Una nuova ricerca, basata sulla variabilità genetica combinata ad uno studio morfometrico su crani provenienti da diverse parti del mondo, ha fornito nuove prove in favore della tesi secondo cui l'uomo avrebbe un'unica origine, il continente africano.
Riguardo l'origine della nostra specie si contrappongono due teorie contrastanti: la prima, sostiene che tutte le popolazioni attuali derivino da un solo ed antico ceppo africano poi diffusosi in tutto il globo, mentre la seconda, la teoria dell'origine multipla, afferma che in varie regioni del pianeta l'Homo erectus si sia evoluto in Homo sapiens.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature e condotto da un gruppo di ricercatori della University of Cambridge, ha preso in considerazione due tipi di analisi: una di carattere genetico, che ha riguardato la variabilità nei diversi genomi, e un'altra di carattere antropometrico, che si è focalizzata su 37 caratteri morfometrici del cranio. I crani utilizzati, per un totale di circa 6000, sono stati scelti da musei e università di tutto il mondo.
Entrambe le analisi forniscono risultati concordi: sia la variabilità genetica che quella fenotipica si modificano in accordo con il percorso effettuato dalla nostra specie nel processo di popolamento del pianeta. Alla variabilità a livello di DNA corrisponde dunque una variabilità riscontrabile nei tratti anatomici considerati. I ricercatori hanno in seguito ripetuto le analisi, sottolineando come i dati non concordino con l'ipotesi dell'origine multipla.
Più precisamente, dallo studio emerge anche la regione più probabile dove vissero i primi veri antenati dell'Homo sapiens: si tratta dell'Africa centrale al sud del deserto del Sahara.
Lo studio è stato realizzato grazie ai finanziamenti della Biotechnology and Biological Sciences Research Council (BBSRC).
Andrea Romano
Qui troverete avvisi, comunicazioni, segnalazioni su tutte le novita' che potrebbero interessarvi: articoli, libri, eventi, temi controversi, bibliografie, dossier, ecc....
Thursday, July 19, 2007
La volpe artica e' ... mobile!
Da un'analisi genetica sulle volpi artiche che abitano l'isola Bylot, nel Territorio canadese di Nunavut, emerge un dato interessante legato alle abitudini di accoppiamento di questi canidi.
Alcuni ricercatori della University of Alberta e della University of Quebec, guidati dalla biologa Lindsey Carmichael, hanno analizzato, attraverso una tecnica denominata microsatellite DNA fingerprinting, le caratteristiche genetiche di 49 esemplari di Alopex lagopus, prelevati da otto diverse tane. I risultati, recentemente pubblicati sul Canadian Journal of Zoology, minano l'idea finora radicata di una pressoche' totale monogamia di questo animale, proponendo al suo posto un modello comportamentale, in fatto di accoppiamento e riproduzione, assai piu' complesso e legato alle condizioni ambientali e di isolamento della popolazione in esame. I dati genetici mostrerebbero che, mentre il 75% delle cucciolate sarebbero effettivamente composte da piccoli che hanno madre e padre in comune, il restante 25% deriverebbe dal comportamento poliandrico delle femmine, che porta a paternita' multiple all'interno della medesima cucciolata. Una cucciolata, in particolare, fornisce per la prima volta la prova genetica certa di questo comportamento sessuale.
Qual e' il vantaggio? Questa promiscuita' sessuale permette alle femmine di incrementare la diversita' genetica della propria cucciolata stagionale, aumentando la probabilita' di produrre almeno un cucciolo meglio attrezzato per la sopravvivenza.
Paola Nardi
Alcuni ricercatori della University of Alberta e della University of Quebec, guidati dalla biologa Lindsey Carmichael, hanno analizzato, attraverso una tecnica denominata microsatellite DNA fingerprinting, le caratteristiche genetiche di 49 esemplari di Alopex lagopus, prelevati da otto diverse tane. I risultati, recentemente pubblicati sul Canadian Journal of Zoology, minano l'idea finora radicata di una pressoche' totale monogamia di questo animale, proponendo al suo posto un modello comportamentale, in fatto di accoppiamento e riproduzione, assai piu' complesso e legato alle condizioni ambientali e di isolamento della popolazione in esame. I dati genetici mostrerebbero che, mentre il 75% delle cucciolate sarebbero effettivamente composte da piccoli che hanno madre e padre in comune, il restante 25% deriverebbe dal comportamento poliandrico delle femmine, che porta a paternita' multiple all'interno della medesima cucciolata. Una cucciolata, in particolare, fornisce per la prima volta la prova genetica certa di questo comportamento sessuale.
Qual e' il vantaggio? Questa promiscuita' sessuale permette alle femmine di incrementare la diversita' genetica della propria cucciolata stagionale, aumentando la probabilita' di produrre almeno un cucciolo meglio attrezzato per la sopravvivenza.
Paola Nardi
Altruista a chi?
L'altruismo non è una qualità solo umana
In un articolo di commento sull'ultimo numero di Plos biology, il grande primatologo Frans de Waal (voce di Wikipedia) insiste su un suo cavallo di battaglia. Le differenze tra uomini e scimpanzé sono veramente poche, e anche tratti molto "evoluti" del comportamento umano hanno antecedenti in quello dello scimpanzé. Specialmente rilevanti sono i comportamenti positivi, come l'altruismo per così dire gratuito, cioè che non si aspetta nessun tipo di ritorno per un atto generoso. de Waal illustra con dovizia di particolari e citazioni quanto quest'impostazione sia per così dire specista, e che quindi anche in altre specie (nelle citazioni ci sono anche riferimenti ad articoli su ratti, oltre che sui primati) possa esistere l'altruismo gratuito. La spiegazione di de Waal, che afferma come la selezione naturale ha prodotto un meccanismo prossimo che però tiene presente anche scopi futuri, non è del tutto soddisfacente: i comportamenti altruistici potrebbero infatti anche essere dovuti a un'estensione di comportamenti propri di un gruppo, quindi possano anche essere definiti altruismo reciproco - sensu Trivers - rediretto. Ma tutto sommato anche soltanto rivolgere l'attenzione a un fenomeno quasi dimenticato non può che essere utile per capire i comportamenti delle scimmie, e in ultima analisi anche i nostri.
Marco Ferrari
In un articolo di commento sull'ultimo numero di Plos biology, il grande primatologo Frans de Waal (voce di Wikipedia) insiste su un suo cavallo di battaglia. Le differenze tra uomini e scimpanzé sono veramente poche, e anche tratti molto "evoluti" del comportamento umano hanno antecedenti in quello dello scimpanzé. Specialmente rilevanti sono i comportamenti positivi, come l'altruismo per così dire gratuito, cioè che non si aspetta nessun tipo di ritorno per un atto generoso. de Waal illustra con dovizia di particolari e citazioni quanto quest'impostazione sia per così dire specista, e che quindi anche in altre specie (nelle citazioni ci sono anche riferimenti ad articoli su ratti, oltre che sui primati) possa esistere l'altruismo gratuito. La spiegazione di de Waal, che afferma come la selezione naturale ha prodotto un meccanismo prossimo che però tiene presente anche scopi futuri, non è del tutto soddisfacente: i comportamenti altruistici potrebbero infatti anche essere dovuti a un'estensione di comportamenti propri di un gruppo, quindi possano anche essere definiti altruismo reciproco - sensu Trivers - rediretto. Ma tutto sommato anche soltanto rivolgere l'attenzione a un fenomeno quasi dimenticato non può che essere utile per capire i comportamenti delle scimmie, e in ultima analisi anche i nostri.
Marco Ferrari
Breve introduzione alla teoria dell'evoluzione
Il quotidiano Repubblica, mercoledi 27 giugno ha pubblicato la prima parte di una breve introduzione alla teoria evolutiva cui ne seguiranno altre. I testi sono curati da Luigi e Luca Cavalli Sforza che non hanno bisogno di presentazioni.
L'argomento è svolto con estrema chiarezza, rigore e semplicità.
Ecco i primi tre appuntamenti di lettura.
Prima puntata
Il segreto della vita. Il principio è l'autoriproduzione, 27 giugno 2006
Seconda puntata
La scoperta del monaco Mendel. Perchè i figli assomigliano ai genitori, 12 luglio 2007
Terza puntata
Come muta e migliora una specie, 18 luglio 2007
Prossime puntate................
Paolo Coccia
L'argomento è svolto con estrema chiarezza, rigore e semplicità.
Ecco i primi tre appuntamenti di lettura.
Prima puntata
Il segreto della vita. Il principio è l'autoriproduzione, 27 giugno 2006
Seconda puntata
La scoperta del monaco Mendel. Perchè i figli assomigliano ai genitori, 12 luglio 2007
Terza puntata
Come muta e migliora una specie, 18 luglio 2007
Prossime puntate................
