Saturday, October 27, 2007

I film in cantiere (speriamo prodotti entro il 2009) che si ispireranno alla vita e le opere di Darwin

Eccoli
Annie's Box
Untitled Charles Darwin Project
Evolution's Captain

Annie's Box: director Jon Amiel, writer Randall Keynes, producer Jeremy Thomas, and the production company as Dreamachine and Recorded Picture Company (RPC), and the storyline as "a biog of Darwin by Randal Keynes, the great-great grandson of the Victorian scientist."

Untitled Charles Darwin Project, "an intimate portrait of Charles Darwin," has the same filmmaker credits, but also with John Collee as a writer and not listing Dreamachine as a production company. This movie is based on Randal Keynes' book Annie's Box. Some more information on this film here.
Evolution's Captain, based on Peter Nichols' book of the same name?

Le informazioni provengono dal sito web
http://thedispersalofdarwin.blogspot.com/2007/10/darwin-at-movies-in-2009.html

Paolo Coccia

NATURALMENTE, nuovo fascicolo

E' uscito il fascicolo di settembre della rivista dell'ANISN NATURALMENTE. Tra gli articoli contenuti segnalo i seguenti:
Scienze, storia delle scienze, storia delle idee, Brunella Danesi, Maria Bellucci
Il samurai, il professore e il clown, Marcello Sala
Evoluzione: un’esperienza didattica, Anna Maria Pizzo
Spazio in affitto, Stefano Dalla Casa

Paolo Coccia

Cavalli Sforza commenta le esternazioni razziste di James Watson a Radio Tre Scienza

A Radio Tre Scienza del 18 ottobre Cavalli Sforza ha commentato le esternazioni razziste di James Watson, il famoso scopritore del Dna e premio Nobel per la medicina. 10 minuti di intervista da riascoltare o salvare nel proprio iPod, se si vuole.
In questi giorni Watson ha rassegnato le dimissioni dagli ultimi incarichi che aveva mantenuto al Cold Spring Harbor Lab. Ecco il testo riportato dal New York Times

Sempre su Radi tre Scienza (19 ottobre) ascoltate anche l'intervista a Minelli sulle dimensioni degli esseri viventi.

Paolo Coccia

Quando un blog fa divulgazione

Il messaggio di un blog parla di inevitabilità dell'evoluzione
All'indirizzo seguente è possibile leggere un lunghissimo messaggio, quasi un articolo, che parla di un un problema poco dibattuto, ma molto interessante, per l'evoluzione: alcuni "punti" della storia della vita sono inevitabili? In particolare, la nascita di una forma di vita intelligente e simil-umana, che andrebbe a dominare il pianeta, è quasi un punto obbligato della storia della vita sulla Terra?
Secondo Stephen J. Gould si tratterebbe di una posizione particolarmente antropocentrica, secondo il suo collega e "nemico" Simon Conway Morris, paleontologo inglese, di un inevitabile risultato dell'evoluzione. Il blog Laelaps (è il nome di un dinosauro di cui vedete qui una raffigurazione del grande Charles Knight; il nome non è più valido, ma è molto più affascinante dell'odierno Dryptosaurus) fa un riassunto delle posizioni ma, alla Internet, le arricchisce con link, filmati e interviste.
Da leggere tutto, e con attenzione, perché formisce anche armi per controbattere le posizione creazioniste.

Marco Ferrari

Anche l'evoluzione ricicla: un esempio di riciclaggio creativo a livello genomico

Una recente pubblicazione su Plos Genetics mostra come nel corso dell'evoluzione alcune sequenze considerate "DNA spazzatura" sono state utilizzate per modificare l'espressione di alcuni geni.

Scorrendo la lista delle proposte ricreative offerte dall'asilo di mia figlia ho notato una curiosa attività che va sotto il nome di "riciclaggio creativo". Questa attività consiste nel riutilizzare oggetti inutili (quali imballaggi, bottiglie vuote, etc...) per realizzare oggetti che possano avere una qualche utilità casalinga.

Chiaramente questo tipo di attività non ha solamente applicazioni domestiche, ma talvolta genera opere d'arte, perchè laddove il normale cittadino vede un rifiuto, un artista può vedere una risorsa con cui creare. Il riciclaggio creativo non si applica solo agli oggetti, ma a qualsiasi attività umana, tanto che il web designer e fotografo newyorchese Adam Harvey ha messo a punto uno script capace di leggere e scomporre le stringhe di testo dei messaggi SPAM, utilizzandole per ricostruire composizioni artistiche (realizzando una sorta di "SPAM art").

L'idea di riutilizzare materiale di scarto non è però prerogativa umana, dato che fenomeni di "riciclaggio creativo" sono stati frequenti nel corso dell'evoluzione ed in particolare nell'evoluzione del genoma. Esempi di riciclaggio a livello genomico sono rappresentati dai fenomeni di gene sharing (per cui uno stesso gene viene ad essere utilizzato più volte per svolgere funzioni diverse) e dall'utilizzo di geni portati da virus per realizzare geni utili per le nostre cellule.

Il nostro genoma contiene un'ampia quantità di materiale utile al riciclo; infatti, il genoma di tutti i viventi presenta un'abbondante componente data da sequenze che non codificano per alcuna proteina né hanno scopo regolativo o strutturale. Tutte queste sequenze sono state denominate "DNA spazzatura" perchè non svolgono alcuna funzione utile alle cellule. Nel caso specifico dell'uomo, oltre il 40% del nostro genoma è dato da questa tipologia di sequenze. Cosa farne?

