Saturday, January 26, 2008

Hopeful monsters

Prosegue sul New York Times in blog dell'evoluzionista inglese Olivia Judson. Questa settimana Judson rivaluta l'idea degli hopeful monsters (o mostri speranzosi) del genetista Richard Goldschmidt.

Negli anni 30, insoddisfatto delle spiegazioni sulla origine di nuovi tratti morfologici fornite dalla sintesi moderna, che favoriva ipotesi basate sul lento accumulo di mutazioni con piccoli effetti fenotipici, Goldschidt avanzo' l'ipotesi che nuovi tratti morfologici potessero originare rapidamente attraverso macromutazioni (spesso causate da riarrangiamenti cromosomici e/o da mutazioni avvenute durante lo sviluppo). Secondo Goldschmidt la maggior parte di queste mutazioni avrebbe portato rapidamente alla morte degli organismi "mostruosi", ma una piccola percentuale dei mutanti si sarebbe trovata ad essere piu' adattata al proprio ambiente dei suoi conspecifici, e il fortunato mutante in quel caso diverrebbe il fondatore di una nuova linea filogenetica. Le idee di Goldschmidt non furono mai accettate dai suoi colleghi, e per decenni il suo nome e' stato accuratamente evitato da quasi tutti i principali teorici dell'evoluzione (Steven J. Gould fu una delle poche eccezioni). Negli ultimi anni progressi in discipline come genetica dello sviluppo ed epigenetica (che indicano quali meccanismi regolano l'origine di tratti fenotipici) hanno portato molti a rivalutare alcune delle idee di Goldschidt.

L'articolo di Judson puo' essere letto presso il suo sito web e fornisce una breve ma ottima lista di referenze bibliografiche.

Chi fosse interessato a saperne di piu' su Goldschidt e sulla riscoperta delle sue idee puo' anche consultare i seguenti articoli:
American Zoologist Volume 40, Issue 5 (October 2000) pp. 738-747
From Hopeful Monsters to Homeotic Effects: Richard Goldschmidt's Integration of Development, Evolution, and Genetics
Michael R. Dietrich
Richard Goldschmidt's research on homeotic mutants from 1940 until his death in 1958 represents one of the first serious efforts to integrate genetics, development, and evolution. Using two different models, Goldschmidt tried to show how different views of genetic structure and gene action could provide a mechanism for rapid speciation. Developmental systems were emphasized in one model and a hierarchy of genetic structures in the other. While Goldschmidt tried to find a balance between development and genetics, critics, such as Sewall Wright, urged him and eventually helped him incorporate population dynamics into his models as well. As such, the history of Goldschmidt's research on homeotic mutants highlights the continuing challenge of producing a balanced and integrated developmental evolutionary genetics.
Genome 46(6): 963-967 (2003)
Epigenetics and the renaissance of heresy
Susannah Varmuza
Classic neo-Darwinian theory is predicated on the notion that all heritable phenotypic change is mediated by alterations of the DNA sequence in genomes. However, evidence is accumulating that stably heritable phenotypes can also have an epigenetic basis, lending support to the long-discarded notion of inheritance of acquired traits. As many of the examples of epigenetic inheritance are mediated by position effects, the possibility exists that chromosome rearrangements may be one of the driving forces behind evolutionary change by exerting position effect alterations in gene activity, an idea articulated by Richard Goldschmidt. The emerging evidence suggests that Goldschmidt's controversial hypothesis deserves a serious reevaluation.
Genome 46: 968-972 (2003)
Comment on "Epigenetics and the renaissance of heresy"
Rama S. Singh
Lamarckian inheritance (i.e., inheritance of acquired character) and Richard Golschmidt´s concept of "systemic mutations" and their role in macroevolution have been two of the most controversial topics in the history of evolutionary biology. The concept of Lamarckian inheritance was put to rest first by Weismann´s germplasm theory and experiment and later by the discovery of Mendelian inheritance. Goldschmidt´s theory of macroevolution by systemic mutations was put to rest by the discovery of DNA´s structure and subsequent demonstration showing allelic variation as the basis for genetic and phenotypic differences observed among organisms. Some authors are using recent demonstrations of epigenetic inheritance in higher organisms to support Lamarckian inheritance and Golschmidt´s theory of macroevolution by systemic mutations. In this paper, I show that the recent discoveries related to mutations, such as the so called "directed" mutations in bacteria, and epigenetic inheritance in higher organisms are basically an extension of the notion of "mutation" and thus of the concept of "heritable variation" required for evolution. While the new discoveries of the laws of developmental transformations are enriching our knowledge of the intricate relationship between genotype and phenotype, the findings of epigenetic inheritance do not challenge the basic tenets of the neo-Darwinian theory of evolution, as other than producing new variation no new processes of evolutionary change have been added to the ones we already know - mutation, migration, selection, and drift.
Genome 46: 973 (2003)
Reply to the comment by R.S. Singh on "Rehabilitation of Lamarck and Goldschmidt or renaissance of heresy?"
Susannah Varmuza

Francesco Santini

Cambiano i predatori, si modificano i comportamenti

Il rilassamento delle pressioni selettive comporta notevoli modifiche comportamentali: ecco un esempio studiato su una specie di scimmia asiatica.

Molte specie di primati, quando riconoscono il pericolo rappresentato da un predatore, emettono rumorosi richiami di allarme e si danno alla fuga immediata. Una condizione necessaria perchè si verifichi questo comportamento è che la specie in questione riconosca il potenziale predatore come tale.

Il rinopiteco di Pagai (Simias concolor), ad esempio, non risponde mettendo in atto comportamenti antipredatori quando sente i ruggiti di alcuni grandi felini, che scatenerebbero il panico di altre specie affini. Alcuni ricercatori del German Primate Center di Göttingen hanno proposto a diversi gruppi di rinopiteco, mentre si trovavano in fase di foraggiamento sugli alberi, richiami e ruggiti sia di tigri che di leopardi, senza che nessun individuo scappasse o emettesse richiamo d'allarme. Al contrario, al suono della voce umana nella lingua locale, le scimmie si dileguavano in meno di un secondo!

La spiegazione di un tale comportamento è semplice: i grandi felini, come tigri e leopardi, non abitano nelle foreste delle isole Mentawai, unico luogo che ormai protegge i rinopiteci di Pagai, da circa mezzo milione di anni, mentre le popolazioni umane locali sono solite cacciare queste scimmie per scopi alimentari. La pressione selettiva che provocava il comportamento antipredatorio è passata dunque dalle zanne dei felini alle mani degli uomini.

Questa ricerca, pubblicata sulla rivista Ethology, esemplifica bene come possono cambiare i comportamenti degli animali quando le pressioni selettive si modificano.

Andrea Romano

Trends in Ecology & Evolution. Ultimo fascicolo

L'ultimo numero di Trends in Ecology & Evolution, Volume 23, Issue 1, Pages 1-52, (January 2008) pubblica diversi articoli sulla genetica dell'adattamento, e sulla variabilita' genetica criptica che esiste in molti organismi.

Ecco i più significativi:
Convergence and parallelism reconsidered: what have we learned about the genetics of adaptation scritto da Jeff Arendt e David Reznick
Evolutionary potential of hidden genetic variation di Arnaud Le Rouzic e Örjan Carlborg
Adaptation from standing genetic variation di Rowan D.H. Barrett e Dolph Schluter

Il link alla rivista e' http://www.sciencedirect.com/science/journal/01695347

Francesco Santini

Reazione a catena nella savana

Impedendo l'accesso ai grandi erbivori in determinate zone di savana africana, uno studio ha verificato gli effetti della loro assenza sulla dinamica di popolazione di altre specie: quattro specie di formiche e una di acacia subiscono un significativo declino. Un bell'esempio di come siano intricati e delicati gli equilibri ecologici in natura.

Negli ecosistemi naturali la sopravvivenza di una specie è fortemente condizionata da un insieme di intricate relazioni che ne coinvolgono altre. L'influenza di queste interazioni tra specie ha da sempre affascinato gli scienziati, tuttavia gli studi sperimentali di ampia portata in questo campo sono stati un numero esiguo data la difficoltà che si incontra in natura nel modificare alcune condizioni, lasciandone altre inalterate.

Un interessante studio, che si è meritato la prima pagina della rivista Science, ha portato solide prove sperimentali di come le interazioni tra specie possano condizionare in maniera decisiva il benessere e la sopravvivenza di altre e del modo in cui si possono modificare gli equilibri ecologici in natura, intervenendo esclusivamente su un unico livello della catena trofica.

La ricerca, condotta da un gruppo di biologi capeggiati da T.Palmer della University of Florida, è consistita nella simulazione di estinzioni sperimentali attraverso recinzioni di grossi plot di savana africana, che escludevano così i grandi erbivori. In questo modo si sono potuti verificare gli effetti del rilassamento della pressione selettiva esercitata dal pascolo di questi erbivori sulla relazione mutualistica tra alcune specie formiche e una di acacia (Acacia drepanolobium). Tale relazione, i cui vantaggi reciproci sono ben noti (protezione della pianta dai parassiti e fornitura di cibo e rifugi alle formiche), si supponeva fosse stabilizzata dall'intervento del pascolo dei grandi erbivori, ma una verifica sperimentale di questa relazione mancava.

I risultati indicano il declino significativo delle colonie appartenenti a quattro specie di formiche, quelle stesse specie che si nutrono di una sostanza zuccherina prodotta dall'acacia in seguito al consumo delle foglie da parte degli erbivori. Venendo meno questi animali anche la fonte di cibo scarseggiava, con conseguenze negative sulle popolazioni di formiche che vivevano all'interno delle recinzioni. Al contrario, questo declino ha favorito altre specie affini che, diminuendo la competizione per le risorse, hanno proliferato. Tuttavia le specie favorite dall'assenza dei grandi erbivori si sono dimostrate meno efficaci nella difesa delle acacie dai parassiti rispetto a quelle che hanno visto diminuire il loro numero, comportando una significativa riduzione della crescita e della sopravvivenza anche di queste piante.