Paolo Coccia
Fascicolo di Palaeontology dedicato alla macroevoluzione. Testi liberamente disponibili
Palaeontology. January 2007, Vol. 50, Issue 1, Page 1-303
Review papers on macroevolution presented at the 50th Annual Meeting of the Palaeontological Association, Sheffield, December 2006
Ecco il sommario degli articoli più significativi:
AUTECOLOGY AND THE FILLING OF ECOSPACE: KEY METAZOAN RADIATIONS by RICHARD K. BAMBACH, ANDREW M. BUSH and DOUGLAS H. ERWIN
pages 1–22
HOW DID LIFE BECOME SO DIVERSE? THE DYNAMICS OF DIVERSIFICATION ACCORDING TO THE FOSSIL RECORD AND MOLECULAR PHYLOGENETICS by MICHAEL J. BENTON and BRENT C. EMERSON
pages 23–40
MACROEVOLUTION AND MACROECOLOGY THROUGH DEEP TIME by NICHOLAS J. BUTTERFIELD
pages 41–55
DISPARITY: MORPHOLOGICAL PATTERN AND DEVELOPMENTAL CONTEXT by DOUGLAS H. ERWIN
pages 57–73
IS MACROEVOLUTION MORE THAN SUCCESSIVE ROUNDS OF MICROEVOLUTION? by TODD GRANTHAM
pages 75–85
SCALE AND HIERARCHY IN MACROEVOLUTION by DAVID JABLONSKI
pages 87–109
THE MACROEVOLUTIONARY CONSEQUENCES OF ECOLOGICAL DIFFERENCES AMONG SPECIES by MARK A. McPEEK
pages 111–129
Paolo Coccia
Review papers on macroevolution presented at the 50th Annual Meeting of the Palaeontological Association, Sheffield, December 2006
Ecco il sommario degli articoli più significativi:
AUTECOLOGY AND THE FILLING OF ECOSPACE: KEY METAZOAN RADIATIONS by RICHARD K. BAMBACH, ANDREW M. BUSH and DOUGLAS H. ERWIN
pages 1–22
HOW DID LIFE BECOME SO DIVERSE? THE DYNAMICS OF DIVERSIFICATION ACCORDING TO THE FOSSIL RECORD AND MOLECULAR PHYLOGENETICS by MICHAEL J. BENTON and BRENT C. EMERSON
pages 23–40
MACROEVOLUTION AND MACROECOLOGY THROUGH DEEP TIME by NICHOLAS J. BUTTERFIELD
pages 41–55
DISPARITY: MORPHOLOGICAL PATTERN AND DEVELOPMENTAL CONTEXT by DOUGLAS H. ERWIN
pages 57–73
IS MACROEVOLUTION MORE THAN SUCCESSIVE ROUNDS OF MICROEVOLUTION? by TODD GRANTHAM
pages 75–85
SCALE AND HIERARCHY IN MACROEVOLUTION by DAVID JABLONSKI
pages 87–109
THE MACROEVOLUTIONARY CONSEQUENCES OF ECOLOGICAL DIFFERENCES AMONG SPECIES by MARK A. McPEEK
pages 111–129
Paolo Coccia
L'ingegno degli oranghi
Nonostante non presenti una forma definita, gli oranghi utilizzano l'acqua come un normale strumento per ottenere il cibo.
Gli oranghi di Sumatra (Pongo abelii) sono in grado di utilizzare l'acqua come uno strumento per riuscire ad entrare in possesso di noccioline. Un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia ha documentato, tramite un video e un articolo pubblicato sulla rivista Biology Letters questo ingegnoso comportamento.
I cinque esemplari oggetto di studio dovevano recuperare una nocciolina posizionata in un tubo sottile che non consentiva l'ingresso delle mani, avendo a disposizione solamente dell'acqua e nessun recipiente per il travaso. Gli oranghi hanno trasportato il liquido con la bocca ed hanno sfruttato il galleggiamento della nocciolina per prendere e gustare il meritato premio, dimostrando una notevole intelligenza.
Andrea Romano
Gli oranghi di Sumatra (Pongo abelii) sono in grado di utilizzare l'acqua come uno strumento per riuscire ad entrare in possesso di noccioline. Un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia ha documentato, tramite un video e un articolo pubblicato sulla rivista Biology Letters questo ingegnoso comportamento.
I cinque esemplari oggetto di studio dovevano recuperare una nocciolina posizionata in un tubo sottile che non consentiva l'ingresso delle mani, avendo a disposizione solamente dell'acqua e nessun recipiente per il travaso. Gli oranghi hanno trasportato il liquido con la bocca ed hanno sfruttato il galleggiamento della nocciolina per prendere e gustare il meritato premio, dimostrando una notevole intelligenza.
Andrea Romano
Nuovo fascicolo di Molecular Ecology
Molecular Ecology ha appena pubblicato una seconda serie di articoli derivati dal simposio sulla genetica della speciazione organizzato la scorsa estate dalla American Genetics Association (vedi l'articolo che avevo scritto tempo fa per Pikaia
Tra gli articoli appena pubblicati ne segnalo due, quello sulla speciazione dei ciclidi dei laghi vulcanici e quello sulle palme nelle isole oceaniche.
Il link per l'ultimo volume di Molecular Ecology e' al sito http://www.blackwell-synergy.com/toc/mec/16/14.
Francesco Santini
Tra gli articoli appena pubblicati ne segnalo due, quello sulla speciazione dei ciclidi dei laghi vulcanici e quello sulle palme nelle isole oceaniche.
Il link per l'ultimo volume di Molecular Ecology e' al sito http://www.blackwell-synergy.com/toc/mec/16/14.
Francesco Santini
GeoPhyloBuilder
Questo programma e' incredibilmente utile per chi si occupa di biogeografia e/o speciazione
GeoPhyloBuilder for ARCGIS is an extension for ERSI ArcGIS that creates a spatial network, a geophylogeny, from a tree file and associated geographical data. Inferred nodes are positioned at the spatial centroid daughter nodes and tree depths assigned to z-values allowing rapid 3D visualization. Geophylogenies may be created as ArcGIS geodatabase feature datasets, set of shapefiles or in KML format for viewing in Google Earth. An ArcGIS license is required to run the software.GeoPhyloBuilder can be downloaded from http://www.nescent.org/informatics/download.php?software_id=1Examples and help are available from the GeoPhyloBuilder pages of the EvoViz Wiki https://www.nescent.org/wg_EvoViz/GeoPhyloBuilder#Software_InformationReference: Kidd DM and Lui X (in press). GEOPHYLOBUILDER 1.0: an ArcGIS extension for creating 'geophylogenies'.Best wishesDavid Kidd dk @nescent.org
Francesco Santini
p.s.
per i biogeografi segnalo anche Cartographer, che fa parte di Mesquite il nuovo progetto dei fratelli Maddison (quelli di MacClade). Mesquite e' davvero bello!Cartographer e' abbastanza facile da usare , si clicca sui bottoni per la maggior parte delle analisi standard. anche lui plotta dei bellissimi alberidirettamente su Googleheart ed il risultato e graficamente molto bello! non sono sicuro si agia' aivlabel, perche' me lo hanno insgenato ad un corso. s non lo e' lo sara' presto.
Omar Rota Stabelli
GeoPhyloBuilder for ARCGIS is an extension for ERSI ArcGIS that creates a spatial network, a geophylogeny, from a tree file and associated geographical data. Inferred nodes are positioned at the spatial centroid daughter nodes and tree depths assigned to z-values allowing rapid 3D visualization. Geophylogenies may be created as ArcGIS geodatabase feature datasets, set of shapefiles or in KML format for viewing in Google Earth. An ArcGIS license is required to run the software.GeoPhyloBuilder can be downloaded from http://www.nescent.org/informatics/download.php?software_id=1Examples and help are available from the GeoPhyloBuilder pages of the EvoViz Wiki https://www.nescent.org/wg_EvoViz/GeoPhyloBuilder#Software_InformationReference: Kidd DM and Lui X (in press). GEOPHYLOBUILDER 1.0: an ArcGIS extension for creating 'geophylogenies'.Best wishesDavid Kidd dk @nescent.org
Francesco Santini
p.s.
per i biogeografi segnalo anche Cartographer, che fa parte di Mesquite il nuovo progetto dei fratelli Maddison (quelli di MacClade). Mesquite e' davvero bello!Cartographer e' abbastanza facile da usare , si clicca sui bottoni per la maggior parte delle analisi standard. anche lui plotta dei bellissimi alberidirettamente su Googleheart ed il risultato e graficamente molto bello! non sono sicuro si agia' aivlabel, perche' me lo hanno insgenato ad un corso. s non lo e' lo sara' presto.
Omar Rota Stabelli
Evolution on Ecological Time Scales. A special issue of Functional Ecology
l numero di giugno della rivista Functional Ecology contiene sette articoli sui processi evolutivi che agiscono su scale temporali ecologiche scritti da alcuni dei principali esperti di ecologia evoluzionistica. Tra gli articoli, accessibili gratuitamente anche a coloro che non sono abbonati alla rivista sul sito http://www.blackwell-synergy.com/toc/fec/21/3, segnalo in particolare l'articolo di Hendry e colleghi sulla rapidita' della speciazione ecologica e quello di Ghalambor et al sulla plasticita' fenotipica.
Francesco Santini
Evolution on Ecological Time Scales. A special issue of Functional Ecology. Guest editors: Andrew Hendry, Scott Carroll, and David Reznick.