Il più delle volte, le cellule semplicemente non utilizzano queste sequenze ed hanno sviluppato meccanismi per impedire a questi inutili tratti di DNA (e pertanto definiti "sequenze egoiste") di fare danni nel nostro genoma o di aumentare eccessivamente il loro numero per evitare di sprecare risorse per la loro replicazione durante i processi di duplicazione del DNA. In particolare, la maggior parte delle sequenze "egoiste" sono costituite da retrotrasposoni, ovvero tratti di DNA che sono dispersi nel nostro genoma e presenti in un elevatissimo numero di copie tanto da essere definiti come sequenze altamente ripetute. Si può realizzare qualche cosa di utile partendo da questo materiale?L'evoluzione, con occhio da artista, ha saputo trovare una risorsa anche in questa "spazzatura molecolare", riutilizzando alcune di queste sequenze per svolgere funzioni utili alla cellula.

Il numero di ottobre della rivista PLoS Genetics pubblica un articolo che ben dimostra come l'evoluzione possa "tramutare in oro" anche tratti di DNA spazzatura. In particolare, Andrea M. Santangelo, Flavio S. J. de Souza, Luca F. Franchini, Viviana F. Bumaschny, Malcolm J. Low e Marcelo Rubinstein mostrano nel loro articolo, intitolato "Ancient Exaptation of a CORE-SINE Retroposon into a Highly Conserved Mammalian Neuronal Enhancer of the Proopiomelanocortin Gene", che tratti di "DNA spazzatura" sono stati riciclati per svolgere funzioni utili.

Nel loro interessante articolo, gli autori dimostrano che uno dei due elementi di controllo dell'espressione del gene codificante per la proopiomelanocortina (POMC), denominato nPE2, è derivato da DNA spazzatura e nel caso specifico da un retrotrasposone.

Il gene codificante per la proopiomelanocortina è molto importante non solo nell'uomo, ma anche in altri metazoi, poiché dalla proteina codificata da questo gene derivano numerosi peptidi bioattivi (tra cui l'ormone adenocorticotropo e la beta-endorfina) per cui è molto importate regolarne l'espressione. Nell'uomo, ad esempio, l'espressione di questo gene a livello ipotalamico è regolata da un elemento denominato nPE2. Questo elemento è altamente conservato ed è presente nei mammiferi placentati, nei marsupiali e nei monotremi, mentre è assente negli altri vertebrati. Attraverso una analisi di tipo "paleogenomico" gli autori hanno cercato di indagare l'origine di questa sequenza mostrando come l'elemento nPE2 derivi dal riutilizzo di parte di un retrotrasposone (nello specifico di un retroposone appartenente alla famiglia MAR1).

In questo caso quindi, parte di un retrotrasposone è stata utilizzata per svolgere una funzione ben diversa da quella originale realizzando quindi a livello molecolare un evento di exaptation dove per exaptation (o exattamento) si intende il fatto che un carattere formatosi per una determinata funzione venga "reclutato" per svolgerne una diversa ed indipendente. Questo concetto, proposto nel 1982 da Gould e Vrba, suggerisce che alcune innovazioni apparse durante il corso dell'evoluzione non siano stato il frutto di un processo di selezione verso quella specifica funzione, quanto il riutilizzo a fini diversi di una struttura già esistente. Un ottimo esempio è l’origine dell’ala, la quale ancestralmente funzionava probabilmente come struttura per la termoregolazione per essere stata poi “riciclata” per il volo secondo una sorta di bricolage (Gould, Bravo brontosauro. Riflessioni di storia naturale, Feltrinelli, Milano, 1992).

L'evoluzione non si è però fermata a questo punto, ma gli autori mostrano come successivamente a questo primo evento di riciclaggio creativo, copie dello stesso retrotrasposone siano state riciclate in altre parti del genoma umano sia a livello di esoni che di introni, mostrando come il genoma umano si sia evoluto creando nuovi geni o nuovi elementi di controllo dell'espressione genica riciclando porzioni di DNA sino a quel momento prive di funzione.

L'articolo pubblicato su PLoS Genetics mi ha fatto ricordare un paragrafo scritto da Francois Jacob nel suo indimenticabile libro intitolato "Evoluzione e bricolage" che ben si presta per descrivere il modo in cui l'evoluzione procede:

"Ma, se si vuole giocare con i paragoni, bisogna dire che la selezione naturale opera non come un ingegnere ma come un bricoleur, il quale non sa esattamente che cosa produrrà, ma che recupera tutto quello che trova in giro, le cose più strane e diverse, pezzi di spago o di legno, vecchi cartoni che potrebbero eventualmente fornirgli del materiale: insomma un bricoleur che utilizza tutto ciò che ha sotto mano per farne qualche oggetto utile (pag. 17, Edizione Einaudi, 1978)".

Mauro Mandrioli

Nuove funzioni per vecchi geni

L'evoluzione utilizza gli stessi geni in modi diversi: i geni responsabili delle modificazioni dei colori delle farfalle del genere Heliconius sono quelli che determinano le colorazioni degli occhi dei moscerini.

I gruppo di geni che rende gli occhi dei moscerini della frutta (Drosophyla melanogaster) di colore rosso è anche responabile delle decorazioni del medesimo colore presenti sulle ali delle farfalle della specie Heliconius erato. Questi organismi, originari dell'America centrale e meridionale, sono famosi nel praticare una tipica forma di mimetismo, il mimetismo mulleriano, tramite il quale due o più specie non commestibili tendono ad assomigliarsi in modo da essere evitate da potenziali predatori.

In particolare, per usare le parole del famoso biologo Sean B. Carroll nel suo libro "Infinite Forme Bellissime": "il mimetismo si verifica tra diverse popolazioni geografiche di Heliconius. Specie diverse in una data regione geografica convergono verso uno schema decorativo delle ali simile, mentre diverse popolazioni geografiche di queste stesse specie possono avere schemi decorativi differenti. Per esempio, H. melpomene e H. erato si assomigliano in ciascuna area in Brasile, Ecuador e Perù, ma le diverse varietà geografiche di ciascuna specie hanno schemi decorativi diversi".

