sera del 1856 – ormai stanchissimo - si addormentò davanti al caminetto acceso, dove guizzavano lingue di fuoco. Fece allora uno strano sogno in cui un serpente, tutto attorcigliato su sé stesso, si mordeva la coda. Svegliatosi di colpo, lavorò tutta la notte stimolato dall’enigmatico sogno finché non giunse a disegnare la formula di struttura del benzene: un esagono con doppi legami alternati a legami semplici. (Fig. 1 o Fig. 2)
Peccato che nel 1984 alcuni chimici americani abbiano scoperto che in realtà il francese Laurent, nel 1844 (12 anni prima del sogno descritto da Kekulé), avesse già pensato per il benzene a una molecola di forma esagonale e che - è accertato- Kekulé conoscesse il lavoro di Laurent.
A parte quest’ombra (Kekulé genio ‘copione’?), la grandezza del chimico tedesco rimane indiscutibile, anche per il suo impegno come organizzatore del ‘Primo Congresso Internazionale di Chimica’ tenutosi a Karlsruhe nel 1860.
Il motivo che spinse Kekulé a sobbarcarsi un impegno del genere, fu soprattutto la necessità di mettere ordine nella nomenclatura chimica, che fino ad allora non conosceva regole per cui le sostanze avevano nomi diversi a seconda delle diverse scuole di ricerca.
In quello storico congresso ( dove tra l’altro, il palermitano Stanislao Cannizzaro, dati alla mano, convinse gli scienziati convenuti ad accettare la teoria molecolare di Amedeo Avogadro ) si giunse a un accordo sui simboli chimici da usare universalmente, sulla definizione di termini come peso equivalente e sulla procedura da usare per calcolare i pesi atomici.
Ma allora perché , nonostante tanti meriti scientifici e organizzativi, Kekulé si avvierebbe a diventare un ennesimo Carneade? Purtroppo non mancano segnali ad alimentare il nostro pessimismo: è noto da tempo che il glorioso Dipartimento di Chimica dell’università di Karlsruhe a lui dedicato , ha chiuso per una drastica diminuzione del numero d’iscritti alle facoltà scientifiche in Germania (come avviene anche in Italia e nel resto d’Europa). Chi si ricorderà tra qualche tempo del prestigioso chimico che ha ‘sognato’ la formula del benzene?
Il supplente conclude la storia del Carneade- Kekulé facendo fare a tutti gli studenti un compito scritto, a sorpresa, sugli idrocarburi saturi e insaturi ( nomi, proprietà, formule di struttura e razionali).
Alessandra Magistrelli
Oggi il supplente è particolarmente nervoso.
Ha seguito su un sito web l’ intervista all’on. Cesa che il 4 ottobre 07, durante la riunione del Consiglio d’Europa in cui si è votato contro l’insegnamento del ‘creazionismo scientifico’ nelle scuole, si è espresso a favore del creazionismo, cioè si è dichiarato d’accordo nello spiegare in classe , insieme alla teoria dell’evoluzione, l’ipotesi di un ‘disegno intelligente’ che dia senso alla grande complessità dei viventi. Forse per abituare i ragazzi ad ascoltare più campane.
Il supplente è molto nervoso perché ha trovato le risposte dell’onorevole Cesa particolarmente sfuggenti, vaghe, come se in realtà non sapesse troppo bene di cosa si stava parlando, mentre il supplente - precario da una vita , che si è sciroppato all’università 5 anni di Scienze naturali o biologiche, più 2 infernali anni alla SSIS, per tacere dei centinaia di chilometri in auto su e giù per la città, per il contado, per la regione, a sostituire colleghi malati o dediti alla cura della prole - non sopporta l’ignoranza.
Ha deciso perciò di dedicare le sue saltuarie lezioni alla descrizione della storia di quegli scienziati che, pur importanti per la storia della Scienza, per le cause più diverse ( complotti di colleghi gelosi, vicende storiche, casi fortuiti, aspetti meno noti di una loro difficile personalità) e pur meritando un posto nel Pantheon dei Grandi Scienziati, ne sono stati estromessi o perché non abbastanza ‘normali’ da essere accettati come glorie nazionali o perché, comunque, presentavano qualche distonia che li ha resi dei Carneade.