Oltre ad aver fornito importanti informazioni sulle relazioni che intercorrono tra le specie e sulla rilevanza che queste giocano nei delicati equilibri ecologici che regolano le comunità naturali, questo studio potrà avere rilevanti ripercussioni in campo conservazionistico. Infatti, mette in guardia riguardo le possibili conseguenze negative che possono verificarsi in seguito a sconsiderati interventi umani, capaci di innestare una reazione a catena in grado di debilitare un intero ecosistema.

Andrea Bonisoli e Andrea Romano

L'evoluzione ritorni a scuola

Sul Corriere della Sera di sabato 19 gennaio è stato pubblicato un interessante articolo del nostro direttore Telmo Pievani riguardo un documento presentato dall'Accademia Nazionale dei Lincei, dove si sottolinea che, nonostante le continue conquiste della biologia evoluzionistica, della genomica e della paleontologia, l'insegnamento dell'evoluzione nelle scuole italiane è piuttosto scarso.

I membri della commissione che ha stilato il documento si dichiarano piuttosto preoccupati dai continui attacchi alla teoria darwiniana da parte dei non esperti, che potrebbero influenzare le opinioni dei giovani non supportati da un corretto insegnamento scientifico.

Da qui potete leggere l'intero articolo.

Andrea Romano

La chiave del successo delle piante? Gli insetti impollinatori

Uno studio fornisce evidenze sperimentali sull'ipotesi, comunemente accettata ma mai provata, che furono gli insetti impollinatori a giocare un ruolo di primo piano nella rapida ed imponente radiazione adattativa che vide come protagoniste le piante a fiore.

Le piante che producono fiori (Angiospermae) sono comparse sulla terra circa 125 milioni di anni fa (si veda "Un'esplosione di fiori" del 2-12-2007) e in pochi milioni di anni si sono differenziati i principali otto gruppi. Successivamente si verificò un'esplosione che, grazie all'incremento esponenziale del numero di specie, consentì loro di colonizzare le terre emerse.

Secondo un recente studio pubblicato su PNAS, uno dei meccanismi chiave che avrebbe favorito questa imponente radiazione adattativa andrebbe ricercato nella coevoluzione tra le piante a fiore e gli impollinatori. Con alcune eccezioni, come piccoli uccelli e pipistrelli nettarivori, gli animali impollinatori sono costituiti quasi esclusivamente dagli insetti pronubi. In alcuni casi il processo di coevoluzione ha raggiunto livelli di specializzazione tali da rendere le due specie indispensabili l'una per l'altra, a tal punto che, nel caso dell'estinzione della prima avverrà inevitabilmente anche quella della seconda. Esempi di questo tipo sono le orchidee del genere Ophrys che riproducono le sembianze di una vespa femmina, completa di occhi, antenne e ali, inducendo il maschio, che "crede" di accoppiarsi, ad impollinare il fiore e quello dell'orchidea del Madagascar Angraecum sesquipedale, che porta uno sperone di 30 cm, tale da essere impollinato esclusivamente da una falena, la Xanthopan morgani praedicta, dotata di una spiritromba della medesima lunghezza.
Ma quando comparve questo rapporto mutualistico, a volte così indispensabile per entrambi i contraenti? E quanto influì sulla diffusione a livello globale delle piante a fiore? Un gruppo di ricercatori della University of Florida e della Indiana University Southeast ritiene che la sua origine sia databile almeno 96 milioni di anni fa e che il processo coevolutivo che ha coinvolto piante e insetti abbia giocato un ruolo determinante nell'evoluzione delle angiosperme.

Sulla base di un'analisi della struttura del polline fossilizzato, i ricercatori hanno potuto concludere che al momento dell'esplosione delle piante a fiore il meccanismo di impollinazione più diffuso era già quello zoofilo. I granuli di polline che vengono dispersi per mezzo degli insetti sono infatti di grosse dimensioni, presentano una superficie ruvida per favorire l'adesione all'animale e si trovano uniti in gruppi di numerosità variabile (da 5 a 100 granuli). Quelli che vengono trasferiti da una pianta all'altra dal vento (impollinazione anemocora), invece, tendono ad essere singoli, più piccoli e lisci.

I risultati indicano che circa il 76% dei pollini ritrovati nei giacimenti fossiliferi dell'inizio del tardo Cretaceo (circa 100 milioni di anni fa) analizzati presentano le tipiche caratteristiche della prima tipologia, contro solo il 26% della seconda. La spiegazione più parsimoniosa per interpretare questi risultati sarebbe, secondo i ricercatori, che la dispersione per mezzo di insetti sia stata la condizione ancestrale, la cui evoluzione anticipa di poco l'enorme radiazione adattativa che ha portato le piante a dominare le terre emerse di tutto il mondo.

Questi dati sono stati completati con analisi parallele che hanno preso in considerazione la struttura, la forma e le dimensioni degli stami, gli organi del fiore deputati al rilascio del polline che entrano in contatto con gli insetti, e gli apparati buccali degli impollinatori, verificando anche un buon livello di specializzazione (circa il 27% del totale) già 100 milioni di anni fa.

Andrea Romano

La competizione tra parassiti

In un recente studio è emerso come le dinamiche di popolazione che interessano le specie animali che vivono in uno stesso ambiente siano le stesse che regolano le infezioni multiple di un ospite da parte di più parassiti.

Una nuova ricerca pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences evidenzia le forti analogie tra quanto accade nel mondo animale e in quello dei parassiti: gli stessi principi ecologici che regolano le interazioni tra animali a causa della competizione per il cibo e per diminuire il rischio di essere predati, agiscono anche quando più parassiti sono presenti all'interno del corpo di un ospite.

Il paragone tra i fattori che intervengono sulle comunità animali e quelli che agiscono sulle comunità che infestano l'ospite è evidente: anche i parassiti possono competere tra loro per le sostanze nutrienti dell'ospite (in modo analogo a quanto fanno gli animali per accedere a determinate risorse alimentari) e possono adottare diverse soluzioni nei confronti del sistema immunitario dell'ospite (paragonabile ai predatori del regno animale).

Nello studio sono stati analizzati diversi casi di animali infettati contemporaneamente da più parassiti e questa teoria ha trovato conferme. Per esempio, se un ospite è infestato da un verme che per nutrirsi riduce le sostanze nutritive di cui un altro parassita ha bisogno per sopravvivere, quest'ultimo sarà svantaggiato da questa interazione competitiva, in modo del tutto analogo a quanto può accadere nel regno animale quando due specie competono tra loro per una risorsa limitante. Può accadere anche il contrario, laddove un parassita debilita il sistema immunitario dell'ospite comportando un potenziale vantaggio per un secondo, che potrebbe così penetrare e insediarsi nel corpo dell'ospite senza difficoltà.

Questa scoperta è, a detta del Dr. Graham dell'Università di Edimburgo che ha svolto la ricerca, di fondamentale importanza per combattere i parassiti che infestano non solo gli altri animali ma anche l'uomo. Le infezioni multiple potrebbero essere studiate, controllate e combattute usando un approccio di tipo ecologico, che tenga conto non solo del singolo parassita ma anche dell'ambiente in cui si trova, nel quale deve competere per potersi affermare. Per esempio, alcuni farmaci che intervengono su un parassita potrebbero così eliminare un competitore di un altro più virulento, che si troverà nelle condizioni adatte per proliferare, con conseguenze negative per la salute.

Si dimostra dunque l'importanza di un approccio ecologico nella cura di malattie infettive e la necessità di una sempre maggiore interdisciplinarietà tra biologia e medicina.

Federico Ossi

Darwin in Italia

Man mano che si avvicina l'anniversario della nascita di Charles Darwin, il 12-02-1809, in Italia si moltiplicano gli eventi commemorativi in onore del grande naturalista inglese. Ecco alcuni interessanti appuntamenti.

Morbegno (SO) - Aula Magna Scuole Ambrosetti Sabato 16 febbraio, ore 20:30 "Le nostre radici africane: DNA antico ed evoluzione umana" prof. David Caramelli Antropologo molecolare, Università di Firenze La locandina è scaricabile dal sito Tellusfolio.it

Vado Ligure (SV) - Sala Culturale COOP di Vado Giovedì 14 febbraio, ore 17:10 "Evoluzione mediante selezione naturale"

Per informazioni consultare il blog Darwin UniSabazia

Il programma del Darwin Day 2008 di Milano

E' finalmente disponibile e scaricabile il programma del Darwin Day 2008 di Milano: "La Natura Addomesticata". L'evento, giunto alla sua quinta edizione, è organizzato dal Museo Civico di Storia Naturale di Milano e dall'Associazione Didattica Museale di Milano e si svolgerà tra il 12 e il 17 febbraio in numerose sedi dislocate in tutta la Lombardia.

Giunto alla sua quinta edizione il Darwin Day di Milano è diventato a pieno titolo un atteso appuntamento annuale della vita culturale della città e, grazie al coinvolgimento di un numero crescente di altre sedi in Lombardia, si consolida come la più importante iniziativa regionale dedicata all’evoluzione. Come ogni anno i protagonisti del dibattito evoluzionistico internazionale si confronteranno fra loro e con il pubblico. In vista delle celebrazioni del bicentenario darwiniano del 2009 la manifestazione come d’abitudine abbraccerà linguaggi diversi e sarà composta non soltanto dalle sessioni di convegno, ma anche da serate a tema, spettacoli, laboratori per bambini e per ragazzi. Lo stile divulgativo, misto agli approfondimenti, sarà calibrato per un pubblico curioso, non necessariamente di addetti ai lavori, con particolare attenzione agli studenti delle scuole superiori e agli universitari, nell’intento di coltivare l’interesse per la cultura scientifica in un paese dove ancora essa non sembra adeguatamente valorizzata.

