Segnalo questo curioso libro sull'applicazione "fin troppo" rigorosa dei concetti evolutivi nel campo del marketing:The Origin of Brands.Discover the Natural Laws of Product Innovation and Business Survival. By Al Ries, Laura Ries. HarperCollins, 2004
Ecco il Sommario:The Great Tree of LifePredicting the FutureDivide and ConquerGradual Change vs. DivergenceThe Curse of the Clock RadioSwiss Army Knife ThinkingBad Ideas Never DieThe Great Tree of High-Tech BrandsThe Great Tree of Low-Tech BrandsThe Mystery of the Missing LinksSurvival of the FirstestSurvival of the SecondestThe Power of PruningCreating a CategoryEstablishing an EnemyLaunching the BrandWrapping Things Up
Paolo Coccia
Qui troverete avvisi, comunicazioni, segnalazioni su tutte le novita' che potrebbero interessarvi: articoli, libri, eventi, temi controversi, bibliografie, dossier, ecc....
Sunday, December 24, 2006
Intelligent design and the Age of Endarkenment
Un preoccupato saggio sulle avvisaglie di un ritorno dell'Oscurantismo, dell'eclisse della ragione è appena stato pubblicato da Gerald Weissmann, direttore editoriale del prestigioso The FASEB Journal. L'articolo "Intelligent design and the Age of Endarkenment" potete trovarlo sull'ultimo fascicolo della rivista Pharos, autumn 2006
Seguite Weissmann su FASEB. I suoi editoriali spesso pubblicano articoli estremamente interessanti. Eccone alcuni (è gratuitol'accesso al testo intero):Teach evolution, learn science: we’re ahead of Turkey, but behind Iran FASEB J. 2006 20:2183-2185Swift-boating Darwin: alternative or complementary science FASEB J. 2006 20:405-407Intelligent Design: Hooke and The Lynxes FASEB J. 2005 19:1933-1935The facts of evolution: fighting the Endarkenment FASEB J. 2005 19:1581-1582
Paolo Coccia
Seguite Weissmann su FASEB. I suoi editoriali spesso pubblicano articoli estremamente interessanti. Eccone alcuni (è gratuitol'accesso al testo intero):Teach evolution, learn science: we’re ahead of Turkey, but behind Iran FASEB J. 2006 20:2183-2185Swift-boating Darwin: alternative or complementary science FASEB J. 2006 20:405-407Intelligent Design: Hooke and The Lynxes FASEB J. 2005 19:1933-1935The facts of evolution: fighting the Endarkenment FASEB J. 2005 19:1581-1582
Paolo Coccia
Evocruciverba
La redazione di Pikaia augura buone feste a tutti coloro che con le loro periodiche viste hanno reso il portale, nel panorama della informazione scientifica italiana, un punto di riferimento dell'evoluzione moderna.
Per non farvi rimanere in ozio durante queste "lunghissime vacanze" vi proponiamo un "compitino". Si tratta di un evocruciverba in due versioni, a stampa con le definizioni in chiaro e online con l'uso del cursore. Quest'ultima versione necessita l'abilitazione di JavaScript e la disabilitazione dei PopUp.
Il cruciverba dovrà essere perfezionato con le versioni successive...infatti l'evocruciverba che vi proponiamo non corregge gli eventuali errori. Ringraziamo inoltre la società web EclipseCrossword che ci ha permesso di realizzare tale prototipo.
Paolo Coccia
Per non farvi rimanere in ozio durante queste "lunghissime vacanze" vi proponiamo un "compitino". Si tratta di un evocruciverba in due versioni, a stampa con le definizioni in chiaro e online con l'uso del cursore. Quest'ultima versione necessita l'abilitazione di JavaScript e la disabilitazione dei PopUp.
Il cruciverba dovrà essere perfezionato con le versioni successive...infatti l'evocruciverba che vi proponiamo non corregge gli eventuali errori. Ringraziamo inoltre la società web EclipseCrossword che ci ha permesso di realizzare tale prototipo.
Paolo Coccia
L’ora di supplenza. A cura di Alessandra Magistrelli
Tutti sanno cosa sia un’ora di supplenza.
Per l’insegnante è un intervallo di tempo da passare in una classe spesso non sua e in cui può:- moderare il brusio, lanciando occhiate arcigne qua e là mentre corregge i compiti;- presentarsi spigliato, cercando di tenere testa alle battute studentesche per lo più grevi;- aprire un dibattito solitario su qualche importante argomento d’attualità, ponendo le domande e rispondendosi;- proporre un argomento riguardante la sua materia o quella del collega sostituito e spiegarlo a se stesso, visto che nessuno lo sta a sentire.
Per gli studenti l’ora di supplenza è un’ora vuota di significato da riempire con i mezzi di sempre : chiacchierare indisturbati, studiare per l’ora dopo, mettersi un paio d’occhiali neri e immergersi nel nirvana, sbeffeggiare il supplente, mangiare la pizzetta…Questa rubrica, rivolgendosi soprattutto ai proff., nasce allo scopo di nobilitare l’ora di supplenza, cercando di renderla un momento leggero sì, ma con un senso, un’occasione per trasmettere e raccogliere informazioni interessanti. Inoltre, è possibile forse fare qualcosa di diverso ancora .Vediamo quali sono gli ingredienti a disposizione: tempo e spazio limitati, uno stile colloquiale, poche pretese di approfondimento.Forse con questi elementi di partenza si può - perché no- aspirare anche a “un’ora di supplenza” intesa in senso lato e metaforico, come tempo (poco) e luogo (una rubrica) in cui le notizie fornite riescano a soddisfare quel tanto di curiosità che è in tutti, cercando di suscitare nei lettori di Pikaia qualche interesse. Pikaia è un portale sull’evoluzione naturale per cui s’intendono trattare solo temi a carattere scientifico, anche se non tutti sull’evoluzione. A seconda dell’ispirazione di chi scrive, verranno proposte brevi note biografiche di scienziati; succinti racconti di viaggi naturalistici; storie, talvolta incredibili, sul vagare di piante dal luogo di origine verso destinazioni lontane dove hanno fatto fortuna; vita e morte di insetti o di altri animali; semplici suggerimenti su come eseguire un’esperienza in classe con pochi materiali… e altro ancora pescato nel vasto mare della scienza. Una specie di almanacco Barbanera in cui trovare la notizia diversa, l’aneddoto, un po’ di distrazione .In fondo non si può chiedere di più a un’ora di supplenza.
Visitateci.....qui troverete le pillole orarie di "saggezza" naturalistica
Per l’insegnante è un intervallo di tempo da passare in una classe spesso non sua e in cui può:- moderare il brusio, lanciando occhiate arcigne qua e là mentre corregge i compiti;- presentarsi spigliato, cercando di tenere testa alle battute studentesche per lo più grevi;- aprire un dibattito solitario su qualche importante argomento d’attualità, ponendo le domande e rispondendosi;- proporre un argomento riguardante la sua materia o quella del collega sostituito e spiegarlo a se stesso, visto che nessuno lo sta a sentire.
Per gli studenti l’ora di supplenza è un’ora vuota di significato da riempire con i mezzi di sempre : chiacchierare indisturbati, studiare per l’ora dopo, mettersi un paio d’occhiali neri e immergersi nel nirvana, sbeffeggiare il supplente, mangiare la pizzetta…Questa rubrica, rivolgendosi soprattutto ai proff., nasce allo scopo di nobilitare l’ora di supplenza, cercando di renderla un momento leggero sì, ma con un senso, un’occasione per trasmettere e raccogliere informazioni interessanti. Inoltre, è possibile forse fare qualcosa di diverso ancora .Vediamo quali sono gli ingredienti a disposizione: tempo e spazio limitati, uno stile colloquiale, poche pretese di approfondimento.Forse con questi elementi di partenza si può - perché no- aspirare anche a “un’ora di supplenza” intesa in senso lato e metaforico, come tempo (poco) e luogo (una rubrica) in cui le notizie fornite riescano a soddisfare quel tanto di curiosità che è in tutti, cercando di suscitare nei lettori di Pikaia qualche interesse. Pikaia è un portale sull’evoluzione naturale per cui s’intendono trattare solo temi a carattere scientifico, anche se non tutti sull’evoluzione. A seconda dell’ispirazione di chi scrive, verranno proposte brevi note biografiche di scienziati; succinti racconti di viaggi naturalistici; storie, talvolta incredibili, sul vagare di piante dal luogo di origine verso destinazioni lontane dove hanno fatto fortuna; vita e morte di insetti o di altri animali; semplici suggerimenti su come eseguire un’esperienza in classe con pochi materiali… e altro ancora pescato nel vasto mare della scienza. Una specie di almanacco Barbanera in cui trovare la notizia diversa, l’aneddoto, un po’ di distrazione .In fondo non si può chiedere di più a un’ora di supplenza.
Visitateci.....qui troverete le pillole orarie di "saggezza" naturalistica
Nuove prospettive di filogenesi
Nasce un nuovo metodo per ricostruire la filogenesi e i rapporti di parentela tra specie.
Alcuni ricercatori delle Brown University e dell'Università della California a San Diego hanno messo a punto un metodo innovativo per ricostruire i processi evolutivi e per determinare i rapporti filogenetici tra le specie con precisione mai raggiunta fino ad oggi. Questa nuova metodologia, illustrata su Proceedings of the National Academy of Science (PNAS), è in grado di riconoscere le microinversioni (sequenze molto corte di coppie di nucleotidi invertiti), che si stanno rivelando, negli ultimi anni, come importanti fattori di variabiltà genetica. Sarà possibile riconoscere microinversioni anche di poche decine di basi ma solamente se si è in possesso dell'esatta sequenza genica di tutte le specie che si vogliono confrontare.
I primi risultati sono relativi al confronto di una specifica regione del cromosoma 7 dell'uomo e dello scimpanzè ed hanno rivelato 187 microinversioni precedenetmente non riconosciute.
Andrea Romano
Alcuni ricercatori delle Brown University e dell'Università della California a San Diego hanno messo a punto un metodo innovativo per ricostruire i processi evolutivi e per determinare i rapporti filogenetici tra le specie con precisione mai raggiunta fino ad oggi. Questa nuova metodologia, illustrata su Proceedings of the National Academy of Science (PNAS), è in grado di riconoscere le microinversioni (sequenze molto corte di coppie di nucleotidi invertiti), che si stanno rivelando, negli ultimi anni, come importanti fattori di variabiltà genetica. Sarà possibile riconoscere microinversioni anche di poche decine di basi ma solamente se si è in possesso dell'esatta sequenza genica di tutte le specie che si vogliono confrontare.
I primi risultati sono relativi al confronto di una specifica regione del cromosoma 7 dell'uomo e dello scimpanzè ed hanno rivelato 187 microinversioni precedenetmente non riconosciute.
Andrea Romano
Extracomunitari preistorici
Nei mitocondri delle nostre cellule un'importantissima informazione per la ricostruzione delle fasi e dei percorsi attraverso i quali la nostra specie ha colonizzato vaste aree del mondo prima di arrivare in Europa. Ne parla in un articolo Luca Sciortino su Panorama .........
Paolo Coccia
Paolo Coccia
Ritornano gli "Happy Hour evoluzionistici" a Milano
Pikaia è lieta di annunciare che, a partire da Gennaio e precisamente giovedì 11 alle ore 18.30, ripartono a Milano gli “Happy Hour evoluzionistici”. Ogni II° e IV° giovedì del mese riprendono i nostri incontri.
Ecco l'elenco:11 GennaioMarco FerragutiLa storia naturale degli spermatozoi
25 Gennaio Giovanni Caprara Evoluzione nella comunicazione scientifica: la professione del giornalista scientifico
15 Febbraio Guido Chiesura Isole di Darwin
8 Marzo Enrico Banfi L’evoluzione dell’ultima ora: l’invasione delle piante aliene
22 Marzo Agnese ViscontiL’evoluzione dell’energia: svolte economiche, ricerca scientifica e innovazioni tecnologiche
12 Aprile Fabrizia Gianni La pianta: un organismo ramificato a moduli
19 Aprile Giorgio Teruzzi All’origine dei gruppi animali
10 Maggio Giulio Giorello Evoluzione naturale, evoluzione culturale
24 Maggio Fabio Peri In principio era il vuoto… nascita ed evoluzione dell’universo
14 Giugno Telmo Pievani I coralli di Darwin: la storia avventurosa di una scoperta scientifica raccontata dai taccuini privati del grande naturalista
28 Giugno Luca Sciortino Evoluzione, epistemologia, divulgazione
Per informazioni:
Museo di Storia Naturale di MilanoIlaria Guaraldi Vinassa de Regny. Relazioni Esterne
02 88463337
ilaria.vinassa@comune.milano.it
www.comune.milano.it/museostorianaturale
Ecco l'elenco:11 GennaioMarco FerragutiLa storia naturale degli spermatozoi
25 Gennaio Giovanni Caprara Evoluzione nella comunicazione scientifica: la professione del giornalista scientifico
15 Febbraio Guido Chiesura Isole di Darwin
8 Marzo Enrico Banfi L’evoluzione dell’ultima ora: l’invasione delle piante aliene
22 Marzo Agnese ViscontiL’evoluzione dell’energia: svolte economiche, ricerca scientifica e innovazioni tecnologiche
12 Aprile Fabrizia Gianni La pianta: un organismo ramificato a moduli
19 Aprile Giorgio Teruzzi All’origine dei gruppi animali
10 Maggio Giulio Giorello Evoluzione naturale, evoluzione culturale
24 Maggio Fabio Peri In principio era il vuoto… nascita ed evoluzione dell’universo
14 Giugno Telmo Pievani I coralli di Darwin: la storia avventurosa di una scoperta scientifica raccontata dai taccuini privati del grande naturalista
28 Giugno Luca Sciortino Evoluzione, epistemologia, divulgazione
Per informazioni:
Museo di Storia Naturale di MilanoIlaria Guaraldi Vinassa de Regny. Relazioni Esterne
02 88463337
ilaria.vinassa@comune.milano.it
www.comune.milano.it/museostorianaturale
Dopo i Fascisti su Marte, ecco i Creazionisti su Nature...
Se quest'ultimo fosse soltanto il titolo di una nuova, divertente opera del simpatico Corrado Guzzanti, ci prepareremmo a fare quattro sane risate, e invece...
Invece si tratta di un vero e proprio scivolone compiuto da una delle piu' quotate e apprezzate riviste di divulgazione scientifica del mondo: insomma, dall'annuncio, in una ormai storica paginetta striminzita, della scoperta della struttura del DNA da parte di Watson e Crick, alla pubblicazione di una lettera dall'eloquente titolo: Creationism, evolution: nothing has been proved. La lettera porta la firma di un esponente politico polacco, che da tempo cerca di promuovere l'ingresso del creazionismo tra i banchi di scuola del suo paese. La sua breve lettera e' gia' un triste manifesto, strapieno di banalita' rigettate scientificamente da decenni, di quel "rigore scientifico" che si vorrebbe introdurre, per arrivare addirittura a negare l'evoluzione come fatto!
Alla lettera rispondono sull'ultimo numero di Nature numerosi scienziati, tra i quali Uwe Balthasar e Susannah Maidment dell'Universita' di Cambridge, esprimendo tutta la loro contrarieta' alla pubblicazione di affermazioni cosi' palesemente prive di ogni fondamento scientifico (Nature non e' letto solo da esperti scienziati, ma anche da persone di media cultura, che si affidano alla reputazione di una rivista scientifica per ritenere affidabile cio' che leggono), e richiamando gli editori della prestigiosa rivista ad applicare alla sezione Corrispondenza lo stesso rigore scientifico richiesto per le altre sezioni.
Noi tutti speriamo, quando saranno tempi migliori, di poter assistere a Creazionisti su Nature soltanto accomodati sulle comode poltrone di un teatro o di un cinema......
Paola Nardi
Invece si tratta di un vero e proprio scivolone compiuto da una delle piu' quotate e apprezzate riviste di divulgazione scientifica del mondo: insomma, dall'annuncio, in una ormai storica paginetta striminzita, della scoperta della struttura del DNA da parte di Watson e Crick, alla pubblicazione di una lettera dall'eloquente titolo: Creationism, evolution: nothing has been proved. La lettera porta la firma di un esponente politico polacco, che da tempo cerca di promuovere l'ingresso del creazionismo tra i banchi di scuola del suo paese. La sua breve lettera e' gia' un triste manifesto, strapieno di banalita' rigettate scientificamente da decenni, di quel "rigore scientifico" che si vorrebbe introdurre, per arrivare addirittura a negare l'evoluzione come fatto!
Alla lettera rispondono sull'ultimo numero di Nature numerosi scienziati, tra i quali Uwe Balthasar e Susannah Maidment dell'Universita' di Cambridge, esprimendo tutta la loro contrarieta' alla pubblicazione di affermazioni cosi' palesemente prive di ogni fondamento scientifico (Nature non e' letto solo da esperti scienziati, ma anche da persone di media cultura, che si affidano alla reputazione di una rivista scientifica per ritenere affidabile cio' che leggono), e richiamando gli editori della prestigiosa rivista ad applicare alla sezione Corrispondenza lo stesso rigore scientifico richiesto per le altre sezioni.
Noi tutti speriamo, quando saranno tempi migliori, di poter assistere a Creazionisti su Nature soltanto accomodati sulle comode poltrone di un teatro o di un cinema......
Paola Nardi
Il parco giochi degli anti Darwin
Su “La Stampa” il titolo “Il parco giochi degli anti Darwin” incuriosisce (Giovanna Zucconi, 15 novembre 2006). Non si tratta di un’altra mossa di quei creazionisti che hanno avanza-to in tribunale la pretesa di insegnare l’Intelligent Design nelle scuole mascherandolo da teoria evoluzionistica: in questo caso non c’è neppure il tentativo di celarsi dietro false dimostrazioni, l’assurdità è del tutto evidente. Nonostante ciò è difficile passare sopra l'allestimento di un museo creazionista di scienze naturali che illustra la storia della Terra secondo gli insegnamenti della Bibbia. Aperto al pubblico dal 29 aprile del 2005, si trova ad Eureka Springs, in Arkansas, all'interno di un parco a tema cristiano tradizionalista, The Great Passion Play, http://www.greatpassionplay.org.
Il museo fa parte del grande progetto della Creation Truth Foundation, organizzazione a favore dell'interpretazione letterale del racconto biblico che sostiene che "il vecchio e il nuovo testamento sono ispirati dal divino e quindi infallibili in tutti i temi che trattano: scientifici, storici, morali e teologici".Considerando quella cinquantina di milioni di americani che hanno dichiarato di credere che la Terra e l'uomo siano stati creati in una settimana, e le migliaia di persone che ogni anno visitano e visiteranno questa nuova attrazione, è molto interessante andare a dare un occhiata al sito ufficiale del museo (http://www.moeh.org). Da una parte si ha la possibilità di percorrere le cinque sezioni che costituiscono l’esposizione: il Paradiso terrestre, la Torre di Babele, l'Era glaciale, il Diluvio universale, i Dinosauri. Con grande cura e dispendio di denaroil museo ha commissionato la realizzazione delle repliche esatte di dieci scheletri di dinosauri e altri rettili marini e di nove crani, basandosi su reperti paleontologici; allo stesso modo è stato riprodotto il Grand Canyon, fatto risalire al Diluvio universale, così come viene mostrata un’animazione al computer che illustra come Noè avesse sistemato e nutrito gli animali nell’arca. Dall’altra parte si ha il modo di immergersi all’interno della filosofia che sta alla base del progetto entrando negli spazi contrassegnati dalle esortazioni “impara”, “scopri”, “esplora” e “educa”. Quali potranno mai essere queste rivelazioni da apprendere e da fare proprie? La scelta tra le spiegazioni fantascientifiche è ampia. Il tema affrontato riguarda i dinosauri e i reperti fossili ritrovati che ne attestano la passata esistenza: sono necessarie delle risposte alle domande che più potrebbero far crollare tutto il sistema. Si passa quindi alle dimostrazioni per cui i brontosauri sarebbero stati contemporanei degli uomini primitivi, ai reperti che indicherebbero come i tirannosauri sarebbero stati ancora vivi 10 mila anni fa, dato che ci sarebbero impronte fossili di piedi umani tra quelle attribuite a loro. La conclusione sarebbe una: Dio, dopo averli creati insieme a tutte le altre creature terrestri, avrebbe salvato i dinosauri sull'Arca; questi si sarebbero estinti dopo il ritiro delle acque, centodieci anni dopo il Diluvio. Il termine “dinosauri” non comparirebbe nelle moderne traduzioni della Bibbia solo perché introdotto dalla letteratura scientifica 500 anni dopo le prime traduzioni della Bibbia dal latino. Viene da chiedersi quanto debba preoccuparsi la comunità scientifica di fronte a un’istituzione il cui curatore scientifico sostiene che gli scheletri di ominidi rinvenuti dai paleontologi siano “forse di malati, o di handicappati, così come se ne vedono per le strade di New York”. Quello che invece deve far riflettere è il livello di pervasività e di influenza che una corrente come quella creazionista riesce a raggiungere oggi negli Stati Uniti; il paese più sviluppato “crede” alle teorie più retrograde.