CONTENTS:
EditorialEvolution on ecological time-scales. S. P. Carroll, A. P.Hendry, D. N. Reznick, C. W. Fox
Adaptive versus non-adaptive phenotypic plasticity and the potential for contemporary adaptation in new environments. C. K. Ghalambor, J. K. McKay, S. P. Carroll, D. N. Reznick
Maternal effects and evolution at ecological time-scales. K. Rasanen, L. E. B. Kruuk
Contemporary evolution of secondary sexual traits in the wild. E. I. Svensson, T. P. Gosden
The multifarious effects of dispersal and gene flow on contemporary adaptation. D. Garant, S. E. Forde, A. P. Hendry
Eco-evolutionary conservation biology: contemporary evolution and the dynamics of persistence. M. T. Kinnison, N. G. Hairston Jr
The speed of ecological speciation. A. P. Hendry, P. Nosil, L. H. Rieseberg
Eco-evolutionary dynamics of communities and ecosystems. G. F. Fussmann, M. Loreau, P. A. Abrams
Francesco Santini
Francesco Santini
Evolution on Ecological Time Scales. A special issue of Functional Ecology. Guest editors: Andrew Hendry, Scott Carroll, and David Reznick.
CONTENTS:
EditorialEvolution on ecological time-scales. S. P. Carroll, A. P.Hendry, D. N. Reznick, C. W. Fox
Adaptive versus non-adaptive phenotypic plasticity and the potential for contemporary adaptation in new environments. C. K. Ghalambor, J. K. McKay, S. P. Carroll, D. N. Reznick
Maternal effects and evolution at ecological time-scales. K. Rasanen, L. E. B. Kruuk
Contemporary evolution of secondary sexual traits in the wild. E. I. Svensson, T. P. Gosden
The multifarious effects of dispersal and gene flow on contemporary adaptation. D. Garant, S. E. Forde, A. P. Hendry
Eco-evolutionary conservation biology: contemporary evolution and the dynamics of persistence. M. T. Kinnison, N. G. Hairston Jr
The speed of ecological speciation. A. P. Hendry, P. Nosil, L. H. Rieseberg
Eco-evolutionary dynamics of communities and ecosystems. G. F. Fussmann, M. Loreau, P. A. Abrams
Francesco Santini
Biologia evolutiva e salute umana
Gli atti multimediali di un simposio appena tenuto
L'American Institute of Biological Science è un'associazione che promuove le ricerche biologichee l'educazione. Dal 2000 ha organizzato una serie di incontro sui più vari argomenti di biologiaed evoluzione e mette on line le presentazioni, in vari formati.Quest'anno l'argomento era "Biologia evolutiva e salute umana"; vi hanno partecipato numerosiesperti del settore, a partire da uno degli iniziatori della disciplina, cioè Randolph Nesse.Il tutto è visibile sia come presentazione video (è necessaria una connessione abbastanza veloce)sia come file mp3 a questo sito senza nessun tipo di registrazione.Gli argomenti sono i più vari, e vanno dalla dinamica evolutiva del tumore(presentata da Martin Nowak) all'evoluzione di virus emergenti. Per chi si interessadi medicina darwinana, un must.Il tutto fa parte di una vera collana di simposi,tutti visibili dal sito della Media library.
Marco Ferrari
L'American Institute of Biological Science è un'associazione che promuove le ricerche biologichee l'educazione. Dal 2000 ha organizzato una serie di incontro sui più vari argomenti di biologiaed evoluzione e mette on line le presentazioni, in vari formati.Quest'anno l'argomento era "Biologia evolutiva e salute umana"; vi hanno partecipato numerosiesperti del settore, a partire da uno degli iniziatori della disciplina, cioè Randolph Nesse.Il tutto è visibile sia come presentazione video (è necessaria una connessione abbastanza veloce)sia come file mp3 a questo sito senza nessun tipo di registrazione.Gli argomenti sono i più vari, e vanno dalla dinamica evolutiva del tumore(presentata da Martin Nowak) all'evoluzione di virus emergenti. Per chi si interessadi medicina darwinana, un must.Il tutto fa parte di una vera collana di simposi,tutti visibili dal sito della Media library.
Marco Ferrari
La rapida evoluzione nell'eterna lotta tra ospiti e parassiti
Straordinario resoconto della potenza della selezione naturale. La proporzione di maschi della farfalla Hypolimnas bolina è aumentata dall'1% al 39% nell'arco di un anno.
Nella popolazione reisdente nell'isola di Savaii, Samoa, della farfalla Hypolimnas bolina, tipico abitante delle isole del Pacifico meridionale, la proporzione di maschi è salita dall'1% a circa il 39% nell'arco di dieci generazioni, per un arco di tempo della durata di un anno.
La causa di questa imponente modificazione della sex-ratio (il rapporto tra individui dei due sessi) è dovuto alla diffusione nella popolazione di un gene che previene l'infezione di un batterio del genere Wolbachia, che uccide gli embrioni di sesso maschile. Questo batterio, che viene trasferito dalla madre direttamente nelle uova, elimina dalle popolazioni quegli individui che non sono "utili" alla propria trasmissione alle generazioni successive, quindi i maschi.
I maschi portatori di questo gene benefico risultano immuni alla Wolbachia e sono dunque in grado di riprodursi con molte femmine e trasferire il proprio patrimonio genetico, comprendente il gene che conferisce la resistenza, alla prole, che a sua volta risulterà immune. La conseguenza di questo processo è la rapida diffusione del gene mutato nella popolazione.
Non è ancora chiaro ai ricercatori della University of California, Berkeley, e della University College London, che hanno svolto la ricerca, se tale gene vantaggioso sia insorto nella popolazione tramite una mutazione o sia stato introdotto da un evento migratorio da parte di individui portatori.
E' chiaro, invece, che si tratta di un cambiamento evolutivo di una velocità impressionante: una modificazione della frequenza allelica così rapida non era fin'ora mai stata documentata in organismi pluricellulari. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, dimostra che quando una popolazione è sottoposta a pressioni selettive molto intense può rispondere molto velocemente.
I ricercatori fanno notare come il rapporto tra Hypolimnas bolina e Wolbachia sia un tipico rapporto ospite-parassita, che illustra perfettamente il cosiddetto "Principio della Regina Rossa": gli organismi sono in continua evoluzione ma si mantengono sempre nelle medesime relazioni, per l'effetto del processo di coevoluzione.
Dopo la pubblicazione di questo studio, qualcuno ha ancora il coraggio di affermare che non ci sono prove documentate in natura dell'azione della selezione naturale?
Andrea Romano
Nella popolazione reisdente nell'isola di Savaii, Samoa, della farfalla Hypolimnas bolina, tipico abitante delle isole del Pacifico meridionale, la proporzione di maschi è salita dall'1% a circa il 39% nell'arco di dieci generazioni, per un arco di tempo della durata di un anno.
La causa di questa imponente modificazione della sex-ratio (il rapporto tra individui dei due sessi) è dovuto alla diffusione nella popolazione di un gene che previene l'infezione di un batterio del genere Wolbachia, che uccide gli embrioni di sesso maschile. Questo batterio, che viene trasferito dalla madre direttamente nelle uova, elimina dalle popolazioni quegli individui che non sono "utili" alla propria trasmissione alle generazioni successive, quindi i maschi.
I maschi portatori di questo gene benefico risultano immuni alla Wolbachia e sono dunque in grado di riprodursi con molte femmine e trasferire il proprio patrimonio genetico, comprendente il gene che conferisce la resistenza, alla prole, che a sua volta risulterà immune. La conseguenza di questo processo è la rapida diffusione del gene mutato nella popolazione.
Non è ancora chiaro ai ricercatori della University of California, Berkeley, e della University College London, che hanno svolto la ricerca, se tale gene vantaggioso sia insorto nella popolazione tramite una mutazione o sia stato introdotto da un evento migratorio da parte di individui portatori.
E' chiaro, invece, che si tratta di un cambiamento evolutivo di una velocità impressionante: una modificazione della frequenza allelica così rapida non era fin'ora mai stata documentata in organismi pluricellulari. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, dimostra che quando una popolazione è sottoposta a pressioni selettive molto intense può rispondere molto velocemente.
I ricercatori fanno notare come il rapporto tra Hypolimnas bolina e Wolbachia sia un tipico rapporto ospite-parassita, che illustra perfettamente il cosiddetto "Principio della Regina Rossa": gli organismi sono in continua evoluzione ma si mantengono sempre nelle medesime relazioni, per l'effetto del processo di coevoluzione.
Dopo la pubblicazione di questo studio, qualcuno ha ancora il coraggio di affermare che non ci sono prove documentate in natura dell'azione della selezione naturale?
Andrea Romano
Quali trappole si possono incontrare nell'insegnamento della biologia evoluzionistica?
Alcuni concetti in biologia evoluzionistica possono essere fraintesi dagli studenti o manipolati per dimostrare presunte debolezze della teoria dell'evoluzione. Il sito "Understanding Evolution for teachers" ci aiuta ad identificare questi concetti evitando quindi pericolose trappole.
La biologia evoluzionistica, sebbene possa sembrare una disciplina semplice, presenta alcuni concetti ed alcuni esempi che si possono prestare a fraintendimenti o forzature. Il riuscire a rimuovere questi possibili ostacoli didattici ha oggi un'enorme importanza non solamente per assicurare agli studenti una corretta comprensione della teoria dell'evoluzione, ma anche per permettergli di distinguere tra teorie scientifiche e pseudo-scientifiche.