Carneade: come dimenticare la famosa frase che Manzoni mette in bocca a Don Abbondio ?
« Carneade! Chi era costui?-ruminava tra sé don Abbondio, seduto sul suo seggiolone in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti quando Perpetua entrò a portargli l’imbasciata - « Carneade! questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico:è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?....» ( I Promessi Sposi, cap.VIII).
Quanti Carneade annovera la storia degli scienziati? Menti grandi, grandissime, che hanno lasciato all’umanità un capitale di intuizioni, di scoperte, d’invenzioni, ma che poi sono stati dimenticati, o corrono il rischio di esserlo.
Un esempio : il grande chimico tedesco Friedrich August Kekulé von Stradonitz.
Kekulé nasce il 7 settembre 1829 a Darmstadt, capitale dell’Assia e oggi sede della Technische Universität, fondata nel 1877 e tuttora tra le maggiori della Germania.
Nel 1855 il ventiseienne Kekulé è già professore di Chimica nella prestigiosa università di Heidelberg, nel 1858 passa a insegnare a Gand e nel 1867 a Bonn, dove resta fino alla morte avvenuta nel 1896.
Nella storia della Scienza il nome di Kekulé è sinonimo di Chimica organica
e soprattutto di benzene. Nella prima metà dell’Ottocento, quando erano note solo le formule molecolari e s’ignoravano ancora quelle di struttura, la costituzione delle sostanze organiche rappresentava un notevole problema teorico. La valenza del carbonio era allora sconosciuta, né si riusciva a stabilire quale fosse esattamente il rapporto di combinazione tra carbonio, idrogeno e ossigeno nei composti organici ternari.
Il chimico Wöhler ( quello che sintetizzò l’urea in laboratorio) diceva della giovane Chimica organica : “... è come una foresta tropicale, riempita di cose interessanti e di una mostruosa e illimitata vegetazione, dalla quale è impossibile districarsi e in cui è pauroso entrare ”.
Fu appunto Kekulé che, studiando i composti in cui il carbonio è presente con un solo atomo (CO2, CH4, CS2..), scoprì che in questi esso era sempre tetravalente, per cui ipotizzò che in tutti i suoi composti dovesse avere valenza 4 e che fossero moltissimi quelli in cui gli atomi di carbonio si legavano fra loro a formare delle catene.
Più tardi Kekulé si dedicò allo studio della struttura del benzene ( C6H6), scoperto nel 1825 da Faraday che lo estrasse dal petrolio. C6H6 è una sostanza liquida dall’odore intenso e particolare (da qui il nome di composto aromatico), la cui molecola contiene poco idrogeno rispetto agli idrocarburi saturi e insaturi di cui si conosceva già la formula generale.
Si doveva perciò ipotizzare la presenza di doppi legami tra atomi di carbonio, in contrasto col fatto che il benzene è una sostanza ‘pigra’ che non addiziona facilmente idrogeno. Si sa infatti che la presenza in una molecola di doppi legami (C=C) tra atomi di carbonio, la rende molto reattiva.
Diversi chimici avevano proposto una formula di struttura per il benzene ( Claus, Dewar..), fu però Kekulè a suggerire per questo importante composto una struttura ciclica esagonale, in cui i doppi legami non sono fissi ma si spostano in continuazione, oscillando tra gli atomi di carbonio occupanti i vertici di un esagono.
La numerosa famiglia degli idrocarburi aromatici deve molto a Kekulè: per prima cosa la sua stessa costituzione. Il modello di anello benzenico da lui ideato infatti fece scuola, permettendo la scoperta di numerosi composti con proprietà simili al capostipite.
Ma come riuscì Kekulé ad arrivare al suo « Eureka!»? Stando a ciò che lui stesso ha lasciato scritto poco prima di morire, una sera del 1856 – ormai stanchissimo - si addormentò davanti al caminetto acceso, dove guizzavano lingue di fuoco. Fece allora uno strano sogno in cui un serpente, tutto attorcigliato su sé stesso, si mordeva la coda. Svegliatosi di colpo, lavorò tutta la notte stimolato dall’enigmatico sogno finché non giunse a disegnare la formula di struttura del benzene: un esagono con doppi legami alternati a legami semplici. (Fig. 1 o Fig. 2)
Peccato che nel 1984 alcuni chimici americani abbiano scoperto che in realtà il francese Laurent, nel 1844 (12 anni prima del sogno descritto da Kekulé), avesse già pensato per il benzene a una molecola di forma esagonale e che - è accertato- Kekulé conoscesse il lavoro di Laurent.