Quando osserviamo gli individui di una stessa varietà o sottovarietà di vegetali coltivati o di animali allevati dall’uomo fin dai tempi più remoti, la prima cosa che ci colpisce è il fatto che essi differiscono tra di loro molto più degli individui appartenenti a qualsiasi specie o varietà alla stato naturale”. Così inizia il primo capitolo dell’Origine delle specie di Charles Darwin che appunto si intitola “La variazione allo stato domestico”. L’addomesticamento, cioè l’incrocio selettivo di piante e animali da parte dell’uomo, è stato uno dei punti di partenza per le riflessioni del grande naturalista inglese, che capì le analogie esistenti fra la selezione artificiale praticata dagli allevatori e la selezione naturale operante allo stato selvatico.

L’edizione 2008 è dedicata a questo tema affascinante degli studi evoluzionistici: capire in quali modi la specie umana, dall’invenzione dell’agricoltura fino agli organismi geneticamente modificati, ha imparato ad “addomesticare la natura” per i propri fini, modificandone gli equilibri e mescolando le carte del “naturale” e dell’“artificiale”. Un tema cruciale che connette l’evoluzione della vita con i grandi scenari dell’evoluzione della biosfera e coinvolge inevitabilmente la questione delicata dei rapporti fra la specie umana e l’ambiente.

Chi non potrà essere presente al compleanno di Darwin al Museo Civico di Storia Naturale, e nelle altre sedi cittadine e lombarde dove si terranno gli incontri, potrà seguirlo in diretta dalle pagine web di Pikaia (www.pikaia.eu), il portale italiano dedicato all’evoluzione.

Dunque, pronta per essere protagonista, mentre ci avviciniamo sempre più al fatidico giro di boa dei due secoli, anche quest’anno Milano augura

BUON COMPLEANNO, MR.DARWIN !

L'intero programma è scaricabile in formato PDF su Pikaia.

Life: What a Concept!

Evoluzione della vita e future ricerche nei campi della biologia evoluzionistica, della fisica e della genetica in un incontro informale tra sei mostri sacri della scienza mondiale: Freeman Dyson, Craig Venter, George Church, Robert Shapiro, Dimitar Sasselov e Seth Lloyd.
Ecco la pubblicazione on-line di quello che si sono detti.

Segnalo la pubblicazione on-line di "Life: What a Concept!", la trascrizione completa dell'incontro avvenuto il 27 agosto presso la Eastover Farm di Bethlehem, nello stato americano di New York, tra Freeman Dyson, Craig Venter, George Church, Robert Shapiro, Dimitar Sasselov e Seth Lloyd, con la supervisione del giornalista John Brockman.

Freeman Dyson è professore di fisica all'Institute for Advanced Study di Princeton. I suoi interessi professionali sono la matematica e l'astronomia. E' l'autore di numerosi testi tra cui Disturbing the Universe, Infinite in All Directions Origins of Life, From Eros to Gaia, The Sun, the Genome, and the Internet, e più recentemente Many Colored Glass: Reflections on the Place of Life in the Universe.

Craig Venter è uno dei più importanti ricercatori mondiali nel campo della genomica e il fondatore e il presidente del Craig Venter Institute e della Craig Venter Science Foundation. E' inoltre l'autore del libro A Life Decoded: My Genome: My Life.

George Church è professore di genetica alla Harvard Medical School e direttore del Center for Computational Genetics. E' uno dei pionieri del sequenziamento genomico e degli iniziatori dello Human Genome Project, il progetto di decodificazione dell'intero DNA umano.

Robert Shapiro è professore emerito di chimica alla New York University. E' l'autore di oltre 125 pubblicazioni, prevalentememnte sulla chimica del DNA e sui danni alle sequenze geniche che possono provocare il cancro. E' anche l'autore di alcuni importanti libri: Life Beyond Earth; Origins, a Skeptic's Guide to the Creation of Life on Earth; The Human Blueprint; Planetary Dreams.

Dimitar D. Sasselov è professore di astronomia alla Harvard University nonchè fondatore e direttore della Harvard Origins of Life Initiative. Ha compiuto numerose ricerche sull'interazione tra radiazioni e materia, dalla formazione di idrogeno ed elio nell'universo primordiale a studi sulla struttura delle stelle.

Seth Lloyd è professore di ingegneria meccanica al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e autore del testo Programming the Universe: A Quantum Computer Scientist Takes On the Cosmos.

Sul sito Edge.org sono disponibili i video di tutti gli interventi e numerose fotografie dell'incontro.
L'intero PDF del testo è scaricabile su Pikaia.

Andrea Romano

Alle origini del sonno

Anche i nematodi dormono. Scoperto uno stato di quiescenza nella vita di C.elegans che coincide con modificazioni del sistema nervoso e identificato un gene coinvolto. Questa scoperta potrebbe essere utile nella terapeutica di alcuni disturbi del sonno.

Non è facile dare una definizione di sonno, tuttavia è possibile elencare alcune caratteristiche che sono proprie di questa funzione biologica: l'abolizione, o almeno la forte riduzione, del contatto con l'esterno, la modificazione dello stato di coscienza, la reversibilità e la periodicità. Il sonno deve essere considerato una funzione biologica di base di ogni organismo, al pari dell'alimentazione e della respirazione, e la sua mancanza prolungata può portare anche alla morte.
La sua importanza è sottolineata dal fatto che nel regno animale è diffuso in quasi tutti i phyla conosciuti, compreso quello dei nematodi o vermi cilindrici. Un recente studio, pubblicato su Nature, ha infatti sottolineato la presenza di uno stato assimilabile al sonno nel C.elegans, la specie di nematode comunemente utilizzata nei laboratori di tutto il mondo, in cui questi organismi manifestano bassa ricettività agli stimoli esterni, proprio come accade anche nella nostra specie.

Un altro aspetto molto dibattuto riguarda la funzione del sonno: nel corso degli anni sono state formulate svariate ipotesi, ma in favore di nessuna sono state ottenute prove sperimentali che ne sanciscono la validità. Il gruppo di ricercatori della University of Pennsylvania School of Medicine che ha condotto lo studio sottolinea che questo stato di quiescenza coincide con il periodo in cui, durante il ciclo vitale del nematode, si verificano delle modificazioni sinaptiche nel sistema nervoso. Il sonno, continuano, potrebbe dunque essere coinvolto nei processi di crescita e cambiamento del sistema nervoso, che non sarebbero consentiti da una vita di veglia perenne.

La ricerca ha anche individuato un gene che controlla questo comportamento di C.elegans: si tratta di un tratto di DNA che codifica per una proteina chinasi, che è regolata dal secondo messaggero GMP ciclico, coinvolto nei processi di regolazione genica e di trasduzione del segnale all'interno delle cellule. La futura scoperta di eventuali geni omologhi nella nostra specie potrebbe aprire le porte verso nuove terapie contro i disturbi del sonno, come l'insonnia e la narcolessia, tramite l'inidividuazione di regioni di DNA bersaglio dei principi attivi dei medicinali.

Andrea Romano

Intervista a Peter Ward

Peter Ward, paleontologo della University of Washington, risponde alle domande di Carl Zimmer (il suo sito), famoso giornalista americano del The New York Times, sul ruolo delle estinzioni di massa nell'evoluzione dei viventi.

E' disponibile l'intero video, in lingua inglese, di questa interessante intervista.


Andrea Romano

La capacità di stupirci della natura

Ecco la descrizione di una nuova specie di gasteropode, la cui conchiglia presenta ben quattro assi di avvolgimento.

La capacità di stupirci da parte della natura, a volte, è veramente straordinaria. Di fronte ad alcuni esempi viene subito da pensare alla bella frase nell’introduzione del Gene egoista di Richard Dawkins “Noi animali siamo le macchine più complicate e più perfettamente disegnate dell’universo noto. Se la mettiamo così, è difficile capire perché qualcuno studi qualcos’altro”.

Un gruppo di ricercatori guidati da Menno Schilthuizen, un brillante studioso che ha dedicato la sua vita a studiare la straodinaria biodiversità dei molluschi prima nel Borneo ed ora in Malesia descrive sull’ultimo numero di Biology Letters una nuova specie veramente straordinaria. Fra i molluschi gasteropodi dotati di conchiglie, predominano le specie con conchiglie che formano delle spirali avvolte attorno ad un asse, che si allargano secondo una funzione logaritmica, e sono generalmente destrogire.

Si sa che nel mondo dei viventi le regole generali son veramente poche, e anche fra i gasteropodi le eccezioni sono numerose. Nelle specie appartenenti al genere terrestre malese Opisthostoma, ad esempio, le conchiglie si avvolgono in modo sinistrorso, e vi sono specie con due o tre assi di simmetria (= di avvolgimento) diversi nel medesimo individuo.

La nuova specie descritta dal gruppo di Schilthuizen, Opisthostoma vermiculum, (si veda la foto ripresa dall’articolo originale open-access: sull’immagine di destra sono disegnati i quattro assi di simmetria) batte ogni record. Le conchiglie di questa specie, veramente molto piccole (attorno ad un millimetro) mostrano giri delle spirali che tre volte si distaccano dai giri precedenti e tre volte si riattaccano e nei tratti distaccati si avvolgono attorno a alla bellezza di tre assi accessori, oltre all’asse principale, arrivando così ad un totale di quattro assi di avvolgimento! La cosa interessante è che tale struttura complicatissima è costante nei vari individui campionati, suscitando così intriganti interrogativi sui meccanismi genetici dello sviluppo.