A tale scopo sul sito Understanding Evolution for teachers è presente una guida alle “trappole” in cui potrebbe cadere un docente di biologia evoluzionistica. In particolare la pagina How to Avoid Potential Pitfalls presenta semplici suggerimenti su come evitare di cadere (o far cadere i propri studenti) in errore durane le lezioni.
Tra i numerosi suggerimenti ve ne sono due che a mio avviso sono di estrema importanza: distinguere il concetto di progresso da quello di evoluzione ed evitare di descrivere l’evoluzione come un processo che va da forme semplici a forme complesse. Quante volte vi sarà capitato di sentire dire da uno studente che l’uomo è l’organismo più progredito o complesso tra i viventi? Non sarebbe male riuscire a mostrare agli studenti come l’aumento di complessità non sia a priori una caratteristica favorita dall’evoluzione, oltre che è estremamente difficile definire il concetto stesso di complessità. Inoltre il vedere l’uomo come l’animale più progredito sulla terra ricorda maggiormente una sorta di eco creazionista che una conclusione supportata da dati scientifici.
Gli ultimi due aspetti che vorrei segnalare, tra quelli presenti nell’elenco proposto dal sito Understanding Evolution for teachers, sono legati al favorire negli studenti la distinzione tra il concetto di teoria e di ipotesi e nel distinguere la differenza tra il credere e l’accettare una teoria.
Per quanto concerne il primo punto, l’evoluzione non è un’ipotesi, ma una teoria ovvero una formulazione sistematica di principi scientifici volti a spiegare come i viventi sono cambiati nel tempo. Si parla quindi di teoria dell’evoluzione non perché vi siano dubbi sulla sua esistenza, ma perché serve un insieme organico e sperimentalmente dimostrato di principi per spiegare l’evoluzione dei viventi. L’affermazione “l’evoluzione è solamente una teoria” usata per sostenere che l’evoluzione non è sperimentalmente dimostrata rappresenta quindi solamente uno strumento per deformare la realtà dei fatti. Può essere utile ricordare che anche la gravitazione è una teoria, ma nessuno si lancerebbe dalla finestra al grido di “tanto è solo una teoria”.
Per quanto riguarda il secondo aspetto è importante ricordare che non si crede in una teoria scientifica, per cui andrebbero evitate espressioni del tipo “io credo nell’evoluzione” e distinguere il processo che porta ad accettare una teoria (che implica un’analisi critica di dati) dal credere in qualche cosa (che significa accettare come tale un evento non necessariamente dimostrabile).
Il sito Understanding Evolution for teachers è realmente ben fatto, per cui non mi resta che augurarvi buona lettura.
Mauro Mandrioli
La biologia evoluzionistica, sebbene possa sembrare una disciplina semplice, presenta alcuni concetti ed alcuni esempi che si possono prestare a fraintendimenti o forzature. Il riuscire a rimuovere questi possibili ostacoli didattici ha oggi un'enorme importanza non solamente per assicurare agli studenti una corretta comprensione della teoria dell'evoluzione, ma anche per permettergli di distinguere tra teorie scientifiche e pseudo-scientifiche.
A tale scopo sul sito Understanding Evolution for teachers è presente una guida alle “trappole” in cui potrebbe cadere un docente di biologia evoluzionistica. In particolare la pagina How to Avoid Potential Pitfalls presenta semplici suggerimenti su come evitare di cadere (o far cadere i propri studenti) in errore durane le lezioni.
Tra i numerosi suggerimenti ve ne sono due che a mio avviso sono di estrema importanza: distinguere il concetto di progresso da quello di evoluzione ed evitare di descrivere l’evoluzione come un processo che va da forme semplici a forme complesse. Quante volte vi sarà capitato di sentire dire da uno studente che l’uomo è l’organismo più progredito o complesso tra i viventi? Non sarebbe male riuscire a mostrare agli studenti come l’aumento di complessità non sia a priori una caratteristica favorita dall’evoluzione, oltre che è estremamente difficile definire il concetto stesso di complessità. Inoltre il vedere l’uomo come l’animale più progredito sulla terra ricorda maggiormente una sorta di eco creazionista che una conclusione supportata da dati scientifici.
Gli ultimi due aspetti che vorrei segnalare, tra quelli presenti nell’elenco proposto dal sito Understanding Evolution for teachers, sono legati al favorire negli studenti la distinzione tra il concetto di teoria e di ipotesi e nel distinguere la differenza tra il credere e l’accettare una teoria.
Per quanto concerne il primo punto, l’evoluzione non è un’ipotesi, ma una teoria ovvero una formulazione sistematica di principi scientifici volti a spiegare come i viventi sono cambiati nel tempo. Si parla quindi di teoria dell’evoluzione non perché vi siano dubbi sulla sua esistenza, ma perché serve un insieme organico e sperimentalmente dimostrato di principi per spiegare l’evoluzione dei viventi. L’affermazione “l’evoluzione è solamente una teoria” usata per sostenere che l’evoluzione non è sperimentalmente dimostrata rappresenta quindi solamente uno strumento per deformare la realtà dei fatti. Può essere utile ricordare che anche la gravitazione è una teoria, ma nessuno si lancerebbe dalla finestra al grido di “tanto è solo una teoria”.
Per quanto riguarda il secondo aspetto è importante ricordare che non si crede in una teoria scientifica, per cui andrebbero evitate espressioni del tipo “io credo nell’evoluzione” e distinguere il processo che porta ad accettare una teoria (che implica un’analisi critica di dati) dal credere in qualche cosa (che significa accettare come tale un evento non necessariamente dimostrabile).
Il sito Understanding Evolution for teachers è realmente ben fatto, per cui non mi resta che augurarvi buona lettura.
Mauro Mandrioli
Cronaca di una visita all’antimuseo
Daniel Phelps, paleontologo ed evoluzionista, racconta la sua visita al Creation Museum recentemente inaugurato in Kentucky discutendone i punti di forza (pochi) e di debolezza (tanti) riscontrati.
Nel maggio 2007 viene inaugurato in Kentucky (USA) un nuovo museo creazionista: il Creation Museum. Il fatto non sarebbe straordinario (dato che negli Stati Uniti esistevano già altri musei con mission simili) se non fosse per le dimensioni del museo e soprattutto per le spese sostenute per realizzare questo colossale parco dei divertimenti (27 millioni di dollari!!).
L’inaugurazione di questo museo, che ha avuto una enorme visibilità sui mass media di tutto il mondo (Italia compresa), è stata accolta con grande delusione dalla comunità scientifica che vede in questo museo un ennesimo tentativo di distorcere in modo pseudo-scientifico la storia della vita. Ma cosa racconta realmente questo museo?
Daniel Phelps, Presidente della Kentucky Paleontological Society nel suo articolo intitolato The Anti-Museum: An overview and review of the Answers in Genesis Creation Museum ci racconta la sua visita ed analizza in modo critico i percorsi didattici offerti.
Curiosi? Non vi resta che leggere il resoconto di Phelps e ricordare che, qualora vi capitasse di passare una vacanza in Kentucky, ci sono altri musei in cui potrebbe essere più utile investire i vostri soldi.
Mauro Mandrioli
Daniel Phelps The Anti-Museum: An overview and review of the Answers in Genesis Creation Museum. Website del National Center for Science Education.
Nel maggio 2007 viene inaugurato in Kentucky (USA) un nuovo museo creazionista: il Creation Museum. Il fatto non sarebbe straordinario (dato che negli Stati Uniti esistevano già altri musei con mission simili) se non fosse per le dimensioni del museo e soprattutto per le spese sostenute per realizzare questo colossale parco dei divertimenti (27 millioni di dollari!!).
L’inaugurazione di questo museo, che ha avuto una enorme visibilità sui mass media di tutto il mondo (Italia compresa), è stata accolta con grande delusione dalla comunità scientifica che vede in questo museo un ennesimo tentativo di distorcere in modo pseudo-scientifico la storia della vita. Ma cosa racconta realmente questo museo?
Daniel Phelps, Presidente della Kentucky Paleontological Society nel suo articolo intitolato The Anti-Museum: An overview and review of the Answers in Genesis Creation Museum ci racconta la sua visita ed analizza in modo critico i percorsi didattici offerti.
Curiosi? Non vi resta che leggere il resoconto di Phelps e ricordare che, qualora vi capitasse di passare una vacanza in Kentucky, ci sono altri musei in cui potrebbe essere più utile investire i vostri soldi.
Mauro Mandrioli
Daniel Phelps The Anti-Museum: An overview and review of the Answers in Genesis Creation Museum. Website del National Center for Science Education.
Antiossidanti contro le radiazioni
Le specie di uccelli che mantengono alti livelli di antiossidanti riescono a sopravvivere in zone fortemente contaminate da radiazioni. Le specie colorate, quelle che depongono uova di grosse dimensioni e quelle migratrici, invece, risultano molto suscettibili ad esse.
Gli uccelli dotati di colorazioni intense e brillanti sono più sensibili alle radiazioni rispetto alle specie affini dai colori spenti e poco vivaci. Questa è la conclusione di uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Applied Ecology che porta la firma di due mostri sacri dell'ornitologia mondiale, Timothy Mousseau della University of South Carolina in Columbia e Anders Pape Møller della Université Pierre et Marie Curie di Parigi.