A parte quest’ombra (Kekulé genio ‘copione’?), la grandezza del chimico tedesco rimane indiscutibile, anche per il suo impegno come organizzatore del ‘Primo Congresso Internazionale di Chimica’ tenutosi a Karlsruhe nel 1860.
Il motivo che spinse Kekulé a sobbarcarsi un impegno del genere, fu soprattutto la necessità di mettere ordine nella nomenclatura chimica, che fino ad allora non conosceva regole per cui le sostanze avevano nomi diversi a seconda delle diverse scuole di ricerca.
In quello storico congresso ( dove tra l’altro, il palermitano Stanislao Cannizzaro, dati alla mano, convinse gli scienziati convenuti ad accettare la teoria molecolare di Amedeo Avogadro ) si giunse a un accordo sui simboli chimici da usare universalmente, sulla definizione di termini come peso equivalente e sulla procedura da usare per calcolare i pesi atomici.
Ma allora perché , nonostante tanti meriti scientifici e organizzativi, Kekulé si avvierebbe a diventare un ennesimo Carneade? Purtroppo non mancano segnali ad alimentare il nostro pessimismo: è noto da tempo che il glorioso Dipartimento di Chimica dell’università di Karlsruhe a lui dedicato , ha chiuso per una drastica diminuzione del numero d’iscritti alle facoltà scientifiche in Germania (come avviene anche in Italia e nel resto d’Europa). Chi si ricorderà tra qualche tempo del prestigioso chimico che ha ‘sognato’ la formula del benzene?
Il supplente conclude la storia del Carneade- Kekulé facendo fare a tutti gli studenti un compito scritto, a sorpresa, sugli idrocarburi saturi e insaturi ( nomi, proprietà, formule di struttura e razionali).
Alessandra Magistrelli
Dimentichiamo.......... ovvero Viva la Libertà
Giorgio Bardelli (curatore al Museo di Storia Naturale di Milano) ci manda questo simpatico e "corrosivo" articolo che volentieri pubblichiamo.
Tutti a raccolta, in alto le fiaccole, è ora di metterci in marcia contro la dittatura del positivismo!
Per i nostri ragazzi, per la Cristianità, per la libertà di pensiero, spazziamo via dai libri di scuola tutte le menzogne che la scienza ci propina! Questa è una battaglia per la verità e per il popolo.
Dimentichiamo Niccolò Copernico: è evidente per tutti che il Sole si muove nel cielo, chiunque lo può constatare, ma per cinque secoli gli scienziati sono riusciti, incredibilmente, a convincerci del contrario. Svegliamoci, usiamo la nostra testa, senza più farci truffare da falsi maestri!
Dimentichiamo Isaac Newton: l’assurda legge che porta il suo nome, secondo la quale oggetti che non si toccano si attrarrebbero a vicenda, è un’evidente falsità! Forse che due mele, appoggiate sul tavolo, rotolano l’una verso l’altra? Dove si è mai vista una cosa simile?
Dimentichiamo Eratostene, e con lui tutta la congrega di assertori della sfericità della Terra: forse che andando in Australia ci sentiamo venire il sangue alla testa, o ci escono gli oggetti dalle tasche, o ci ritroviamo la cravatta davanti al naso? La superficie dell’acqua in una scodella è chiaramente piatta, perché non dovrebbe esserla anche quella dell’oceano? Nemmeno Cristoforo Colombo, povero stupido, è mai arrivato in Oriente, contrariamente a quanto vogliono farci credere!
Dimentichiamo Werner Heisenberg e il suo insulso principio di indeterminazione: forse che la pattuglia della polizia stradale non è in grado di dirvi contemporaneamente dove eravate e a quale velocità stavate viaggiando?