Mi piace sottolineare che gli autori finiscono il riassunto del loro lavoro con delle parole che indicano un raro approccio di modestia e di apertura “Sebbene le origini evolutive di Opisthostoma vermiculum ed il significato funzionale della sua conchiglia possano essere chiarite solo una volta che siano trovati intermedi fra le forme fossili e quelle viventi, questa sconcertante morfologia suggerisce che siamo ancora ben lontani dal comprendere le relazioni fra forma e funzione in certi gruppi tassonomici

Marco Ferraguti

Dall'arcivescovo Wilberforce alla moglie di Alberoni

Pubblichiamo volentieri questo saggio di Marcello Sala, che illustra con grande incisività quali sono, e sono sempre stati sin dal 1860 quando si svolse la leggendaria disputa tra l'arcivescovo Wilberforce e Thomas Huxley, gli espedienti retorici utilizzati dai creazionisti nell'argomentare contro la teoria dell'evoluzione.

Una critica pungente e molto efficace nei confronti degli antievoluzionisti.

Il testo è disponibile su Pikaia.

Buona lettura

Le migrazioni umane e il DNA mitocondriale

Il professore dell'Università di Pavia, Antonio Torroni, spiega in un interessante conferenza il potere dell'utilizzo del DNA mitocondriale (mtDNA) nella ricostruzione del cammino dell'uomo a partire dall'Africa fino alla colonizzazione dell'intero pianeta.

Da qui (l'eccellente sito di Videoscienza) si può accedere al video della conferenza, tenutasi il 10 gennaio presso il Museo Civico di Storia Naturale di Milano in occasione degli Happy Hour Evoluzionistici, ed una breve intervista allo stesso ricercatore.

Andrea Romano

I geni del sesso

Identificate in un fungo due varianti di un gene che conferiscono al possessore caratteristiche sesso-specifiche. Questa scoperta potrebbe far luce sull'evoluzione dei sessi negli eucarioti.

Nonostante i funghi non si dividano in individui maschili e femminili, nella stessa specie sono presenti ugualmente differenze di sesso, che consentono ad organismi diversi di accoppiarsi ed incrociare i propri patrimoni genetici. I funghi non possiedono cromosomi sessuali, come i cromosomi X e Y umani, adibiti alla daterminazione del sesso dello zigote, tuttavia presentano sequenze di DNA, denominate "mating-type loci", che svolgono la medesima funzione.

Uno studio, publicato sulla rivista Nature, ha identificato due versioni di un gene coinvoltio nella differenziazione dei sessi in una specie di fungo estremamente antica, Phycomyces blakesleeanus, che potrebbero dare indicazioni importanti sull'evoluzione dei sessi negli animali superiori, incluso l'uomo. I ricercatori della Duke University Medical Center che hanno condotto l'analisi affermano che questi geni possano essere considerati come una sorta di "fossile molecolare", tramite il quale si potrebbero ricostruire gli inizi della storia evolutiva che ha portato alla differenziazione dei sessi.

Queste due versioni dello stesso gene, denominate sexM (sex meno) e sexP (sex più), consentono ai possessori delle versioni opposte di accoppiarsi tra loro. Si comportano dunque come dei cromosomi sessuali in miniatura. Entrambe codificano per una proteina, chiamata high mobility group-domain (HMG-domain) e coinvolta nel processo di differenziazione dei sessi, con sequenza molto simile ad una prodotta dal cromosoma Y umano, che induce l'embrione a sviluppare tutte le caratteristiche maschili.

I ricercatori propongono anche un possibile meccanismo tramite il quale sarebbe avvenuta la diferenziazione tra sexM e sexP: si tratterebbe di un'inversione di un tratto di DNA del gene, seguita dall'evoluzione parallela di entrambe le versioni, lo stesso processo ritenuto responsabile dell'origine del cromosoma Y.

Andrea Romano

Craig Venter in esclusiva per Pikaia!

Pubblichiamo in esclusiva, con il consenso dell’autore, la traduzione italiana della conferenza del 6 dicembre 2007 tenuta da Craig Venter, fondatore del Venter Institute e del The Institute for Genomic Research e uscito alla ribalta lo scorso anno per aver realizzato in laboratorio il primo cromosoma di sintesi, alla BBC in occasione della Richard Dimbleby Lecture.

La conferenza è pubblica e il testo originale si può trovare sul sito della BBC e su edge.org di John Brockman.
Inoltre è disponibile un video della conferenza interamente in inglese.

La redazione ringrazia sentitamente Aleramo Lanapoppi, autore della traduzione, che ha reso possibile la pubblicazione di questo inedito per Pikaia.

Il testo integrale lo trovate su Pikaia

Buona lettura

Individuata proteina che aggiunge un tassello all'ipotesi del mondo a RNA

Grazie ad una proteina di Neurospora crassa si è potuto osservare come sia possibile che il controllo della catalisi sia passato dall'RNA, all'egemonia quasi totale delle proteine.

Nell'ipotesi del Mondo a RNA, si suppone che agli albori della vita, le funzioni strutturali e di catalisi, siano state svolte dall'acido ribonucleico per poi transitare in mano alle proteine.
Residui di funzioni catalitiche dell'RNA sono ancora visibili nella vita moderna nei complessi ribosomali, negli enzimi RNase P (ribozimi formati da RNA e proteine che ne stabilizzano la funzione catalitica fungendo da impalcatura) e negli introni di Gruppo I che mostrano capacità di self-splicing funzionando come ribozimi. Negli eucarioti a seguito della trascrizione del DNA viene prodotto dell’RNA messaggero “grezzo” che per produrre proteine deve essere rimaneggiato. Esso è costituito da sequenze che verranno tradotte in proteina (esoni) e da altre che non lo saranno (introni) e dovranno quindi essere eliminate. Il processo di eliminazione è chiamato splicing ed è svolto da una serie di enzimi proteici. Alcuni RNA “grezzi” sono capaci di auto eliminare quelle sequenze “inutili” e questo processo è chiamato self-splicing.

In un articolo pubblicato su Nature, ricercatori della University of Texas at Austin e della Purdue University , West Lafayette, Indiana, mediante studi cristallografici mostrano come un tirosil tRNA sintetasi mitocondriale, CYT-18, di Neurospora crassa sia capace di due funzioni distinte.
Esso oltre a sintetizzare tRNA, quindi attaccare l’aminoacido giusto al tRNA che verrà utilizzato dal ribosoma per produrre la proteina, promuove lo splicing di un gruppo mitocondriale di introni I svolgendo la funzione di impalcatura per l’intorno del centro catalitico dell’RNA.
Il cristallo analizzato mostra che i siti di legame della proteina per l'introne sono distinti rispetto a quelli utilizzati per l'attività di sintesi di tRNA; questi siti permettono al CYT-18 di svolgere funzione di impalcatura per un'ampia varietà di introni di gruppo I.
La superficie di binding per gli introni di gruppo I mostra degli adattamenti strutturali che sono visibili nei tirosil tRNA sintetasi batterici che non svolgono funzioni di splicing indicando un adattamento a piccoli passi per la funzione di splicing.
Il co-cristallo (tRNA + introne gruppo I) mostra come il CYT-18 promuove lo splicing, come ha evoluto questa funzione e quindi come possibilmente si sia transitati da una situazione dove le funzioni catalitiche ad opera del solo RNA siano state progressivamente rimpiazzate da complessi RNA e proteine.

È possibile quindi vedere come l’evoluzione di una struttura sofisticata, data la sua complessità, possa svolgere delle funzioni nuove che inizialmente non erano “contemplate”. Proteine nate per svolgere una funzione possono essere state utilizzate per svolgerne un’altra, e diversificandosi hanno poi preso strade distinte, alcune continuando a svolgere funzioni di sintesi di tRNA altre per piccoli passi sono diventate più efficienti dell’RNA nella funzione di splicing fino a
rimpiazzarlo.

Matteo Riboni

Nasce videoscienza.it

Segnalo un interessante sito (http://www.videoscienza.it/Objects/Home1.asp), dove sono disponibili notizie, immagini, ma soprattutto filmati in cui è possibile ascoltare, comodamente dal proprio pc di casa, gli scienziati durante le conferenze.

Andrea Romano

Anniversario della nascita di Alfred Wallace

In occasione dell'anniversario della nascita di Alfred Wallace, il New York Times pubblica un'articolo molto interessante scritto da Olivia Judson, una biologa evoluzionistica che ha un blog nella sezione degli editoriali della rivista. Judson introduce non solo le idee scientifiche di Wallace, ma anche alcuni dettagli poco noti della vita dell'esploratore e scienziato.

L'articolo e' accessibile gratuitamente presso il Blog del NYT

Francesco Santini

L'esplosione di vita di Ediacara

30 milioni di anni prima dell'esplosione del Cambriano ci fu un'altra imponente radiazione adattativa. Si tratta di un esperimento di pluricellularità fallito, dato che nessun organismo odierno può essere considerato discendente della fauna di Ediacara.

Fin dalla loro scoperta nel 1946, i fossili di Ediacara, così chiamati per la località australiana in cui furono rinvenuti in gran numero, hanno sempre suscitato interpretazioni contrastanti a partire da quando il paleontologo Martin Glaessner ritenne che rappresentassero degli esponenti primitivi di gruppi moderni. Si capì in seguito che, al contrario, costituivano una fauna che non aveva rapporti di parentela con nessuna delle attuali forme di vita pluricellulare. L'unico fatto certo riguardo gli organismi di Ediacara è che sono i più antichi organismi pluricellulari fino ad ora conosciuti, risalenti ad almeno 575 milioni di anni fa, prima della cosiddetta "esplosione del Cambriano", l'imponente radiazione adattativa che diede origine a tutte le forme di vita odierne e ad altre ormai estinte, avvenuta tra 542 e 520 milioni di anni fa.