Uno studio, condotto da entomologi della University of California di Irvine e pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, ha individuato i geni coinvolti in questa straordinaria capacità di adattamento e modificazione dei colori. Un trascritto codifica per un enzima che controlla la posizione e la sua eventuale modificazione durante lo sviluppo della banda colorata sulle ali anteriori di queste farfalle, mentre un altro determina il colore delle scaglie, le unità fondamentali dei disegni sulle ali. In particolare, quest'ultimo è quello che controlla il colore degli occhi di altri insetti.

Questo studio sottolinea come spesso l'evoluzione si avvalga degli stessi geni per dare origine a fenotipi differenti, semplicemente modificandone la funzione, piuttosto che creandone di nuovi grazie a mutazioni favorevoli. "...la natura - per concludere con le parole di S. B. Carroll - lavora più come uno stagnino, mettendo insieme ed assemblando materiale disponibile e apportando alla struttura continue modifiche e ritocchi nel corso degli eoni, e non come farebbe un ingegnere con un progetto predefinito e attrezzi specializzati. Questo vale anche a livello dei geni, dove troviamo gli stessi "vecchi" geni usati in modo diverso".

Andrea Romano

La visione a colori dei dipnoi

Il dipnoo australiano Neoceratodus forsteri ha la capacità di percepire i colori. Questa caratteristica, fondamentale per la conquista delle terre emerse, non è esclusiva dei tetrapodi ma fu acquisita dai loro predecessori.

I dipnoi, chiamati anche pesci polmonati, sono considerati gli organismi viventi più strettamente imparentati agli attuali tetrapodi. Presentano infatti alcune caratteristiche in comune con i vertebrati terrestri come le coane nasali, o fosse nasali, le pinne carnose sostenute da articolazioni robuste, che costituiscono un abbozzo degli arti dei tetrapodi, e un polmone primitivo, derivante dalla vescica natatoria, che consente loro di incamerare ed utilizzare ossigeno atmosferico. E' proprio quest'ultima caratteristica che ha permesso ai vertebrati di colonizzare le terre emerse.

Un recente studio pubblicato sulla rivista BMC Evolutionary Biology ha evidenziato un ulteriore tratto che accomuna questi organismi ai tetrapodi, differenziandoli maggiormente dai pesci ossei, gli Actinopterygii. Il dipnoo australiano Neoceratodus forsteri è infatti in grado di percepire i colori.

Ricercatori della University of Queensland di Brisbane hanno identificato e confrontato i 5 pigmenti visivi (rh1, rh2, lws, sws1 and sws2) presenti nella retina di Neoceratodus forsteri con quelli di pesci ed anfibi. L'analisi filogenetica sull'evoluzione molecolare dei pigmenti visivi sottolinea una maggior vicinanza evolutiva tra dipnoi ed anfibi, piutosto che tra dipnoi e pesci ossei, disconoscendo la convinzione che i pesci polmonati avessero capacità visive poco sviluppate. In particolare, è stata segnalata in Neoceratodus forsteri la presenza di pigmenti presenti nei coni, gli elementi fotosensibili responsabili della visione diurna (fotopica), oltre che di bastoncelli, che rendono possibile la visione non cromatica (scotopica).

La visione a colori ha favorito la percezione e l'interpretazione dell'ambiente subaereo, favorendone la colonizzazione da parte dei vertebrati, che ereditarono questa importante abilità dai propri predecessori dipnoi.

Andrea Romano

Cince more: infedeltà e successo dei maschi anziani

Nelle coppie monogame di cincia mora (Parus ater) si assiste ad un alto livello di infedeltà. I beneficiari di questo comportamento sono i maschi più vecchi.

La cincia mora (Parus ater) è un piccolo uccello appartenente all'ordine Passeriformes che vive nelle foreste di conifere di Europa e Asia e si riproduce due volte all'anno, una in maggio e una in giugno (specie bivoltina). E' una specie che pratica un sistema socio-sessuale monogamo, con le coppie riproduttive che si mantengono stabili con il passare degli anni. Tuttavia, questa monogamia è solo apparente e non effettiva (monogamia sociale), in quanto i maschi, dopo essersi accoppiati con la propria compagna, vanno in cerca di altre femmine da inseminare. In questo modo, aumentano il numero della propria prole, e quindi la propria fitness, senza dover elargire alcuna forma di cura parentale.

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Bonn ha messo in evidenza come questo comportamento sia molto più vantaggioso per i maschi più vecchi, piuttosto che per quelli alla prima stagione riproduttiva. Gli etologi hanno infatti prelevato campioni di DNA (DNA fingerprinting) da 200 coppie di cince more e dai propri nidiacei, riuscendo ad individuare quali fossero i genitori bioogici di ciascun pulcino, con un basso margine di errore.

Dall'analisi, pubblicata sulla rivista Behavioral Ecology, viene confermata la non monogamia della specie, in quanto all'interno di ogni nidiata sono presenti pulcini nati da copula extra-coppia. Infatti, un nidiaceo su tre presenta un padre esterno alla coppia. In particolare, però, lo studio evidenzia come i maschi più vecchi traggano vantaggio da questi accoppiamenti: gli individui alla prima stagione riproduttiva aumentano il proprio numero di figli mediamente di soli 0,3 pulcini, mentre i maschi anziani di 2 pulcini per stagione, ma i risultati non indicano quale sia la perdita di pulcini propri all'interno del prorpio nido. I ricercatori hanno ripetuto l'esperimento per due anni consecutivi, per valutare possibili perturbazioni esterne, ottenendo i medesimi risultati.

Ma perchè le femmine dovrebbero preferire proprio i maschi più vecchi? La risposta potrebbe essere ricercata nel fatto che maschi più anziani sono stati in grado di sopravvivere a lungo, riuscendo a trovare cibo a sufficienza, evitare i predatori, contenere i parassiti e superare con successo l'inverno, abilità non ancora dimostrate dagli individui giovani. Alla base di questo successo potrebbe esserci una forte componente genetica, quindi ereditabile e per questo appetita dalle fammine, che per la propria prole vogliono i geni migliori.