La ricerca è consistita in un'analisi comparativa che ha preso in considerazione 57 specie diverse, per un totale di circa 1500 individui, suddivisi in due gruppi: quelli residenti nelle aree forestali nei pressi della centrale nucleare di Chernobyl e quelli che vivono in zone meno contaminate da raziazioni. I risultati indicano che le specie più colorate ma anche quelle che depongono uova di dimensioni maggiori e che compiono notevoli distanze durante le migrazioni risultano più suscettibili alle radiazioni di quelle che non presentano tali caratteristiche. Tutti questi tratti richiedono infatti elevati quantitativi di antiossidanti, molecole che assolvono anche il compito di proteggere le cellule. In particolare, queste molecole eliminano dall'organismo i radicali liberi, sostanze che danneggiano il DNA aumentando il tasso di mutazione, e che sono prodotte dal metabolismo e dall'esposizione a radiazioni. Investire grandi quantità di antiossidanti in queste attività, quindi, ha la conseguenza di limitare il contenuto di tali importanti molecole per la difesa cellulare, rendendo i portatori più vulnerabili ai danni causati dalle radiazioni.
In questo modo, le specie che nelle colorazioni del piumaggio utilizzano carotenodi, risultando gialli, arancioni e rossi, come i rigogoli e le cinciarelle (Parus caeruleus), vivono in popolazioni meno abbondanti nelle zone maggiormente contaminate di quelle con colori scialbi, come prispoloni (Anthus trivialis) e cince more (Periparus ater). I carotenoidi sono infatti degli importanti antiossidanti.
Allo stesso modo, le specie che depongono uova di grandi dimensioni e che migrano in luoghi lontani tendono ad evitare queste aree. Nell'atto della deposizione, infatti, molti carotenodi vengono trasferiti dalla madre nel tuorlo delle uova, elemento che conferisce il tipico colore a questo costituente dell'uovo, per favorire il corretto sviluppo embrionale. Le specie migratrici, come i merli (Turdus merula) e le upupe (Upupa epops), invece, consumando molte risorse energetiche, producono grandi quantità di radicali liberi dal metabolismo e risultano più negativamente influenzati rispetto a cinciallegre (Parus major) e tordi bottacci (Turdus philomelos) che compiono solo brevi spostamenti.
La capacità di conservare antiossidanti sembra essere la chiave per la sopravvivenza in regioni molto colpite da radiazioni, conferendo un grande vantaggio in termini di spazi abitabili in cui c'è meno competizione per le risorse.
Andrea Romano
Gli uccelli dotati di colorazioni intense e brillanti sono più sensibili alle radiazioni rispetto alle specie affini dai colori spenti e poco vivaci. Questa è la conclusione di uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Applied Ecology che porta la firma di due mostri sacri dell'ornitologia mondiale, Timothy Mousseau della University of South Carolina in Columbia e Anders Pape Møller della Université Pierre et Marie Curie di Parigi.
La ricerca è consistita in un'analisi comparativa che ha preso in considerazione 57 specie diverse, per un totale di circa 1500 individui, suddivisi in due gruppi: quelli residenti nelle aree forestali nei pressi della centrale nucleare di Chernobyl e quelli che vivono in zone meno contaminate da raziazioni. I risultati indicano che le specie più colorate ma anche quelle che depongono uova di dimensioni maggiori e che compiono notevoli distanze durante le migrazioni risultano più suscettibili alle radiazioni di quelle che non presentano tali caratteristiche. Tutti questi tratti richiedono infatti elevati quantitativi di antiossidanti, molecole che assolvono anche il compito di proteggere le cellule. In particolare, queste molecole eliminano dall'organismo i radicali liberi, sostanze che danneggiano il DNA aumentando il tasso di mutazione, e che sono prodotte dal metabolismo e dall'esposizione a radiazioni. Investire grandi quantità di antiossidanti in queste attività, quindi, ha la conseguenza di limitare il contenuto di tali importanti molecole per la difesa cellulare, rendendo i portatori più vulnerabili ai danni causati dalle radiazioni.
In questo modo, le specie che nelle colorazioni del piumaggio utilizzano carotenodi, risultando gialli, arancioni e rossi, come i rigogoli e le cinciarelle (Parus caeruleus), vivono in popolazioni meno abbondanti nelle zone maggiormente contaminate di quelle con colori scialbi, come prispoloni (Anthus trivialis) e cince more (Periparus ater). I carotenoidi sono infatti degli importanti antiossidanti.
Allo stesso modo, le specie che depongono uova di grandi dimensioni e che migrano in luoghi lontani tendono ad evitare queste aree. Nell'atto della deposizione, infatti, molti carotenodi vengono trasferiti dalla madre nel tuorlo delle uova, elemento che conferisce il tipico colore a questo costituente dell'uovo, per favorire il corretto sviluppo embrionale. Le specie migratrici, come i merli (Turdus merula) e le upupe (Upupa epops), invece, consumando molte risorse energetiche, producono grandi quantità di radicali liberi dal metabolismo e risultano più negativamente influenzati rispetto a cinciallegre (Parus major) e tordi bottacci (Turdus philomelos) che compiono solo brevi spostamenti.
La capacità di conservare antiossidanti sembra essere la chiave per la sopravvivenza in regioni molto colpite da radiazioni, conferendo un grande vantaggio in termini di spazi abitabili in cui c'è meno competizione per le risorse.
Andrea Romano
All'origine del genoma dei metazoi: il completamento del genoma di un anemone di mare fornisce nuove indicazioni sull'evoluzione del genoma animale
La rivista Science pubblica il primo draft del progetto genoma dell'anemone di mare Nematostella vectensis. Può il genoma di un anemone migliorare la comprensione dell'evoluzione del genoma animale? I primi dati sembrerebbero indicare di si.
Il numero di organismi viventi di cui è a disposizione il progetto genoma completo va crescendo di giorno in giorno. Particolarmente interessante è a tale proposito il fatto che sempre più genomi eucariotici siano stati completamente sequenziati, permettendo quindi alla comunità scientifica di avere sempre più dati per comprendere l’evoluzione del genoma eucariotico e di quello animale in particolare.
Tra i progetti genoma completati, l’ultimo pubblicato appartiene all’anemone di mare Nematostella vectensis ed i dati ottenuti sono molto promettenti, poiché il genoma di questo anemone presenta sorprendenti ed inaspettate somiglianze con il genoma di organismi generalmente ritenuti di maggiore complessità.
In particolare, il gruppo di ricerca coordinato da Nicholas Putnam e Daniel Rokhsar (U.S Department of Energy Joint Genome Institute, California) ha mostrato che quasi 8.000 dei 18.000 geni presenti nel genoma di Nematostella sono presenti anche in organismi a simmetria bilaterale, andando quindi a costituire una sorta di “genoma ancestrale” comune tra tutti i metazoi.
In modo sorprendente, tuttavia, quasi 1300 di questi geni sono assenti dal genoma del moscerino della frutta Drosophila melanogaster e del nematode Caenorhabditis elegans, indicando che nel corso dell’evoluzione il genoma di questi due organismi ha subito profondi riarrangiamenti. Questo dato non può che essere interessante da un punto di vista evoluzionistico, poiché potrebbe ridimensionare il peso di questi due organismi come “buoni” modelli per comprendere l’evoluzione del genoma dei metazoi.
Un secondo dato sorprendente è legato alla scoperta di un tratto di DNA che contiene nell’anemone gli stessi geni presenti nel nostro genoma, nonostante l’ampio intervallo di tempo che separa questi due modelli da un punto di vista filogenetico. A tale riguardo si conferma, invece, uno scarso livello di conservazione della distribuzione genica sia in Drosophila che in Caenorhabditis suggerendo una minore stabilità genomica in questi due invertebrati.
Infine, il genoma di Nematostella contiene, contrariamente a Drosophila e Caenorhabditis, numerosissimi introni, di cui l’80% presenti nelle stesse posizioni anche nel nostro genoma, confermando che il genoma ancestrale dei metazoi era ricco di introni e che in alcuni modelli molti introni sono stati persi nel corso dell’evoluzione.
Nel complesso, i dati ottenuti suggeriscono quindi che Nematostella può realmente fornirci numerose informazioni relative al genoma ancestrale dei metazoi permettendoci quindi di capire come esso si sia evoluto nel tempo. Infine, un aspetto curioso è il fatto che un piccolo e, forse ai più, sconosciuto anemone possa dirci di più sull’evoluzione del nostro genoma rispetto ai notissimi e studiatissimi moscerini della frutta e nematodi.
Mauro Mandrioli
Putnam NH, Srivastava M, Hellsten U, Dirks B, Chapman J, Salamov A, Terry A, Shapiro H, Lindquist E, Kapitonov VV, Jurka J, Genikhovich G, Grigoriev IV, Lucas SM, Steele RE, Finnerty JR, Technau U, Martindale MQ, Rokhsar DS (2007) Sea anemone genome reveals ancestral eumetazoan gene repertoire and genomic organization. Science 317: 86-94.
Il numero di organismi viventi di cui è a disposizione il progetto genoma completo va crescendo di giorno in giorno. Particolarmente interessante è a tale proposito il fatto che sempre più genomi eucariotici siano stati completamente sequenziati, permettendo quindi alla comunità scientifica di avere sempre più dati per comprendere l’evoluzione del genoma eucariotico e di quello animale in particolare.