La fauna di Ediacara presenta, dal punto di vista morfologico, delle forme inconsuete per quella che è l'attuale percezione degli organismi animali pluricellulari. Infatti, il loro corpo molle assumeva perlopiù forme appiattite e divise in sezioni che ricordano le odierne piante, ma probabilmente sostenute da uno scheletro idraulico.

Un gruppo di paleontologi del Virginia Polytechnic Institute and State University di Blacksburg ha svolto un'analisi approfondita sui fossili di Ediacara, in seguito a cui ha ipotizzato un'evoluzione esplosiva di queste strane ed estinte forme di vita marine. Lo studio ha preso in considerazione 50 caratteri morfologici di circa 200 specie diverse, che possono essere raggruppate cronologicamente in tre differenti periodi: Avalon, White Sea e Nama, dal nome delle rispettive località in cui abbondano i ritrovamenti fossili corrispondenti. Sorprendentemente, nonostante il numero di specie rinvenute fosse inferiore, tutti i differenti piani anatomici riscontrati nel secondo e nel terzo stadio dei fossili di Ediacara sono presenti anche nel periodo Avalon.
Questa corrispondenza ha suggerito ai paleontologi la possibilità che, come nel caso dell'esplosione del Cambriano, l'evoluzione di questa fauna parallela sia avvenuta in tempi molto brevi. Sulle pagine della rivista Science, i ricercatori hanno chiamato questo fenomeno "esplosione di Avalon". Dunque, circa 30 milioni di anni prima dell'esplosione del Cambriano, vi fu un'altro importante episodio in cui in un breve intervallo di tempo si diversificarono moltissime forme di vita.
Non si conoscono le cause di questa imponente radiazione adattativa, tuttavia l'esplosione di Avalon coincide in maniera quasi perfetta ad un sostanziale aumento della concentrazione di ossigeno nelle acque degli oceani, fattore che avrebbe potuto favorire lo sviluppo della vita subacquea. Un'altra ipotesi potrebbe essere ricercata nel riscaldamento delle acque successivo ad un periodo di freddo globale.

La fauna di Ediacara fornisce due importanti insegnamenti: innanzitutto esemplifica perfettamente una delle più recenti conquiste della biologia evoluzionistica, ovvero che le novità evolutive spesso non sono il frutto di processi lenti e continuativi, bensì si originano in brevi intervalli di tempo in cui vi sono le condizioni adatte. In secondo luogo, gli organismi avaloniani rappresentano un precoce esperimento evolutivo di pluricellularità non andato a buon fine, uno degli innumerevoli tentativi evolutivi falliti, dato che nessuna forma di vita odierna può essere considerata sua discendente.

Non si conoscono le ragioni dell'estinzione di questi organismi, ma, come scrive S.J. Gould nel suo capolavoro "La vita meravigliosa": "La vita avrebbe potuto prendere la via di Ediacara o la via moderna, ma la via di Ediacara ne uscì totalmente sconfitta, e non sappiamo perchè". E ancora: "La vita avrebbe mai potuto evolversi sino alla coscienza lungo questa via alternativa dell'anatomia di Ediacara? Probabilmente no."

Da qui è possibile accedere ad alcune immagini dei fossili di Ediacara.

Andrea Romano

L’ora di supplenza di gennaio 2008. A cura di Alessandra Magistrelli

Hic sunt leones?

Il supplente, durante le vacanze di Natale, ha avuto una fortuna straordinaria: il preside del liceo dove è precario gli ha proposto una supplenza sulla cattedra di Scienze fino alla fine dell’anno scolastico. Dovrà sostituire una collega che prende il permesso di maternità dal 7 gennaio. Il supplente si è trasformato in un’altra persona: un uomo vero, un insegnante vero. Percepirà lo stipendio fino al 31 agosto e questo basta a renderlo felice.

È tanto cambiato che nemmeno gli studenti lo riconoscono più e gli si avvicinano, appena entrato in classe, con simpatia nuova. Nel loro slancio, a dir la verità, c’è anche un pizzico d’interesse; a gennaio di solito iniziano le grandi manovre onde ottenere ciò sembra essere l’unico motivo per cui molti frequentano la scuola: convincere qualcuno degli insegnanti ad accompagnare la classe in gita scolastica. « Professore vorrebbe... potrebbe...venire con noi a visitare qualche località importante? Magari all’estero?».Il buonumore del supplente è tale che dice subito di sì, purché sia lui a decidere la destinazione ( in realtà ci ha già pensato a lungo, prevedendo la supplica). Niente Parigi, né Praga, né Barcellona, né Amsterdam, tutti posti dove si girella aspettando la sera per lanciarsi finalmente in scorribande senza senso. Il Consiglio d’istituto ha deciso che da quest’anno il viaggio scolastico sarà organizzato inderogabilmente con una finalità cul-tu-ra-le ben precisa. Chiaro? Altrimenti non si parte.

« Quest’anno - aggiunge - a febbraio, nella settimana del Darwin Day, potremmo andare in Egitto. È la stagione migliore..» .Grida di giubilo. «....ma non per vedere il Museo Egizio, né le piramidi, né Luxor. Andremo solo in due luoghi: nella regione del Fayoum, a sud del Cairo, nella cosiddetta Valle delle balene, e tornati al Cairo visiteremo l’Egyptian Geological Museum, dove è conservato l’ Aegyptopithecus zeuxis , una interessante scimmietta fossile che ci può dire qualcosa sull’evoluzione delle scimmie Catarrine. ».Al gaudio segue un silenzio atterrito.... Sfumate le capitali europee! Tutto il tempo nel deserto salvo una giornatella al Cairo! Ma il verdetto è assoluto: prendere o lasciare. La classe prende.

Un altro Egitto.
Accanto al glorioso Egitto dei Faraoni e delle crociere sul Nilo, esiste un Egitto naturalistico appartato quanto meraviglioso, spesso ignoto anche al tour operator. Non molti sanno, ad esempio, che nel 2005 Wadi Al-Hitan ( in italiano: la Valle delle Balene ) è stata iscritta nel “Patrimonio naturale dell’Umanità” gestito dall’UNESCO. Sul sito dell’UNESCO (http://whc.unesco.org/en/list/1186 ) si legge la motivazione che giustifica perché questo luogo è stato inserito nel prestigioso elenco: “ Wadi Al-Hitan è il sito più importante del mondo[...] per quanto riguarda l’evoluzione delle balene[...]. Il sito ha un valore che supera quello di siti consimili per il numero, la concentrazione e lo stato dei fossili, oltre che per la facilità d’accesso e la bellezza del paesaggio in cui si trova....”Wadi Al-Hatan si trova nel Deserto Occidentale egiziano e precisamente nella regione del Fayoum, a circa 250 chilometri dal Cairo, nei pressi del lago Qarun. I paleontologi conoscono questa zona per le sue rare collezioni fossilifere comprendenti numerosi ordini di mammiferi placentati, diversi generi di pesci, rettili e invertebrati marini (1). In particolare, nella valle di Zeuglodon , a ovest del lago, c’è il sito chiamato la Valle delle Balene dove si trovano tra gli altri, i resti fossili dei generi Basilosaurus, Prozeuglodon e Drudon , antenati estinti degli attuali Cetacei.

«C’è un mostro nel mare detto balena....»
Così si dice di questo gigantesco mammifero acquatico nel “Fisiologo”, un antichissimo bestiario scritto tra il II e il IV secolo d.C. in Siria o in Egitto da autore ignoto, che poi continua:«...ha due nature [...] quando ha fame, apre la bocca e dalla sua bocca esce ogni profumo di aromi,e lo sentono i pesci piccoli e accorrono a sciami [...] ed esso li inghiotte [...] L’altra natura del mostro: esso è di proporzioni enormi, simile a un’isola; ignorandolo i naviganti legano ad esso le loro navi [...] vi fanno fuoco sopra per cuocersi qualcosa: ma non appena esso sente caldo, s’immerge negli abissi marini e vi trascina le navi». È davvero brutta la fama che accompagna le balene ( e anche “Moby Dick” di H.Melville ce lo conferma), nome comune di alcune specie di grossi mammiferi acquatici dell’ordine dei Cetacei, comprendente il sottordine degli Archeoceti ( esclusivamente fossili), degli Odontoceti ( capodogli, delfini, narvali...) e dei Misticeti di cui fa parte la famiglia delle Balene e quella delle Balenottere . Gli Odontoceti hanno i denti, alcuni sono predatori come qualche specie di orca ( Orcinus orca ) che attacca anche i mammiferi ( foche, leoni marini, piccoli di balene); tra le altre, comprendono la famiglia dei Delfinidi di cui è nota sin dall’antichità l’intelligenza e la socievolezza.I Misticeti invece sono privi di denti, hanno una bocca enorme munita di lacinie o frange cornee ( fanoni) che pendono dalla mascella e che, a bocca chiusa, poggiano sulla lingua costituendo un filtro che fa passare l’acqua trattenendo, oltre al plancton, minuscoli crostacei (krill), copepodi e piccoli pesci di cui si alimentano in grandi quantità. Oggi di balene ne sopravvivono pochissime specie (es. Balaena mysticetus), così come avviene per le balenottere che comprendono alcuni giganti del mare quali la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) lunga anche più di 30 metri, e la Balaenoptera physalius. I Cetacei sono mammiferi adattati alla vita acquatica marina, hanno pelle priva di peli, corpo fusiforme, arti anteriori ‘ a paletta’ e arti posteriori assenti, di cui rimangono solo rudimenti di ossa nel bacino. La coda è trasformata in una grossa ‘pinna’ natatoria orizzontale. La storia della loro evoluzione non è ancora del tutto nota, ma si suppone che abbiano avuto origine da un gruppo di mammiferi terrestri mesozoici. Studi sul genoma avrebbero dimostrato una parentela tra alcuni tipi di Artiodattili ( ad es. l’ippopotamo) e alcuni Cetacei, ipotesi appoggiata da recenti scoperte paleontologiche.In Pakistan sono stati trovati negli anni ottanta i resti di un archeoceto ( Pakicetus) vissuto nell’Eocene inferiore (55 m.y.a.(3)), in cui convivono le caratteristiche di un animale acquatico con quelle di uno terrestre. Il genere Basilosaurus , di cui in Egitto esistono molti reperti come nella già citata valle di Zeuglodon, è vissuto nell’Eocene medio–superiore ( 37– 40 m.y.a.) e presenta caratteri tipici dell’adattamento alla vita marina: corpo allungato, arti anteriori corti, arti posteriori corti ma non assenti ( utili forse per favorire l’accoppiamento), insieme a caratteristiche ‘terrestri’quali la forma di alcune ossa craniche, la dentatura, le sette vertebre cervicali ancora libere.