In questo modo, i maschi anziani possono andare in cerca di copule extra-coniugali senza temere che le proprie compagne accettino di accoppiarsi con altri maschi, a meno che non siano altrettanto prestanti, incrementando notevolmente la propria fitness. I giovani, invece, potrebbero solo essere svantaggiati da un simile comportamento: infatti, verrebbero respinti dalla maggioranza delle femmine, mentre le loro compagne si stanno accoppiando con un maschio più vecchio ed esperto, che lascerà a loro il compito di allevare i propri pulcini con notevole dispendio di tempo ed energie.

Andrea Romano

Comunicare la Scienza

Dal sito RICERCA ITALIANA riporto il saggio del direttore della SISSA di Trieste Stefano Fantoni dal titolo Comunicare la Scienza.
Ecco il Sommario:
Perché, come e a chi comunicare scienza
Le ragioni della comunicazione della scienza
Il Public Understanding of Science
Più scienza per tutti?
Nell'ultimo numero di TuttoScienze del quotidiano La Stampa ha scritto anche l'articolo:
Chi non studia non sopravvive

Paolo Coccia

La marcia indiana

L'India ha compiuto il tragitto tra il Gondwana e l'Eurasia con la velocità elevata di circa 20 cm/anno perchè presenta una litosfera spessa la metà degli altri continenti.

Il subcontinente indiano ha una storia geologica particolare: fino a circa 140 milioni di anni fa faceva parte del supercontinente Gondwana, formatosi dall'aggregazione dei frammenti della Pangea durante il Fanerozoico, dal quale si separò fino a collidere con il continente euroasiatico circa 50 milioni di anni fa, processo che diede origine alla catena montuosa più alta del mondo, l'Himalaya. Dalla frammentazione del Gondwana, oltre l'India, si formarono tutti gli altri odierni continenti che attualmente si trovano nell'emisfero australe: Africa, Australia, Antartide e Sud America.

Da tempo i geologi si chiedono in che modo il subcontinente indiano abbia potuto spostarsi dal Gondwana all'Eurasia all'incredibile velocità media pari a circa 20 cm/anno, una velocità di deriva molto maggiore rispetto a tutti i movimenti geologici mai segnalati. Tramite un recente studio apparso su Nature, un gruppo di ricercatori del GeoForschungsZentrum Potsdam (GFZ), in Germania, e del National Geophysical Research Institute, in India, ha sottolineato che l'insolita velocità di moto è correlata allo spessore della litosfera indiana rispetto a quella delle altri continenti formatisi dal Gondwana.

Grazie all'utilizzo di un innovativo metodo, messo a punto dai ricercatori del GFZ Potsdam e che si è avvalso di onde sismiche, i geologi hanno potuto determinare che la crosta terrestre indiana è spessa solo la metà di quella degli altri continenti. In particolare, l'India ha uno spessore medio di circa 100 Km, mentre gli altri continenti derivati dal Gondwana 200 Km.

Andrea Romano

Collezione completa del mensile Le Scienze

Per esigenze di spazio cedo (al prezzo da concordare) l’intera collezione della rivista mensile Le Scienze, Edizione italiana di Scientific American, a partire dal primo fascicolo del settembre 1968.

La raccolta vorrei preferenzialmente cederla a Universita’, Centri di Ricerca, Biblioteche.

Paolo Coccia pacoccianospam@libero.it
(rimuovere "nospam" dall'indirizzo prima di rispondere)

E' nato il TimeTree Database

E' possibile sapere da quanto tempo è avvenuta la divergenza tra due specie? Il TimeTree Database ci fornisce un aiuto.

Molto spesso non è facile trovare informazioni relative a quando due specie si sono separate nel corso dell'evoluzione, poiché queste informazioni possono essere presenti su articoli difficili da recuperare. Oggi, grazie alla creazione del TimeTree Database sarà invece possibile accedere a queste informazioni gratuitamente tramite internet.
Il database TimeTree è dotato di un motore di ricerca di facile utilizzo che consente di recuperare sia il tempo di divergenza tra due taxa di interesse, che agli articoli di PubMed in cui tali dati sono stati pubblicati, oltre che un riassunto delle statistiche con cui tali tempi sono stati determinati.

La realizzazione di questo database, che contiene al momento circa 3000 tempi di divergenza di tetrapodi (appartenenti a mammiferi, uccelli, anfibi e rettili) è stata possibile grazie al TimeTree Consortium, composto da numerosi esperti internazionali, che costituisce anche un'assicurazione sulla qualità ed attendibilità dei dati contenuti nel database.

I contenuti del database erano stati anticipati in un articolo intitolato "TimeTree: a public knowledge-base of divergence times among organisms", pubblicato da S. Blair Hedges, Joel Dudley e Sudhir Kumar sulla rivista Bioinformatics nel 2006.

Il database sarà periodicamente aggiornato ed a breve sarà possibile per gli utenti inserire direttamente i propri dati nel database. Sino a che questa funzione non sarà attivata, è comunque possibile suggerire dati inviando all'indirizzo e-mail submissions@timetree.org il file pdf dei lavori che riportano i tempi di divergenza di interesse.


Mauro Mandrioli

Wednesday, October 17, 2007

Lo Zebrafish, pesce modello dell'Evo-Devo

Journal of Experimental Zoology Part B: Molecular and Developmental Evolution, una delle principali riviste che si occupa di Evo-Devo, ha pubblicato nel suo fascicolo di settembre 12 articoli scritti da partecipanti al simposio "Zebrafish in a comparative context " che si e' svolto nel gennaio 2006 al congresso della Society for Integrative and Comparative Biology in Orlando, Florida.

Lo zebrafish, Danio rerio, e' ormai uno dei principali organismi modello per la genomica e la biologia dello sviluppo dei vertebrati, ed e' stato il terzo pesce ad avere il suo intero genoma sequenziato.
Gli articoli pubblicati in questo volume trattano di argomenti come la posizione filogenetica di Danio rerio all'interno dei cipriniformi (il gruppo che include anche la carpe ed i pesci rossi), l'evoluzione del genoma di Danio, e lo sviluppo di varie strutture morfologiche come le ossa craniche, le mascelle e le pinne.