Vera Lelli
Il museo fa parte del grande progetto della Creation Truth Foundation, organizzazione a favore dell'interpretazione letterale del racconto biblico che sostiene che "il vecchio e il nuovo testamento sono ispirati dal divino e quindi infallibili in tutti i temi che trattano: scientifici, storici, morali e teologici".Considerando quella cinquantina di milioni di americani che hanno dichiarato di credere che la Terra e l'uomo siano stati creati in una settimana, e le migliaia di persone che ogni anno visitano e visiteranno questa nuova attrazione, è molto interessante andare a dare un occhiata al sito ufficiale del museo (http://www.moeh.org). Da una parte si ha la possibilità di percorrere le cinque sezioni che costituiscono l’esposizione: il Paradiso terrestre, la Torre di Babele, l'Era glaciale, il Diluvio universale, i Dinosauri. Con grande cura e dispendio di denaroil museo ha commissionato la realizzazione delle repliche esatte di dieci scheletri di dinosauri e altri rettili marini e di nove crani, basandosi su reperti paleontologici; allo stesso modo è stato riprodotto il Grand Canyon, fatto risalire al Diluvio universale, così come viene mostrata un’animazione al computer che illustra come Noè avesse sistemato e nutrito gli animali nell’arca. Dall’altra parte si ha il modo di immergersi all’interno della filosofia che sta alla base del progetto entrando negli spazi contrassegnati dalle esortazioni “impara”, “scopri”, “esplora” e “educa”. Quali potranno mai essere queste rivelazioni da apprendere e da fare proprie? La scelta tra le spiegazioni fantascientifiche è ampia. Il tema affrontato riguarda i dinosauri e i reperti fossili ritrovati che ne attestano la passata esistenza: sono necessarie delle risposte alle domande che più potrebbero far crollare tutto il sistema. Si passa quindi alle dimostrazioni per cui i brontosauri sarebbero stati contemporanei degli uomini primitivi, ai reperti che indicherebbero come i tirannosauri sarebbero stati ancora vivi 10 mila anni fa, dato che ci sarebbero impronte fossili di piedi umani tra quelle attribuite a loro. La conclusione sarebbe una: Dio, dopo averli creati insieme a tutte le altre creature terrestri, avrebbe salvato i dinosauri sull'Arca; questi si sarebbero estinti dopo il ritiro delle acque, centodieci anni dopo il Diluvio. Il termine “dinosauri” non comparirebbe nelle moderne traduzioni della Bibbia solo perché introdotto dalla letteratura scientifica 500 anni dopo le prime traduzioni della Bibbia dal latino. Viene da chiedersi quanto debba preoccuparsi la comunità scientifica di fronte a un’istituzione il cui curatore scientifico sostiene che gli scheletri di ominidi rinvenuti dai paleontologi siano “forse di malati, o di handicappati, così come se ne vedono per le strade di New York”. Quello che invece deve far riflettere è il livello di pervasività e di influenza che una corrente come quella creazionista riesce a raggiungere oggi negli Stati Uniti; il paese più sviluppato “crede” alle teorie più retrograde.
Vera Lelli
Ognuno di noi è una razza a sé
Su il manifesto del 3 Dicembre 2006 è apparso il saggio di Telmo Pievani dal titolo:Ognuno di noi è una razza a séRiportiamo il brano di apertura.....Il vizio di suddividere la specie umana in razze usando la biologia, e da qualche anno perlustrando i recessi molecolari del genoma, resiste strenuamente nonostante le ripetute sconfitte collezionate sul piano sperimentale. Il tenace attaccamento a un concetto vuoto - che è costato ad alcuni genetisti l’accusa di aver rimosso le razze umane soltanto per motivi politically correct - trascina la scienza nell’arena del dibattito politico e alimenta una storia piena di colpi di scena.....................e il testo completo.........
.........cortesemente reso disponibile dall'autore.
Paolo Coccia
.........cortesemente reso disponibile dall'autore.
Paolo Coccia
Il papa e l’eretico: la strana alleanza dei teologi tedeschi
Su Micromega n. 10/06 apparirà il saggio di Telmo Pievani dal titolo:Il papa e l’eretico: la strana alleanza dei teologi tedeschiRiportiamo il brano di apertura.....I più attenti sanno che il discorso pronunciato il 12 settembre 2006 da papa Benedetto XVI a Ratisbona aveva ben poco a che vedere con la questione dei rapporti fra cristiani e musulmani. Depositatosi il polverone isterico delle proteste islamiche radicali, da una parte, e delle accorate difese d’ufficio dei nostri atei devoti e teo-democratici, dall’altra, testo alla mano vediamo che il tema della dotta conferenza del pontefice mirava a un classico del pensiero occidentale: quale rapporto di concordanza e di dialogo può instaurarsi fra fede biblica e ragione, tra fides et ratio.................
...e il testo completo..........
........cortesemente reso disponibile dall'autore.
Segnalo inoltre che il Corriere della Sera di Sabato 2 Dicembre 2006 riporta un articolo di Antonio Carioti sulla situazione del dibattito tra le religioni e i non credenti in Italia, dal titolo:Il ritorno degli atei. Libri, riviste, siti web. In nome di Darwin e Hume
Paolo Coccia
...e il testo completo..........
........cortesemente reso disponibile dall'autore.
Segnalo inoltre che il Corriere della Sera di Sabato 2 Dicembre 2006 riporta un articolo di Antonio Carioti sulla situazione del dibattito tra le religioni e i non credenti in Italia, dal titolo:Il ritorno degli atei. Libri, riviste, siti web. In nome di Darwin e Hume
Paolo Coccia
L'evoluzione del cancro per selezione naturale
Il cancro oggi, sempre piu' considerato come un vero e proprio sistema naturale, diventa oggetto di studio di ecologi e biologi evolutivi.
Secondo il biologo Carlo C. Maley, che guida il programma di ricerca sulla Oncogenesi Molecolare e Cellulare del Wistar Institute di Philadelphia, una popolazione di cellule tumorali subisce mutazioni ed e' costantemente sotto il vaglio della selezione naturale, e percio' e' in continua evoluzione: questi meccanismi, tra l'altro, conducono verso la malignita' del tumore e determinano la resistenza ai farmaci. Dalle ultime ricerche emerge un quadro rivoluzionario: per essere vincente, la nuova frontiera di ricerca contro il cancro deve necessariamente assumere un approccio evoluzionistico. Problemi molto seri come la resistenza che le cellule tumorali sviluppano nei confronti della chemioterapia possono essere superati soltanto grazie a strategie che tengano conto del naturale procedere evolutivo di un tumore. Quando si osserva il mosaico di cellule con distinte caratteristiche genetiche che costituisce una massa tumorale, di come le varie mutazioni esistenti siano in effetti ereditabili, e di come esse siano sottoposte alla selezione, mostrando un tasso di riproduzione differenziato, ci si rende conto di quanto sia effettivamente corretto questo approccio.
Sfruttando l'idea che le diverse cellule tumorali agiscono, insieme alle cellule sane dell'organismo ammalato, come in una qualsiasi altra comunita' biologica, Maley ritiene che le terapie anti-tumorali di nuova generazione debbano agire basandosi su fattori tipicamente ecologici quali competizione, predazione, parassitismo, mutualismo. Un paio di esempi? Se si riuscisse a migliorare la fitness delle cellule sane, sostenendole adeguatamente con farmaci adatti, queste potrebbero vincere la "gara per la vita", cioe' la competizione, contro le cellule tumorali. Un'altra idea davvero intrigante e' quella di indurre un sensibile miglioramento nella fitness delle cellule tumorali particolarmente sensibili agli attuali chemioterapici, in modo che queste sbaraglino gli altri mutanti tumorali insensibili, prima di essere spazzate via dai chemioterapici stessi.
Potete leggere l'interessante lavoro di Maley pubblicato sul numero di dicembre di Nature Reviews Cancer.
Paola Nardi
Secondo il biologo Carlo C. Maley, che guida il programma di ricerca sulla Oncogenesi Molecolare e Cellulare del Wistar Institute di Philadelphia, una popolazione di cellule tumorali subisce mutazioni ed e' costantemente sotto il vaglio della selezione naturale, e percio' e' in continua evoluzione: questi meccanismi, tra l'altro, conducono verso la malignita' del tumore e determinano la resistenza ai farmaci. Dalle ultime ricerche emerge un quadro rivoluzionario: per essere vincente, la nuova frontiera di ricerca contro il cancro deve necessariamente assumere un approccio evoluzionistico. Problemi molto seri come la resistenza che le cellule tumorali sviluppano nei confronti della chemioterapia possono essere superati soltanto grazie a strategie che tengano conto del naturale procedere evolutivo di un tumore. Quando si osserva il mosaico di cellule con distinte caratteristiche genetiche che costituisce una massa tumorale, di come le varie mutazioni esistenti siano in effetti ereditabili, e di come esse siano sottoposte alla selezione, mostrando un tasso di riproduzione differenziato, ci si rende conto di quanto sia effettivamente corretto questo approccio.
Sfruttando l'idea che le diverse cellule tumorali agiscono, insieme alle cellule sane dell'organismo ammalato, come in una qualsiasi altra comunita' biologica, Maley ritiene che le terapie anti-tumorali di nuova generazione debbano agire basandosi su fattori tipicamente ecologici quali competizione, predazione, parassitismo, mutualismo. Un paio di esempi? Se si riuscisse a migliorare la fitness delle cellule sane, sostenendole adeguatamente con farmaci adatti, queste potrebbero vincere la "gara per la vita", cioe' la competizione, contro le cellule tumorali. Un'altra idea davvero intrigante e' quella di indurre un sensibile miglioramento nella fitness delle cellule tumorali particolarmente sensibili agli attuali chemioterapici, in modo che queste sbaraglino gli altri mutanti tumorali insensibili, prima di essere spazzate via dai chemioterapici stessi.
Potete leggere l'interessante lavoro di Maley pubblicato sul numero di dicembre di Nature Reviews Cancer.
Paola Nardi
L'ereditarietà prima della genetica
L'ereditarietà prima della genetica
Ecco un nuovo articolo di storia della scienza che getta luce sul periodo predarwiniano. Retrocedendo fino al 17mo secolo, l'autore, ripercorre la storia di come gli studiosi hanno pensato e riflettuto sulla persistente somiglianza, di generazione in generazione, tra genitori e figli.
Il saggio che vi propongo, scritto da Matthew Cobb (Faculty of Life Sciences, University of Manchester, UK) si intitola:Heredity before genetics: a historyNature Reviews Genetics 7, 953-958 (December 2006)
Vi ricordo che sulla storia della scienza ho recentemente segnalato anche questa review:Le celebrazioni Darwiniane di un secolo fa: 1909
Paolo Coccia
Ecco un nuovo articolo di storia della scienza che getta luce sul periodo predarwiniano. Retrocedendo fino al 17mo secolo, l'autore, ripercorre la storia di come gli studiosi hanno pensato e riflettuto sulla persistente somiglianza, di generazione in generazione, tra genitori e figli.
Il saggio che vi propongo, scritto da Matthew Cobb (Faculty of Life Sciences, University of Manchester, UK) si intitola:Heredity before genetics: a historyNature Reviews Genetics 7, 953-958 (December 2006)
Vi ricordo che sulla storia della scienza ho recentemente segnalato anche questa review:Le celebrazioni Darwiniane di un secolo fa: 1909
Paolo Coccia
MOLECOLE PUNTEGGIATE?
MOLECOLE PUNTEGGIATE?
Il modello dell’evoluzione per equilibri punteggiati (e.p.) consiste nel vedere l’evoluzione come se il cambiamento fosse concentrato nei (rari!) eventi di speciazione, seguiti poi da lunghi periodi di stasi. Questo modello suscita grandi dibattiti che troppo spesso assomigliano a certe diatribe filosofiche dei tempi andati. E’ abbastanza raro vedere articoli che affrontano il problema della frequenza del modello e.p. partendo “dai dati”, che di solito sono serie fossili.
Tuttavia, se l’evoluzione è avvenuta nell’uno o nell’altro dei modi potrebbe aver lasciato traccia anche negli esseri viventi attuali. Le filogenesi molecolari, ad esempio, potrebbero aver conservato segnali di come sono avvenute le speciazioni.
Mark Pagel e coll. (Large Punctuational Contribution of Speciation to Evolutionary divergence at the Molecular Level. Science, VOL. 314 , 119-121, 6 ottobre 2006) esaminano un centinaio di filogenesi molecolari già pubblicate in gruppi assai diversi fra loro, accomunati dal basso livello sistematico (siamo all’interno di generi, famiglie, o al massimo ordini). Prendono le sequenze geniche pubblicate, ci costruiscono le filogenesi, e si propongono di vedere se la lunghezza dei cammini che separano i taxa presi in esame sia correlata più al numero di nodi (=eventi di speciazione = sostegno al modello e.p.) oppure al tempo di separazione dei taxa (= sostegno al “gradualismo filetico”). E scoprono che il 35% delle filogenesi studiate mostrano effetti da e.p. L’effetto sembra più marcato nelle piante e nei funghi che negli animali.
Naturalmente, se le cose stanno così, i cambiamenti “da e.p.” rendono ben meno utilizzabili gli orologi biologici, che non marcherebbero più il tempo con precisione, influenzati come sono dagli eventi di speciazione. Pagel e coll. scoprono che, nelle filogenesi dove hanno rimarcato un effetto e.p., vi è un contributo alla deviazione dagli orologi che può raggiungere il 48%. Non trovano invece traccia di stasi, il secondo componente degli e.p., nelle filogenesi esaminate. Basterebbe anche solo l’effetto sugli orologi per trovare interessante questo articolo: gli autori sostengono che prima di applicare un orologio biologico, d’ora in avanti, uno dovrebbe vedere quanto il suo taxon commina per e.p.
Stephen Jay Gould, uno dei due padri degli e.p., chiedendosi quanto frequenti fossero gli eventi evolutivi che seguono quel modello, scrisse anni fa sulla non dimenticata rivista italiana Scientia: “ … una stima, ad. occhio e croce, del 90% è sufficiente a scagionarmi dall’accusa di definire la mia tesi in termini tali da facilitarle la vittoria? Se Dio apparisse e ci informasse che il 48,647 % degli eventi evolutivi significativi è avvenuto per equilibri punteggiati, ne sarei poco (solo poco) più che semisoddisfatto, ma avere mezza ragione è una benedizione in un mondo complesso.” (Gli equilibri punteggiati convalidano un approccio gerarchico alla macroevoluzione, Scientia, 1983, pp. 159-163). Chissà come potrebbe commentare i dati di Pagel e coll.?
Marco Ferraguti
Il modello dell’evoluzione per equilibri punteggiati (e.p.) consiste nel vedere l’evoluzione come se il cambiamento fosse concentrato nei (rari!) eventi di speciazione, seguiti poi da lunghi periodi di stasi. Questo modello suscita grandi dibattiti che troppo spesso assomigliano a certe diatribe filosofiche dei tempi andati. E’ abbastanza raro vedere articoli che affrontano il problema della frequenza del modello e.p. partendo “dai dati”, che di solito sono serie fossili.
Tuttavia, se l’evoluzione è avvenuta nell’uno o nell’altro dei modi potrebbe aver lasciato traccia anche negli esseri viventi attuali. Le filogenesi molecolari, ad esempio, potrebbero aver conservato segnali di come sono avvenute le speciazioni.
Mark Pagel e coll. (Large Punctuational Contribution of Speciation to Evolutionary divergence at the Molecular Level. Science, VOL. 314 , 119-121, 6 ottobre 2006) esaminano un centinaio di filogenesi molecolari già pubblicate in gruppi assai diversi fra loro, accomunati dal basso livello sistematico (siamo all’interno di generi, famiglie, o al massimo ordini). Prendono le sequenze geniche pubblicate, ci costruiscono le filogenesi, e si propongono di vedere se la lunghezza dei cammini che separano i taxa presi in esame sia correlata più al numero di nodi (=eventi di speciazione = sostegno al modello e.p.) oppure al tempo di separazione dei taxa (= sostegno al “gradualismo filetico”). E scoprono che il 35% delle filogenesi studiate mostrano effetti da e.p. L’effetto sembra più marcato nelle piante e nei funghi che negli animali.
Naturalmente, se le cose stanno così, i cambiamenti “da e.p.” rendono ben meno utilizzabili gli orologi biologici, che non marcherebbero più il tempo con precisione, influenzati come sono dagli eventi di speciazione. Pagel e coll. scoprono che, nelle filogenesi dove hanno rimarcato un effetto e.p., vi è un contributo alla deviazione dagli orologi che può raggiungere il 48%. Non trovano invece traccia di stasi, il secondo componente degli e.p., nelle filogenesi esaminate. Basterebbe anche solo l’effetto sugli orologi per trovare interessante questo articolo: gli autori sostengono che prima di applicare un orologio biologico, d’ora in avanti, uno dovrebbe vedere quanto il suo taxon commina per e.p.
Stephen Jay Gould, uno dei due padri degli e.p., chiedendosi quanto frequenti fossero gli eventi evolutivi che seguono quel modello, scrisse anni fa sulla non dimenticata rivista italiana Scientia: “ … una stima, ad. occhio e croce, del 90% è sufficiente a scagionarmi dall’accusa di definire la mia tesi in termini tali da facilitarle la vittoria? Se Dio apparisse e ci informasse che il 48,647 % degli eventi evolutivi significativi è avvenuto per equilibri punteggiati, ne sarei poco (solo poco) più che semisoddisfatto, ma avere mezza ragione è una benedizione in un mondo complesso.” (Gli equilibri punteggiati convalidano un approccio gerarchico alla macroevoluzione, Scientia, 1983, pp. 159-163). Chissà come potrebbe commentare i dati di Pagel e coll.?
Marco Ferraguti
Ecosistemi marini: l’evoluzione crea, l’uomo distrugge
Ecosistemi marini: l’evoluzione crea, l’uomo distrugge
Recenti studi scoprono un'improvvisa esplosione della vita nel mare dopo la grande estinzione di 250 milioni di anni fa e contemporaneamente constatiamo che siamo noi ora la causa di una grande estinzione.
Gli scienziati del Field Museum of Natural History di Chicago hanno studiato, analizzando un database di registrazioni fossili (http://paleodb.org/cgi-bin/bridge.pl), come la vita marina si cambiata negli ultimi 545 milioni di anni. Invece di notare un graduale incremento nel numero delle specie hanno riscontrato una “esplosione” di vita dopo la grande estinzione che avvenne alla fine del Permiano, 250 milioni di anni fa. (Peter J. Wagner, Matthew A. Kosnik, Scott Lidgard. Abundance Distributions Imply Elevated Complexity of Post-Paleozoic Marine Ecosystems. Science 24 November 2006: Vol. 314. no. 5803, pp. 1289 – 1292).
Gli autori dello studio sottolineano inoltre come l’attuale sfruttamento delle risorse ittiche stia danneggiando gli ecosistemi marini. Si tratta di un argomento di grande attualità tanto che solo poco tempo fa, sempre su Science, è stato pubblicato un importante studio sulle conseguenze del sovra-sfruttamento sulla biodiversità marina. (Impacts of Biodiversity Loss on Ocean Ecosystem Services, Boris Worm et al. Science 3 November 2006: 314 (5800), 787)
L’eccessivo sfruttamanto delle risorse ittiche minaccia così tanto alcuni ecosistemi marini che essi ricordano sempre più i fondali di 550 milioni di anni fa, prima della comparsa di molti gruppi animali. Nemmeno un asteroide avrebbe saputo fare di meglio…
Chiara Ceci
Recenti studi scoprono un'improvvisa esplosione della vita nel mare dopo la grande estinzione di 250 milioni di anni fa e contemporaneamente constatiamo che siamo noi ora la causa di una grande estinzione.
Gli scienziati del Field Museum of Natural History di Chicago hanno studiato, analizzando un database di registrazioni fossili (http://paleodb.org/cgi-bin/bridge.pl), come la vita marina si cambiata negli ultimi 545 milioni di anni. Invece di notare un graduale incremento nel numero delle specie hanno riscontrato una “esplosione” di vita dopo la grande estinzione che avvenne alla fine del Permiano, 250 milioni di anni fa. (Peter J. Wagner, Matthew A. Kosnik, Scott Lidgard. Abundance Distributions Imply Elevated Complexity of Post-Paleozoic Marine Ecosystems. Science 24 November 2006: Vol. 314. no. 5803, pp. 1289 – 1292).
Gli autori dello studio sottolineano inoltre come l’attuale sfruttamento delle risorse ittiche stia danneggiando gli ecosistemi marini. Si tratta di un argomento di grande attualità tanto che solo poco tempo fa, sempre su Science, è stato pubblicato un importante studio sulle conseguenze del sovra-sfruttamento sulla biodiversità marina. (Impacts of Biodiversity Loss on Ocean Ecosystem Services, Boris Worm et al. Science 3 November 2006: 314 (5800), 787)
L’eccessivo sfruttamanto delle risorse ittiche minaccia così tanto alcuni ecosistemi marini che essi ricordano sempre più i fondali di 550 milioni di anni fa, prima della comparsa di molti gruppi animali. Nemmeno un asteroide avrebbe saputo fare di meglio…
Chiara Ceci
Riflessioni per i filosofi della scienza
Riflessioni per i filosofi della scienza
E' imminente la pubblicazione di un intero fascicolo dedicato ai rapporti tra la teleologia kantiana e le scienze biologiche curato dalla rivista Studies in History and Philosophy of Science Part C: Studies in History and Philosophy of Biological and Biomedical Sciences.
Articoli speculativi che susciteranno discussioni e riflessioni. Ecco il sommario:1. Introduction: Kantian teleology and the biological sciences Joan Steigerwald 2. Naturalising purpose: From comparative anatomy to the ‘adventure of reason’ Philippe Huneman 3. Kant’s concept of natural purpose and the reflecting power of judgementJoan Steigerwald 4. Kant on biological teleology: Towards a two-level interpretation Marcel Quarfood 5. Kant on the history of nature: The ambiguous heritage of the critical philosophy for natural history Phillip R. Sloan 6. Teleology then and now: The question of Kant’s relevance for contemporary controversies over function in biologyJohn Zammito 7. Kant on epigenesis, monogenesis and human nature: The biological premises of anthropology Alix A. Cohen 8. Mechanical explanation of nature and its limits in Kant’s Critique of judgment Angela Breitenbach 9. Organisms as natural purposes: The contemporary evolutionary perspective D.M. Walsh
Paolo Coccia
E' imminente la pubblicazione di un intero fascicolo dedicato ai rapporti tra la teleologia kantiana e le scienze biologiche curato dalla rivista Studies in History and Philosophy of Science Part C: Studies in History and Philosophy of Biological and Biomedical Sciences.