Il Museo Geologico del Cairo.
Nel sobborgo residenziale di Maadi, non lontano dalla riva sinistra del Nilo , a una decina di chilometri dal centro del Cairo ( sempre che si possa trovare il ‘centro’ di una metropoli di circa 20 milioni d’abitanti!), si trova l’ Egyptian Geological Museum ( E.G.M.). Il museo fu aperto al pubblico nel 1904 e cambiò sede più volte fino ad approdare in quella attuale. Il suo obiettivo principale è sempre stato più didattico che scientifico : far conoscere ai visitatori la geologia e la mineralogia dell’Egitto, oltre a presentare alcuni dei famosi fossili del Fayoum. Tra le star della collezione fossilifera spiccano i resti del cranio di Aegyptopithecus zeuxis, una scimmia vissuta nell’Oligocene ( 28-29 m.y.a.) in ambiente arboreo e paludoso, dalle dimensione di un gibbone, che si arrampicava sugli alberi ma era anche in grado di correre a terra sulle palme. Aegyptopithecus, che viene considerato un antenato delle Scimmie superiori catarrine (colobi, pongidi, ominidi), presentava una mescolanza di caratteri primitivi ( muso lungo, cervello di 40 cc , piccolo ma più grande che nelle Proscimmie, occhi diretti lateralmente) insieme a caratteri più evoluti ( dentatura simile a quella delle scimmie catarrine, corteccia cerebrale visiva più espansa ...). È visibile anche il cranio facciale del Basilosaurus, l’archeoceto di cui si è già detto, e quello di alcuni mammiferi giganti quali Paleomastodonte ( un proboscidato primitivo sulla linea evolutiva degli elefanti) , Phiomia (alto 2,5 m e con una piccola proboscide) e Arsinoitherium ( simile all’odierno rinoceronte, 3 m di lunghezza e 1,80 d’altezza e in più due lunghe corna ossee poste in corrispondenza delle narici).

Si torna a casa
Nonostante le inevitabili contrarietà, i salti d’umore, le frizioni da convivenza prolungata, il viaggio nell’altro Egitto è andato molto bene: gentilezza, ospitalità, cose interessanti, bellezze artistiche e naturali.Ogni tanto qualche pierino, in inglese approssimativo, ha cercato di attaccare bottone con un conoscente locale e d’intervistarlo circa le sue idee sul darwinismo e l’evoluzione ( in fondo il viaggio è stato fatto durante il Darwin Day). Pronto il supplente interveniva a cambiare discorso: lo scopo del viaggio infatti non era quello di fare polemiche, magari offendendo il gentile ospite, su questioni di difficile soluzione, quanto di vedere qualcosa del prezioso capitale fossilifero egiziano per farne tesoro.Che colpa hanno il Basilosaurus, l’Aegyptopithecus, l’Arsinoitherium se nella piccola guida dell’ E.G.M. a conclusione, c’è scritto : “ During one visit to the E.G.M. you can gain many information about the history of the Earth and features of the Egyptian Land since millions of years and till now. In the main time you can see strange forms of creations that spread during definite periods in Egypt and distinct for unknown reasons(4) . ” . “Strane forme di creazione?...Io?... Per ragioni ignote?”- si dirà il Basilosauro – “ E perché ? ”.

Alessandra Magistrelli

Note:
(1) Rafik Khalil, Dina Aly, Egypt’s. Natural heritage, Caryll Faraldi ed., Cairo,2003
(2) Il Fisiologo. A cura di F.Zambon. Adelphi, Milano, 1975
(3) m.y.a. è una unità di misura di tempo usata in astronomia, geologia, paleontologia e sta per “million years ago = milioni di anni fa”
(4) Egyptian Geological Museum, Guide book, Cairo,1999

Guerra di odori tra formiche e farfalle

Le larve della farfalla blu alcon simulano l'odore delle formiche, ingannandole. In questo modo vengono nutrite ed allevate da queste come membri della propria specie. Un esempio di lotta chimica tra ospite e parassita nel mondo degli insetti.

Molte specie di formiche sono conosciute in quanto sono in grado di sfruttare a loro vantaggio le interazioni con altre specie non affini: alcune di esse sono note in quanto coltivano funghi all'interno dei formicai (generi Atta e Acromyrmex); altre sono dette formiche schiaviste, dato che inducono le operaie di altre specie a lavorare per loro (genere Polyergus); altre ancora sono conosciute per l'ablità che hanno raggiunto nell'allevamento degli afidi, per poi nutrirsi di una loro secrezione zuccherina, la melata. Tuttavia, vi sono alcune specie di formiche che, al contrario, vengono sfruttate: un caso recentemente documentato sulle pagine di Science riguarda le specie Myrmica rubra e Myrmica ruginodis.

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Copenhagen ha infatti evidenziato come una specie di farfalla rara, la cosiddetta blu alcon (Maculinea alcon), utilizzi le operaie di queste due specie di formiche per la nutrizione e l'allevamento delle proprie larve. Questa farfalla si comporta dunque da parassita, allo stesso modo del famoso cuculo, che depone le uova nei nidi di altri uccelli lasciando loro il compito di elargire le cure parentali. Le femmine di blu alcon, infatti, depongono le uova nei pressi di uno degli ingressi del formicaio e, sfruttando i meccanismi di riconoscimento specie-specifico, inducono le formiche ad adottare la propria prole. Le larve, infatti, simulano l'odore tipico delle appartenenti ad un formicaio, "ingannando" il meccanismo chimico tramite il quale le formiche riconoscono le conspecifiche. In questo modo, le operaie sono spinte a trasportare le larve di farfalla nel formicaio e a trattarle come se fossero proprie.
Questo inganno rappresenta un notevole costo per le formiche, in quanto sprecano tempo ed energia per le cure delle larve di farfalla, tempo ed energie che sarebbero state utilizzate per l'allevamento delle proprie. Date queste premesse, ci si attende che la selezione naturale porti ad una continua modificazione della composizione chimica dell'epidermide delle formiche parassitate, in modo tale da renderle immuni dall'inganno ed evitare loro la conseguente perdita di fitness.
I ricercatori hanno dimostrato che questo è quanto effettivamente accade: infatti, è stato riscontrato il più alto livello di variabilità del profilo chimico dell'epidermide proprio nelle colonie di formiche più parassitate, come risposta a questa forte pressione selettiva. L'eterna "corsa agli armamenti" nella co-evoluzione tra ospite e parassita continua.

Andrea Romano

Identificata una tappa intermedia nell'evoluzione dell'occhio

La struttura dell'occhio dei Placodermi presenta caratteristiche intermedie tra quella delle lamprede e quella degli altri vertebrati a dimostrazione di come l'evoluzione di questo organo sensoriale sia avvenuta in piccoli passi.

Una delle principali argomentazioni dei detrattori della teoria dell'evoluzione per selezione naturale chiama in causa la formazione dell'occhio dei mammiferi: una struttura così complessa, calibrata e perfetta, dicono, non può essersi evoluta per selezione naturale tramite piccoli passaggi intermedi, ma deve essere stata creata da un artefice divino. Così "dimostrano" l'esistenza di un progetto intelligente.

Un recente studio, pubblicato e disponibile on-line sulla rivista Biology Letters, ha fornito un'importante prova empirica di quello che fino ad ora è il primo precursore dell'occhio umano, risalente a circa 400 milioni di anni fa. I resti fossili che hanno reso possibile l'identificazione delle strutture dell'occhio appartengono ad un placoderma, il cui cranio è rimasto straordinariamente ben conservato. I Placodermi sono una classe di vertebrati marini estinti simili ai pesci, con il corpo interamente ricoperto da scudi ossei, particolarmente sviluppati nelle regioni cefalica e toracica. Sono inoltre i primi animali gnatostomi, gli organismi dotati di mascelle, conosciuti.
Un gruppo di ricercatori dell'Australian National University ha infatti analizzato, sia dal punto di vista morfologico che funzionale, le inserzioni dei muscoli e dei nervi che controllavano i movimenti degli occhi di questi organismi. I risultati, ottenuti tramite l'utilizzo della tomografia computerizzata ai raggi-X che ha reso possibile la visione tridimensionale, indicano strutture differenti rispetto a quelle di tutti gli altri vertebrati gnatostomi, ma anche diversi da quelle delle lamprede. In particolare, alcuni muscoli hanno le caratteristiche e l'organizzazione di quelli degli agnati (gli animali senza mascelle come le odierne lamprede), mentre altri sono del tutto simili agli omologhi dei tetrapodi. L'organizzazione dell'occhio dei Placodermi si configura, dunque, come uno stadio intermedio tra quelle degli animali senza mandibola e quelli che presentano questa struttura.