Gli articoli possono essere letti al sito http://www3.interscience.wiley.com/cgi-bin/jissue/116317195

Ecco il sommario:
Journal of Experimental Zoology Part B: Molecular and Developmental Evolution, Volume 308B, Issue 5 (15 September 2007)
Considering the zebrafish in a comparative context (p 515-522)
Thomas F. Schilling, Jacqueline WebbZebrafish dentition in comparative context (p 523-549)David W. Stock
The utility of zebrafish for studies of the comparative biology of motor systems (p 550-562)Joseph R. Fetcho
The zebrafish genome in context: ohnologs gone missing (p 563-577)
John H.
PostlethwaitHomology and the evolution of novelty during /Danio/ adult pigment pattern development (p 578-590)
David M. Parichy
Evolution of gastrulation in the ray-finned (actinopterygian) fishes (p 591-608)
Mark S. Cooper, Valerie C. Virta
Morphing the hyomandibular skeleton in development and evolution (p 609-624)
Charles B. Kimmel, Macie B. Walker, Craig T. Miller
Using zebrafish to investigate cypriniform evolutionary novelties: functional development and evolutionary diversification of the kinethmoid (p 625-641)
L. Patricia Hernandez, Nathan Craig Bird, Katie Lynn Staab
Phylogenetic relationships of /Danio/ within the order Cypriniformes: a framework for comparative and evolutionary studies of a model species (p 642-654)
Richard L. Mayden, Kevin L. Tang, Kevin W. Conway, Jörg Freyhof, Sarah Chamberlain, Miranda Haskins, Leah Schneider, Mitchell Sudkamp, Robert M. Wood, Mary Agnew, Angelo Bufalino, Zohrah Sulaiman, Masaki Miya, Kenji Saitoh, Shunping He
Connecting evolutionary morphology to genomics using ontologies: a case study from Cypriniformes including zebrafish (p 655-668)
Paula M. Mabee, Gloria Arratia, Miles Coburn, Melissa Haendel, Eric J. Hilton, John G. Lundberg, Richard L. Mayden, Nelson Rios, Monte Westerfield
Selective asymmetry in a conserved forebrain to midbrain projection (p 669-678)
Yung-Shu Kuan, Joshua T. Gamse, Alexander M. Schreiber, Marnie E. Halpern
Tfap2 transcription factors in zebrafish neural crest development and ectodermal evolution (p 679-691)
Trevor L. Hoffman, Anna L. Javier, Shelley A. Campeau, Robert D. Knight

Francesco Santini

I vantaggi della riproduzione asessuale

Nel rotifero bdelloideo Adineta ricciae, le due copie dei geni dello stesso cromosoma hanno funzioni diverse. Un trucchetto evolutivo che permette a questi organismi di sopravvivere e adattarsi nonostante si riproducano in maniera asessuale da circa 80 milioni di anni.

I rotiferi bdelloidei sono organismi microscopici che si riproducono esclusivamente in maniera asessuale per partenogenesi: esistono quindi solo indiviudi femminili che producono uova diploidi, che si svilupperanno in ulteriori femmine. In particolare, è stato dimostrato che non praticano altro tipo di riproduzione da circa 80 milioni di anni. Quale è il segreto di questi organismi? In che modo sono riusciti a sopravvivere e colonizzare le acque dolci di tutto il mondo senza riprodursi sessualmente? Come hanno fatto ad adattarsi ai diversi ambienti senza poter disporre della ricombinazione genica?

A questo straordinario successo evolutivo ha senza dubbio contribuito la loro capacità di disidratarsi nei momenti di stress idrico ed entrare in dormienza, una condizione che può durare anche molti anni, per poi riprendere vita quando le condizioni ambientali tornano favorevoli. In questo periodo, caratterizzato da un'alta resistenza alle perturbazioni esterne, il loro metabolismo si riduce al minimo necessario e lo sviluppo corporeo si arresta.

Un recente studio, condotto da ricercatori della Cambridege University e pubblicato sulla rivista Science, ha analizzato in che modo un rotifero bdelloideo, Adineta ricciae, riesca ad affrontare la siccità senza bisogno di ricombinazione genica. Un'analisi molecolare delle proteine coinvolte ha sottolineato che, in questi organismi, le due copie dei geni situati sui cromosomi omologhi hanno una sequenza differente e di conseguenza assolvono compiti diversi. Ad esempio, una copia di un particolare gene protegge le proteine dal collassare l'una sull'altra durante il periodo di disidratazione mentre la seconda mantiene intatta la fragile membrana plasmatica che circonda le cellule. Due funzioni allo stesso tempo diverse e complementari tra loro.

Da tempo si sapeva che negli organismi asessuati le diverse copie di un gene non fossero perfettamente identiche, ma per la prima volta è stato dimostrato lo stratagemma evolutivo che consente ai rotiferi bdelloidei di adattarsi a condizioni sfavorevoli senza bisogno del sesso.
Ora questa scoperta potrà essere estesa ad altri geni per valutare se in ulteriori regioni genomiche siano presenti copie dello stesso stesso gene che assolvono funzioni differenti e che siano coinvolte nell'adattamento alle diverse condizioni ambientali. Se la risposta fosse affermativa ci si potrebbe chiedere, ancor più di quanto si faccia oggi, quali siano i vantaggi del sesso, dove per ogni atto riproduttivo si "rinuncia" al 50% della propria fitness.

Andrea Romano

Giornalismo scientifico italiano. Alcuni cattivi esempi

Leggo su un articolo pubblicato oggi sul sito web del Corriere della Sera: Scoperti i resti di un enorme dinosauro. Alto come una palazzo di quattro piani, lungo 34 metri, peso di almeno otto tonnellate.