Articoli speculativi che susciteranno discussioni e riflessioni. Ecco il sommario:1. Introduction: Kantian teleology and the biological sciences Joan Steigerwald 2. Naturalising purpose: From comparative anatomy to the ‘adventure of reason’ Philippe Huneman 3. Kant’s concept of natural purpose and the reflecting power of judgementJoan Steigerwald 4. Kant on biological teleology: Towards a two-level interpretation Marcel Quarfood 5. Kant on the history of nature: The ambiguous heritage of the critical philosophy for natural history Phillip R. Sloan 6. Teleology then and now: The question of Kant’s relevance for contemporary controversies over function in biologyJohn Zammito 7. Kant on epigenesis, monogenesis and human nature: The biological premises of anthropology Alix A. Cohen 8. Mechanical explanation of nature and its limits in Kant’s Critique of judgment Angela Breitenbach 9. Organisms as natural purposes: The contemporary evolutionary perspective D.M. Walsh
Paolo Coccia
Due videoanimazioni dei RNAi
Due videoanimazioni dei RNAi
Due eccellenti videoanimazioni sul funzionamento dei RNAi offerte da Nature Reviews...e NOVA (dal punto di vista medico).
EccoleNature Reviews:Parte I. Espressione genicaParte II. Silenziamento genicoParte III. Amplificazione degli RNAi...e NOVA:Parte I. RNAi explainedParte II. The RNAi cureParte III. Ask the Expert
Prima di vedere e ascoltare due animazioni leggete su Wikipedia (versione italiana o inglese) cosa sono e come funzionano gli RNAi.
Paolo Coccia
Due eccellenti videoanimazioni sul funzionamento dei RNAi offerte da Nature Reviews...e NOVA (dal punto di vista medico).
EccoleNature Reviews:Parte I. Espressione genicaParte II. Silenziamento genicoParte III. Amplificazione degli RNAi...e NOVA:Parte I. RNAi explainedParte II. The RNAi cureParte III. Ask the Expert
Prima di vedere e ascoltare due animazioni leggete su Wikipedia (versione italiana o inglese) cosa sono e come funzionano gli RNAi.
Paolo Coccia
Il "dolce" mistero del codice della vita
Il "dolce" mistero del codice della vita
Perche' DNA e RNA contengono proprio il ribosio (e il suo "cugino" desossiribosio), uno zucchero a cinque atomi di carbonio?
Perche' non il glucosio o altri zuccheri con sei atomi di carbonio, molto piu' disponibili in natura? Il biochimico svizzero Martin Egli, attualmente alla Vanderbilt University, ha pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica chimica JACS un dettagliato studio della struttura di homo-DNA, una molecola dove il desossiribosio viene sostituito con il glucosio, uno zucchero a sei atomi di carbonio. Egli ha analizzato tutte le differenze tra il sistema naturale e quello artificiale, cercando di capire perche' l'evoluzione, certamente dopo alcuni tentativi, abbia proprio scelto lo zucchero che oggi troviamo negli acidi nucleici di tutti i viventi.
DNA e RNA sono il risultato dell'evoluzione, e l'ottimizzazione della loro struttura e' dipesa da fattori chimici, dei quali il ricercatore e' alla caccia da ben tredici anni. Un punto fondamentale risiede nella "scelta" della selezione naturale di incorporare nello scheletro dei due acidi nucleici uno zucchero a cinque atomi di carbonio: ribosio nell'RNA e desossiribosio nel DNA. Gli zuccheri a sei atomi di carbonio sono molto piu' comuni e disponibili in natura: perche', quindi, optare per qualcosa di piu' difficile da trovare? Lo studio appena pubblicato e' una dettagliata analisi cristallografica di homo-DNA, un acido nucleico sintetico ottenuto sostituendo il desossiribosio con il glucosio nella sua forma ciclica, detta anche piranosio: la molecola cosi' prodotta in laboratorio puo' essere considerata un'alternativa al sistema naturale. Egli ha scoperto che homo-DNA presenta una serie di caratteristiche che lo differenziano sostanzialmente dal DNA naturale, e lo rendono poco versatile dal punto di vista genetico.
Homo-DNA risulta infatti:
molto piu' stabile termodinamicamente del DNA
geometricamente piu' "disordinato", a causa dell'ingombro dell'anello a sei atomi: la struttura presenta un'elica debolmente ritorta verso destra, con un angolo tra scheletro e basi azotate molto maggiore di quello del DNA naturale
meno "ordinato" nell'appaiare i nucleotidi: se nel DNA naturale sono possibili solo gli accoppiamenti CG e AT, qui anche AA e GG hanno la stessa forza di legame di CG
non in grado di appaiarsi con altri acidi nucleici, come RNA
L'inevitabile conclusione di Egli e' che la struttura di homo-DNA, contenente anelli a sei atomi e molti ossidrili (gruppi OH legati agli anelli), non e' particolarmente adatta a conservare e trasmettere le informazioni genetiche.
Naturalmente esistono molti altri zuccheri semplici in natura, e altre possibili basi azotate: possiamo pensare che le possibilita' di scelta dell'evoluzione siano state comunque moltissime. E tra tutte queste, e' stata la doppia elica, l'elegante struttura decifrata da Watson e Crick ormai piu' di cinquant'anni fa, a vincere la gara della vita.
Paola Nardi
Perche' DNA e RNA contengono proprio il ribosio (e il suo "cugino" desossiribosio), uno zucchero a cinque atomi di carbonio?
Perche' non il glucosio o altri zuccheri con sei atomi di carbonio, molto piu' disponibili in natura? Il biochimico svizzero Martin Egli, attualmente alla Vanderbilt University, ha pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica chimica JACS un dettagliato studio della struttura di homo-DNA, una molecola dove il desossiribosio viene sostituito con il glucosio, uno zucchero a sei atomi di carbonio. Egli ha analizzato tutte le differenze tra il sistema naturale e quello artificiale, cercando di capire perche' l'evoluzione, certamente dopo alcuni tentativi, abbia proprio scelto lo zucchero che oggi troviamo negli acidi nucleici di tutti i viventi.
DNA e RNA sono il risultato dell'evoluzione, e l'ottimizzazione della loro struttura e' dipesa da fattori chimici, dei quali il ricercatore e' alla caccia da ben tredici anni. Un punto fondamentale risiede nella "scelta" della selezione naturale di incorporare nello scheletro dei due acidi nucleici uno zucchero a cinque atomi di carbonio: ribosio nell'RNA e desossiribosio nel DNA. Gli zuccheri a sei atomi di carbonio sono molto piu' comuni e disponibili in natura: perche', quindi, optare per qualcosa di piu' difficile da trovare? Lo studio appena pubblicato e' una dettagliata analisi cristallografica di homo-DNA, un acido nucleico sintetico ottenuto sostituendo il desossiribosio con il glucosio nella sua forma ciclica, detta anche piranosio: la molecola cosi' prodotta in laboratorio puo' essere considerata un'alternativa al sistema naturale. Egli ha scoperto che homo-DNA presenta una serie di caratteristiche che lo differenziano sostanzialmente dal DNA naturale, e lo rendono poco versatile dal punto di vista genetico.
Homo-DNA risulta infatti:
molto piu' stabile termodinamicamente del DNA
geometricamente piu' "disordinato", a causa dell'ingombro dell'anello a sei atomi: la struttura presenta un'elica debolmente ritorta verso destra, con un angolo tra scheletro e basi azotate molto maggiore di quello del DNA naturale
meno "ordinato" nell'appaiare i nucleotidi: se nel DNA naturale sono possibili solo gli accoppiamenti CG e AT, qui anche AA e GG hanno la stessa forza di legame di CG
non in grado di appaiarsi con altri acidi nucleici, come RNA
L'inevitabile conclusione di Egli e' che la struttura di homo-DNA, contenente anelli a sei atomi e molti ossidrili (gruppi OH legati agli anelli), non e' particolarmente adatta a conservare e trasmettere le informazioni genetiche.
Naturalmente esistono molti altri zuccheri semplici in natura, e altre possibili basi azotate: possiamo pensare che le possibilita' di scelta dell'evoluzione siano state comunque moltissime. E tra tutte queste, e' stata la doppia elica, l'elegante struttura decifrata da Watson e Crick ormai piu' di cinquant'anni fa, a vincere la gara della vita.
Paola Nardi
Sunday, November 26, 2006
Consigli di lettura 2006
Siete pronti per gli acquisti di Natale? I nostri consigli se volete regalare un libro sull'evoluzione! Selezionate la pagina web che abbiamo preparato. Con pochi click di mouse potete sfogliare decine di segnalazioni di libri che trattano i nostri temi preferiti. Il file lo trovate su Pikaia.
Paolo Coccia
Paolo Coccia
Siti web, archivi online delle opere complete dei protagonisti della storia dell'evoluzione
Abbiamo segnalato i links agli archivi online di Darwin, della Cambridge Library (a proposito ascoltate e guardate questo breve video di presentazione dell'archivio presente su YouTube, conoscerete i curatori di questo immenso lavoro!) e dell'associazione LibeLiber che riporta le opere complete di Darwin in italiano.
Sappiamo e sapete anche che esiste da alcuni anni il sito delle opere complete di Lamarck curate dal nostro Pietro Corsi. Non sapevamo e forse non sapevate che esistono anche altri siti web che riportano le opere di importanti studiosi del passato riconducibili alla zoologia, l'evoluzionismo, la botanica, ecc........
Per ora aggiungiamo questi, eccoli:
The Alfred Russel Wallace Page
Curato da Thierry Hoquet e Pietro Corsi, il sito web Buffon's web edition
The Huxley file
The Linnaeus Project
Paolo Coccia
L'immagine di Buffon proviene dal sito web delle opere curato da Corsi e Hoquet
Sappiamo e sapete anche che esiste da alcuni anni il sito delle opere complete di Lamarck curate dal nostro Pietro Corsi. Non sapevamo e forse non sapevate che esistono anche altri siti web che riportano le opere di importanti studiosi del passato riconducibili alla zoologia, l'evoluzionismo, la botanica, ecc........
Per ora aggiungiamo questi, eccoli:
The Alfred Russel Wallace Page
Curato da Thierry Hoquet e Pietro Corsi, il sito web Buffon's web edition
The Huxley file
The Linnaeus Project
Paolo Coccia
L'immagine di Buffon proviene dal sito web delle opere curato da Corsi e Hoquet
Un nuovo livello di variabilita' nel DNA umano
Secondo le ultime ricerche, pubblicate in questi giorni su Genome Research e Nature, il genoma sta rivelando un importante codice di ordine superiore.
Questi studi recentissimi sul genoma umano stanno portando a nuove, inaspettate conclusioni: attraverso lo sviluppo di sofisticate tecniche sperimentali e matematiche e' stato possibile individuare un nuovo livello di informazione nel DNA, rappresentato dalle cosiddette CNVs (varianti del numero di copie), delle quali e' stato possibile fare per la prima volta, attraverso una particolare tecnica di microarray, una esauriente mappatura. Gia' da tempo, come sappiamo, e' nota l'importanza dei polimorfismi dei singoli nucleotidi (conosciuti come SNPs), che concorrono in larga parte alla variabilita' genetica tra individuo e individuo negli esseri umani. Ognuno di noi, infatti, possiede mutazioni dei geni a carico di un singolo nucleotide in moltissimi segmenti del genoma: queste differenze permettono di collocarci in determinati gruppi umani (sicuramente i nostri snips saranno molto simili a quelli dei nostri genitori, parenti e, in generale, al gruppo etnico al quale apparteniamo), e ci rendono, ad esempio, piu' o meno suscettibili a determinate malattie.
La variabilita' umana si arricchisce ora di un nuovo elemento, che considera il numero delle duplicazioni e delle grandi delezioni (cioe' cancellazioni) di segmenti interi del nostro DNA. Si scopre che le CNVs determinano la suscettibilita' genetica a molte malattie tra le quali Alzheimer, Parkinson e HIV, e che esse variano il livello di espressione dei geni, comportando cosi' le differenti risposte agli stimoli ambientali, compresa quella ai farmaci, che si osservano tra i diversi gruppi etnici.
I due lavori pubblicati su Genome Research, a cura, rispettivamente, dei ricercatori Stephen W. Scherer e Hiroyuki Aburatani, descrivono le tecniche sviluppate per l'identificazione dei CNVs nel genoma umano, sia dal punto di vista molecolare (attraverso la cosiddetta Comparative Genomic Hybridization, o CGH) che da quello matematico. Sono stati studiati 270 individui appartenenti a quattro popolazioni di ascendenza europea, africana o asiatica. Sono state cosi' identificate 1.447 CNVRs, cioe' regioni con un numero variabile di copie o che presentano interi segmenti cancellati: esse costituiscono il 12% circa del genoma di un individuo, e contengono geni, elementi funzionali, ripetizioni e loci riconosciuti per diverse patologie. In uno studio ulteriore, Scherer e colleghi hanno addirittura confrontato la mappa genetica costruita dalla Celera Genomics di Craig Venter con quella ottenuta dal Human Genome Project (i due istituti, uno privato e uno pubblico, che hanno compiuto il sequenziamento del genoma umano): anche in questo caso si sono rivelate migliaia di differenze. E' la prima mappa globale della variazione strutturale del genoma umano.
Questi risultati avranno profonde conseguenze in molti campi di ricerca: innanzitutto la farmacogenetica deve recepire queste evidenze, e acquisire la consapevolezza che approntare i farmaci su misura per ciascuno di noi potrebbe essere molto piu' complesso di quanto finora ritenuto. Inoltre, lo studio accurato dei meccanismi che portano alla formazione delle CNVs potrebbe avere un grande impatto dal punto di vista evoluzionistico, spiegando alcuni processi evolutivi e forse arrivando a chiarire le origini di Homo sapiens. Potete leggere su Nature un articolo di libero accesso che comprende i due studi, pubblicato proprio in questi giorni.
Paola Nardi
Questi studi recentissimi sul genoma umano stanno portando a nuove, inaspettate conclusioni: attraverso lo sviluppo di sofisticate tecniche sperimentali e matematiche e' stato possibile individuare un nuovo livello di informazione nel DNA, rappresentato dalle cosiddette CNVs (varianti del numero di copie), delle quali e' stato possibile fare per la prima volta, attraverso una particolare tecnica di microarray, una esauriente mappatura. Gia' da tempo, come sappiamo, e' nota l'importanza dei polimorfismi dei singoli nucleotidi (conosciuti come SNPs), che concorrono in larga parte alla variabilita' genetica tra individuo e individuo negli esseri umani. Ognuno di noi, infatti, possiede mutazioni dei geni a carico di un singolo nucleotide in moltissimi segmenti del genoma: queste differenze permettono di collocarci in determinati gruppi umani (sicuramente i nostri snips saranno molto simili a quelli dei nostri genitori, parenti e, in generale, al gruppo etnico al quale apparteniamo), e ci rendono, ad esempio, piu' o meno suscettibili a determinate malattie.
La variabilita' umana si arricchisce ora di un nuovo elemento, che considera il numero delle duplicazioni e delle grandi delezioni (cioe' cancellazioni) di segmenti interi del nostro DNA. Si scopre che le CNVs determinano la suscettibilita' genetica a molte malattie tra le quali Alzheimer, Parkinson e HIV, e che esse variano il livello di espressione dei geni, comportando cosi' le differenti risposte agli stimoli ambientali, compresa quella ai farmaci, che si osservano tra i diversi gruppi etnici.
I due lavori pubblicati su Genome Research, a cura, rispettivamente, dei ricercatori Stephen W. Scherer e Hiroyuki Aburatani, descrivono le tecniche sviluppate per l'identificazione dei CNVs nel genoma umano, sia dal punto di vista molecolare (attraverso la cosiddetta Comparative Genomic Hybridization, o CGH) che da quello matematico. Sono stati studiati 270 individui appartenenti a quattro popolazioni di ascendenza europea, africana o asiatica. Sono state cosi' identificate 1.447 CNVRs, cioe' regioni con un numero variabile di copie o che presentano interi segmenti cancellati: esse costituiscono il 12% circa del genoma di un individuo, e contengono geni, elementi funzionali, ripetizioni e loci riconosciuti per diverse patologie. In uno studio ulteriore, Scherer e colleghi hanno addirittura confrontato la mappa genetica costruita dalla Celera Genomics di Craig Venter con quella ottenuta dal Human Genome Project (i due istituti, uno privato e uno pubblico, che hanno compiuto il sequenziamento del genoma umano): anche in questo caso si sono rivelate migliaia di differenze. E' la prima mappa globale della variazione strutturale del genoma umano.
Questi risultati avranno profonde conseguenze in molti campi di ricerca: innanzitutto la farmacogenetica deve recepire queste evidenze, e acquisire la consapevolezza che approntare i farmaci su misura per ciascuno di noi potrebbe essere molto piu' complesso di quanto finora ritenuto. Inoltre, lo studio accurato dei meccanismi che portano alla formazione delle CNVs potrebbe avere un grande impatto dal punto di vista evoluzionistico, spiegando alcuni processi evolutivi e forse arrivando a chiarire le origini di Homo sapiens. Potete leggere su Nature un articolo di libero accesso che comprende i due studi, pubblicato proprio in questi giorni.
Paola Nardi
I 25 libri più importanti di tutti i tempi
La rivista DISCOVER nell'editoriale del fascicolo di dicembre segnala i suoi 25 libri più importanti di tutti i tempi e invita a compilare il form del sondaggio per verificare i nostri pareri e stilare una lista definitiva (il sondaggio terminerà il 15 dicembre).
Tra i più importanti libri ho segnalato il viaggio del Beagle di Darwin invece dell'Origine delle specie. Ritengo infatti il diario di quel viaggio uno dei più bei resoconti mai scritti, anche a scapito dell'Origine, certamente fondamentale ma più difficile e meno divulgativo. Ecco la lista dei titoli:The Voyage of the Beagle by Charles Darwin (1845) The Origin of Species by Charles Darwin (1859) Mathematical Principles of Natural Philosophy by Isaac Newton (1687) Dialogue Concerning the Two Chief World Systems by Galileo Galilei (1632) On the Revolutions of Heavenly Spheres by Nicolaus Copernicus (1543) Physica (Physics) by Aristotle (circa 330 B.C.) On the Fabric of the Human Body by Andreas Vesalius (1543) Relativity: The Special and General Theory by Albert Einstein (1916) The Selfish Gene by Richard Dawkins (1976) One Two Three . . . Infinity by George Gamow (1947) The Double Helix by James D. Watson (1968) What Is Life? by Erwin Schrödinger (1944) The Cosmic Connection by Carl Sagan (1973) The Insect Societies by Edward O. Wilson (1971) The First Three Minutes by Steven Weinberg (1977) Silent Spring by Rachel Carson (1962) The Mismeasure of Man by Stephen Jay Gould (1981) The Man Who Mistook His Wife for a Hat and Other Clinical Tales by Oliver Sacks (1985) The Journals of Lewis and Clark by Meriwether Lewis and William Clark (1814) The Feynman Lectures on Physics by Richard P. Feynman, Robert B. Leighton, and Matthew Sands (1963) Sexual Behavior in the Human Male by Alfred C. Kinsey et al. (1948) Gorillas in the Mist by Dian Fossey (1983) Under a Lucky Star by Roy Chapman Andrews (1943) Micrographia by Robert Hooke (1665) Gaia by James Lovelock (1979) The Structure of Scientific Revolutions by Thomas S. Kuhn (1962) Cosmos by Carl Sagan (1980) A Brief History of Time by Stephen Hawking (1988) QED: The Strange Theory of Light and Matter by Richard Feynman (1985)
Esiste poi un'altra lista che tenta di proporre i 10 peggiori libri di tutti i tempi (non poteva mancare!). La trovate sempre su Discover...e secondo le inclinazioni del proponente la lista tra i primi dieci figurano Gould, Wilson e Edelman!
Noi vi proponiamo di inviarci una vs. lista o anche un solo o pochi titoli dei libri di scienze che ritenete tra i più importanti di tutti i tempi. Inviateci le vs. segnalazioni!!!!!!!!Tenteremo di stilare una nostra lista.
Paolo Coccia
Tra i più importanti libri ho segnalato il viaggio del Beagle di Darwin invece dell'Origine delle specie. Ritengo infatti il diario di quel viaggio uno dei più bei resoconti mai scritti, anche a scapito dell'Origine, certamente fondamentale ma più difficile e meno divulgativo. Ecco la lista dei titoli:The Voyage of the Beagle by Charles Darwin (1845) The Origin of Species by Charles Darwin (1859) Mathematical Principles of Natural Philosophy by Isaac Newton (1687) Dialogue Concerning the Two Chief World Systems by Galileo Galilei (1632) On the Revolutions of Heavenly Spheres by Nicolaus Copernicus (1543) Physica (Physics) by Aristotle (circa 330 B.C.) On the Fabric of the Human Body by Andreas Vesalius (1543) Relativity: The Special and General Theory by Albert Einstein (1916) The Selfish Gene by Richard Dawkins (1976) One Two Three . . . Infinity by George Gamow (1947) The Double Helix by James D. Watson (1968) What Is Life? by Erwin Schrödinger (1944) The Cosmic Connection by Carl Sagan (1973) The Insect Societies by Edward O. Wilson (1971) The First Three Minutes by Steven Weinberg (1977) Silent Spring by Rachel Carson (1962) The Mismeasure of Man by Stephen Jay Gould (1981) The Man Who Mistook His Wife for a Hat and Other Clinical Tales by Oliver Sacks (1985) The Journals of Lewis and Clark by Meriwether Lewis and William Clark (1814) The Feynman Lectures on Physics by Richard P. Feynman, Robert B. Leighton, and Matthew Sands (1963) Sexual Behavior in the Human Male by Alfred C. Kinsey et al. (1948) Gorillas in the Mist by Dian Fossey (1983) Under a Lucky Star by Roy Chapman Andrews (1943) Micrographia by Robert Hooke (1665) Gaia by James Lovelock (1979) The Structure of Scientific Revolutions by Thomas S. Kuhn (1962) Cosmos by Carl Sagan (1980) A Brief History of Time by Stephen Hawking (1988) QED: The Strange Theory of Light and Matter by Richard Feynman (1985)
Esiste poi un'altra lista che tenta di proporre i 10 peggiori libri di tutti i tempi (non poteva mancare!). La trovate sempre su Discover...e secondo le inclinazioni del proponente la lista tra i primi dieci figurano Gould, Wilson e Edelman!