Fino ad oggi era stato impossibile individuare le strutture che permettono agli occhi di muoversi di animali i cui resti sono molto antichi, in quanto i tessuti molli sono difficilmente fossilizzabili. Una tappa dell'evoluzione dell'occhio umano è stato rinvenuto; chissà che nuove ricerche e nuove tecniche riescano a fare ulteriore luce sull'evoluzione di una delle strutture sensoriali più straordinarie che siano mai comparse sulla terra, con buona pace dei creazionisti...

Andrea Romano

Sunday, January 06, 2008

Animazioni, timelines visivi, file pdf, clips sul mondo della natura, l'Universo, Kubrick.......

Rimanete connessi, rilassatevi e guardate questi brevi documenti

In poco più di un minuto vedrete svolgersi il processo della meiosi
http://scienceblogs.com/gregladen/2008/01/genetic_diversity_video.php

Divertitevi a scorrere la scala temporale/dimensionale dell'evoluzione dell'Universo in questi due video:
1) http://www.nikon.co.jp/main/eng/feelnikon/discovery/universcale/index.htm
2) http://www.johnkyrk.com/evolution.swf

Clips di pochi minuti per vedere come si comportano i semi delle piante:
http://www.pbs.org/wnet/nature/plants/
Overview
The quest to spread seeds
Plants thrive in unlikely places
Controlling seed production

L'albero filogenetico dei mammiferi in PDF
http://news.bbc.co.uk/1/shared/bsp/hi/pdfs/28_03_07_mammalstimeline_pdf.pdf

Libera rivisitazione multimediale in 20 minuti del film cult di Kubrick, 2001 Odissea nello spazio:
http://www.kubrick2001.com/

Paolo Coccia

Science, Evolution, and Creationism

La National Academy of Sciences (NAS) e l'Institute of Medicine (IOM) hanno presentato un libro per insegnanti sull'evoluzione.

Scritto per da un gruppo di scienziati guidati da Francisco Ayala, eminente biologo evoluzionista della University of California, il libro fornisce al pubblico una visione aggiornata e comprensibile delle conoscenze attuali sull'evoluzione e mostra la sua importanza nelle classi di scienze.Recenti avanzamenti nella scienza e nella medicina, insieme ad abbondanti osservazioni ed esperimenti effettuati negli ultimi 150 anni, hanno rafforzato il ruolo dell'evoluzione come centrale per l'organizzazione dei principi della moderna biologia.

Su Pikaia potete trovare l'informazione completa

Chiara Ceci

RETHINKING THE THEORETICAL FOUNDATION OF SOCIOBIOLOGY

Articolo importantissimo di Wilson & Wilson (Edward O. e David Sloan) sulla selezione di gruppo e la sociobiologia (Quarterly Review of Biology), che sta facendo molto discutere la comunità internazionale.
Il saggio è liberamente disponibile nel sito della rivista The Quarterly Review of Biology (December 2007, vol. 82, no. 4, pp. 327-348)
RETHINKING THE THEORETICAL FOUNDATION OF SOCIOBIOLOGY
David Sloan Wilson Departments of Biology and Anthropology, Binghamton University Binghamton, New York 13902 USA dwilson@binghamton.edu
Edward O. Wilson Museum of Comparative Zoology, Harvard University Cambridge, Massachusetts 02138 USA
Riporto anche l'abstract:
Current sociobiology is in theoretical disarray, with a diversity of frameworks that are poorly related to each other. Part of the problem is a reluctance to revisit the pivotal events that took place during the 1960s, including the rejection of group selection and the development of alternative theoretical frameworks to explain the evolution of cooperative and altruistic behaviors. In this article, we take a “back to basics” approach, explaining what group selection is, why its rejection was regarded as so important, and how it has been revived based on a more careful formulation and subsequent research. Multilevel selection theory (including group selection) provides an elegant theoretical foundation for sociobiology in the future, once its turbulent past is appropriately understood.

D.S Wilson ha anche da poco aperto un proprio Blog dove troverete altre informazioni sull'autore

Sulla critica e revisione dei concetti della sociobiologia segnalo anche questi commenti ad un altro articolo di Wilson pubblicato su Bioscience, gennaio 2008, Evolution of Eusociality in Insects:
Dalla rivista Le Scienze:
Eusocialità e selezione di gruppoL'attuale posizione di Wilson sull'eusocialità differisce da quella esposta nella sua opera pionieristica Sociobiologia. La nuova sintesi
Da Eureka:
Insects' 'giant leap' reconstructed by founder of sociobiology. A survey of advanced social organization in insects calls into question the standard explanation for eusociality

...e dal Blog Ocasapiens della Coyaud.

Paolo Coccia

Gould in mp3 e Zimmer/Ward (sempre in mp3) sulle estinzioni di massa

Segnalo che é possibile scaricare in formato mp3 diverse interviste con, e sul compianto biologo S.J. Gould
Oltre alle seguenti:
Remembering Stephen Jay GouldQuirks & Quarks for May 25, 2002http://www.cbc.ca/quirks/archives/01-02/may2502.htm

Il libro "Wonderful live" ha ispirato anche un´"opera moderna", ascoltabileonline (menzionata nelle interviste):
The Burgess Shale by R. SteigerLos Angeles Philharmonichttp://rand.info/rands/text/burgess_shale.html

......è scaricabile, altrettanto in formato mp3, una discussione tra il giornalistascientifico C. Zimmer e il paleontologo Peter Ward sul ruolo delle catastrofi nell'ambito delle estinzioni di massa.
http://scienceblogs.com/loom/2007/12/16/mass_extinctions_past_and_futu.php
http://www.bloggingheads.tv/diavlogs/7431

David Bressan

Promuovere l'educazione dell'evoluzione

Un gruppo di società scientifiche statunitensi chiede che la comunità scientifica sia più coinvolta nell'educazione, soprattutto quando si tratta di evoluzione... prima che sia troppo tardi

Evolution and Its Discontents: A Role for Scientists in Science Education.
Ecco il titolo dell'articolo pubblicato su FASEB per chiedere un maggior coinvolgimento nell'educazione da una coalizione di società scientifiche (American Association of Physics Teachers, American Astronomical Society, American Chemical Society, American Institute of Biological Sciences, American Institute of Physics, American Physical Society, American Physiological Society, American Society for Investigative Pathology, American Society for Pharmacology and Experimental Therapeutics, American Society of Human Genetics, Biophysical Society, Consortium of Social Science Associations, Geological Society of America, Federation of American Societies for Experimental Biology, National Academy of Sciences, National Science Teachers Association, and Society for Developmental Biology).

Chiara Ceci

Breakthrough of the Year 2007: l'Italia c'è

Science premia la ricerca italiana nominando nella lista delle migliori dell'anno appena concluso una ricerca di paleoantropologia che coinvolge ricercatori italiani, effettuata su reperti del Museo di Storia Naturale di Verona.

Come ogni fine anno Science ha pubblicato una selezione dei lavori scientifici di maggiore rilevanza usciti nel corso del 2007. In prima pagina ha menzionato lo studio del DNA nucleare dei reperti neandertaliani di Riparo Mezzena (Vajo Gallina, Avesa) e della Grotta di El Sidron (Asturie, Spagna), pubblicato su Science in novembre.
Carles Lalueza-Fox et al., A Melanocortin 1 Receptor Allele Suggests Varying Pigmentation Among Neanderthals. Science 30 November 2007: Vol. 318. no. 5855, pp. 1453 - 1455

L'importanza della notizia non sta solo nel fatto che ricercatori italiani possano competere con i grandi e molto meglio finanziati gruppi di ricerca stranieri, ma che è italiano anche il fossile su cui è stata effettuata per la prima volta la sequenza di DNA nucleare di nostri antenati estinti. Dall'analisi del collagene, la sostanza organica che contiene il DNA, estratto da un neanderthaliano che viveva in Lessinia tra 40 e 50 mila anni fa si è potuti risalire al suo aspetto fisico. E' stato un pò come sviluppare una fotografia scattata migliaia di anni fa. L'analisi delle basi che compongono quel frammento di DNA che codifica per colore di pelle e occhi e dei capelli, ha piano piano rivelato i suoi segreti restituendoci un'immagine del nostro antenato con pelle e occhi chiari, caratteri associati ai capelli rossi. Così, dopo quasi due anni di ricerche, ma soprattutto dalla profondità dei tempi preistorici è riapparsa l'immagine dell'Uomo di Neanderthal che popolava le grotte delle colline e della montagna veronese. Apparentemente si era trovato piuttosto bene nel rifugio offerto dai Lessini le cui valli, esposte a sud, assicuravano un lungo irraggiamento solare anche in quel periodo climaticamente piuttosto freddo che risale all'ultima glaciazione, durante la quale a intervalli estremamente rigidi si succedevano fasi un pò più temperate. A questo aggiungiamo la ricchezza in grotte e ripari offerte dall'intensa azione carsica che ha interessato milioni di anni fa il substrato calcareo delle nostre montagne, l'abbondanza di acqua e ampi territori per la caccia agli ungulati e la estrema facilità di trovare la selce, quella roccia che percossa con martelli in legno o roccia danno lame e schegge tagliente con cui macellare e trattare le carcasse degli animali. I siti con evidenze della presenza neandertaliana nel territorio sono Grotta di S. Cristina, Riparo Fumane e Riparo Tagliente, solo per citare quelli in cui gli scavi sono attivi - ammontano ad alcune decine ma solo il Riparo Mezzena nel vajo Gallina presso Avesa ha dato resti fossili umani. E' chiaro quindi che il fuoco dell'attività investigativa si sia concentrato su un tale tesoro.