Lungo 34 metri e pesante 8 tonnellate? Forse una delle zampe pesava 8 tonnellate, perche' immagino che l'animale probabilmente avrà raggiunto il peso di almeno 50/60 tonnellate. Altra perla ieri sul sito web di Repubblica, dove c'erano delle foto di uno squalo definito "gigante". Vista la forma dello squalo si tratta sicuramente di un lamnide, probabilmente del genere Isurus. Il peso dell'animale veniva indicato in circa 380 kg. Come fa quindi un'animale del genere ad essere considerato gigante quando nella stessa famiglia alcune specie (vedi Carcharodon) arrivano ad oltre 3.5 tonnellate?

Domanda alla quale sarei curioso di avere una risposta dai giornalisti. Ma in Italia i fact checkers non esistono?? In passato ho rilasciato diverse interviste a giornalisti canadesi, e tutte le volte una persona che lavorava per il giornale mi ha contattato dopo l'intervista e prima della pubblicazione per verificare che tutti i fatti/dati indicati nell'articolo fossero corretti. E' possibile che i due principali quotidiani italiani pubblichino in continuazione notizie che contengono strafalcioni che anche un bambino di 10 anni con un PC puo' verificare su wikipedia in 5 minuti?
Francesco Santini

Evoluzione simpatrica dei coralli

L'articolo, intitolato A THEORETICAL INVESTIGATION OF SYMPATRIC EVOLUTION OF TEMPORAL REPRODUCTIVE ISOLATION AS ILLUSTRATED BY MARINE BROADCAST SPAWNERS, descrive i risultati di una ricerca sulla speciazione simpatrica nei coralli.

La speciazione simpatrica avviene quando non esistono barriere riproduttive fra le due popolazioni conspecifiche che danno origine alle due nuove specie.
Anche se Darwin credeva nella possibilita' di speciazioni simpatriche, i principali evoluzionisti della sintesi moderna come Ernst Mayr e Theodosius Dobzhansky sostennero in maniera molto efficace l'idea che la quasi totalita' degli eventi di speciazione fossero dovuto ad allopatria (la presenza di barriere geografiche fra le nuove specie).
Negli ultimi anni una serie di studi, sia teorici che empirici, ha dimostrato come la speciazione simpatrica in realta' potrebbe essere molto piu' comune di quanto ritenuto dai padri della sintesi moderna. Lo studio di Tomaiolo e colleghi dimostra come la speciazione simpatrica in organismi marini come i coralli del genere Montastraea puo' avvenire a causa della combinazione di selezione disruptiva e accoppiamento assortativo che questi organismi con variazione temporale nella riproduzione subiscono.

I coralli, infatti si riproducono per fertilizzazione esterna, che avviene quando i gameti vengono rilasciati in maniera sincronizzata dalle varie colonie. Un'aumento della densita' di coralli aumenta la possibilita' di fertilizzazione, ma aumenta anche il rischio di polispermia (la fusione di piu' sperrmi con un'uovo), cosa che causa la morte dell'embrione. L'interazione fra densita' dei coralli, sincronia dell'emissione dei gameti e polispermia puo' allora portare a situazioni nelle quali la speciazione simpatrica diviene possibile.

L'articolo puo' essere visto al sito http://www.blackwell-synergy.com/toc/evo/0/0

Tomaiuolo M, Hansen TF, Levitan DRA THEORETICAL INVESTIGATION OF SYMPATRIC EVOLUTION OF TEMPORAL REPRODUCTIVE ISOLATION AS ILLUSTRATED BY MARINE BROADCAST SPAWNERS.Evolution Int J Org Evolution. 2007 Oct 10

Francesco Santini

La storia evolutiva della vita e i miti delle origini

Presso l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, il prof. Alessandro Minelli, durante l'adunanza solenne del 10 giugno 2007, ha tenuto il discorso ufficiale sul tema:
La storia evolutiva della vita e i miti delle origini

Riporto il primo paragrafo del testo:
Venticinque anni fa – era il 1982 – ricorreva il primo centenario della morte di Charles Darwin. Fu una buona occasione per parlare di evoluzione, e non solo entro la cerchia degli studiosi interessati per professione allo studio del divenire delle forme biologiche. Per molte persone, esposte per la prima volta a questa problematica in modo serio, l’evoluzione biologica fu, anche nel nostro paese, una scoperta. Anzi, una scoperta entusiasmante. Una finestra si apriva infatti sul mondo della vita e della storia, e attraverso questa finestra anche il cosiddetto uomo della strada poteva riconoscere la posizione naturale della nostra specie dentro la folta chioma di un albero annoso, le cui radici affondano in un passato vecchio di almeno tre miliardi d’anni.

Ecco il testo completo in formato PDF

Paolo Coccia

Viaggio nel microcosmo

Segnalo il link della galleria fotografica del premio Nikon: un bellissimo viaggio nel microcosmo tramite fotografie di cellule, embrioni, microrganismi e altro ancora...

Andrea Romano

Il cromosoma paterno che guida la speciazione

In due specie strettamente affini ma in grado di ibridare in natura, la balia nera e la balia dal collare, i geni che controllano la preferenza sessuale femminile e lo sviluppo del piumaggio sono localizzati sullo stesso cromosoma sessuale di origine paterna. Questo stretto legame fisico dovrebbe comportare la totale separazione delle due specie.

Quando popolazioni differenti di una stessa specie vengono separate geograficamente e non entrano in contatto per lunghi periodi c'è la possibilità che la selezione naturale agisca su di esse in maniera diversa, modificandole. Le due popolazioni differenziate possono successivamente rientare in simpatria, comportandosi da due buone specie, in quanto hanno ormai evoluto meccanismi di isolamento riproduttivo pre-copulativi, oppure fondersi nuovamente in un'unica specie, se la selezione naturale non le differenziate a sufficienza.