Noi vi proponiamo di inviarci una vs. lista o anche un solo o pochi titoli dei libri di scienze che ritenete tra i più importanti di tutti i tempi. Inviateci le vs. segnalazioni!!!!!!!!Tenteremo di stilare una nostra lista.
Paolo Coccia
Niles Eldredge al Festival di Genova
The Darwin Blogs – November 16, 2006.
Some News; A Guest Blog; Mr. Darwin Checks Back in-and Plans are Made
First, some news:
Great to be back home after a very stimulating and successful two-week trip to Italy. While there, I attended two conferences (one on each coast of northern Italy!), and met with friends in Milano.
The 32nd Piu Manzù Conference was held in the Grand Hotel in Rimini. (Frederico Fellini was born there-and the Grand Hotel was the inspiration for his movie Amaricord). The Piu Manzù Conference is under the general direction of Gerardo Filiberto Dasi, Giandomenico Picco, and Mikhail Gorbachev. Each year the Conference focuses on a specific world problem; this year it was the biodiversity crisis-or the so-called "Sixth Extinction." Named "La Vita in Bilico" (not coincidentally the same name as the Italian edition of my book "Life in the Balance") the Conferencegathered together an impressive array of scientists, physicians, economists, sociologists and politicians who brought their considerable and diverse expertise to bear on the environmental and human global problems confronting all life on earth right now. It was an inspiring event!
The two-hour Sunday session was televised live nationally by Italian television RAI. I was doubly honored to be the recipient of the Medal of the Italian Senate as well as the Gold Medal of the Piu Manzù Conference. My profound thanks to the organizers of this important Conference!
Then it was off to Milano-where I visited my friends Ilaria Vinassa and Giorgio Teruzzi at the Natural History Museum in Milan. I was happy to do a newspaper interview, explaining both my admiration for the excellent dioramas at the Museum-and my plans for the forthcoming meeting of our new group on Evolutionary Hierarchy Theory about to convene at the Festival della Scienza in Genoa a few days later.
My wife Michelle and I then met with the amazing performance artist/musician/urban designer Massimo Giuntoli. We spent a delightful day at Como-ending up at our favorite restaurant in the world, Tullia Angelotti's wonderful "Tagiura" back in Milan. Massimo has a vision: he has designed a multi-story glass-with-steel-frame building in the shape of a giant tortoise! Dedicated to science in general, and to Charles Darwin in particular, the Giant Tortoise will have exhibition and theater space in which to celebrate and promulgate evolution and other scientific themes. I am hoping that Massimo will succeed in having these Tortoise Buildings constructed in many cities around the world.
Then it was off to Genoa. The Genoa Festival della Scienza, only in its fourth year, has already grown to be the largest such festival of its kind in Europe-which effectively means in the entire world! (Only the festival in Edinburgh rivals the Science Festival in Genoa in size). Several hundreds of thousands of people attended this event in a ten day period this year.
With Telmo Pievani-one of the principal organizers of the Festival-I organized a new Research Group on the subject of Hierarchy Theory in Evolution. Telmo is a rising star in Italy-one of Italy's youngest tenured professors. He is a philosopher of science-specifically of evolutionary biology. My thanks to Telmo and to the head of the festival, publisher Vittorio Bo (whose firm Codice has published several of my books-including the Italian translation of Darwin. Discovering the Tree of Life) for making our meeting in Genoa possible-and so successful!
Hierarchy theory recognizes the many levels of biological organization. In a nutshell, genes are parts of genomes; genomes the genetic wholes that are in turn parts of organisms; organisms are parts of breeding populations ("demes"); demes in turn are parts of species; and species are individual components of ancestral-descendant sequences that make up the array of genera, families, orders, classes and phyla of the Linnaean hierarchy.
This is the so-called "evolutionary" (or "genealogical") hierarchy. Each component replicates-or, more loosely, "makes more of itself:" genes replicate; organisms reproduce; species speciate.
On the other hand, organisms have a distinctly economic side to their existence: they process matter and energy to develop (as embryos, for example), grow-and simply to continue to exist. This side of life finds organisms of the same species forming local populations that are in turn parts of local ecosystems; local ecosystems are connected with neighboring systems, as matter and energy flow across the often very loose boundaries between local ecosystems. And so forth: the biota of the entire world ("biosphere") is hooked up into a vast network of matter-energy flow. This is the "ecological" (or "economic") hierarchy.
Darwin's concept of natural selection boils down to the principle that how well an organism does in the economic side of its life is bound to have an effect on how well it will do in the reproducing side of its life. Hierarchy theory has the potential of integrating all aspects of evolutionary biology (perhaps all of biology in general) by explicitly recognizing the existence of each level in both hierarchies; understanding that there are distinct processes (or analogous processes operating at different scale of space and time) at each level (hence each level can be studied independently and in its own right-the way biology has historically been carved up into distinct, separate subdisciplines); and by analyzing the ways in which the different levels-within and between the "economic" and "genealogical" hierarchies-interact with one another.
In the 1980s, hierarchy theory showed promise as the way to develop a more complete evolutionary theory-and as a way to organize and better understand the complexity of biological systems. The approach has lain semi-dormant for over a decade, and our group has decided to see where things stand as of now-and how the entire field of hierarchy theory can be amplified and extended in evolutionary biology. We convened a research group consisting of T. Ryan Gregory (University of Guelph, Canada); Ryan studies genome size-and several years ago showed that the genome itself is hierarchically structured! Bruce Lieberman (University of Kansas) is a paleontologist who has made important contributions to our thinking about the importance of geography and the physical environment in understanding macroevolution. Ilya Temkin (NYU/American Museum) has brought molecular biology, anatomy and paleontology to bear on his understanding of the evolution of pearl oysters; Ilya has important new ideas about how networks relate to hierarchical structures. William Miller III is a paleontologist whose contributions to understanding large-scale ecological structures are unique-and very influential (absolutely essential to the development of my own thinking!). Telmo Pievani, as mentioned, is a philosopher of science (at University of Milano II); Telmo is an extremely sophisticated thinker who is able to interweave the group's disparate thoughts under the rubric of hierarchy theory. Dan Brooks (University of Toronto) is, along with me, the grizzled veteran of the group. A parisitologist, Dan has been at the forefront of all interesting theoretical discussions in systematics and large-scale evolutionary theory for his entire career; for example, with E.O. Wiley, Dan pioneered thinking about evolution in terms of thermodynamics-a subject which itself cries out for more attention. And me-whose work has been amply featured on these pages already.
We made plans and pushed the hierarchy envelope. But we also put on a 3 hour program for the public at the amazing Palazzo Ducale. With an audience of 500 people, we put on quite a show! Everything from molecules to ecosystems! Stay tuned for further announcements: this hierarchy group of ours is going places! My thanks again to Vittorio Bo, Telmo Pievani and the entire staff (and supporters!) of this extremely important annual event: The Festival of Science in Genoa!
Niles Eldredge
Some News; A Guest Blog; Mr. Darwin Checks Back in-and Plans are Made
First, some news:
Great to be back home after a very stimulating and successful two-week trip to Italy. While there, I attended two conferences (one on each coast of northern Italy!), and met with friends in Milano.
The 32nd Piu Manzù Conference was held in the Grand Hotel in Rimini. (Frederico Fellini was born there-and the Grand Hotel was the inspiration for his movie Amaricord). The Piu Manzù Conference is under the general direction of Gerardo Filiberto Dasi, Giandomenico Picco, and Mikhail Gorbachev. Each year the Conference focuses on a specific world problem; this year it was the biodiversity crisis-or the so-called "Sixth Extinction." Named "La Vita in Bilico" (not coincidentally the same name as the Italian edition of my book "Life in the Balance") the Conferencegathered together an impressive array of scientists, physicians, economists, sociologists and politicians who brought their considerable and diverse expertise to bear on the environmental and human global problems confronting all life on earth right now. It was an inspiring event!
The two-hour Sunday session was televised live nationally by Italian television RAI. I was doubly honored to be the recipient of the Medal of the Italian Senate as well as the Gold Medal of the Piu Manzù Conference. My profound thanks to the organizers of this important Conference!
Then it was off to Milano-where I visited my friends Ilaria Vinassa and Giorgio Teruzzi at the Natural History Museum in Milan. I was happy to do a newspaper interview, explaining both my admiration for the excellent dioramas at the Museum-and my plans for the forthcoming meeting of our new group on Evolutionary Hierarchy Theory about to convene at the Festival della Scienza in Genoa a few days later.
My wife Michelle and I then met with the amazing performance artist/musician/urban designer Massimo Giuntoli. We spent a delightful day at Como-ending up at our favorite restaurant in the world, Tullia Angelotti's wonderful "Tagiura" back in Milan. Massimo has a vision: he has designed a multi-story glass-with-steel-frame building in the shape of a giant tortoise! Dedicated to science in general, and to Charles Darwin in particular, the Giant Tortoise will have exhibition and theater space in which to celebrate and promulgate evolution and other scientific themes. I am hoping that Massimo will succeed in having these Tortoise Buildings constructed in many cities around the world.
Then it was off to Genoa. The Genoa Festival della Scienza, only in its fourth year, has already grown to be the largest such festival of its kind in Europe-which effectively means in the entire world! (Only the festival in Edinburgh rivals the Science Festival in Genoa in size). Several hundreds of thousands of people attended this event in a ten day period this year.
With Telmo Pievani-one of the principal organizers of the Festival-I organized a new Research Group on the subject of Hierarchy Theory in Evolution. Telmo is a rising star in Italy-one of Italy's youngest tenured professors. He is a philosopher of science-specifically of evolutionary biology. My thanks to Telmo and to the head of the festival, publisher Vittorio Bo (whose firm Codice has published several of my books-including the Italian translation of Darwin. Discovering the Tree of Life) for making our meeting in Genoa possible-and so successful!
Hierarchy theory recognizes the many levels of biological organization. In a nutshell, genes are parts of genomes; genomes the genetic wholes that are in turn parts of organisms; organisms are parts of breeding populations ("demes"); demes in turn are parts of species; and species are individual components of ancestral-descendant sequences that make up the array of genera, families, orders, classes and phyla of the Linnaean hierarchy.
This is the so-called "evolutionary" (or "genealogical") hierarchy. Each component replicates-or, more loosely, "makes more of itself:" genes replicate; organisms reproduce; species speciate.
On the other hand, organisms have a distinctly economic side to their existence: they process matter and energy to develop (as embryos, for example), grow-and simply to continue to exist. This side of life finds organisms of the same species forming local populations that are in turn parts of local ecosystems; local ecosystems are connected with neighboring systems, as matter and energy flow across the often very loose boundaries between local ecosystems. And so forth: the biota of the entire world ("biosphere") is hooked up into a vast network of matter-energy flow. This is the "ecological" (or "economic") hierarchy.
Darwin's concept of natural selection boils down to the principle that how well an organism does in the economic side of its life is bound to have an effect on how well it will do in the reproducing side of its life. Hierarchy theory has the potential of integrating all aspects of evolutionary biology (perhaps all of biology in general) by explicitly recognizing the existence of each level in both hierarchies; understanding that there are distinct processes (or analogous processes operating at different scale of space and time) at each level (hence each level can be studied independently and in its own right-the way biology has historically been carved up into distinct, separate subdisciplines); and by analyzing the ways in which the different levels-within and between the "economic" and "genealogical" hierarchies-interact with one another.
In the 1980s, hierarchy theory showed promise as the way to develop a more complete evolutionary theory-and as a way to organize and better understand the complexity of biological systems. The approach has lain semi-dormant for over a decade, and our group has decided to see where things stand as of now-and how the entire field of hierarchy theory can be amplified and extended in evolutionary biology. We convened a research group consisting of T. Ryan Gregory (University of Guelph, Canada); Ryan studies genome size-and several years ago showed that the genome itself is hierarchically structured! Bruce Lieberman (University of Kansas) is a paleontologist who has made important contributions to our thinking about the importance of geography and the physical environment in understanding macroevolution. Ilya Temkin (NYU/American Museum) has brought molecular biology, anatomy and paleontology to bear on his understanding of the evolution of pearl oysters; Ilya has important new ideas about how networks relate to hierarchical structures. William Miller III is a paleontologist whose contributions to understanding large-scale ecological structures are unique-and very influential (absolutely essential to the development of my own thinking!). Telmo Pievani, as mentioned, is a philosopher of science (at University of Milano II); Telmo is an extremely sophisticated thinker who is able to interweave the group's disparate thoughts under the rubric of hierarchy theory. Dan Brooks (University of Toronto) is, along with me, the grizzled veteran of the group. A parisitologist, Dan has been at the forefront of all interesting theoretical discussions in systematics and large-scale evolutionary theory for his entire career; for example, with E.O. Wiley, Dan pioneered thinking about evolution in terms of thermodynamics-a subject which itself cries out for more attention. And me-whose work has been amply featured on these pages already.
We made plans and pushed the hierarchy envelope. But we also put on a 3 hour program for the public at the amazing Palazzo Ducale. With an audience of 500 people, we put on quite a show! Everything from molecules to ecosystems! Stay tuned for further announcements: this hierarchy group of ours is going places! My thanks again to Vittorio Bo, Telmo Pievani and the entire staff (and supporters!) of this extremely important annual event: The Festival of Science in Genoa!
Niles Eldredge
Intervista a Frans de Waal: Noi come scimmie
Testo integrale dell'intervista apparsa su Panorama nel numero di venerdi 17 novembre acura di Luca Sciortino.
Non sembra sfuggirgli nemmeno un piccolo movimento del corpo o una lieve espressione del viso. Frans de Waal, il più famoso primatologo del mondo, scruta perfino le dita delle mani del suo interlocutore. E lo ammette sorridendo, mentre sta seduto a un tavolo di un albergo nel cuore di Roma, a due passi dal Pantheon: ogni occasione è utile per comparare il comportamento degli uomini con quello di scimpanzé e bonobo, i nostri parenti più prossimi nell’albero evolutivo.
De Waal è a Roma per presentare il suo nuovo libro, La scimmia che siamo appena uscito per Garzanti. Una sorta di testimonianza di come lo studio dei nostri cugini genetici possa fornire risposte a molte domande cruciali sull’uomo: da dove discendono l’ egoismo e l’altruismo della nostra specie? Perché esistono? In che misura sono presenti nella nostra natura? Quanto bisogno abbiamo di equità? E di competizione? Che ruolo ha il sesso nella nostra società?
Attraverso storie vissute di animali, de Waal riesce ad appassionare; i suoi commenti illuminano su queste vecchie questioni e ci obbligano a riflettere sull’essenza della natura umana. Ci siamo evoluti da un antenato comune a noi, agli scimpanzé e ai bonobo. Non abbiamo ereditato solo l’aggressività, la violenza, la forma gerarchica delle nostre società, caratteristiche presenti anche negli scimpanzé; ma anche la generosità la gentilezza, l’altruismo, qualità tipiche dei bonobo. E perfino il desiderio di equità, l’empatia e la moralità. Troppo abbiamo insistito sull’origine animale delle nostre qualità negative e ingenerosamente abbiamo rivendicato per noi le qualità positive, come se fossero nostra esclusiva prerogativa.
Professore, cosa la rende così certo che bonobo e scimpanzé siano buoni modelli per capire la natura umana?
Partiamo da questo concetto: cinque o sei milioni di anni fa viveva l’antenato comune a noi e loro. Questa distanza evolutiva brevissima, oltre all’enorme somiglianza genetica, rendono questi animali i più simili a noi nel mondo. Così, osservando loro e facendo comparazioni con la nostra specie possiamo estrapolare il comportamento dell’antenato comune. Non si tratta quindi di tirare conclusioni direttamente dal comportamento di scimpanzé e bonobo che si sono evoluti come noi per milioni di anni, quelli in cui sono sorte le differenze.
Lei insiste sul fatto che l’aggressività non è l’unico elemento della natura umana...
Infatti. Quando ci paragoniamo agli animali lo facciamo sempre in senso negativo: se siamo violenti diciamo che ci comportiamo come animali, se siamo altruisti o tolleranti diciamo che è frutto della cultura o della religione. Per esempio, il grande etologo Konrad Lorenz si è focalizzato solo sull’aggressività. Invece io dimostro, facendo esempi di empatia, altruismo e cooperazione negli scimpanzé, e ancora di più nei bonobo, che l’intero nostro lato positivo è anche parte della biologia dei primati.
Dentro di noi ci sarebbero due tendenze, una sorta di Dr Jekyll e Mr Hide?
Sì, abbiamo in comune con i bonobo l’altruismo, la generosità, la gentilezza e molte altre qualità. Con gli scimpanzé condividiamo la violenza, la crudeltà, la struttura gerarchica della società. Quale di queste tendenze emerge dipende dalle circostanze.
Sono così crudeli gli scimpanzé?
Le racconto quanto accadde allo zoodi Arnhem. Trovai Luit, il mio scimpanzé maschio preferito, in una pozza di sangue. Era il prezzo che pagava per aver raggiunto il ruolo di leader a scapito di due maschi, Nikkie e Yeroen. Il primo era più debole di Luit ma aveva conquistato il potere con la complicità del vechio Yeroen che otteneva in cambio piccoli favori. Il corpo di Luit era tutto costellato di fori profondi, alcune dita delle mani e dei piedi mancavano, organi vitali erano danneggiati. Mentre il veterinaio lo ricuciva con centinaia di punti scoprimmo che i testicoli non erano più nella sacca dello scroto. Li trovarono i guardiani in mezzo alla paglia: glieli avevano spremuti fuori. I due avevano compiuto la loro vendetta nella notte: Yeroen teneva Luit e Nikkie lo massacrava con i suoi lunghi canini. Luit non si svegliò più dal’anestesia. Anche gli umani sono capaci di azioni violente come queste e si alleano per togliere il potere a un capo.
Certo, ma noi siamo anche capaci di pensare che due contro uno non è fair play... Forse l’uomo ha creato valori come l’onore?
Riguardo all’onore non saprei, ma gli scimpanzé e i bonobo hanno il senso di ciò che giusto e ciò che è ingiusto, come si vede dagli esperimenti. Comunque è vero che l’uomo crea valori, che intendo come qualcosa che va contro le normali tendenze della specie. Ma anche le scimmie, per esempio la tolleranza è molto importante nelle scimmie antropomorfe.
E l’empatia?
È un meccanismo psicologico: la capacità di vedere le emozioni degli altri ed esserne affetto. Se io prendo un coltello e lo premo sul mio dito chiunque ne rimane impressionato anche se non mi conosce. Stadi più complessi di empatia sono quelli in cui devo immaginare le sofferenze degli altri. Bonobo e scimpanzé sono capaci di empatia, come noi.
Lei avrà assistito a molte storie di altruismo?
Una volta il bonobo Kuni vide uno storno sbattere in volo contro il vetro del suo recinto. Lo raccolse e provò piano piano a spingerlo con le dita per farlo volare, ma invano. Allora salì a fatica sulla cima dell’albero più alto, gli dispiegò le ali con delicatezza e lo lanciò. Ma l’uccello finì sulla riva di un fossato. Allora lo raggiunse e rimase a sorvegliarlo per un’intera giornata, finché riuscì a riprendere il volo e fuggire via.
Qualcuno ha teorizzato che le nostre prime forme di società erano uno stato di guerra di tutti contro tutti: homo homini lupus...
Avevano torto. Noi discendiamo dai primati che hanno forme anche molto gerarchiche di società, come gli scimpanzé. Non c’è motivo di pensare che anche le nostre società non si siano evolute da forme simili.
Che ruolo ha il sesso nelle società umane?
Negli umani l’evoluzione ha preso una via differente. I bonobo vivono il sesso in tutte le varianti possibili e lo praticano per piacere e per rafforzare i vincoli sociali. Nelle società umane invece le restrizioni sul sesso sono fortissime perché siamo circondati da moralità, religione e cultura. Con l’effetto che i legami familiari sono più stabili.
Ho letto che al ristorante lei siede sempre in posti che le permettono di osservare la gente che mangia...
(ride) Sì, io sono una sorta di osservatore che non smette mai di fare comparazioni tra i primati. Naturalmente ho cominciato prima a osservare gli umani.
Ha mai avuto una scimmia per amico?
Ricordo che quando sono tornato in Olanda nello zoo dove avevo lavorato la vecchia femmina Mama era così ecccitata dal rivedermi che ero commosso. Ma la mia migliore amica era una chiamata Kuif: lei non aveva abbastanza latte per alllattare i figli e così io le ho insegnato riempire il biberon e come allattare con questo. Purtroppo due anni fa è morta.
Luca Sciortino
Science writer
Panorama magazine editorial staff - Mondadori
Science division
Non sembra sfuggirgli nemmeno un piccolo movimento del corpo o una lieve espressione del viso. Frans de Waal, il più famoso primatologo del mondo, scruta perfino le dita delle mani del suo interlocutore. E lo ammette sorridendo, mentre sta seduto a un tavolo di un albergo nel cuore di Roma, a due passi dal Pantheon: ogni occasione è utile per comparare il comportamento degli uomini con quello di scimpanzé e bonobo, i nostri parenti più prossimi nell’albero evolutivo.
De Waal è a Roma per presentare il suo nuovo libro, La scimmia che siamo appena uscito per Garzanti. Una sorta di testimonianza di come lo studio dei nostri cugini genetici possa fornire risposte a molte domande cruciali sull’uomo: da dove discendono l’ egoismo e l’altruismo della nostra specie? Perché esistono? In che misura sono presenti nella nostra natura? Quanto bisogno abbiamo di equità? E di competizione? Che ruolo ha il sesso nella nostra società?