Dimentichiamo Albert Einstein: la sua relatività è una teoria distruttiva, uno sterile cerebralismo, che mina la Verità dell’Assoluto, peraltro in clamorosa e dichiarata contraddizione con il suo collega Newton. Dove sarebbe, quindi, la verità della scienza? Che dire, inoltre, della bomba atomica?
Dimentichiamo le scoperte di Edward Jenner, Louis Pasteur e Robert Koch: con le loro cure delle malattie infettive, hanno provocato un aumento gigantesco del numero di morti per tumore. E adesso gli scienziati ci chiedono continuamente montagne di soldi per la ricerca sul cancro!
Dimentichiamo Ignàc Semmelweis: la vita umana è nelle mani della Provvidenza, nessuno di noi ha il diritto di stabilire se una donna su tre deve o non deve morire di parto in ospedale!
Dimentichiamo Albert Sabin e il suo vaccino contro la poliomielite: egli rinunciò a brevettarlo per garantirne la massima diffusione nel mondo. Dato che nessuno può essere così stupido da rinunciare a una fonte di guadagno così grande, deve certamente aver avuto un secondo fine. Ancora oggi non sappiamo quali effetti nocivi il vaccino abbia diffuso nella popolazione mondiale. Questo dimostra quanto gli scienziati siano subdoli e malvagi!
Dimentichiamo René-Just Hauy e tutti gli altri studiosi della cristallografia: rivendichiamo la libertà di credere che le forme perfette dei cristalli siano il risultato di influssi celesti e, come tali, portatrici di proprietà curative. Perché togliere le speranze ai malati?
Dimentichiamo Denis Papin e la sua prima macchina a vapore: noi siamo contrari alla pentola a pressione!
Dimentichiamo gli studi di Alessandro Volta e James Maxwell: l’elettricità uccide molte persone ogni anno, e per di più ci induce a fare tardi la sera, corrompendo le nostre abitudini. Non andare a letto presto ha provocato una riduzione delle nascite, con il risultato che la società occidentale, altrimenti superiore alle altre, è oggi in piena decadenza!
Dimentichiamo Carlo Linneo: che senso ha perdere tempo e denaro per dare un nome a tutti quegli insignificanti esseri disgustosi che vivono nella terra e nelle profondità marine, i quali non sono di nessuna utilità per noi?
Dimentichiamo Gregor Mendel e la genetica: dietro questa scienza, contraria alla dignità dell’uomo, si nascondono terribili minacce per l’umanità!
E soprattutto dimentichiamo Charles Darwin, anche se non ci è chiaro il perché. Ma è proprio questo che ci procura il maggior fastidio.
Rivendichiamo in ogni caso a voce alta, per il nostro bene e per il bene dei nostri figli, la libertà di bruciare streghe sui roghi!
Proponiamo infine, per risolvere i problemi della disoccupazione e dell’economia, di utilizzare tutti i fondi fino ad ora sprecati nella ricerca scientifica per promuovere con ogni mezzo le attività di astrologi, maghi, cartomanti, guaritori, pranoterapeuti e indovini, nonché la vendita di alghe dimagranti, di amuleti e di numeri del lotto. Milioni di Italiani sono con noi: ciò significa che si produrrebbe un enorme giro d’affari, e avremmo abbastanza denaro per risolvere tutti i problemi.
Giorgio Bardelli
Tutti a raccolta, in alto le fiaccole, è ora di metterci in marcia contro la dittatura del positivismo!
Per i nostri ragazzi, per la Cristianità, per la libertà di pensiero, spazziamo via dai libri di scuola tutte le menzogne che la scienza ci propina! Questa è una battaglia per la verità e per il popolo.
Dimentichiamo Niccolò Copernico: è evidente per tutti che il Sole si muove nel cielo, chiunque lo può constatare, ma per cinque secoli gli scienziati sono riusciti, incredibilmente, a convincerci del contrario. Svegliamoci, usiamo la nostra testa, senza più farci truffare da falsi maestri!
Dimentichiamo Isaac Newton: l’assurda legge che porta il suo nome, secondo la quale oggetti che non si toccano si attrarrebbero a vicenda, è un’evidente falsità! Forse che due mele, appoggiate sul tavolo, rotolano l’una verso l’altra? Dove si è mai vista una cosa simile?