Tra i progetti genoma completati, l’ultimo pubblicato appartiene all’anemone di mare Nematostella vectensis ed i dati ottenuti sono molto promettenti, poiché il genoma di questo anemone presenta sorprendenti ed inaspettate somiglianze con il genoma di organismi generalmente ritenuti di maggiore complessità.
In particolare, il gruppo di ricerca coordinato da Nicholas Putnam e Daniel Rokhsar (U.S Department of Energy Joint Genome Institute, California) ha mostrato che quasi 8.000 dei 18.000 geni presenti nel genoma di Nematostella sono presenti anche in organismi a simmetria bilaterale, andando quindi a costituire una sorta di “genoma ancestrale” comune tra tutti i metazoi.
In modo sorprendente, tuttavia, quasi 1300 di questi geni sono assenti dal genoma del moscerino della frutta Drosophila melanogaster e del nematode Caenorhabditis elegans, indicando che nel corso dell’evoluzione il genoma di questi due organismi ha subito profondi riarrangiamenti. Questo dato non può che essere interessante da un punto di vista evoluzionistico, poiché potrebbe ridimensionare il peso di questi due organismi come “buoni” modelli per comprendere l’evoluzione del genoma dei metazoi.
Un secondo dato sorprendente è legato alla scoperta di un tratto di DNA che contiene nell’anemone gli stessi geni presenti nel nostro genoma, nonostante l’ampio intervallo di tempo che separa questi due modelli da un punto di vista filogenetico. A tale riguardo si conferma, invece, uno scarso livello di conservazione della distribuzione genica sia in Drosophila che in Caenorhabditis suggerendo una minore stabilità genomica in questi due invertebrati.
Infine, il genoma di Nematostella contiene, contrariamente a Drosophila e Caenorhabditis, numerosissimi introni, di cui l’80% presenti nelle stesse posizioni anche nel nostro genoma, confermando che il genoma ancestrale dei metazoi era ricco di introni e che in alcuni modelli molti introni sono stati persi nel corso dell’evoluzione.
Nel complesso, i dati ottenuti suggeriscono quindi che Nematostella può realmente fornirci numerose informazioni relative al genoma ancestrale dei metazoi permettendoci quindi di capire come esso si sia evoluto nel tempo. Infine, un aspetto curioso è il fatto che un piccolo e, forse ai più, sconosciuto anemone possa dirci di più sull’evoluzione del nostro genoma rispetto ai notissimi e studiatissimi moscerini della frutta e nematodi.
Mauro Mandrioli
Putnam NH, Srivastava M, Hellsten U, Dirks B, Chapman J, Salamov A, Terry A, Shapiro H, Lindquist E, Kapitonov VV, Jurka J, Genikhovich G, Grigoriev IV, Lucas SM, Steele RE, Finnerty JR, Technau U, Martindale MQ, Rokhsar DS (2007) Sea anemone genome reveals ancestral eumetazoan gene repertoire and genomic organization. Science 317: 86-94.
Bibliografia delle opere di S.J. Gould tradotte in italiano. Versione marzo 2007
Ho aggiunto la seguente citazione bibliografica con l'indice completo:
Gould, S. J., 2007. Le pietre false di Marrakech. Appunti di storia naturale. Il Saggiatorepp. 476. Traduzione di Libero Sosio
Paolo Coccia
La bibliografia completa e’ redatta da Paolo Coccia e Marco Ferraguti utilizzando il web e le opere di Gould che ciascuno di noi possiede. L’elenco è continuamente aggiornato con nuove traduzioni e con il reperimento di articoli e testi ancora non rintracciati. Vi invitiamo a farci pervenire pubblicazioni, articoli, testi a noi ancora sconosciuti al fine di segnalarli in questo documento che pertanto va considerato come un "work in progress". Copyright, P. Coccia e M. Ferraguti. Potete utilizzare questa bibliografia per illustrare testi e documenti. Vi preghiamo di citare sempre la fonte e gli autori.
Gould, S. J., 2007. Le pietre false di Marrakech. Appunti di storia naturale. Il Saggiatorepp. 476. Traduzione di Libero Sosio
Paolo Coccia
La bibliografia completa e’ redatta da Paolo Coccia e Marco Ferraguti utilizzando il web e le opere di Gould che ciascuno di noi possiede. L’elenco è continuamente aggiornato con nuove traduzioni e con il reperimento di articoli e testi ancora non rintracciati. Vi invitiamo a farci pervenire pubblicazioni, articoli, testi a noi ancora sconosciuti al fine di segnalarli in questo documento che pertanto va considerato come un "work in progress". Copyright, P. Coccia e M. Ferraguti. Potete utilizzare questa bibliografia per illustrare testi e documenti. Vi preghiamo di citare sempre la fonte e gli autori.
Wednesday, July 04, 2007
Nuovo fascicolo della rivista BIOLOGY AND PHILOSOPHY
E' uscito un nuovo fascicolo della rivista BIOLOGY AND PHILOSOPHY (2007, vol. 22, n. 2). Contiene numerosi articoli e riflessioni sull'ID, sul Papa, sulla speciazione, sul concetto di selezione naturale.
Ecco il sommario:
1 Size doesn't matter: towards a more inclusive philosophy of biology O'Malley, Maureen, Duprè, John
2 Occam's Razor in science: a case study from biogeography Baker, A.
3 Intelligent design and the NFL theorems Hoggstrom, Olle
4 What is natural selection? Brunnander, Bjorn
5 The dimensions, modes and definitions of species and speciation Wilkins, John
6 Evolution, altruism and cognitive architecture: a critique of Sober and Wilson's argument for psychological altruism Stich, Stephen
7 Is the Pope a Catholic? Ghiselin, Michael
8 Reports of the death of the gene are greatly exaggerated Knight, Rob
9 Is ''evolutionary psychology'' even possible? A review of Adapting Minds , by David Buller Ferguson, Sally
Buona lettura,
Paolo Coccia
Ecco il sommario:
1 Size doesn't matter: towards a more inclusive philosophy of biology O'Malley, Maureen, Duprè, John
2 Occam's Razor in science: a case study from biogeography Baker, A.
3 Intelligent design and the NFL theorems Hoggstrom, Olle
4 What is natural selection? Brunnander, Bjorn
5 The dimensions, modes and definitions of species and speciation Wilkins, John
6 Evolution, altruism and cognitive architecture: a critique of Sober and Wilson's argument for psychological altruism Stich, Stephen
7 Is the Pope a Catholic? Ghiselin, Michael
8 Reports of the death of the gene are greatly exaggerated Knight, Rob
9 Is ''evolutionary psychology'' even possible? A review of Adapting Minds , by David Buller Ferguson, Sally
Buona lettura,
Paolo Coccia
Anisn-News Speciale evoluzione
Ritorna prepotentemente alla ribalta, o così sembra, la discussione sull’evoluzione. L’occasione questa volta viene da lontano: un testo viene “misteriosamente” e senza richiesta recapitato gratis dall’Ungheria ad una folta serie di insegnanti di Liceo Scientifico, scelti nel panorama scolastico italiano in diverse sedi ed in diverse regioni italiane.
Si tratta di un voluminoso tomo dal seducente titolo “Atlante dell’Evoluzione” con centinaia di pagine e riccamente illustrato, con annesso CD intitolato "I fossili hanno screditato l'evoluzione" di un certo Adnar Oktar. In questo testo vengono riproposti in modo piuttosto aggressivo temi già noti, ma apparentemente mai sopiti, di creazionismo tout-court, contrapposto all’evoluzionismo, che sarebbe sfociato ne “la violenza, il nazismo e il comunismo, figli diretti del darwinismo”. Apparentemente, si tratta di un vero e proprio programma di divulgazione culturale a livello capillare e, forse, globale.
Questo numero esce con l’intento di chiarire le idee su questo fenomeno e dare alcuni spunti di riflessione a riguardo.
Emanuele Piccioni
ANISN
Si tratta di un voluminoso tomo dal seducente titolo “Atlante dell’Evoluzione” con centinaia di pagine e riccamente illustrato, con annesso CD intitolato "I fossili hanno screditato l'evoluzione" di un certo Adnar Oktar. In questo testo vengono riproposti in modo piuttosto aggressivo temi già noti, ma apparentemente mai sopiti, di creazionismo tout-court, contrapposto all’evoluzionismo, che sarebbe sfociato ne “la violenza, il nazismo e il comunismo, figli diretti del darwinismo”. Apparentemente, si tratta di un vero e proprio programma di divulgazione culturale a livello capillare e, forse, globale.
Questo numero esce con l’intento di chiarire le idee su questo fenomeno e dare alcuni spunti di riflessione a riguardo.
Emanuele Piccioni
ANISN
Paola Bressan. Il colore della luna. Come vediamo e perché. Laterza
Segnalo questo libro per due motivi. Il primo riguarda l'impostazione evoluzionistica data all'argomento e il secondo la prassi, ancora poco applicata sul web, di accostare alla pubblicazione del libro anche un sito web (in questo caso un Blog) per cercare il coinvolgimento dei lettori e avviare così uno scambio reciproco di informazioni sull'argomento direttamente con l'autore!
La scheda del libro la trovate sul sito della Laterza
Scrive l'autrice:
QUESTO LIBRO E' RIVOLTO A CHI PROVA INTERESSE PER LA SCIENZA, PER LA TEORIA DELL'EVOLUZIONE E PER LA PSICOLOGIA; E A TUTTI COLORO CHE SONO CURIOSI DI CAPIRE COME VEDIAMO E PERCHE', ANCHE SE NON SE LO ERANO MAI CHIESTI PRIMA D'ORA.