Attraverso storie vissute di animali, de Waal riesce ad appassionare; i suoi commenti illuminano su queste vecchie questioni e ci obbligano a riflettere sull’essenza della natura umana. Ci siamo evoluti da un antenato comune a noi, agli scimpanzé e ai bonobo. Non abbiamo ereditato solo l’aggressività, la violenza, la forma gerarchica delle nostre società, caratteristiche presenti anche negli scimpanzé; ma anche la generosità la gentilezza, l’altruismo, qualità tipiche dei bonobo. E perfino il desiderio di equità, l’empatia e la moralità. Troppo abbiamo insistito sull’origine animale delle nostre qualità negative e ingenerosamente abbiamo rivendicato per noi le qualità positive, come se fossero nostra esclusiva prerogativa.
Professore, cosa la rende così certo che bonobo e scimpanzé siano buoni modelli per capire la natura umana?
Partiamo da questo concetto: cinque o sei milioni di anni fa viveva l’antenato comune a noi e loro. Questa distanza evolutiva brevissima, oltre all’enorme somiglianza genetica, rendono questi animali i più simili a noi nel mondo. Così, osservando loro e facendo comparazioni con la nostra specie possiamo estrapolare il comportamento dell’antenato comune. Non si tratta quindi di tirare conclusioni direttamente dal comportamento di scimpanzé e bonobo che si sono evoluti come noi per milioni di anni, quelli in cui sono sorte le differenze.
Lei insiste sul fatto che l’aggressività non è l’unico elemento della natura umana...
Infatti. Quando ci paragoniamo agli animali lo facciamo sempre in senso negativo: se siamo violenti diciamo che ci comportiamo come animali, se siamo altruisti o tolleranti diciamo che è frutto della cultura o della religione. Per esempio, il grande etologo Konrad Lorenz si è focalizzato solo sull’aggressività. Invece io dimostro, facendo esempi di empatia, altruismo e cooperazione negli scimpanzé, e ancora di più nei bonobo, che l’intero nostro lato positivo è anche parte della biologia dei primati.
Dentro di noi ci sarebbero due tendenze, una sorta di Dr Jekyll e Mr Hide?
Sì, abbiamo in comune con i bonobo l’altruismo, la generosità, la gentilezza e molte altre qualità. Con gli scimpanzé condividiamo la violenza, la crudeltà, la struttura gerarchica della società. Quale di queste tendenze emerge dipende dalle circostanze.
Sono così crudeli gli scimpanzé?
Le racconto quanto accadde allo zoodi Arnhem. Trovai Luit, il mio scimpanzé maschio preferito, in una pozza di sangue. Era il prezzo che pagava per aver raggiunto il ruolo di leader a scapito di due maschi, Nikkie e Yeroen. Il primo era più debole di Luit ma aveva conquistato il potere con la complicità del vechio Yeroen che otteneva in cambio piccoli favori. Il corpo di Luit era tutto costellato di fori profondi, alcune dita delle mani e dei piedi mancavano, organi vitali erano danneggiati. Mentre il veterinaio lo ricuciva con centinaia di punti scoprimmo che i testicoli non erano più nella sacca dello scroto. Li trovarono i guardiani in mezzo alla paglia: glieli avevano spremuti fuori. I due avevano compiuto la loro vendetta nella notte: Yeroen teneva Luit e Nikkie lo massacrava con i suoi lunghi canini. Luit non si svegliò più dal’anestesia. Anche gli umani sono capaci di azioni violente come queste e si alleano per togliere il potere a un capo.
Certo, ma noi siamo anche capaci di pensare che due contro uno non è fair play... Forse l’uomo ha creato valori come l’onore?
Riguardo all’onore non saprei, ma gli scimpanzé e i bonobo hanno il senso di ciò che giusto e ciò che è ingiusto, come si vede dagli esperimenti. Comunque è vero che l’uomo crea valori, che intendo come qualcosa che va contro le normali tendenze della specie. Ma anche le scimmie, per esempio la tolleranza è molto importante nelle scimmie antropomorfe.
E l’empatia?
È un meccanismo psicologico: la capacità di vedere le emozioni degli altri ed esserne affetto. Se io prendo un coltello e lo premo sul mio dito chiunque ne rimane impressionato anche se non mi conosce. Stadi più complessi di empatia sono quelli in cui devo immaginare le sofferenze degli altri. Bonobo e scimpanzé sono capaci di empatia, come noi.
Lei avrà assistito a molte storie di altruismo?
Una volta il bonobo Kuni vide uno storno sbattere in volo contro il vetro del suo recinto. Lo raccolse e provò piano piano a spingerlo con le dita per farlo volare, ma invano. Allora salì a fatica sulla cima dell’albero più alto, gli dispiegò le ali con delicatezza e lo lanciò. Ma l’uccello finì sulla riva di un fossato. Allora lo raggiunse e rimase a sorvegliarlo per un’intera giornata, finché riuscì a riprendere il volo e fuggire via.
Qualcuno ha teorizzato che le nostre prime forme di società erano uno stato di guerra di tutti contro tutti: homo homini lupus...
Avevano torto. Noi discendiamo dai primati che hanno forme anche molto gerarchiche di società, come gli scimpanzé. Non c’è motivo di pensare che anche le nostre società non si siano evolute da forme simili.
Che ruolo ha il sesso nelle società umane?
Negli umani l’evoluzione ha preso una via differente. I bonobo vivono il sesso in tutte le varianti possibili e lo praticano per piacere e per rafforzare i vincoli sociali. Nelle società umane invece le restrizioni sul sesso sono fortissime perché siamo circondati da moralità, religione e cultura. Con l’effetto che i legami familiari sono più stabili.
Ho letto che al ristorante lei siede sempre in posti che le permettono di osservare la gente che mangia...
(ride) Sì, io sono una sorta di osservatore che non smette mai di fare comparazioni tra i primati. Naturalmente ho cominciato prima a osservare gli umani.
Ha mai avuto una scimmia per amico?
Ricordo che quando sono tornato in Olanda nello zoo dove avevo lavorato la vecchia femmina Mama era così ecccitata dal rivedermi che ero commosso. Ma la mia migliore amica era una chiamata Kuif: lei non aveva abbastanza latte per alllattare i figli e così io le ho insegnato riempire il biberon e come allattare con questo. Purtroppo due anni fa è morta.
Luca Sciortino
Science writer
Panorama magazine editorial staff - Mondadori
Science division
L'evoluzione dei vertebrati terrestri riveduta e corretta
E' un fossile eccezionalmente ben conservato appartenente ad un pesce tetrapodomorfo, scoperto in una regione dell'Australia Occidentale, che obbliga a rivedere l'albero filogenetico dei primi vertebrati che conquistarono la terraferma.
Ha 380 milioni di anni e si chiama Gogonasus (e' stato infatti trovato nella Gogo Formation). Sebbene fossili di questa specie siano gia' stati ritrovati venti anni fa, questo nuovo reperto ha permesso uno studio filogenetico molto piu' accurato, in virtu' del suo eccezionale stato di conservazione. Il suo scheletro e' pressoche' completo, con un cranio che ospita nella parte superiore grandi spiracoli (cioe' aperture) per la respirazione, una struttura iomandibolare quasi orizzontale, nonche' pinne pettorali con omero, ulna e radio, particolare che lo avvicina molto a Tiktaalik, di cui si e' parlato di recente come il pesce che piu' assomiglia ai tetrapodi (tanto da guadagnarsi il soprannome di fishapod): l'evoluzione dei tetrapodi terrestri comincia quindi molto prima di quanto finora sostenuto, annuncia John Long del Museum Victoria di Melbourne dalle pagine di Nature , gia' scopritore dei primi esemplari di Gogonasus e anche del nuovo fossile.
La filogenesi riveduta e corretta proposta da Long vede ora Gogonasus sostituire Eusthenopteron come modello della transizione pesce-tetrapode. Gogonasus viveva in un ambiente marino dalle acque basse e povere di ossigeno, cosi' come Tiktaalik e il tetrapode Tulerperon: sembra che i primi tetrapodomorfi e tetrapodi fossero capaci di una notevole dispersione marina, e cio' spiegherebbe la loro rapida e ampia distribuzione globale, gia' nel tardo Devoniano.
Se le prossime ricerche confermeranno questi risultati, Gogonasus potrebbe essere non solo l'organismo che decreta la transizione da pesce a tetrapode e la conquista della terraferma da parte dei vertebrati, ma anche la prova che questa transizione e' avvenuta non nell'emisfero boreale, ma nel Gondwana, il massiccio continente che per buona parte del Paleozoico occupava l'emisfero meridionale della Terra, prima della formazione del supercontinente Pangea.
Paola Nardi
Ha 380 milioni di anni e si chiama Gogonasus (e' stato infatti trovato nella Gogo Formation). Sebbene fossili di questa specie siano gia' stati ritrovati venti anni fa, questo nuovo reperto ha permesso uno studio filogenetico molto piu' accurato, in virtu' del suo eccezionale stato di conservazione. Il suo scheletro e' pressoche' completo, con un cranio che ospita nella parte superiore grandi spiracoli (cioe' aperture) per la respirazione, una struttura iomandibolare quasi orizzontale, nonche' pinne pettorali con omero, ulna e radio, particolare che lo avvicina molto a Tiktaalik, di cui si e' parlato di recente come il pesce che piu' assomiglia ai tetrapodi (tanto da guadagnarsi il soprannome di fishapod): l'evoluzione dei tetrapodi terrestri comincia quindi molto prima di quanto finora sostenuto, annuncia John Long del Museum Victoria di Melbourne dalle pagine di Nature , gia' scopritore dei primi esemplari di Gogonasus e anche del nuovo fossile.
La filogenesi riveduta e corretta proposta da Long vede ora Gogonasus sostituire Eusthenopteron come modello della transizione pesce-tetrapode. Gogonasus viveva in un ambiente marino dalle acque basse e povere di ossigeno, cosi' come Tiktaalik e il tetrapode Tulerperon: sembra che i primi tetrapodomorfi e tetrapodi fossero capaci di una notevole dispersione marina, e cio' spiegherebbe la loro rapida e ampia distribuzione globale, gia' nel tardo Devoniano.
Se le prossime ricerche confermeranno questi risultati, Gogonasus potrebbe essere non solo l'organismo che decreta la transizione da pesce a tetrapode e la conquista della terraferma da parte dei vertebrati, ma anche la prova che questa transizione e' avvenuta non nell'emisfero boreale, ma nel Gondwana, il massiccio continente che per buona parte del Paleozoico occupava l'emisfero meridionale della Terra, prima della formazione del supercontinente Pangea.
Paola Nardi
Saturday, November 18, 2006
Premio Balzan 2006 a Meyerowitz e Somerville
Premio Balzan 2006 a Meyerowitz e Somerville
Segnalo i vincitori del Premio Balzan 2006, che nei giorni 23 e 24 novembre terranno a Roma brevi conferenze presso l’Università “La Sapienza” e riceveranno il premio dal Presidente della Repubblica Italiana in una cerimonia che si terrà ai Lincei, Roma.
In particolare Elliot M. Meyerowitz (USA), California Institute of Technology e Chris R. Somerville (Canada/USA), Carnegie Institution, per la Genetica molecolare delle piante.
E inoltre:
Ludwig Finscher (Germania), Università di Heidelberg, per la Storia della musica occidentale dal XVII secolo
Quentin Skinner (Regno Unito), Università di Cambridge, per il Pensiero politico: storia e filosofia
Andrew Lange (USA), California Institute of Technology, e Paolo de Bernardis (Italia), Università di Roma La Sapienza, per l’Astronomia e l'astrofisica osservative
Francesco Ranci
Fondazione Balzan: www.balzan.it
Segnalo i vincitori del Premio Balzan 2006, che nei giorni 23 e 24 novembre terranno a Roma brevi conferenze presso l’Università “La Sapienza” e riceveranno il premio dal Presidente della Repubblica Italiana in una cerimonia che si terrà ai Lincei, Roma.
In particolare Elliot M. Meyerowitz (USA), California Institute of Technology e Chris R. Somerville (Canada/USA), Carnegie Institution, per la Genetica molecolare delle piante.
E inoltre:
Ludwig Finscher (Germania), Università di Heidelberg, per la Storia della musica occidentale dal XVII secolo
Quentin Skinner (Regno Unito), Università di Cambridge, per il Pensiero politico: storia e filosofia
Andrew Lange (USA), California Institute of Technology, e Paolo de Bernardis (Italia), Università di Roma La Sapienza, per l’Astronomia e l'astrofisica osservative
Francesco Ranci
Fondazione Balzan: www.balzan.it
Le celebrazioni Darwiniane di un secolo fa: 1909
Le celebrazioni Darwiniane di un secolo fa: 1909
Manca poco al 200mo anniversario della nascita di Darwin (2009) e la teoria evolutiva gode ottima salute, a parte la fastidiosa interferenza del mondo religioso.
Quasi un secolo fa non era così. Gli anni a cavallo della fine Ottocento e del Novecento scontarono un lungo periodo che a ragione fu definito Eclissi del Darwinismo.
Richmond rivisita quel periodo rievocando le celebrazioni tenute a Cambridge, le idee che stavano per affacciarsi nel mondo scientifico che di lì a poco portarono alla completa affermazione della teoria moderna dell'evoluzione.
Il testo completo del saggio potete trovarlo presso il sito web della University of Chicago Press.
The 1909 Darwin celebration. Reexamining evolution in the light of Mendel, mutation, and meiosis.
Richmond ML. Department of Interdisciplinary Studies, College of Liberal Arts and Sciences, Wayne State University, Detroit, Michigan 48202, USA.
Isis. 2006 Sep;97(3):447-84.
Paolo Coccia
Manca poco al 200mo anniversario della nascita di Darwin (2009) e la teoria evolutiva gode ottima salute, a parte la fastidiosa interferenza del mondo religioso.
Quasi un secolo fa non era così. Gli anni a cavallo della fine Ottocento e del Novecento scontarono un lungo periodo che a ragione fu definito Eclissi del Darwinismo.
Richmond rivisita quel periodo rievocando le celebrazioni tenute a Cambridge, le idee che stavano per affacciarsi nel mondo scientifico che di lì a poco portarono alla completa affermazione della teoria moderna dell'evoluzione.
Il testo completo del saggio potete trovarlo presso il sito web della University of Chicago Press.
The 1909 Darwin celebration. Reexamining evolution in the light of Mendel, mutation, and meiosis.
Richmond ML. Department of Interdisciplinary Studies, College of Liberal Arts and Sciences, Wayne State University, Detroit, Michigan 48202, USA.
Isis. 2006 Sep;97(3):447-84.
Paolo Coccia
La storia della vita avrà la forma di un albero o di un cespuglio?
La storia della vita avrà la forma di un albero o di un cespuglio?
Segnalo questo articolo che esamina, alla luce delle sempre più abbondanti analisi genomiche, quali sono i migliori modelli di rappresentazione dell'evolversi della vita. Grazie alla Open Access Policy l'articolo è liberamente disponibile alla comunità scientifica e non.
Si tratta di Rokas A, Carroll SB (2006) Bushes in the tree of life. PLoS Biol 4(11): e352.
Il brano di Richard Dawkins riportato nell'introduzione sostiene che:
“… there is, after all, one true tree of life, the unique pattern of evolutionary branchings that actually happened. It exists. It is in principle knowable. We don't know it all yet. By 2050 we should – or if we do not, we shall have been defeated only at the terminal twigs, by the sheer number of species.”
Paolo Coccia
Segnalo questo articolo che esamina, alla luce delle sempre più abbondanti analisi genomiche, quali sono i migliori modelli di rappresentazione dell'evolversi della vita. Grazie alla Open Access Policy l'articolo è liberamente disponibile alla comunità scientifica e non.
Si tratta di Rokas A, Carroll SB (2006) Bushes in the tree of life. PLoS Biol 4(11): e352.
Il brano di Richard Dawkins riportato nell'introduzione sostiene che:
“… there is, after all, one true tree of life, the unique pattern of evolutionary branchings that actually happened. It exists. It is in principle knowable. We don't know it all yet. By 2050 we should – or if we do not, we shall have been defeated only at the terminal twigs, by the sheer number of species.”
Paolo Coccia
Riflessioni a più voci sul concetto di evoluzione culturale
Riflessioni a più voci sul concetto di evoluzione culturale
Il fascicolo di agosto (vol. 29, n. 4, 2006) della rivista Behavioral and Brain Sciences dedica il contenuto alla discussione sui fondamenti biologici della cultura umana e alla possibile traduzione delle leggi biologiche in invarianti sociali.
Nei testi che seguono vengono man mano enunciati e discussi concetti di difficile interpretazione, per mancanza di dati sperimentali e controversie interpretative. Le parole chiavi dell'argomento sono riportate:cultural anthropology; cultural evolution; cultural transmission; culture; evolution; evolutionary archaeology; evolutionary biology; gene-culture coevolution; memes; social learning.
Il fascicolo è strutturato con un articolo cui seguono i commenti, e così via.
Il primo articolo del fascicol è il seguente:
Towards a unified science of cultural evolution. Alex Mesoudi, Andrew Whiten and Kevin N. Laland
... e i commenti:
Culture evolves only if there is cultural inheritance. Robert Aunger
Vertical/compatible integration versus analogizing with biology. Jerome H. Barkow
Why we need memetics. Susan Blackmore
Analogies are powerful and dangerous things. Monique Borgerhoff Mulder, Richard McElreath and Kari Britt Schroeder
Evolutionary theory and the riddle of the universe. Denny Borsboom
It is not evolutionary models, but models in general that social science needs. Bruce Bridgeman Intelligent design in cultural evolution. Lee Cronk
A continuum of mindfulness. Daniel Dennett and Ryan McKay
Evolution is important but it is not simple: Defining cultural traits and incorporating complex evolutionary theory. Agustín Fuentes
The role of psychology in the study of culture. Daniel Kelly, Edouard Machery, Ron Mallon, Kelby Mason and Stephen P. Stich
Evolutionary social science beyond culture. Harold Kincaid
Cultural evolution is more than neurological evolution. Thorbjørn Knudsen and Geoffrey M. Hodgson
Cultural traits and cultural integration. R. Lee Lyman
A long way to understanding cultural evolution. Werner Mende and Kathleen Wermke Archaeology and cultural macroevolution. Michael J. O'Brien
Darwinian cultural evolution rivals genetic evolution. Mark Pagel
Cultural evolution is not equivalent to Darwinian evolution. Dwight W. Read
Evo-devo, modularity, and evolvability: Insights for cultural evolution. Simon M. Reader
A unified science of cultural evolution should incorporate choice. Barry Sopher The uses of ethnography in the science of cultural evolution. Jamshid Tehrani
Generative entrenchment and an evolutionary developmental biology for culture William C. Wimsatt
...e una risposta:
A science of culture: Clarifications and extensions. Alex Mesoudi, Andrew Whiten and Kevin N. Laland
Il secondo articolo di introduzione:
Resolving the paradox of common, harmful, heritable mental disorders: Which evolutionary genetic models work best? Matthew C. Keller and Geoffrey Miller
...e i commenti:
Praise for a critical perspective. David C. Airey and Richard C. Shelton
Genes for susceptibility to mental disorder are not mental disorder: Clarifying the target of evolutionary analysis and the role of the environment. Nicholas B. Allen and Paul B. T. Badcock The social environment compresses the diversity of genetic aberrations into the uniformity of schizophrenia manifestations. Ralf-Peter Behrendt
Evolutionary psychiatry is dead – Long liveth evolutionary psychopathology. Martin Brüne
The evolutionary genetics of personality: Does mutation load signal relationship load? David M. Buss
Finland's Galapagos: Founder effect, drift, and isolation in the inheritance of susceptibility alleles. Tom Campbell, Daria Osipova and Seppo Kähkönen
The natural selection of psychosis. Bernard Crespi
Why the adaptationist perspective must be considered: The example of morbid jealousy. Judith A. Easton, Lucas D. Schipper and Todd K. Shackelford
Mutations, developmental instability, and the Red Queen. Steven W. Gangestad and Ronald A. Yeo
Autism: Common, heritable, but not harmful. Morton Ann Gernsbacher, Michelle Dawson and Laurent Mottron
Heritable mental disorders: You can't choose your relatives, but it is they who may really count. Ester I. Klimkeit and John L. Bradshaw
Are common, harmful, heritable mental disorders common relative to other such non-mental disorders, and does their frequency require a special explanation? Oliver Mayo and Carolyn Leach
The romance of balancing selection versus the sober alternatives: Let the data rule. John J. McGrath
Reconciling the mutation-selection balance model with the schizotypy-creativity connection. Daniel Nettle
Mental disorders are not a homogeneous construct. Joseph Polimeni
Mental disorders, evolution, and inclusive fitness. Antonio Preti and Paola Miotto
Behavioural ecology as a basic science for evolutionary psychiatry. John S. Price
Bipolar disorder evolved as an adaptation to severe climate. Julia A. Sherman
Adaptationism and medicalization: The Scylla and Charybdis of Darwinian psychiatry. Alfonso Troisi
Population genetical musings on suicidal behavior as a common, harmful, heritable mental disorder. Martin Voracek
High mental disorder rates are based on invalid measures: Questions about the claimed ubiquity of mutation-induced dysfunction. Jerome C. Wakefield
Multiple timescales of evolution. Jonathan Williams
The evolution of evolutionary epidemiology: A defense of pluralistic epigenetic modes of transmission. Daniel R. Wilson
...e una risposta:
An evolutionary framework for mental disorders: Integrating adaptationist and evolutionary genetic models. Matthew C. Keller and Geoffrey Miller
Paolo Coccia
Il fascicolo di agosto (vol. 29, n. 4, 2006) della rivista Behavioral and Brain Sciences dedica il contenuto alla discussione sui fondamenti biologici della cultura umana e alla possibile traduzione delle leggi biologiche in invarianti sociali.
Nei testi che seguono vengono man mano enunciati e discussi concetti di difficile interpretazione, per mancanza di dati sperimentali e controversie interpretative. Le parole chiavi dell'argomento sono riportate:cultural anthropology; cultural evolution; cultural transmission; culture; evolution; evolutionary archaeology; evolutionary biology; gene-culture coevolution; memes; social learning.