C'è tuttavia una terza possibilità: le due forme sono diverse ma possono ancora riprodursi tra loro, dando origine a ibridi. Di solito questi godono di una fitness inferiore alle forme parentali e, tramite il processo chiamato rafforzamento, vengono eliminati dalla popolazione tramite la formazione di meccanismi di isolamento riproduttivo pre-copulativi nelle forme parentali.
La balia nera (Ficedula hypoleuca) e la balia dal collare (Ficedula albicollis) si trovano in questa terza situazione. Esse, infatti, condividono una parte dell'areale, coincidente con la regione compresa tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia, dove sono documentati accoppiamenti intrespecifici, anche se le femmine sono fortemente più attratte dai maschi della propria specie. Esistono numerosi studi che trattano questo aspetto della biologia delle due specie.

Un gruppo di ricercatori, guidato da Anna Qvarnström dell'Università di Uppsala, in Svezia, ha indagato quali fossero le basi genetiche delle preferenze sessuali nelle femmine delle due specie, cercando di capire se esse diventeranno del tutto sessualmente isolate o torneranno a formare un'unica specie. Un'analisi genetica, pubblicata su Science, ha permesso agli studiosi di individuare il gene responsabile della scelta sessuale, localizzato sul cromosoma del sesso di origine paterna: il cromosoma Z.

Negli uccelli, contrariamente a quanto avviene nell'uomo, la femmina è il sesso eterogametico, che presenta infatti cromosomi sessuali differenti (i cromosomi Z e W), mentre il maschio è ZZ. I risultati indicano che sul cromosoma Z, proveniente dal padre, sono localizzati anche geni che controllano lo sviluppo del piumaggio specie-specifico, insieme a quello della preferenza sessuale.
Due geni fondamentali per l'identità di una specie, uno legato allo sviluppo di caratteristiche specie-specifiche e quindi al riconoscimento tra membri della medesima specie e l'altro legato alla preferenza sessuale nei confronti di individui della stessa specie, così fisicamente legati indicherebbero, secondo i ricercatori, che la probabilità che la balia nera e la balia dal collare ritornino a costituire un'unica specie sono molto basse. Si dovrebbe quindi osservare una diminuzione degli accoppiamenti interspecifici fino alla totale separazione delle due specie.

Andrea Romano

EVOLUTION: WHAT IT IS AND WHAT IT IS NOT

E' sorprendente come il dibattito sull'evoluzione non cambi registro e impostazione con il passare degli anni.

Leggete questo articolo pubblicato nientemeno che oltre 100 anni fa! L'autore ribadisce l'importanza della teoria dell'evoluzione con argomenti a sostegno ancora validi oggi!!!!!!
The Arena, vol. XVIII, n. 93, pp. 15, August 1897
EVOLUTION: WHAT IT IS AND WHAT IT IS NOT
DR. DAVID STARR JORDAN, President of Leland Stanford Junior University.

...ecco il testo completo in PDF scannerizzato a cura di W. Tozier che ringraziamo.

Paolo Coccia

Dossier Evolution del CNRS

Il CNRS francese ha realizzato questo dossier ricco di immagini e informazioni

Dal sito riporto:
Le dossier Evolution, conçu en collaboration avec le Muséum National d’Histoire Naturelle, fait le point sur les connaissances actuelles et apporte un éclairage particulièrement original sur ce domaine scientifique vaste et passionnant. Le site, structuré en quatre grandes parties, offre une vision riche, ludique et pédagogique de l’Evolution. Paléontologues, généticiens, historiens des sciences, biochimistes apportent leur regard et leur expertise sur ce thème et nous permettent ainsi de mieux comprendre la fabuleuse histoire de l’évolution du monde vivant.

Paolo Coccia

La vita al museo

Inaugurata la nuova sala sul mimetismo al Biolab del Museo di Storia Naturale di Milano.

Insetti foglia, insetti stecco, raganelle, millepiedi, paguri e un meraviglioso camaleonte.Ecco i nuovo ospiti del Biolab, il laboratorio didattico che dal 2005 fa parte del Museo di Storia Naturale di Milano.
La struttura è stata realizzata all’interno del progetto EST-Educare alla Scienza e alla Tecnologia, un progetto rivolto alla scuole che la Fondazione Cariplo da diversi anni sostiene con l’Ufficio Scolastico regionale della Lombardia, la regione Lombardia, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci e il Museo Civico di Storia Naturale in collaborazione con ADM, l’Associazione Didattica Museale.

Un nuovo inquilino al Biolab. L'esemplare di Chamaeleo calyptratus. Ed è proprio ADM che ha ideato, realizzato e gestisce il Biolab e le sue molte meraviglie.La nuova sala degli animali è stata allestita grazie alla partnership con Viridea, il garden center che ha fornito gli animali e collabora con la struttura per la gestione di questo progetto didattico.
La collaborazione è nuova e interessante: un ente come il Museo e una società privata come Viridea che con una divisione nata appositamente, Viridea Educational, mira a promuovere diverse attività di sensibilizzazione e apprendimento su temi naturalisti.Il Biolab e alcuni degli exhibits.
Il Biolab offre alle scuole diversi percorsi: biodiversità ed evoluzione, anatomia e fisiologia comparata e attività sull’atmosfera e il suo inquinamento. La struttura organizza visite anche per il pubblico. Attraverso gli exhibits, i visitatori possono sperimentare la macchina del tuono, scoprire l’interno della cellula e studiare l’albero della vita e molto altro ancora.Un approccio interattivo e dinamico che rende qualsiasi visita al Biolab indimenticabile.

Se in futuro verranno messa a punto altre collaborazioni di questo tipo, sarà possibile portare avanti il completamento del Biolab, arricchendolo altre sale con nuovi percorsi.
Tutto questo nei giardini di Porta Venezia, che con la presenza e le attività del Museo, del Paleolab, del Biolab e del Planetario, si affermano sempre più come i giardini delle scienze.

Chiara Ceci

Allarme, arrivano i rapaci!

Le iguane marine delle Galapagos scappano da potenziali predatori aerei quando sentono i segnali di allarme emessi da un piccolo uccello passeriforme, il cucube.