Dal sito della Laterza riporto:
È opinione comune che il mondo appaia come lo vediamo semplicemente perché è così. Al contrario, la realtà che ci sta davanti è, per intero, una costruzione del nostro cervello. In pagine sorprendenti e curiose, Paola Bressan svela i complessi fondamenti scientifici dei piccoli misteri che costellano la nostra vita quotidiana. Scopriremo come costruiamo il mondo e perché lo costruiamo in questo modo, a partire dalla catena di eventi che precede la percezione visiva, via via fino ai colori, alla tridimensionalità e alla ragione per cui alcune cose ci appaiono in movimento. No, la risposta non è perché sono in movimento.
Indice
Introduzione - 1. La luce - 2. Il sistema visivo - 3. Come vediamo i colori - 4. Come vediamo i grigi - 5. Come vediamo gli oggetti - 6. Come vediamo la profondità - 7. Come vediamo il movimento - Note
Paola Bressan. Il colore della luna. Come vediamo e perché. Laterza,collana I Robinson, pp. 208
Paolo Coccia
La scheda del libro la trovate sul sito della Laterza
Scrive l'autrice:
QUESTO LIBRO E' RIVOLTO A CHI PROVA INTERESSE PER LA SCIENZA, PER LA TEORIA DELL'EVOLUZIONE E PER LA PSICOLOGIA; E A TUTTI COLORO CHE SONO CURIOSI DI CAPIRE COME VEDIAMO E PERCHE', ANCHE SE NON SE LO ERANO MAI CHIESTI PRIMA D'ORA.
Dal sito della Laterza riporto:
È opinione comune che il mondo appaia come lo vediamo semplicemente perché è così. Al contrario, la realtà che ci sta davanti è, per intero, una costruzione del nostro cervello. In pagine sorprendenti e curiose, Paola Bressan svela i complessi fondamenti scientifici dei piccoli misteri che costellano la nostra vita quotidiana. Scopriremo come costruiamo il mondo e perché lo costruiamo in questo modo, a partire dalla catena di eventi che precede la percezione visiva, via via fino ai colori, alla tridimensionalità e alla ragione per cui alcune cose ci appaiono in movimento. No, la risposta non è perché sono in movimento.
Indice
Introduzione - 1. La luce - 2. Il sistema visivo - 3. Come vediamo i colori - 4. Come vediamo i grigi - 5. Come vediamo gli oggetti - 6. Come vediamo la profondità - 7. Come vediamo il movimento - Note
Paola Bressan. Il colore della luna. Come vediamo e perché. Laterza,collana I Robinson, pp. 208
Paolo Coccia
Creazionisti da museo
A fine maggio girò la notizia del Museo della Creazione inaugurato a Petersburg in Kentacky. Sembrava una barzelletta ma purtroppo è la realtà: esiste davvero.
“Il Museo della Creazione è un esperienza unica, una passeggiata nel tempo che mostra gli eventi significantivi, che hanno cambiato la vita nel passato, illuminando l’effetto della storia biblica sul presente e sul futuro del mondo”. Così è presentato il museo nel sito ufficiale.
C’è però chi crede, e sono i più, che di illuminante ci si trovi ben poco. Ne parlò tra i molti anche il New York Times e se ne continua a parlare oggi nei blog.
Leggendo il racconto di George Packer, giornalista del New Yorker's che lo ha visitato, l’esperienza è stata agghiacciante. Nel suo commento Parker dice che “visitando il museo si è forzati a seguire un percorso che sala dopo sala ti porta a seguire la narrazione di come l’abbandono delle scritture abbia portato alla rovina il mondo di oggi”.
La cosa preoccupante che emerge è che ogni anno un 250 mila persone visiteranno il museo, e la maggior parte di questi saranno bambini. “Verranno indottrinati da questo luogo che è un ibrido tra un museo di storia naturale e un centro di propaganda politica”. Per Parker visitare il museo è stato come essere “un dissidente circondato dalle bugie di uno stato totalitarista”.
Pensare che ci sia gente che davvero ritenga possibile che il mondo sia stato creato in una settimana può sembrare assurdo. E forse lo è. Indubbiamente, il fatto che siano stati investiti molti milioni di dollari per realizzare un museo che racconta delle assurdità qualcosa vorrà pur dire. La difesa dell’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole americane e, più in generale, di una visione della vita di tipo naturalistico è sicuramente un argomento caldo.
L’esistenza di un museo che pretende di fare del racconto biblico una narrazione scientifica della storia della vita sulla Terra è senz’altro da non sottovalutare. I più pessimisti, come Parker, sono preoccupati e temono che questo museo influenzerà lo sviluppo della prossima generazione di cristiani nella guerra in atto contro l’America secolare e scientifica. Certamente non c’è da stare allegri.
Chiara Ceci
“Il Museo della Creazione è un esperienza unica, una passeggiata nel tempo che mostra gli eventi significantivi, che hanno cambiato la vita nel passato, illuminando l’effetto della storia biblica sul presente e sul futuro del mondo”. Così è presentato il museo nel sito ufficiale.
C’è però chi crede, e sono i più, che di illuminante ci si trovi ben poco. Ne parlò tra i molti anche il New York Times e se ne continua a parlare oggi nei blog.
Leggendo il racconto di George Packer, giornalista del New Yorker's che lo ha visitato, l’esperienza è stata agghiacciante. Nel suo commento Parker dice che “visitando il museo si è forzati a seguire un percorso che sala dopo sala ti porta a seguire la narrazione di come l’abbandono delle scritture abbia portato alla rovina il mondo di oggi”.
La cosa preoccupante che emerge è che ogni anno un 250 mila persone visiteranno il museo, e la maggior parte di questi saranno bambini. “Verranno indottrinati da questo luogo che è un ibrido tra un museo di storia naturale e un centro di propaganda politica”. Per Parker visitare il museo è stato come essere “un dissidente circondato dalle bugie di uno stato totalitarista”.
Pensare che ci sia gente che davvero ritenga possibile che il mondo sia stato creato in una settimana può sembrare assurdo. E forse lo è. Indubbiamente, il fatto che siano stati investiti molti milioni di dollari per realizzare un museo che racconta delle assurdità qualcosa vorrà pur dire. La difesa dell’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole americane e, più in generale, di una visione della vita di tipo naturalistico è sicuramente un argomento caldo.
L’esistenza di un museo che pretende di fare del racconto biblico una narrazione scientifica della storia della vita sulla Terra è senz’altro da non sottovalutare. I più pessimisti, come Parker, sono preoccupati e temono che questo museo influenzerà lo sviluppo della prossima generazione di cristiani nella guerra in atto contro l’America secolare e scientifica. Certamente non c’è da stare allegri.
Chiara Ceci
Dove va il creazionismo, in un articolo di The Economist
Un articolo del giornale inglese The Economist, uscito in aprile, fa un po' il riassunto del creazionismo fuori dall'America.
Parte dal famoso "Atlante della creazione", i 5 chili di spazzatura di Harun Yahya, per analizzare la situazione nei paesi islamici, in Inghilterra, in Kenya e in altre nazioni (Italia e Brasile in particolare).
Da leggere con attenzione, perché è un ottimo punto di partenza per analisi successive e conseguenze del creazionismo anche in Italia.
Marco Ferrari
Parte dal famoso "Atlante della creazione", i 5 chili di spazzatura di Harun Yahya, per analizzare la situazione nei paesi islamici, in Inghilterra, in Kenya e in altre nazioni (Italia e Brasile in particolare).
Da leggere con attenzione, perché è un ottimo punto di partenza per analisi successive e conseguenze del creazionismo anche in Italia.
Marco Ferrari
L’orologiaio miope e le strane bestie
Un nuovo blog che parla di creature strane, a volte brutte e poco simpatiche: animali, che non sembrano tanto disegnate dal famoso “orologiaio cieco”, quanto da qualcosa di miope e distratto. L'autrice si racconta.
“Questo blog parla di creature strane, a volte brutte e poco simpatiche. Di quegli animali, insomma, non abbastanza fotogenici per i divulgatori televisivi, non abbastanza esemplari per i testi patinati, non abbastanza grandi per essere notati comunque. Di quelle creature, insomma, che non sembrano tanto disegnate dal famoso “orologiaio cieco”, quanto da uno miope e distratto”.
Ecco come descrive il suo blog, L'OROLOGIAIO MIOPE, la sua autrice. Lisa Signorile vive a Londra, per pagare le bollette insegna scienze e per passione si occupa di zoologia. Si interessa in particolare di micromammiferi e al momento lavora a un atlante istologico dei peli dei mammiferi centroamericani. Nel tempo libero fa volontariato per lo zoo di Londra (dove è stata ritratta nella foto).
Ma come le è venuta l’idea del blog? Lisa racconta che “parlando con i visitatori allo zoo e scrivendo su gruppi di discussione che parlano di animali, mi sono resa conto che c'e' molta gente curiosa e che vorrebbe saperne di più, ma spesso i testi che si trovano in giro sono o troppo tecnici o troppo divulgativi, e a me fa piacere condividere quel pochissimo che so”.