Dimentichiamo Eratostene, e con lui tutta la congrega di assertori della sfericità della Terra: forse che andando in Australia ci sentiamo venire il sangue alla testa, o ci escono gli oggetti dalle tasche, o ci ritroviamo la cravatta davanti al naso? La superficie dell’acqua in una scodella è chiaramente piatta, perché non dovrebbe esserla anche quella dell’oceano? Nemmeno Cristoforo Colombo, povero stupido, è mai arrivato in Oriente, contrariamente a quanto vogliono farci credere!
Dimentichiamo Werner Heisenberg e il suo insulso principio di indeterminazione: forse che la pattuglia della polizia stradale non è in grado di dirvi contemporaneamente dove eravate e a quale velocità stavate viaggiando?
Dimentichiamo Albert Einstein: la sua relatività è una teoria distruttiva, uno sterile cerebralismo, che mina la Verità dell’Assoluto, peraltro in clamorosa e dichiarata contraddizione con il suo collega Newton. Dove sarebbe, quindi, la verità della scienza? Che dire, inoltre, della bomba atomica?
Dimentichiamo le scoperte di Edward Jenner, Louis Pasteur e Robert Koch: con le loro cure delle malattie infettive, hanno provocato un aumento gigantesco del numero di morti per tumore. E adesso gli scienziati ci chiedono continuamente montagne di soldi per la ricerca sul cancro!
Dimentichiamo Ignàc Semmelweis: la vita umana è nelle mani della Provvidenza, nessuno di noi ha il diritto di stabilire se una donna su tre deve o non deve morire di parto in ospedale!
Dimentichiamo Albert Sabin e il suo vaccino contro la poliomielite: egli rinunciò a brevettarlo per garantirne la massima diffusione nel mondo. Dato che nessuno può essere così stupido da rinunciare a una fonte di guadagno così grande, deve certamente aver avuto un secondo fine. Ancora oggi non sappiamo quali effetti nocivi il vaccino abbia diffuso nella popolazione mondiale. Questo dimostra quanto gli scienziati siano subdoli e malvagi!
Dimentichiamo René-Just Hauy e tutti gli altri studiosi della cristallografia: rivendichiamo la libertà di credere che le forme perfette dei cristalli siano il risultato di influssi celesti e, come tali, portatrici di proprietà curative. Perché togliere le speranze ai malati?
Dimentichiamo Denis Papin e la sua prima macchina a vapore: noi siamo contrari alla pentola a pressione!
Dimentichiamo gli studi di Alessandro Volta e James Maxwell: l’elettricità uccide molte persone ogni anno, e per di più ci induce a fare tardi la sera, corrompendo le nostre abitudini. Non andare a letto presto ha provocato una riduzione delle nascite, con il risultato che la società occidentale, altrimenti superiore alle altre, è oggi in piena decadenza!
Dimentichiamo Carlo Linneo: che senso ha perdere tempo e denaro per dare un nome a tutti quegli insignificanti esseri disgustosi che vivono nella terra e nelle profondità marine, i quali non sono di nessuna utilità per noi?
Dimentichiamo Gregor Mendel e la genetica: dietro questa scienza, contraria alla dignità dell’uomo, si nascondono terribili minacce per l’umanità!
E soprattutto dimentichiamo Charles Darwin, anche se non ci è chiaro il perché. Ma è proprio questo che ci procura il maggior fastidio.
Rivendichiamo in ogni caso a voce alta, per il nostro bene e per il bene dei nostri figli, la libertà di bruciare streghe sui roghi!
Proponiamo infine, per risolvere i problemi della disoccupazione e dell’economia, di utilizzare tutti i fondi fino ad ora sprecati nella ricerca scientifica per promuovere con ogni mezzo le attività di astrologi, maghi, cartomanti, guaritori, pranoterapeuti e indovini, nonché la vendita di alghe dimagranti, di amuleti e di numeri del lotto. Milioni di Italiani sono con noi: ciò significa che si produrrebbe un enorme giro d’affari, e avremmo abbastanza denaro per risolvere tutti i problemi.
Giorgio Bardelli
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