L'attenzione della alta ricerca internazionale è molto attiva sul fronte di questi nostri antenati tanto che assieme all'articolo sul fossile veronese ne sono stati selezionati altri cinque. Quello che tratta di un aspetto comparativo della crescita e della più rapida maturazione dei neandertaliani rispetto all'uomo anatomicamente moderno mentre quello in cui viene proposto che Neanderthal e uomo moderno abbiano le stesse due mutazioni nel gene FO XP2, il gene coinvolto nello sviluppo del linguaggio è ancora argomento di dibattito in quanto un altro degli articoli citati nel Breakthrough of the Year, sostiene che non si può ricorrere a nessuna possibilità di incrocio tra neanderthal e sapiens. Il mistero quindi della presenza di geni che manifestano sia nel nostro antenato che nei sapiens moderni caratteri analoghi (le variazioni del colore di pelle e occhi e dei capelli o la capacità di parlare) rimane molto fitto e non c'è da stupirsi se il proseguimento di queste ricerche è già stato indicato come un buon candidato per essere breakthrough anche del 2008.Se deve essere un auspicio ci auguriamo che gli aruspici per l'anno appena iniziato siano con il fossile veronese e con gli italiani che stanno lavorando a così alto livello. L'ultimo degli articoli incluso nel prestigiosissimo elenco è lo studio del DNA estratto dai peli di Mammuth conservati nei Musei della Siberia - ci da lo spunto per una profonda riflessione tutta locale. I reperti che hanno permesso a David Caramelli, genetista dell'Università di Firenze, Laura Longo, conservatore di Preistoria del Museo di Storia Naturale di Verona, e Silvana Condemi, paleoantropologia del CNRS di Marsiglia, di raggiungere questo risultato unico nella carriera di uno scienziato, vengono dalle collezioni del Museo di Storia Naturale di Verona.Se fossimo negli USA un risultato del genere significherebbe una montagna di soldi per la ricerca e grandi riconoscimenti per le istituzioni coinvolte. Purtroppo non siamo in America e l'unica cosa che ci resta da sperare è che al Museo di Storia Naturale più antico del mondo e alle sue importantissime collezioni sia dedicata - anche in patria - l'attenzione e la cura che meritano. Attenzione che il mondo scientifico internazionale gli ha già assicurato: con questi risultati le collezioni della sezione di Preistoria sono già nella storia della scienza e ci resteranno per sempre.

Il Museo e le sue collezioni invece sono in cerca di casa, cerchiamo di dargliene una dignitosa, almeno al pari dell'importanza che ha svolto e continua a svolgere nella storia della scienza e della città .

Laura Longo

Tesi di Laurea Conan, Kyashan, Harlock: frattura e ricomposizione tra natura e cultura nell'animazione seriale giapponese

Segnalo la tesi di Fabio Bartoli dal titolo:
Conan, Kyashan, Harlock: frattura e ricomposizione tra natura e cultura nell'animazione seriale giapponese.
Facoltà di Scienze della comunicazione, Corso di laurea in Scienze della comunicazione, Anno accademico 2005-2006, Università di Roma "La Sapienza".
Relatore: prof. Alberto Abruzzese, correlatore: prof. Pierpaolo Leschiutta

Riporto il sommario e l'introduzione al testo della tesi.
Introduzione
Capitolo 1
Iperestensione culturale: itinerario storico-filosofico-antropologico 1.1 Prologo: Epimeteo, Prometeo e la doppia “paternità” dell’uomo 1.2 Il cosmo greco e l’equilibrio tra il principio libertà e il principio necessità 1.3 Primo intermezzo: la marcia di Alessandro, le strade di Roma e le vie del Signore 1.4 L’ordine cosmico medioevale e la prevalenza del principio necessità 1.5
Secondo intermezzo: le navi di Colombo, la Bibbia di Gutenberg, le quarantadue mosse del Principe Maurizio e il cannocchiale di Galileo 1.6 Rivoluzioni e astrazioni: la definitiva affermazione del principio libertà 1.7 Terzo intermezzo: dal Dr. Frankenstein a Los Alamos, Prometeo si sostituisce ad Epimeteo e Zeus 1.8 Atena in bilico tra asservimento e redenzione 1.9 Epilogo: Deucalione, Pirra e il recupero della nostra “maternità”
Capitolo 2
Effetti dell’iperestensione culturale: il Giappone quale osservatorio privilegiato 2.1 Dalle navi di Colombo a quelle di Perry: Prometeo bussa ad una porta antichissima 2.2 Wakon-Yosai: le ragioni del tramonto del Sol Levante 2.3 Troppi soli sul carro di Hirohito: l’Imperatore spalanca la porta a Prometeo
Capitolo 3
Immaginario dell’iperestensione culturale: la Science-Fiction giapponese quale prodotto più significativo 3.1 Sulle tracce di Prometeo: il paradigma indiziario come metodo di studio per il prodotto culturale 3.2 Giappone post-bellico e industria culturale: il “germe” del progresso e l’“antidoto” della Science-Fiction 3.3 Spie del conflitto 3.1 Prometeo VS Gea 3.2 Prometeo VS Mnemosine 3.3 Prometeo VS Epimeteo
Capitolo 4
Conan il ragazzo del futuro 4.1 Il nonno: errori e moniti di una generazione “iperestesa” 4.2 Conan, l’eterna alba dell’uomo nuovo 4.3 Lana, Atena telepatica in contatto con Gea 4.4 Gimsy, dall’Isola della Plastica alla ricerca di Ermes 4.5 Il Dr. Rao, l’eredità di un ripensamento 4.6 Lepka, l’ultimo dei Neanderthaliani 4.7 Deiss, l’evoluzione di Deucalione 4.8 Monsley, il risveglio di Pirra 4.9 Il Barracuda, la struttura socio-economica della nuova umanità 4.10 L’Isola perduta, le rovine e il “ritorno” 4.11 Indastria, il peso della “gabbia d’acciaio” e il naufragio della ragione strumentale 4.12 Hyarbor, Gemeinschaft dei mulini
Capitolo 5
Kyashan il ragazzo androide 5.1 Brieking e gli androidi, ovvero la parabola di Efesto: dalle Erinni dell’iperestensione… 5.2 …alle Eumenidi della riconciliazione 5.3 Da Tetsuya a Kyashan, anatomia di un conflitto sanato dallo spirito 5.4 Luna, piccola Gea custode dell’organico 5.5 Da Midori a Swanee: come la nottola di Minerva diventa il cigno di Prometeo 5.6 Le sorti di Atena 5.7 Efesto VS Atena 5.8 Da Lucky a Flender, l’evoluzione di un vecchio amico per affrontare una nuova preistoria
Capitolo 6
Capitan Harlock 6.1 Il riscatto di Mnemosine 6.2 Brave new world 6.3 Capitan Harlock, ronin a cavallo tra Mnemosine e Prometeo 6.4 Raflesia e le Mazoniane, sangue e linfa del Prometeo scatenato 6.5 Il prof. Dayu, Cuzuco e Tochiro Oyama: dalla nuova caverna alla grande valle verde 6.6 Tadashi e Yuki, la rinascita di Atena 6.7 Alkadia, Prometeo memore di Epimeteo e Gea 6.8 Met, la canzone di Hiroshima 6.9 Kirita, la scintilla di Atena torna a brillare con quella di Efesto 6.10 Mayu, l’assolutezza dell’imperativo jonasiano 6.11 Ikaru e Vina come Deucalione e Pirra: la speranza del Pianeta Umano
Conclusioni

Introduzione della tesi

Argomento di questo scritto è il conflitto tra evoluzione biologica ed evoluzione culturale, determinato dallo sviluppo della seconda che, procedendo ad un ritmo lineare e cumulativo, ha soppiantato la prima, stabilizzatasi con la nascita della specie Homo sapiens ormai più di centomila anni fa. L’evoluzione culturale è a sua volta divisibile in evoluzione sociale ed evoluzione tecnologica; è stata proprio la seconda, concernente tutte le nostre estensioni, a decollare e a sfuggire al nostro controllo, tanto da poter parlare di “iperestensione culturale”, termine coniato dallo scienziato americano David P. Barash. Soggetto centrale dell’evoluzione tecnologica è la moderna tecnica, il cui sviluppo, determinato da dinamiche storiche, filosofiche ed antropologiche sviluppatesi in seno all’Europa, è l’oggetto del primo capitolo. Nel secondo si analizza come proprio la tecnica, dispiegandosi in maniera via via sempre più planetaria, abbia mutato radicalmente il volto del Giappone, giunto in un certo senso “vergine” all’incontro con essa in seguito alla sua particolare situazione storica e culturale. Un processo, questo, che vede il suo culmine nell’uso della bomba atomica da parte degli Stati Uniti contro il paese del Sol Levante. Oggetto del terzo capitolo è il prodotto culturale fantascientifico d’animazione nipponico, che costituisce a nostro avviso l’esempio più significativo dell’immaginario determinato dall’iperestensione culturale. Tramite esso, il Giappone ha elaborato gli “anticorpi” necessari ad assorbire il suo processo di drastica e coatta modernizzazione. Oggetto dei successivi tre capitoli sono altrettanti case histories: Conan il ragazzo del futuro, Kyashan il ragazzo androide e Capitan Harlock. Ragione della scelta è la natura stessa delle tre serie in questione, ognuna dotata di una propria specificità ed originalità che le rendono altamente significative ed uniche nel loro genere. Oltre, naturalmente, alla loro capacità di analizzare la questione oggetto di questo lavoro in maniera a nostro avviso ineguagliabile ed ineguagliata.

Paolo Coccia