Ci ha spiegato che l'insegnamento le e' stato utile per imparare un approccio divulgativo alle scienze naturali, mantenendo però un lato "tecnico",. Allo zoo vede che la gente si entusiasma quando gli descrive le abitudini di questo o quell'animale, e si è quindi detta: "perchè no?".
E così nasce L’orologiaio cieco. Blog simpatico e interessante che racconta le storie curiose proprio di animali bizzarri. "Per me è una attività molto istruttiva: ad ogni post che scrivo imparo anche io sempre qualcosa di nuovo. Diciamo che come hobby lo trovo piu' avvincente che collezionare francobolli...".
Chiara Ceci
“Questo blog parla di creature strane, a volte brutte e poco simpatiche. Di quegli animali, insomma, non abbastanza fotogenici per i divulgatori televisivi, non abbastanza esemplari per i testi patinati, non abbastanza grandi per essere notati comunque. Di quelle creature, insomma, che non sembrano tanto disegnate dal famoso “orologiaio cieco”, quanto da uno miope e distratto”.
Ecco come descrive il suo blog, L'OROLOGIAIO MIOPE, la sua autrice. Lisa Signorile vive a Londra, per pagare le bollette insegna scienze e per passione si occupa di zoologia. Si interessa in particolare di micromammiferi e al momento lavora a un atlante istologico dei peli dei mammiferi centroamericani. Nel tempo libero fa volontariato per lo zoo di Londra (dove è stata ritratta nella foto).
Ma come le è venuta l’idea del blog? Lisa racconta che “parlando con i visitatori allo zoo e scrivendo su gruppi di discussione che parlano di animali, mi sono resa conto che c'e' molta gente curiosa e che vorrebbe saperne di più, ma spesso i testi che si trovano in giro sono o troppo tecnici o troppo divulgativi, e a me fa piacere condividere quel pochissimo che so”.
Ci ha spiegato che l'insegnamento le e' stato utile per imparare un approccio divulgativo alle scienze naturali, mantenendo però un lato "tecnico",. Allo zoo vede che la gente si entusiasma quando gli descrive le abitudini di questo o quell'animale, e si è quindi detta: "perchè no?".
E così nasce L’orologiaio cieco. Blog simpatico e interessante che racconta le storie curiose proprio di animali bizzarri. "Per me è una attività molto istruttiva: ad ogni post che scrivo imparo anche io sempre qualcosa di nuovo. Diciamo che come hobby lo trovo piu' avvincente che collezionare francobolli...".
Chiara Ceci
Una breve introduzione alla teoria dell'evoluzione
Il quotidiano Repubblica, mercoledi 27 giugno ha pubblicato la prima parte di una breve introduzione alla teoria evolutiva cui ne seguiranno altre.
I testi sono curati da Luigi e Luca Cavalli Sforza che non hanno bisogno di presentazioni. L'argomento è svolto con estrema chiarezza, rigore e semplicità.
Vi invito a recuperare il primo articolo....insieme seguiamo il successivo o i successivi contributi.
Paolo Coccia
I testi sono curati da Luigi e Luca Cavalli Sforza che non hanno bisogno di presentazioni. L'argomento è svolto con estrema chiarezza, rigore e semplicità.
Vi invito a recuperare il primo articolo....insieme seguiamo il successivo o i successivi contributi.
Paolo Coccia
Cosa pensano gli scienziati evoluzionisti su religione ed evoluzione
Pensavo che avrebbero sostenuto l'idea di Gould sui due magisteri separati....invece i risultati dell'indagine pubblicata nel fascicolo di Luglio-Agosto di American Scientist (Evolution, Religion and Free Will di Gregory W. Graffin, William B. Provine) mostrano che oltre il 70% dei 149 intervistati hanno una posizione prettamente naturalistica:
la religione è frutto di un adattamento evolutivo!
Paolo Coccia
la religione è frutto di un adattamento evolutivo!
Paolo Coccia
I mattoncini Lego e gli algoritmi evolutivi
The Lego Bridge is a structure made out of Lego bricks that is obtained by an evolutionary algorithm running a computer simulation of the physical properties of Legos.Lo stesso concetto è stato applicato a un albero e una gru.
Paolo Coccia
Paolo Coccia
I maschi attraenti costano di più
Le iguane femmine che trascorrono più tempo nei lek alla ricerca di un maschio migliore perdono molto peso e depongono uova più piccole.
Nel regno animale esistono varie forme di poliginia, quel sisetma socio-sessuale in cui un maschio si accoppia con svariate femmine. Una di queste forme è la poliginia in lek o arene: i maschi si riuniscono in luoghi determinati e difendono una piccola area, che non contiene nulla di attraente per le femmine a parte il machio stesso, nella quale avviene il corteggiamento e l'eventuale copula. Si pensava che questo tipo di comportamento sessuale non avesse particolari conseguenze in termini di dispendio di energie per le femmine, le quali devono solamente scegliere il maschio con cui accoppiarsi tra i tanti presenti nelle vicinanze, senza dover percorrere lunghe distanze.
Uno studio pubblicato sulla rivista PLoS ONE ha dimostrato che le femmine di iguana marina delle Galapagos (Amblyrhynchus cristatus), che si riproducono in lek, possono patire costi energetici ingenti nel processo di selezione del potenziale partner. Un gruppo di ricercatori della Princeton University ha misurato il dispendio energetico delle femmine durante la scelta del compagno, sottolineando che quegli individui che trascorrono più tempo nel lek alla ricerca di un maschio più attraente, perdono buona parte del loro peso corporeo. Altre conseguenze negative di questa attesa è la produzione di uova più piccole, spesso meno vitali, rispetto a quelle delle femmine che si accoppiano prima, e la perdita di tempo che non viene così impiegato per il foraggiamento e la difesa dai predatori. Questa riduzione del peso può far calare fortemente le probabilità di sopravvivenza, soprattutto quando si manifesta il fenomeno di El Nino, che porta ad un riscaldamento delle acque marine superficiali e ad una riduzione della disponibilità di cibo.
Dal momento che l'accoppiamento con maschi di alta qualità comporta questi numerosi svantaggi in termini di sopravvivenza, il vantaggio riproduttivo deve essere perciò maggiore. Si può pensare che i costi siano compensati da un migliore contributo genetico maschile che conferirà ai figli delle iguane una maggiore fitness. Ora il gruppo di studio è impegnato nella quantificazione di questi probabili benefici, con lo scopo di comprendere a fondo i comportamenti sessuali in questa specie e fare luce sull'evoluzione della selezione sessuale, una delle principali forze evolutive.
Per la prima volta, dunque, viene dimostrato sperimentalmente che anche le femmine possono pagare degli ingenti costi se vogliono accoppiarsi con un buon maschio.
L'articolo "High Costs of Female Choice in a Lekking Lizard" è disponibile sul sito PLoS ONE.
Andrea Romano
Nel regno animale esistono varie forme di poliginia, quel sisetma socio-sessuale in cui un maschio si accoppia con svariate femmine. Una di queste forme è la poliginia in lek o arene: i maschi si riuniscono in luoghi determinati e difendono una piccola area, che non contiene nulla di attraente per le femmine a parte il machio stesso, nella quale avviene il corteggiamento e l'eventuale copula. Si pensava che questo tipo di comportamento sessuale non avesse particolari conseguenze in termini di dispendio di energie per le femmine, le quali devono solamente scegliere il maschio con cui accoppiarsi tra i tanti presenti nelle vicinanze, senza dover percorrere lunghe distanze.
Uno studio pubblicato sulla rivista PLoS ONE ha dimostrato che le femmine di iguana marina delle Galapagos (Amblyrhynchus cristatus), che si riproducono in lek, possono patire costi energetici ingenti nel processo di selezione del potenziale partner. Un gruppo di ricercatori della Princeton University ha misurato il dispendio energetico delle femmine durante la scelta del compagno, sottolineando che quegli individui che trascorrono più tempo nel lek alla ricerca di un maschio più attraente, perdono buona parte del loro peso corporeo. Altre conseguenze negative di questa attesa è la produzione di uova più piccole, spesso meno vitali, rispetto a quelle delle femmine che si accoppiano prima, e la perdita di tempo che non viene così impiegato per il foraggiamento e la difesa dai predatori. Questa riduzione del peso può far calare fortemente le probabilità di sopravvivenza, soprattutto quando si manifesta il fenomeno di El Nino, che porta ad un riscaldamento delle acque marine superficiali e ad una riduzione della disponibilità di cibo.
Dal momento che l'accoppiamento con maschi di alta qualità comporta questi numerosi svantaggi in termini di sopravvivenza, il vantaggio riproduttivo deve essere perciò maggiore. Si può pensare che i costi siano compensati da un migliore contributo genetico maschile che conferirà ai figli delle iguane una maggiore fitness. Ora il gruppo di studio è impegnato nella quantificazione di questi probabili benefici, con lo scopo di comprendere a fondo i comportamenti sessuali in questa specie e fare luce sull'evoluzione della selezione sessuale, una delle principali forze evolutive.
Per la prima volta, dunque, viene dimostrato sperimentalmente che anche le femmine possono pagare degli ingenti costi se vogliono accoppiarsi con un buon maschio.
L'articolo "High Costs of Female Choice in a Lekking Lizard" è disponibile sul sito PLoS ONE.
Andrea Romano
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