Il fascicolo è strutturato con un articolo cui seguono i commenti, e così via.
Il primo articolo del fascicol è il seguente:
Towards a unified science of cultural evolution. Alex Mesoudi, Andrew Whiten and Kevin N. Laland
... e i commenti:
Culture evolves only if there is cultural inheritance. Robert Aunger
Vertical/compatible integration versus analogizing with biology. Jerome H. Barkow
Why we need memetics. Susan Blackmore
Analogies are powerful and dangerous things. Monique Borgerhoff Mulder, Richard McElreath and Kari Britt Schroeder
Evolutionary theory and the riddle of the universe. Denny Borsboom
It is not evolutionary models, but models in general that social science needs. Bruce Bridgeman Intelligent design in cultural evolution. Lee Cronk
A continuum of mindfulness. Daniel Dennett and Ryan McKay
Evolution is important but it is not simple: Defining cultural traits and incorporating complex evolutionary theory. Agustín Fuentes
The role of psychology in the study of culture. Daniel Kelly, Edouard Machery, Ron Mallon, Kelby Mason and Stephen P. Stich
Evolutionary social science beyond culture. Harold Kincaid
Cultural evolution is more than neurological evolution. Thorbjørn Knudsen and Geoffrey M. Hodgson
Cultural traits and cultural integration. R. Lee Lyman
A long way to understanding cultural evolution. Werner Mende and Kathleen Wermke Archaeology and cultural macroevolution. Michael J. O'Brien
Darwinian cultural evolution rivals genetic evolution. Mark Pagel
Cultural evolution is not equivalent to Darwinian evolution. Dwight W. Read
Evo-devo, modularity, and evolvability: Insights for cultural evolution. Simon M. Reader
A unified science of cultural evolution should incorporate choice. Barry Sopher The uses of ethnography in the science of cultural evolution. Jamshid Tehrani
Generative entrenchment and an evolutionary developmental biology for culture William C. Wimsatt
...e una risposta:
A science of culture: Clarifications and extensions. Alex Mesoudi, Andrew Whiten and Kevin N. Laland
Il secondo articolo di introduzione:
Resolving the paradox of common, harmful, heritable mental disorders: Which evolutionary genetic models work best? Matthew C. Keller and Geoffrey Miller
...e i commenti:
Praise for a critical perspective. David C. Airey and Richard C. Shelton
Genes for susceptibility to mental disorder are not mental disorder: Clarifying the target of evolutionary analysis and the role of the environment. Nicholas B. Allen and Paul B. T. Badcock The social environment compresses the diversity of genetic aberrations into the uniformity of schizophrenia manifestations. Ralf-Peter Behrendt
Evolutionary psychiatry is dead – Long liveth evolutionary psychopathology. Martin Brüne
The evolutionary genetics of personality: Does mutation load signal relationship load? David M. Buss
Finland's Galapagos: Founder effect, drift, and isolation in the inheritance of susceptibility alleles. Tom Campbell, Daria Osipova and Seppo Kähkönen
The natural selection of psychosis. Bernard Crespi
Why the adaptationist perspective must be considered: The example of morbid jealousy. Judith A. Easton, Lucas D. Schipper and Todd K. Shackelford
Mutations, developmental instability, and the Red Queen. Steven W. Gangestad and Ronald A. Yeo
Autism: Common, heritable, but not harmful. Morton Ann Gernsbacher, Michelle Dawson and Laurent Mottron
Heritable mental disorders: You can't choose your relatives, but it is they who may really count. Ester I. Klimkeit and John L. Bradshaw
Are common, harmful, heritable mental disorders common relative to other such non-mental disorders, and does their frequency require a special explanation? Oliver Mayo and Carolyn Leach
The romance of balancing selection versus the sober alternatives: Let the data rule. John J. McGrath
Reconciling the mutation-selection balance model with the schizotypy-creativity connection. Daniel Nettle
Mental disorders are not a homogeneous construct. Joseph Polimeni
Mental disorders, evolution, and inclusive fitness. Antonio Preti and Paola Miotto
Behavioural ecology as a basic science for evolutionary psychiatry. John S. Price
Bipolar disorder evolved as an adaptation to severe climate. Julia A. Sherman
Adaptationism and medicalization: The Scylla and Charybdis of Darwinian psychiatry. Alfonso Troisi
Population genetical musings on suicidal behavior as a common, harmful, heritable mental disorder. Martin Voracek
High mental disorder rates are based on invalid measures: Questions about the claimed ubiquity of mutation-induced dysfunction. Jerome C. Wakefield
Multiple timescales of evolution. Jonathan Williams
The evolution of evolutionary epidemiology: A defense of pluralistic epigenetic modes of transmission. Daniel R. Wilson
...e una risposta:
An evolutionary framework for mental disorders: Integrating adaptationist and evolutionary genetic models. Matthew C. Keller and Geoffrey Miller
Paolo Coccia
I geni dell'intelligenza dell'ape
I geni dell'intelligenza dell'ape
Insieme al recentissimo annuncio del sequenziamento completo del genoma di Apis mellifera, arriva la notizia dell'individuazione di numerosi neuropeptidi che controllano l'attivita' cerebrale di questa nostra preziosa amica.
Il complesso mondo sociale delle api richiede loro di recitare ruoli diversi in momenti differenti della loro vita, nonche' di compiere parecchie attivita' che richiedono capacita' cerebrali davvero rimarchevoli, come ad esempio interpretare il linguaggio della famosa "danza". E il tutto compiuto da un cervello delle dimensioni davvero ridotte, composto da un milione circa di neuroni. Jonathan Sweedler studia le api mellifere come modello di sociogenomica, una disciplina che vuole mettere in correlazione la biologia molecolare con la fisiologia e la neurochimica (e in ultima analisi il comportamento) degli animali a struttura sociale complessa. E' per questo che il primo obbiettivo del chimico e biotecnologo e' stato quello di individuare i neuropeptidi che influenzano l'attivita' cerebrale delle api: attraverso tecniche genetiche, bioinformatiche e di spettrometria di massa (per l'analisi chimica), Sweedler e alcuni collaboratori americani e belgi sono riusciti a ricavare la sequenza di oltre 200 peptidi che si presentano come potenziali candidati al ruolo di regolatori neuronali, riuscendo poi a confermare questo particolare ruolo per almeno un centinaio di essi.
Dalla struttura dei neuropeptidi e' stato poi possibile risalire a 36 geni che codificano per queste particolari proteine, dei quali 33 del tutto inediti: lo studio e l'importante scoperta sono stati pubblicati su un recente numero di Science. L'impresa e' notevole: i neuropeptidi sono difficili da collegare al gene che li esprime, in quanto spesso vanno incontro a profondi cambiamenti rispetto all'originale prodotto della traduzione dell'mRNA. Alcuni geni, inoltre, sono stati riconosciuti grazie alla notevole somiglianza con quelli di Drosophila melanogaster.
Il lavoro di Sweedler proseguira' con la ricerca di altri neuropeptidi e geni codificanti di Apis mellifera, nonche' con l'utilizzo delle sofisticate tecniche messe a punto per questa ricerca nell'analisi dei genomi di altri organismi, sempre alla caccia di neuropeptidi. E chissa' che non si possano ottenere presto ulteriori avanzamenti nello studio del ruolo dei neuropeptidi negli animali sociali superiori, tra cui Homo sapiens.
Paola Nardi
Insieme al recentissimo annuncio del sequenziamento completo del genoma di Apis mellifera, arriva la notizia dell'individuazione di numerosi neuropeptidi che controllano l'attivita' cerebrale di questa nostra preziosa amica.
Il complesso mondo sociale delle api richiede loro di recitare ruoli diversi in momenti differenti della loro vita, nonche' di compiere parecchie attivita' che richiedono capacita' cerebrali davvero rimarchevoli, come ad esempio interpretare il linguaggio della famosa "danza". E il tutto compiuto da un cervello delle dimensioni davvero ridotte, composto da un milione circa di neuroni. Jonathan Sweedler studia le api mellifere come modello di sociogenomica, una disciplina che vuole mettere in correlazione la biologia molecolare con la fisiologia e la neurochimica (e in ultima analisi il comportamento) degli animali a struttura sociale complessa. E' per questo che il primo obbiettivo del chimico e biotecnologo e' stato quello di individuare i neuropeptidi che influenzano l'attivita' cerebrale delle api: attraverso tecniche genetiche, bioinformatiche e di spettrometria di massa (per l'analisi chimica), Sweedler e alcuni collaboratori americani e belgi sono riusciti a ricavare la sequenza di oltre 200 peptidi che si presentano come potenziali candidati al ruolo di regolatori neuronali, riuscendo poi a confermare questo particolare ruolo per almeno un centinaio di essi.
Dalla struttura dei neuropeptidi e' stato poi possibile risalire a 36 geni che codificano per queste particolari proteine, dei quali 33 del tutto inediti: lo studio e l'importante scoperta sono stati pubblicati su un recente numero di Science. L'impresa e' notevole: i neuropeptidi sono difficili da collegare al gene che li esprime, in quanto spesso vanno incontro a profondi cambiamenti rispetto all'originale prodotto della traduzione dell'mRNA. Alcuni geni, inoltre, sono stati riconosciuti grazie alla notevole somiglianza con quelli di Drosophila melanogaster.
Il lavoro di Sweedler proseguira' con la ricerca di altri neuropeptidi e geni codificanti di Apis mellifera, nonche' con l'utilizzo delle sofisticate tecniche messe a punto per questa ricerca nell'analisi dei genomi di altri organismi, sempre alla caccia di neuropeptidi. E chissa' che non si possano ottenere presto ulteriori avanzamenti nello studio del ruolo dei neuropeptidi negli animali sociali superiori, tra cui Homo sapiens.
Paola Nardi
Minerale e organica: come scoprire l'origine della vita
Minerale e organica: come scoprire l'origine della vita
Come trovare il classico ago in un pagliaio: quali speciali combinazioni tra particolari superfici inorganiche e specifiche molecole organiche hanno condotto alla comparsa della vita?
Una delle ipotesi che trova oggi consensi sull'origine della vita suggerisce un ruolo importante da parte delle superfici di minerali inorganici nell'organizzazione e attivazione dei "mattoni" biologici essenziali alla comparsa della vita sulla Terra.
Secondo questa ipotesi, dopo la formazione di una vasta gamma di molecole organiche prebiotiche (sia nel brodo primordiale che per acquisizione dalle profondita' dello spazio), soltanto alcune di queste avrebbero costiuito il "set ottimale" che avrebbe effettivamente determinato l'origine della vita. Il set ottimale sarebbe stato concentrato e organizzato da opportune superfici inorganiche, messe a disposizione dai cristalli dei minerali presenti sulla Terra. Il limite sperimentale per la verifica di questo modello e' finora risieduto nell'ingentissimo numero di possibili combinazioni tra "stampo" inorganico e molecola organica. E' possibile identificare fra tutte quelle combinazioni che piu' verosimilmente hanno avuto luogo circa quattro miliardi di anni fa, quando si e' formata la prima cellula organizzata?
Secondo Robert Hazen, gia' presidente della Mineralogical Society of America e affermato geologo del Carnegie Institution's Geophysical Laboratory, la risposta a questa domanda e' positiva: il suo team di ricerca ha infatti messo a punto una serie di protocolli e procedure da applicare ad una tecnica mutuata dall'ormai famoso DNA microarray allo scopo di riuscire ad individuare rapidamente le possibili coppie superficie minerale/molecola organica. Al posto della ricerca dei geni attivati in una certa molecola di DNA, la tecnica e' stata utilizzata per sondare l'interazione tra ciascuna superficie minerale considerata e 96 diverse molecole organiche prebiotiche: gli autori stimano che la tecnica potra' essere applicata fino ad un milione di molecole organiche alla volta per ciascuna superficie minerale appositamente preparata. Con la tecnica del microarray diventa molto semplice e rapido preparare e sondare milioni di possibili combinazioni: l'analisi chimica delle superfici viene poi eseguita grazie ad una particolare spettrometria di massa denominata ToF-SIMS, che permette di valutare molto accuratamente il tipo e la natura del legame tra la sostanza organica effettivamente legata e la superficie minerale.
Hazen non e' nuovo ad esperimenti di questo tipo: qualche anno fa era riuscito a dimostrare con un elegante esperimento che l'acido aspartico di tipo L, uno dei venti amminoacidi che vanno a costruire tutte le proteine del mondo vivente, presenta attivita' ottica in quanto separato dall'identica molecola sua immagine speculare (di tipo D) in conseguenza dell'interazione con una superficie di calcite (carbonato di calcio) con una specifica orientazione (analoga al tipo L): separazioni di questo tipo sono fondamentali per lo sviluppo della vita, in quanto un tipo di molecola (il tipo L) e' presente nei viventi, mentre l'altra (di tipo D) e' completamente assente. Grande divulgatore scientifico, nonche' musicista professionista, Hazen proprio alla fine dello scorso anno ha pubblicato il suo ultimo libro dal titolo Genesis: The Scientific Quest for Life's Origins.
Potete leggere l'abstract del suo indirizzo alla Mineralogical Society sull'ultimo numero della rivista American Mineralogist: senz'altro un bell'esempio di ricerca interdisciplinare che coinvolge le scienze biologiche, geologiche e chimiche.
Paola Nardi
Come trovare il classico ago in un pagliaio: quali speciali combinazioni tra particolari superfici inorganiche e specifiche molecole organiche hanno condotto alla comparsa della vita?
Una delle ipotesi che trova oggi consensi sull'origine della vita suggerisce un ruolo importante da parte delle superfici di minerali inorganici nell'organizzazione e attivazione dei "mattoni" biologici essenziali alla comparsa della vita sulla Terra.
Secondo questa ipotesi, dopo la formazione di una vasta gamma di molecole organiche prebiotiche (sia nel brodo primordiale che per acquisizione dalle profondita' dello spazio), soltanto alcune di queste avrebbero costiuito il "set ottimale" che avrebbe effettivamente determinato l'origine della vita. Il set ottimale sarebbe stato concentrato e organizzato da opportune superfici inorganiche, messe a disposizione dai cristalli dei minerali presenti sulla Terra. Il limite sperimentale per la verifica di questo modello e' finora risieduto nell'ingentissimo numero di possibili combinazioni tra "stampo" inorganico e molecola organica. E' possibile identificare fra tutte quelle combinazioni che piu' verosimilmente hanno avuto luogo circa quattro miliardi di anni fa, quando si e' formata la prima cellula organizzata?
Secondo Robert Hazen, gia' presidente della Mineralogical Society of America e affermato geologo del Carnegie Institution's Geophysical Laboratory, la risposta a questa domanda e' positiva: il suo team di ricerca ha infatti messo a punto una serie di protocolli e procedure da applicare ad una tecnica mutuata dall'ormai famoso DNA microarray allo scopo di riuscire ad individuare rapidamente le possibili coppie superficie minerale/molecola organica. Al posto della ricerca dei geni attivati in una certa molecola di DNA, la tecnica e' stata utilizzata per sondare l'interazione tra ciascuna superficie minerale considerata e 96 diverse molecole organiche prebiotiche: gli autori stimano che la tecnica potra' essere applicata fino ad un milione di molecole organiche alla volta per ciascuna superficie minerale appositamente preparata. Con la tecnica del microarray diventa molto semplice e rapido preparare e sondare milioni di possibili combinazioni: l'analisi chimica delle superfici viene poi eseguita grazie ad una particolare spettrometria di massa denominata ToF-SIMS, che permette di valutare molto accuratamente il tipo e la natura del legame tra la sostanza organica effettivamente legata e la superficie minerale.
Hazen non e' nuovo ad esperimenti di questo tipo: qualche anno fa era riuscito a dimostrare con un elegante esperimento che l'acido aspartico di tipo L, uno dei venti amminoacidi che vanno a costruire tutte le proteine del mondo vivente, presenta attivita' ottica in quanto separato dall'identica molecola sua immagine speculare (di tipo D) in conseguenza dell'interazione con una superficie di calcite (carbonato di calcio) con una specifica orientazione (analoga al tipo L): separazioni di questo tipo sono fondamentali per lo sviluppo della vita, in quanto un tipo di molecola (il tipo L) e' presente nei viventi, mentre l'altra (di tipo D) e' completamente assente. Grande divulgatore scientifico, nonche' musicista professionista, Hazen proprio alla fine dello scorso anno ha pubblicato il suo ultimo libro dal titolo Genesis: The Scientific Quest for Life's Origins.
Potete leggere l'abstract del suo indirizzo alla Mineralogical Society sull'ultimo numero della rivista American Mineralogist: senz'altro un bell'esempio di ricerca interdisciplinare che coinvolge le scienze biologiche, geologiche e chimiche.
Paola Nardi
Scoperto un preadattamento biochimico nelle proteine G
Scoperto un preadattamento biochimico nelle proteine G
Un gruppo di ricercatori dell'Universita' di Toronto ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences uno studio compiuto utilizzando metodi statistici di Maximum Likelihood per ricostruire la sequenza di DNA ancestrale di un recettore della sottofamiglia C delle proteine di tipo G.
Le proteine di tipo G comprendono alcune delle piu' importanti proteine transmembrana presenti negli animali (come ad esempio le opsine, che sono un componente fondamentale della retina e permettono la visione nei vertebrati).
Un gruppo di ricercatori dell'Universita' di Toronto ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences uno studio compiuto utilizzando metodi statistici di Maximum Likelihood per ricostruire la sequenza di DNA ancestrale di un recettore della sottofamiglia C delle proteine di tipo G. Le proteine di tipo G comprendono alcune delle piu' importanti proteine transmembrana presenti negli animali (come ad esempio le opsine, che sono un componente fondamentale della retina e permettono la visione nei vertebrati).Il recettore ricostruito nello studio e' quello che avrebbe dato origine ai recettori attualmente coinvolti nel metabolismo del glutammato metabotropico, ovvero dei recettori associati alla neurotrasmissione. Lo studio indica che probabilmente questi recettori hanno avuto origine molto presto nell'evoluzione degli animali per scopi molto diversi da quelli attuali, ma data una predisposizione originale (o preadattamento) a funzionare come recettori per il glutammato, in seguito sono stati cooptati per un ruolo molto diverso dopo aver alterato solo pochi siti chiave nella sequenza di DNA codificante per il recettore.
Il glutammato e' un componente fondamentale del metabolismo cellulare, ed e' il piu' importante neurotrasmettitore eccitatorio nel sistema nervoso dei mammiferi. Il glutammato viene conservato in vescicole nelle sinapsi chimiche. Dopo essere stato rilasciato dalle cellule pre-sinaptiche in seguito a impulsi dei nervi, il glutammato si lega a specifici recettori, come i recettori NMDA, nelle cellule post-sinaptiche. Al momento si ritiene che l'acido glutammico, derivato dal glutammato sia coinvolto nelle funzioni cognitive del cervello, come la memoria e l'apprendimento. Lo studio di Kuang e colleghi e' l'ennesima dimostrazione di come strutture e cicli metabolici estremamente complessi, come il sistema dei recettori del glutammato fondamentale nel sistema nervoso dei mammiferi, possono spesso avere origine da strutture e cicli preesistenti richiedendo solo dei cambiamenti minimi nel DNA dei geni coinvolti.
Donghui Kuang, Yi Yao, David MacLean, Minghua Wang, David R. Hampson, and Belinda S. W. Chang. Ancestral reconstruction of the ligand-binding pocket of Family C G protein-coupled receptors. PNAS (2006) 103: 14050-14055
Francesco Santini
Un gruppo di ricercatori dell'Universita' di Toronto ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences uno studio compiuto utilizzando metodi statistici di Maximum Likelihood per ricostruire la sequenza di DNA ancestrale di un recettore della sottofamiglia C delle proteine di tipo G.
Le proteine di tipo G comprendono alcune delle piu' importanti proteine transmembrana presenti negli animali (come ad esempio le opsine, che sono un componente fondamentale della retina e permettono la visione nei vertebrati).
Un gruppo di ricercatori dell'Universita' di Toronto ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences uno studio compiuto utilizzando metodi statistici di Maximum Likelihood per ricostruire la sequenza di DNA ancestrale di un recettore della sottofamiglia C delle proteine di tipo G. Le proteine di tipo G comprendono alcune delle piu' importanti proteine transmembrana presenti negli animali (come ad esempio le opsine, che sono un componente fondamentale della retina e permettono la visione nei vertebrati).Il recettore ricostruito nello studio e' quello che avrebbe dato origine ai recettori attualmente coinvolti nel metabolismo del glutammato metabotropico, ovvero dei recettori associati alla neurotrasmissione. Lo studio indica che probabilmente questi recettori hanno avuto origine molto presto nell'evoluzione degli animali per scopi molto diversi da quelli attuali, ma data una predisposizione originale (o preadattamento) a funzionare come recettori per il glutammato, in seguito sono stati cooptati per un ruolo molto diverso dopo aver alterato solo pochi siti chiave nella sequenza di DNA codificante per il recettore.
Il glutammato e' un componente fondamentale del metabolismo cellulare, ed e' il piu' importante neurotrasmettitore eccitatorio nel sistema nervoso dei mammiferi. Il glutammato viene conservato in vescicole nelle sinapsi chimiche. Dopo essere stato rilasciato dalle cellule pre-sinaptiche in seguito a impulsi dei nervi, il glutammato si lega a specifici recettori, come i recettori NMDA, nelle cellule post-sinaptiche. Al momento si ritiene che l'acido glutammico, derivato dal glutammato sia coinvolto nelle funzioni cognitive del cervello, come la memoria e l'apprendimento. Lo studio di Kuang e colleghi e' l'ennesima dimostrazione di come strutture e cicli metabolici estremamente complessi, come il sistema dei recettori del glutammato fondamentale nel sistema nervoso dei mammiferi, possono spesso avere origine da strutture e cicli preesistenti richiedendo solo dei cambiamenti minimi nel DNA dei geni coinvolti.
Donghui Kuang, Yi Yao, David MacLean, Minghua Wang, David R. Hampson, and Belinda S. W. Chang. Ancestral reconstruction of the ligand-binding pocket of Family C G protein-coupled receptors. PNAS (2006) 103: 14050-14055
Francesco Santini
Contingenza e convergenza evolutiva
Contingenza e convergenza evolutiva
Il numero del 10 ottobre di Current Biology (volume 16, n. 19) contiene due brevi articoli scritti da Doug Erwin e Simon Conway Morris, due dei principali paleontologi viventi.
Evolutionary contingency. Pages R825-R826, Douglas H. Erwin
Evolutionary convergence. Pages R826-R827, Simon Conway Morris
Erwin discute il ruolo della contingency (o caso) riprendendo molti degli stessi argomenti utilizzati da Gould. I ricci di mare attuali possiedono due file di placche interambulacrali perche' discendono da poche specie - forse solo una - sopravvissute all'estinzione al termine del Permiano, durante la quale la maggior parte delle specie di echinodermi, morfologicamente molto piu' diversi di quelli attuali, si e' estinta. E' impossibile sapere se l'antenato dei ricci di mare attuali era piu' adattato o semplicemente piu' fortunato, e Erwin (come Gould prima di lui) si sforza di far notare che in molti casi la contingenza, e non la selezione adattativa, puo' avere un ruolo piu' importante nel determinare quale specie sopravvivera' o andra' estinta.
Conway Morris presenta invece una serie di esempi (dall'origine dell'occhio, a vari fenomeni biochimici e molecolari come la fotosintesi C4, o comportamentali, come la eusocialità, l'organizzazione sociale con caste riproduttive) per dimostrare il potere della selezione e degli adattamenti. Secondo Conway Morris la ubiquita' della convergenza dimostra che forme di vita intelligenti molto probabilmete possono esistere su altri piaeti, a differenza di quanto sostenuto da molto evoluzionisti neodarwinisti, che ritengono l'avvento dell'intelligenza umana come un "incidente storico" (per usare le parole di Conway Morris).
Francesco Santini
Il numero del 10 ottobre di Current Biology (volume 16, n. 19) contiene due brevi articoli scritti da Doug Erwin e Simon Conway Morris, due dei principali paleontologi viventi.
Evolutionary contingency. Pages R825-R826, Douglas H. Erwin
Evolutionary convergence. Pages R826-R827, Simon Conway Morris
Erwin discute il ruolo della contingency (o caso) riprendendo molti degli stessi argomenti utilizzati da Gould. I ricci di mare attuali possiedono due file di placche interambulacrali perche' discendono da poche specie - forse solo una - sopravvissute all'estinzione al termine del Permiano, durante la quale la maggior parte delle specie di echinodermi, morfologicamente molto piu' diversi di quelli attuali, si e' estinta. E' impossibile sapere se l'antenato dei ricci di mare attuali era piu' adattato o semplicemente piu' fortunato, e Erwin (come Gould prima di lui) si sforza di far notare che in molti casi la contingenza, e non la selezione adattativa, puo' avere un ruolo piu' importante nel determinare quale specie sopravvivera' o andra' estinta.
Conway Morris presenta invece una serie di esempi (dall'origine dell'occhio, a vari fenomeni biochimici e molecolari come la fotosintesi C4, o comportamentali, come la eusocialità, l'organizzazione sociale con caste riproduttive) per dimostrare il potere della selezione e degli adattamenti. Secondo Conway Morris la ubiquita' della convergenza dimostra che forme di vita intelligenti molto probabilmete possono esistere su altri piaeti, a differenza di quanto sostenuto da molto evoluzionisti neodarwinisti, che ritengono l'avvento dell'intelligenza umana come un "incidente storico" (per usare le parole di Conway Morris).
Francesco Santini
L'evoluzione degli organismi pluricellulari chiarita dalle amebe sociali
L'evoluzione degli organismi pluricellulari chiarita dalle amebe sociali
Completato l'albero filogenetico delle circa cento specie conosciute di amebe sociali.
La biologa evolutiva Sandie Baldauf, dell'Universita' di York e la biochimica Pauline Schaap, dell'Universita' di Dundee lo hanno recentemente riportato sulle pagine di Science, dando dettagliate informazioni molecolari sul gruppo Dictyostelia, che presenta una notevolissima diversificazione genetica. Questo albero filogenetico e' stato ottenuto confrontando le informazioni sulla forma della singola cellula e della struttura multicellulare che le singole specie di ameba assumono (talvolta aggregando fino a 100.000 cellule), con le caratteristiche genetiche ricavate dalla comparazione di geni altamente conservati. Contrariamente a quanto ritenuto finora, sulla sola base morfologica, si delineano quattro nuovi taxa del gruppo Dictyostelia, che vengono cosi' denominati: Parvisporidi, Eterostelidi, Rizostelidi e Dictiostelidi.
Le amebe sociali costituiscono un ottimo modello sperimentale per lo studio dei meccanismi di specializzazione, di sviluppo e di comunicazione tra singole cellule nella formazione di strutture multi-cellulari: la precisa ricostruzione del loro albero evolutivo permette ora di decifrare anche l'evoluzione di tali meccanismi. Secondo le due scienziate, le amebe sociali sono gli organismi unicellulari che piu' si avvicinano ad un animale: la comprensione del loro funzionamento, compreso il loro sviluppo, e della loro vicenda evolutiva portera' ad una migliore conoscenza dell'evoluzione delle forme pluricellulari.
Dall'analisi dell'albero evolutivo, le amebe sociali mostrano di avere avuto nel tempo una tendenza verso cellule piu' specializzate e verso strutture di maggiori dimensioni e complessita'.
Paola Nardi
Completato l'albero filogenetico delle circa cento specie conosciute di amebe sociali.
La biologa evolutiva Sandie Baldauf, dell'Universita' di York e la biochimica Pauline Schaap, dell'Universita' di Dundee lo hanno recentemente riportato sulle pagine di Science, dando dettagliate informazioni molecolari sul gruppo Dictyostelia, che presenta una notevolissima diversificazione genetica. Questo albero filogenetico e' stato ottenuto confrontando le informazioni sulla forma della singola cellula e della struttura multicellulare che le singole specie di ameba assumono (talvolta aggregando fino a 100.000 cellule), con le caratteristiche genetiche ricavate dalla comparazione di geni altamente conservati. Contrariamente a quanto ritenuto finora, sulla sola base morfologica, si delineano quattro nuovi taxa del gruppo Dictyostelia, che vengono cosi' denominati: Parvisporidi, Eterostelidi, Rizostelidi e Dictiostelidi.
Le amebe sociali costituiscono un ottimo modello sperimentale per lo studio dei meccanismi di specializzazione, di sviluppo e di comunicazione tra singole cellule nella formazione di strutture multi-cellulari: la precisa ricostruzione del loro albero evolutivo permette ora di decifrare anche l'evoluzione di tali meccanismi. Secondo le due scienziate, le amebe sociali sono gli organismi unicellulari che piu' si avvicinano ad un animale: la comprensione del loro funzionamento, compreso il loro sviluppo, e della loro vicenda evolutiva portera' ad una migliore conoscenza dell'evoluzione delle forme pluricellulari.
Dall'analisi dell'albero evolutivo, le amebe sociali mostrano di avere avuto nel tempo una tendenza verso cellule piu' specializzate e verso strutture di maggiori dimensioni e complessita'.
Paola Nardi
Chi sta con gli emù impara a .... camminare come i dinosauri!!!
Chi sta con gli emù impara a .... camminare come i dinosauri!!!
Migliaia di impronte lasciate 165 milioni di anni fa in Wyoming da alcuni dinosauri aiutano a svelare il segreto del loro modo di muoversi.
Ci troviamo al Red Gulch Dinosaur Tracksite, nel Wyoming settentrionale: le impronte corrispondono a teropodi carnivori (ad esempio il Carmelopodus) del Giurassico medio, della grandezza di un uomo e con una tipica andatura bipede.
Cosa ci raccontano le impronte? Se l'e' chiesto soprattutto Brent Breithaupt, curatore del Museo Geologico della University of Wyoming, e ha concluso che l'animale odierno che piu' si avvicina all'andatura di questi misteriosi dinosauri e' Dromaius novaehollandiae, l'emù. Gli emù, struzioniformi con caratteristiche anatomiche molto vicine a quelle degli antichi teropodi del Wyoming, inetti al volo e con zampe a tre dita, vivono protetti da severe leggi in Australia, a causa dell'elevato rischio di estinzione, ma si trovano anche in un comodo ranch del vicino stato del Colorado: essi si muovono con un caratteristico passo "danzato". Una caratteristica misteriosa del Red Gulch Dinosaur Tracksite consisteva in tracce in cui le posizioni delle zampe si "incrociavano": ebbene, gli emù hanno un comportamento molto simile, dove la zampa sinistra si incrocia con quella destra, a causa di una posizione sempre molto ravvicinata delle due zampe durante il movimento. Infine, gli emù mostrano di interrompere improvvisamente la loro andatura per osservare l'ambiente circostante: un comportamento esattamente identico lo si evince dalle tracce lasciate dai dinosauri di Red Gulch. Anche le domande sulle caratteristiche sociali dei teropodi del Giurassico hanno potuto trovare risposta: dal quadro globale delle tracce si evince che questi dinosauri si muovevano in gruppi non troppo numerosi costituiti da giovani e adulti, probabilmente appartenenti allo stesso nucleo familiare. Tutte le osservazioni sono state condotte e documentate attraverso tecniche di fotogrammetria, con sensibilita' nell'ordine del millimetro, completate poi da modellizzazioni al computer.
Breithaupt ha presentato il suo lavoro di ricerca al Meeting Annuale della Geological Society of America, con un seminario dal titolo: Where & when walking with emus: insights into dinosaur traking in the 21st century.
Paola Nardi
Migliaia di impronte lasciate 165 milioni di anni fa in Wyoming da alcuni dinosauri aiutano a svelare il segreto del loro modo di muoversi.
Ci troviamo al Red Gulch Dinosaur Tracksite, nel Wyoming settentrionale: le impronte corrispondono a teropodi carnivori (ad esempio il Carmelopodus) del Giurassico medio, della grandezza di un uomo e con una tipica andatura bipede.
Cosa ci raccontano le impronte? Se l'e' chiesto soprattutto Brent Breithaupt, curatore del Museo Geologico della University of Wyoming, e ha concluso che l'animale odierno che piu' si avvicina all'andatura di questi misteriosi dinosauri e' Dromaius novaehollandiae, l'emù. Gli emù, struzioniformi con caratteristiche anatomiche molto vicine a quelle degli antichi teropodi del Wyoming, inetti al volo e con zampe a tre dita, vivono protetti da severe leggi in Australia, a causa dell'elevato rischio di estinzione, ma si trovano anche in un comodo ranch del vicino stato del Colorado: essi si muovono con un caratteristico passo "danzato". Una caratteristica misteriosa del Red Gulch Dinosaur Tracksite consisteva in tracce in cui le posizioni delle zampe si "incrociavano": ebbene, gli emù hanno un comportamento molto simile, dove la zampa sinistra si incrocia con quella destra, a causa di una posizione sempre molto ravvicinata delle due zampe durante il movimento. Infine, gli emù mostrano di interrompere improvvisamente la loro andatura per osservare l'ambiente circostante: un comportamento esattamente identico lo si evince dalle tracce lasciate dai dinosauri di Red Gulch. Anche le domande sulle caratteristiche sociali dei teropodi del Giurassico hanno potuto trovare risposta: dal quadro globale delle tracce si evince che questi dinosauri si muovevano in gruppi non troppo numerosi costituiti da giovani e adulti, probabilmente appartenenti allo stesso nucleo familiare. Tutte le osservazioni sono state condotte e documentate attraverso tecniche di fotogrammetria, con sensibilita' nell'ordine del millimetro, completate poi da modellizzazioni al computer.
Breithaupt ha presentato il suo lavoro di ricerca al Meeting Annuale della Geological Society of America, con un seminario dal titolo: Where & when walking with emus: insights into dinosaur traking in the 21st century.
Paola Nardi
Ottimo articolo sul pluralismo definitorio in biologia
Ottimo articolo sul pluralismo definitorio in biologia
Si tratta di Against units in biology di John S. Wilkins, autore del noto Blog Evolving Thoughts.
Così recita la introduzione:
The living world, it seems to me, causes no end of trouble for those who would classify it. Its levels, ranks, hierarchies and units all seem to be clear enough, until we encounter troublesome cases. Then they get very troublesome indeed. So I want to say, there are no ranks or set units in biology a priori, and very few and limited, a posterori.
Un bell'articolo che riflette sulla visione pluralista della scienza e in particolare sull'evoluzione.
Paolo Coccia
Si tratta di Against units in biology di John S. Wilkins, autore del noto Blog Evolving Thoughts.
Così recita la introduzione:
The living world, it seems to me, causes no end of trouble for those who would classify it. Its levels, ranks, hierarchies and units all seem to be clear enough, until we encounter troublesome cases. Then they get very troublesome indeed. So I want to say, there are no ranks or set units in biology a priori, and very few and limited, a posterori.
Un bell'articolo che riflette sulla visione pluralista della scienza e in particolare sull'evoluzione.
Paolo Coccia
Un nuovo phylum nel regno animale
Un nuovo phylum nel regno animale
Le caratteristiche genetiche di un piccolo verme ciliato delle profondita' marine determinano la sua classificazione in un nuovo phylum.
Siamo in presenza di un fatto del tutto eccezionale, che fa emergere un nuovo gruppo evolutivo, e promette di chiarire i legami evolutivi dei cordati con i loro predecessori. Lo sostengono i quattordici scienziati di un consorzio americano ed europeo, impegnati in questa ricerca e guidati dallo zoologo e neurobiologo Leonid Moroz, della University of Florida.
Proprio in questi giorni Nature pubblica la nuova scoperta, determinata dallo studio approfondito di Xenoturbella bocki, un organismo ripescato dal Mar Baltico piu' di cinquant'anni fa. Le prime analisi genetiche avevano assegnato Xenoturbella al piu' noto phylum dei Molluschi, ma gia' qualche anno fa si era scoperto che l'assegnazione originale era sbagliata, e che l'inganno nasceva dalla stretta associazione del nuovo organismo con alcuni bivalvi e le loro uova, che ne costituiscono l'alimentazione principale. Questo lavoro, decisamente piu' approfondito, da' un responso ancora piu' eccitante: i numerosi geni ora sequenziati, compresi tutti quelli mitocondriali, non sembrano consentire una collocazione nella trentina di phyla ad oggi riconosciuti, e rendono necessaria l'assegnazione ad un nuovo phylum: Xenoturbella e' un buon candidato ad essere molto simile all'antenato di tutti i deuterostomi, e cioe' Echinodermi (come stelle marine e cetrioli di mare), Emicordati (animali vermiformi bentonici marini), che insieme costituiscono il superphylum degli Ambulacrari, e Cordati (come anfiossi, tunicati e vertebrati). Esso possiede infatti un'anatomia davvero elementare, che non prevede un sistema nervoso centrale, viscere e gonadi.
Di fatto Xenoturbella viene assegnato ad un nuovo phylum tra i deuterostomi viventi, quello degli Xenoturbellidi.
Paola Nardi
Le caratteristiche genetiche di un piccolo verme ciliato delle profondita' marine determinano la sua classificazione in un nuovo phylum.
Siamo in presenza di un fatto del tutto eccezionale, che fa emergere un nuovo gruppo evolutivo, e promette di chiarire i legami evolutivi dei cordati con i loro predecessori. Lo sostengono i quattordici scienziati di un consorzio americano ed europeo, impegnati in questa ricerca e guidati dallo zoologo e neurobiologo Leonid Moroz, della University of Florida.
Proprio in questi giorni Nature pubblica la nuova scoperta, determinata dallo studio approfondito di Xenoturbella bocki, un organismo ripescato dal Mar Baltico piu' di cinquant'anni fa. Le prime analisi genetiche avevano assegnato Xenoturbella al piu' noto phylum dei Molluschi, ma gia' qualche anno fa si era scoperto che l'assegnazione originale era sbagliata, e che l'inganno nasceva dalla stretta associazione del nuovo organismo con alcuni bivalvi e le loro uova, che ne costituiscono l'alimentazione principale. Questo lavoro, decisamente piu' approfondito, da' un responso ancora piu' eccitante: i numerosi geni ora sequenziati, compresi tutti quelli mitocondriali, non sembrano consentire una collocazione nella trentina di phyla ad oggi riconosciuti, e rendono necessaria l'assegnazione ad un nuovo phylum: Xenoturbella e' un buon candidato ad essere molto simile all'antenato di tutti i deuterostomi, e cioe' Echinodermi (come stelle marine e cetrioli di mare), Emicordati (animali vermiformi bentonici marini), che insieme costituiscono il superphylum degli Ambulacrari, e Cordati (come anfiossi, tunicati e vertebrati). Esso possiede infatti un'anatomia davvero elementare, che non prevede un sistema nervoso centrale, viscere e gonadi.
Di fatto Xenoturbella viene assegnato ad un nuovo phylum tra i deuterostomi viventi, quello degli Xenoturbellidi.
Paola Nardi
Acqua e radiazioni per cena
Acqua e radiazioni per cena
Una ricerca svela i segreti di una comunita' di batteri che vive tra le rocce a quasi tre chilometri di profondita' sotto la superficie terrestre!
Ci sono voluti gli sforzi di ben otto istituzioni per chiarire il singolare metabolismo di batteri che si sostentano con l'energia ricavata dai prodotti di decomposizione dell'acqua per azione dell'uranio radioattivo: lo ha recentemente annunciato la rivista Science. Lisa Pratt, che conduce ricerche di biogeochimica, spiega la sorprendente scoperta, che allarga i confini della biosfera comprendendo ora addirittura le profondita' della crosta terrestre: non e' il sole, con la sua energia, a permettere la vita in un simile habitat, bensi' l'energia nucleare che deriva dal decadimento dell'uranio contenuto nelle rocce.
La Pratt e il suo numeroso gruppo di ricerca hanno sondato le profondita' terrestri all'interno di una miniera aurifera sudafricana a Mponeng, nei dintorni di Johannesburg: dell'acqua risaliva da una frattura, con il suo carico di sostanze chimiche e batteri. Dal punto di vista chimico, l'analisi dei campioni raccolti ha evidenziato la presenza di idrogeno, formatosi dalla reazione di decomposizione dell'acqua promossa dall'energia liberata dai processi di fissione dell'uranio. L'analisi molecolare con la tecnica del microarray delle specie batteriche contenute nei campioni di acqua ha rivelato l'appartenenza alla divisione Firmicutes (batteri prevalentemente Gram positivi con parete cellulare) termofili riduttori dei solfati, separatisi dai loro "parenti" di superficie (ad esempio da Desulfotomaculum kuznetsovii) tra 3 e 25 milioni di anni fa. Essi sono autotrofi in grado di estrarre l'energia chimica dell'idrogeno che si forma dall'acqua irradiata e dei solfati che vengono prodotti geologicamente, producendo a loro volta dei sostanze che servono da cibo per altri microorganismi; un po' come gli autotrofi fotosintetici fanno in superficie. L'analisi evidenzia inoltre che questa e' una comunita' stabile, probabilmente "vecchia" di milioni di anni, infiltratasi nella frattura per effetto del trasporto da parte di acque meteoriche.
Ma le ricerche future di Lisa Pratt si spingono oltre il nostro pianeta: nel mettere a punto nuovi strumenti e tecniche analitiche per la ricerca della vita nelle profondita' della crosta terrestre, la Pratt spera di dedicarsi presto all'esplorazione del permafrost di Marte, e della vita potenzialmente intrappolata sul pianeta rosso.
Paola Nardi
Una ricerca svela i segreti di una comunita' di batteri che vive tra le rocce a quasi tre chilometri di profondita' sotto la superficie terrestre!
Ci sono voluti gli sforzi di ben otto istituzioni per chiarire il singolare metabolismo di batteri che si sostentano con l'energia ricavata dai prodotti di decomposizione dell'acqua per azione dell'uranio radioattivo: lo ha recentemente annunciato la rivista Science. Lisa Pratt, che conduce ricerche di biogeochimica, spiega la sorprendente scoperta, che allarga i confini della biosfera comprendendo ora addirittura le profondita' della crosta terrestre: non e' il sole, con la sua energia, a permettere la vita in un simile habitat, bensi' l'energia nucleare che deriva dal decadimento dell'uranio contenuto nelle rocce.
La Pratt e il suo numeroso gruppo di ricerca hanno sondato le profondita' terrestri all'interno di una miniera aurifera sudafricana a Mponeng, nei dintorni di Johannesburg: dell'acqua risaliva da una frattura, con il suo carico di sostanze chimiche e batteri. Dal punto di vista chimico, l'analisi dei campioni raccolti ha evidenziato la presenza di idrogeno, formatosi dalla reazione di decomposizione dell'acqua promossa dall'energia liberata dai processi di fissione dell'uranio. L'analisi molecolare con la tecnica del microarray delle specie batteriche contenute nei campioni di acqua ha rivelato l'appartenenza alla divisione Firmicutes (batteri prevalentemente Gram positivi con parete cellulare) termofili riduttori dei solfati, separatisi dai loro "parenti" di superficie (ad esempio da Desulfotomaculum kuznetsovii) tra 3 e 25 milioni di anni fa. Essi sono autotrofi in grado di estrarre l'energia chimica dell'idrogeno che si forma dall'acqua irradiata e dei solfati che vengono prodotti geologicamente, producendo a loro volta dei sostanze che servono da cibo per altri microorganismi; un po' come gli autotrofi fotosintetici fanno in superficie. L'analisi evidenzia inoltre che questa e' una comunita' stabile, probabilmente "vecchia" di milioni di anni, infiltratasi nella frattura per effetto del trasporto da parte di acque meteoriche.
Ma le ricerche future di Lisa Pratt si spingono oltre il nostro pianeta: nel mettere a punto nuovi strumenti e tecniche analitiche per la ricerca della vita nelle profondita' della crosta terrestre, la Pratt spera di dedicarsi presto all'esplorazione del permafrost di Marte, e della vita potenzialmente intrappolata sul pianeta rosso.
Paola Nardi
Disponibilita' di cibo ed evoluzione del cervello
Disponibilita' di cibo ed evoluzione del cervello
Piu' cibo c'e', piu' grande e' il cervello: lo dimostrano i nostri cugini orangutan del Borneo e di Sumatra!
Il Journal of Human Evolution pubblica online un articolo di Andrea Taylor e Carel van Schaik, rispettivamente della Duke University e dell'Universita' di Zurigo, nel quale si dimostra per la prima volta tra i primati una significativa connessione tra la quantita' di cibo disponibile e la microevoluzione della capacita' cranica. I due antropologi hanno comparato le caratteristiche dimensionali di quattro diverse popolazioni di organutan del Borneo e di Sumatra, concentrandosi in particolare sulla popolazione di Pongo pygmaeus morio del Borneo e quella di Pongo abelii che abita le foreste di Sumatra, decisamente piu' generose in quanto a disponibilita' di risorse. Ebbene, la relativa scarsita' di cibo delle foreste del Borneo nord-orientale ha comportato nel tempo l'affermarsi di una popolazione con dimensioni cerebrali nettamente inferiori, accompagnate anche da una diminuzione, seppure di minore entita', delle dimensioni corporee.
Perche' tutto cio'? E' noto che dal punto di vista metabolico il cervello e' un organo decisamente costoso da mantenere: quando l'energia disponibile diventa sempre piu' scarsa, un organismo deve "decidere" quale sia la migliore strategia per ottimizzare la spesa energetica, mantenendo intatte le funzioni fondamentali per la propria autoregolazione: secondo gli autori, che parlano di ipotesi del tessuto costoso, questi primati mostrano uno shift microevolutivo verso individui capaci di "rinunciare" ad una parte del proprio tessuto cerebrale, e di adattarsi ad una dieta decisamente piu' povera di calorie e di proteine. Studi precedenti di van Schaik avevano inoltre mostrato che i piu' piccoli Pongo pygmaeus morio si riproducono con maggior frequenza dedicando minori cure parentali ai cuccioli, e hanno una minore aspettativa di vita: con questo nuovo studio viene dunque proposta una correlazione tra capacita' cranica, cure parentali e aspettativa di vita: quando diminuisce la prima, il periodo di accudimento del cucciolo diminuisce (non c'e' piu' bisogno di "addestrare" un cervello complesso) e la anche la vita media decresce.
E' lo stesso meccanismo ecologico che ha guidato il rapido e formidabile sviluppo cerebrale della nostra specie?
Paola Nardi
Piu' cibo c'e', piu' grande e' il cervello: lo dimostrano i nostri cugini orangutan del Borneo e di Sumatra!
Il Journal of Human Evolution pubblica online un articolo di Andrea Taylor e Carel van Schaik, rispettivamente della Duke University e dell'Universita' di Zurigo, nel quale si dimostra per la prima volta tra i primati una significativa connessione tra la quantita' di cibo disponibile e la microevoluzione della capacita' cranica. I due antropologi hanno comparato le caratteristiche dimensionali di quattro diverse popolazioni di organutan del Borneo e di Sumatra, concentrandosi in particolare sulla popolazione di Pongo pygmaeus morio del Borneo e quella di Pongo abelii che abita le foreste di Sumatra, decisamente piu' generose in quanto a disponibilita' di risorse. Ebbene, la relativa scarsita' di cibo delle foreste del Borneo nord-orientale ha comportato nel tempo l'affermarsi di una popolazione con dimensioni cerebrali nettamente inferiori, accompagnate anche da una diminuzione, seppure di minore entita', delle dimensioni corporee.
Perche' tutto cio'? E' noto che dal punto di vista metabolico il cervello e' un organo decisamente costoso da mantenere: quando l'energia disponibile diventa sempre piu' scarsa, un organismo deve "decidere" quale sia la migliore strategia per ottimizzare la spesa energetica, mantenendo intatte le funzioni fondamentali per la propria autoregolazione: secondo gli autori, che parlano di ipotesi del tessuto costoso, questi primati mostrano uno shift microevolutivo verso individui capaci di "rinunciare" ad una parte del proprio tessuto cerebrale, e di adattarsi ad una dieta decisamente piu' povera di calorie e di proteine. Studi precedenti di van Schaik avevano inoltre mostrato che i piu' piccoli Pongo pygmaeus morio si riproducono con maggior frequenza dedicando minori cure parentali ai cuccioli, e hanno una minore aspettativa di vita: con questo nuovo studio viene dunque proposta una correlazione tra capacita' cranica, cure parentali e aspettativa di vita: quando diminuisce la prima, il periodo di accudimento del cucciolo diminuisce (non c'e' piu' bisogno di "addestrare" un cervello complesso) e la anche la vita media decresce.
E' lo stesso meccanismo ecologico che ha guidato il rapido e formidabile sviluppo cerebrale della nostra specie?
Paola Nardi
Prove di sistema immunitario negli anfiossi
Prove di sistema immunitario negli anfiossi
Ecco un altro importante tassello nella comprensione dell'evoluzione del sistema immunitario negli esseri viventi: scoperto l'anello mancante del moderno sistema immunitario dei vertebrati?
Ne sono convinti alcuni scienziati di due universita' della Florida, che studiano gli anfiossi (in particolare Branchiostoma floridae), piccoli cefalocordati, cioe' "quasi" vertebrati che affollano i fondali di Tampa Bay. David Ostrov e il suo collega Gary Litman hanno studiato questi organismi alla ricerca delle caratteristiche principali del loro sistema immunitario, particolarmente efficace, e hanno scoperto che anch'esso e' di tipo adattativo, come quello dei vertebrati, Homo sapiens compreso. E' la prima volta che questo si riscontra in organismi che precedono i vertebrati nell'albero evolutivo, e secondo gli autori e' davvero notevole riscontrare in essi le stesse complesse proteine (anticorpi) che costituiscono il nostro sistema immunitario. I due ricercatori sono convinti di aver trovato l'anello mancante che collega i piu' semplici sistemi immunitari ancestrali, di tipo innato, con quelli decisamente piu' complessi, di tipo adattativo, presenti nei vertebrati: in effetti il sistema di Branchiostoma floridae mantiene le caratteristiche di entrambi i tipi di sistema immunitario.
Lo studio di Ostrov e Litman, pubblicato recentemente su Nature Immunology, e' di fatto una dettagliata analisi cristallografica ai raggi X, ad altissima risoluzione, della struttura di una proteina del sistema immunitario dell'anfiosso, denominata VCBP3 (Variable region–containing Chitin-Binding Protein 3), dalla quale si ricavano con straordinaria accuratezza le interazioni a livello atomico che rendono la molecola cosi' stabile e funzionale: queste informazioni, oltre a rafforzare l'ipotesi evolutiva dei diversi sistemi immunitari proposta dagli autori, sono molto preziose, perche' potrebbero portare allo sviluppo di farmaci piu' efficaci di quelli attuali per aiutare il sistema immunitario di pazienti umani malati di cancro o di altre patologie immunodepressive.
Paola Nardi
Ecco un altro importante tassello nella comprensione dell'evoluzione del sistema immunitario negli esseri viventi: scoperto l'anello mancante del moderno sistema immunitario dei vertebrati?
Ne sono convinti alcuni scienziati di due universita' della Florida, che studiano gli anfiossi (in particolare Branchiostoma floridae), piccoli cefalocordati, cioe' "quasi" vertebrati che affollano i fondali di Tampa Bay. David Ostrov e il suo collega Gary Litman hanno studiato questi organismi alla ricerca delle caratteristiche principali del loro sistema immunitario, particolarmente efficace, e hanno scoperto che anch'esso e' di tipo adattativo, come quello dei vertebrati, Homo sapiens compreso. E' la prima volta che questo si riscontra in organismi che precedono i vertebrati nell'albero evolutivo, e secondo gli autori e' davvero notevole riscontrare in essi le stesse complesse proteine (anticorpi) che costituiscono il nostro sistema immunitario. I due ricercatori sono convinti di aver trovato l'anello mancante che collega i piu' semplici sistemi immunitari ancestrali, di tipo innato, con quelli decisamente piu' complessi, di tipo adattativo, presenti nei vertebrati: in effetti il sistema di Branchiostoma floridae mantiene le caratteristiche di entrambi i tipi di sistema immunitario.
Lo studio di Ostrov e Litman, pubblicato recentemente su Nature Immunology, e' di fatto una dettagliata analisi cristallografica ai raggi X, ad altissima risoluzione, della struttura di una proteina del sistema immunitario dell'anfiosso, denominata VCBP3 (Variable region–containing Chitin-Binding Protein 3), dalla quale si ricavano con straordinaria accuratezza le interazioni a livello atomico che rendono la molecola cosi' stabile e funzionale: queste informazioni, oltre a rafforzare l'ipotesi evolutiva dei diversi sistemi immunitari proposta dagli autori, sono molto preziose, perche' potrebbero portare allo sviluppo di farmaci piu' efficaci di quelli attuali per aiutare il sistema immunitario di pazienti umani malati di cancro o di altre patologie immunodepressive.
Paola Nardi
Thursday, November 02, 2006
La nuova versione di Pikaia è sul web
La nuova versione di Pikaia è sul web
All'indirizzo web http://www.pikaia.eu potete trovare, sfogliare, visitare, salvare tutti i messaggi che pubblico sul Blog e molti altri ancora.
Continuerò a pubblicare i post che qui troverete in ordine cronologico e che evidentemente è un modo molto comodo per restare informati con un certo criterio logico. Dovrete però perdonarmi se non riuscirò ad aggiornare il Blog con l'assiduità che assicuravo precedentemente.
Buona lettura delle ultime news e arrivederci su questo Blog e su Pikaia!!!!!!!!!!!
Paolo Coccia
All'indirizzo web http://www.pikaia.eu potete trovare, sfogliare, visitare, salvare tutti i messaggi che pubblico sul Blog e molti altri ancora.
Continuerò a pubblicare i post che qui troverete in ordine cronologico e che evidentemente è un modo molto comodo per restare informati con un certo criterio logico. Dovrete però perdonarmi se non riuscirò ad aggiornare il Blog con l'assiduità che assicuravo precedentemente.
Buona lettura delle ultime news e arrivederci su questo Blog e su Pikaia!!!!!!!!!!!
Paolo Coccia
The Millennium Assessment
The Millennium Assessment
E' disponibile liberamente questo fondamentale rapporto di Powledge, Fred. The Millennium Assessment pubblicato su BioScience, Volume 56, Number 11, November 2006, pp. 880-886. Esso riassume un più corposo documento che fa il punto sulla drammatica sitazione ambientale a livello planetario.
Dall'abstract riporto:Charged with describing the current state of the environment, scientists worldwide collaborated to produce the Millennium Ecosystem Assessment. In seven synthesis reports and other technical documents, the assessment summarizes the Earth’s present condition and the impacts humans have on critical ecosystem services.Lo scopo è ben chiarito nella introduzione:The purpose of a scientific assessment,” the authors explain, “is not to assume a decision-making role by actually selecting the most appropriate option, but rather to contribute to the decisionmakers’ understanding of the scientific underpinning and implications of various decisions.Il testo completo del rapporto potete poi scaricarlo presso il sito www.millenniumassessment.org
Paolo Coccia
E' disponibile liberamente questo fondamentale rapporto di Powledge, Fred. The Millennium Assessment pubblicato su BioScience, Volume 56, Number 11, November 2006, pp. 880-886. Esso riassume un più corposo documento che fa il punto sulla drammatica sitazione ambientale a livello planetario.
Dall'abstract riporto:Charged with describing the current state of the environment, scientists worldwide collaborated to produce the Millennium Ecosystem Assessment. In seven synthesis reports and other technical documents, the assessment summarizes the Earth’s present condition and the impacts humans have on critical ecosystem services.Lo scopo è ben chiarito nella introduzione:The purpose of a scientific assessment,” the authors explain, “is not to assume a decision-making role by actually selecting the most appropriate option, but rather to contribute to the decisionmakers’ understanding of the scientific underpinning and implications of various decisions.Il testo completo del rapporto potete poi scaricarlo presso il sito www.millenniumassessment.org
Paolo Coccia
Indagine sulla presenza di Dio
Indagine sulla presenza di Dio
Il 42% degli adulti americani non è “proprio certo” della presenza di Dio, il dato è in aumento, solo tre anni fa gli incerti erano il 34%.
Tra le varie religioni il 76%dei Protestanti, 64% dei cattolici e 30% degli ebrei hanno dichiarato di essere assolutamente certi della presenza di Dio. La ricerca ha messo in luce anche il sesso del Padre Eterno. Il 37% crede che Dio sia di sesso maschile circa la stessa percentuale non ha un’idea precisa e, solo il 10%, crede che Dio sia Femmina. Interrogati sulla natura umana del Signore circa il 40% ha dichiarato che potrebbe avere forma umana ma non lo è interamente. Sempre secondo l’indagine Dio non controllerebbe neanche ciò che succede sulla terra ma si limiterebbe ad osservare. Un buon 30 per cento è infatti convinto che sia il caso l’artefice di tutto.
Elena Gemma Brogi
Fonte dell’articolo
Il 42% degli adulti americani non è “proprio certo” della presenza di Dio, il dato è in aumento, solo tre anni fa gli incerti erano il 34%.
Tra le varie religioni il 76%dei Protestanti, 64% dei cattolici e 30% degli ebrei hanno dichiarato di essere assolutamente certi della presenza di Dio. La ricerca ha messo in luce anche il sesso del Padre Eterno. Il 37% crede che Dio sia di sesso maschile circa la stessa percentuale non ha un’idea precisa e, solo il 10%, crede che Dio sia Femmina. Interrogati sulla natura umana del Signore circa il 40% ha dichiarato che potrebbe avere forma umana ma non lo è interamente. Sempre secondo l’indagine Dio non controllerebbe neanche ciò che succede sulla terra ma si limiterebbe ad osservare. Un buon 30 per cento è infatti convinto che sia il caso l’artefice di tutto.
Elena Gemma Brogi
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Viaggio attraverso il tempo
Viaggio attraverso il tempo
Lo studio fotografico Frans Lanting ci offre un viaggio temporale (dalle origini dell'universo ad oggi attraverso 86 diapositive contenenti immagini del nostro pianeta: Life: A Journey Through Time.
Potete scorrere le immagini seguendo una linea immaginaria del tempo e accompagnati da un sottofondo struggente di musica composta per l'occasione. Fatevi trasportare dalle sensazioni ed emozioni suscitate dal tempo che scorre!
Paolo Coccia
Lo studio fotografico Frans Lanting ci offre un viaggio temporale (dalle origini dell'universo ad oggi attraverso 86 diapositive contenenti immagini del nostro pianeta: Life: A Journey Through Time.
Potete scorrere le immagini seguendo una linea immaginaria del tempo e accompagnati da un sottofondo struggente di musica composta per l'occasione. Fatevi trasportare dalle sensazioni ed emozioni suscitate dal tempo che scorre!
Paolo Coccia
Darwin saves the world!
Darwin saves the world!
Una striscia divertente sul grande vecchio che salva il mondo!!!!!
Si tratta dell'episodio Darwin, saves the world, in cui Darwin si scontra "dialetticamente" nientepopodimenochè con il "re del Wrestling" o un suo simile!!!!!!
Striscia ingenua ma non troppo!
Paolo Coccia
Una striscia divertente sul grande vecchio che salva il mondo!!!!!
Si tratta dell'episodio Darwin, saves the world, in cui Darwin si scontra "dialetticamente" nientepopodimenochè con il "re del Wrestling" o un suo simile!!!!!!
Striscia ingenua ma non troppo!
Paolo Coccia
Uno sguardo all'evoluzione delle strutture complesse: flagelli, fiori, piume.......
Uno sguardo all'evoluzione delle strutture complesse: flagelli, fiori, piume.......
Carl Zimmer, curatore del Blog The Loom e noto "science writer" ha scritto per il numero di Novembre del National Geographic (NG) questo pregevole articolo.
A Fin Is A Limb Is A Wing (per gentile concessione del NG il testo è completo).L'autore discute le ultime ricerche nel campo della complessità della vita riassumendo in poche righe le recenti conquiste dell'evo-devo. Presso il sito The Loom l'autore ha aggiunto i link per ulteriori approfondimenti.
Se poi visitate il suo sito web personale potete conoscere più da vicino l'autore e sfogliare numerosi suoi estratti da libri e articoli.
Paolo Coccia
Carl Zimmer, curatore del Blog The Loom e noto "science writer" ha scritto per il numero di Novembre del National Geographic (NG) questo pregevole articolo.
A Fin Is A Limb Is A Wing (per gentile concessione del NG il testo è completo).L'autore discute le ultime ricerche nel campo della complessità della vita riassumendo in poche righe le recenti conquiste dell'evo-devo. Presso il sito The Loom l'autore ha aggiunto i link per ulteriori approfondimenti.
Se poi visitate il suo sito web personale potete conoscere più da vicino l'autore e sfogliare numerosi suoi estratti da libri e articoli.
Paolo Coccia
Video e Audio Library della Royal Society di Londra
Video e Audio Library della Royal Society di Londra
Lista di Video dedicati alla scienza moderna presenti nella Video e Audio Library della Royal Society di Londra.
Ecco una mia selezione in ambito biologico:
Jared Diamond: how societies fail or survive
Stringer: Human origins
Julie Ahringer: Genes, worms and the new genetics
Iain Campbell: Structure of the living cell
Douwe Draaisma: Why life speeds up as you get older
Steve Jones: Why creationism is wrong and evolution is right
Eric Lander: Beyond the human genome project
Martin Nowak: Why we cooperate
Daniel Wolpert: How the brain controls the body
Visitate il sito, procuratevi un visualizzatore RealPlayer o Window Media Player e scegliete l'argomento preferito!
Paolo Coccia
Lista di Video dedicati alla scienza moderna presenti nella Video e Audio Library della Royal Society di Londra.
Ecco una mia selezione in ambito biologico:
Jared Diamond: how societies fail or survive
Stringer: Human origins
Julie Ahringer: Genes, worms and the new genetics
Iain Campbell: Structure of the living cell
Douwe Draaisma: Why life speeds up as you get older
Steve Jones: Why creationism is wrong and evolution is right
Eric Lander: Beyond the human genome project
Martin Nowak: Why we cooperate
Daniel Wolpert: How the brain controls the body
Visitate il sito, procuratevi un visualizzatore RealPlayer o Window Media Player e scegliete l'argomento preferito!
Paolo Coccia
Un colore di 350 milioni di anni fa
Un colore di 350 milioni di anni fa
350 milioni di anni. E' questa l'età della più antica molecola organica estratta da fossili di Crinoidi.
Sul numero odierno de Le scienze on line è comparsa la notizia del ritrovamento di un complesso di molecole organiche estratte da fossili di Crinoidi, risalenti a 350 milioni di anni fa.Christina O'Malley, dell'Università dell'Ohio, ha esposto la scoperta al congresso della Geological Society of America tenutosi a Philadelphia. Nell'abstract" presentato al convegno si legge che sono stati scoperti fossili di Crinoidi la cui particolare colorazione non è dovuta esclusivamente a pigmenti inorganici che si formano durante i processi di fossilizzazione, ma anche a pigmenti organici che erano già presenti negli organismi vivi.Alcune di queste molecole organiche sono state estratte dal gruppo di geologi dell'Ohio, di cui Christina O'Malley fa parte, e sono state analizzate. Le molecole analizzate nei Crinoidi fossili sarebbero pigmenti organici, che sono rimasti chimicamente stabili nel tempo geologico.Lo studio si è concentrato su molecole estratte da fossili di Crinoidi paleozoici e mesozoici. Il risultato è che l'abbondanza dei pigmenti è specie-specifica. Inoltre, alcuni composti sono stati rinvenuti nei Crinoidi mesozoici, mentre altri in quelli paleozoici.Per confermare l'idea che questo metodo possa essere utile anche nella ricostruzione filogenetica del gruppo, i ricercatori dell'Ohio hanno confrontato la classificazione basata sulla morfologia con quella che ne risulterebbe utilizzando i pigmenti fossili, ottenendo risultati incoraggianti.
Giulia Fontanesi
350 milioni di anni. E' questa l'età della più antica molecola organica estratta da fossili di Crinoidi.
Sul numero odierno de Le scienze on line è comparsa la notizia del ritrovamento di un complesso di molecole organiche estratte da fossili di Crinoidi, risalenti a 350 milioni di anni fa.Christina O'Malley, dell'Università dell'Ohio, ha esposto la scoperta al congresso della Geological Society of America tenutosi a Philadelphia. Nell'abstract" presentato al convegno si legge che sono stati scoperti fossili di Crinoidi la cui particolare colorazione non è dovuta esclusivamente a pigmenti inorganici che si formano durante i processi di fossilizzazione, ma anche a pigmenti organici che erano già presenti negli organismi vivi.Alcune di queste molecole organiche sono state estratte dal gruppo di geologi dell'Ohio, di cui Christina O'Malley fa parte, e sono state analizzate. Le molecole analizzate nei Crinoidi fossili sarebbero pigmenti organici, che sono rimasti chimicamente stabili nel tempo geologico.Lo studio si è concentrato su molecole estratte da fossili di Crinoidi paleozoici e mesozoici. Il risultato è che l'abbondanza dei pigmenti è specie-specifica. Inoltre, alcuni composti sono stati rinvenuti nei Crinoidi mesozoici, mentre altri in quelli paleozoici.Per confermare l'idea che questo metodo possa essere utile anche nella ricostruzione filogenetica del gruppo, i ricercatori dell'Ohio hanno confrontato la classificazione basata sulla morfologia con quella che ne risulterebbe utilizzando i pigmenti fossili, ottenendo risultati incoraggianti.
Giulia Fontanesi
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