La capacità di comprendere e rispondere a segnali emessi da individui appartenenti ad un'altra specie è ben conosciuta nel regno animale. Tuttavia, per la prima volta viene segnalata questo comportamento in una specie che non adotta la comunicazione vocale. La specie che riceve il segnale è l'iguana marina (Amblyrhynchus cristatus) mentre quella che lo emette è il cucube delle Galapagos (Nesomimus parvulus), un piccolo uccello dell'ordine dei Passeriformes e della famiglia dei Mimidae.

Le iguane marine trascorrono la maggior parte del loro tempo a brucare le alghe che trovano ancoraggio sulle rocce dei fondali marini a basse profondità e una piccola frazione sulle scogliere fuori dall'acqua per riscaldarsi. E' proprio in questi momenti che risultano più vulneabili agli attacchi di predatori volanti, come gli uccelli rapaci. Quando un rapace si libra nel cielo durante una battuta di caccia, inizia un coro di segnali di allarme emessi dai cucube, una loro potenziale preda. Le iguane hanno "imparato" ad associare il tipico canto di allarme di questi uccelli alla presenza dei rapaci predatori, restando all'erta e precipitandosi in un nascondiglio, diminuendo così le probabilità di essere predati.

Un gruppo di ricercatori della Princeton University ha notato questo comportamento e lo ha testato mediante uno studio sperimentale, riportato sulle pagine della rivista Biology Letters. Gli etologi hanno registrato sia i canti che i segnali di allarme dei cucube e li hanno proposti alle iguane dell'isola di Santa Fe, segnalandone il comportamento. Ebbene, i segnali di allarme aumentavano il livello di allerta dei rettili, inteso come numero di individui che alzavano la testa per guardarsi intorno, del 60% in più rispetto ai normali canti, dimostrando la consequenzialità tra il canto di allarme di Nesomimus parvulus e la risposta antipredatoria delle iguane marine.

Questo è un risultato importante, in quanto le iguane non adottano la comunicazione vocale e può costituire un punto di partenza per future ricerche finalizzate alla comprensione del funzionamento dell'udito di questi animali.

Andrea Romano

Il debole morso della tigre dai denti a sciabola

Una simulazione digitale sottolinea come il morso della tigre dai denti a sciabola fosse poco potente se considerate le sue dimensioni. Nonostante ciò, questo animale rimane uno straordinario predatore.

Nell'immaginario collettivo la tigre dai denti a sciabola o smilodonte (Smilodon californicus) è conosciuta come l'emblema del predatore abile e feroce, in grado di sopraffare una preda in pochi secondi grazie alle sue zanne. Uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science (PNAS) potrebbe mettere in discussione questa visione.
La potenza del morso di questo animale è stato a lungo oggetto di dibattito tra coloro che sostenevano che lo smilodonte avesse un morso molto potente e chi, al contrario, relativamente debole rispetto alle sue dimensioni.

Ricercatori della University of New South Wales e della University of Newcastle hanno eseguito delle simulazioni digitali per testare l'effettiva potenza di tale morso, conoscendo le dimensioni del cranio e le proporzioni tra le varie componenti ossee che lo costituiscono. Si sono avvalsi di una tecnica, chiamata Finite Element Analysis (FEA), di solito usata per simulare i crash test di auto e treni. In questo modo, gli studiosi hanno potuto stabilire la forza esercitata dal morso e, di conseguenza, il possibile modo in cui poteva essere impiegato dalla tigre dai denti a sciabola.
I risultati indicano che questo organismo possedeva un morso piuttosto debole, se si considerano le sue dimensioni corporee. Infatti, poteva raggiungere una lungezza di 2 metri e un peso di 200 Kg, parametri simili a quelli di un leone maschio adulto, ma la potenza del suo morso, secondo la simulazione, era pari a solo un terzo di quella del leone (Panthera leo) attuale.

Questo esito, tuttavia, non implica che lo smilodonte non fosse ugualmente un predatore formidabile. Infatti, essendo un animale nello stesso tempo possente e agile, poteva catturare le sue prede inseguendole e lottando con loro, prima di sferrare il colpo di grazia alla gola con le sue zanne lunghe ed affilate. Un morso del genere, anche se non particolarmente potente, risultava sempre letale.
E' disponibile anche un breve video (in inglese) in cui i ricercatori illustrano la loro scoperta.

Andrea Romano

Quale futuro per le barriere coralline?

A luglio del prossimo anno si terrà a Fort Lauderdale un mini-simposio sulla conservazione delle barriere coralline.

E' stata recentemente pubblicata la prima circolare di presentazione del mini-simposio intitolato "Ecological and evolutionary genomics of coral reef organisms", che si terrà a luglio 2008 a Fort Lauderdale. In particolare, il tema centrale sarà la conservazione delle barriere coralline e a tale scopo si individueranno i problemi attuali delle barriere coralline al fine di definire strategie efficaci di conservazione.

Per quanto concerne le tematiche che saranno discusse, il mini-simposio affronterà primariamente quattro aspetti legati alla possibilità di integrare le recenti acquisizioni in ambito genomico con l'ecologia delle barriere coralline, al fine di capire come monitorare in modo sempre più dettagliato il loro stato di salute, anche in funzione dei recenti cambiamenti climatici.
In programa sono già stati inserite quattro interessanti comunicazioni intitolate:
1) What is the role of genome science in coral reef ecology and evolution, examples from symbiosis, bleaching, disease, microbial communities and phylogenomics? Sandie Degnan (University of Queensland);
2) What genomic approaches are already available for coral reef science? Forest Rohwer (San Diego State University);
3) What are the challenges for integrating global climate data with genomic data? Ove Huegh-Guldbergh (University of Queensland);
4) Do genomic approaches hold promise for developing environmental monitoring? Cheryl Woodley (NOAA).
Al momento è possibile registrarsi per partecipare, oltre che inviare abstract o proposte di intervento.

Mauro Mandrioli

La mitosi delle cellule vegetali e animali

Segnalo due video in cui sono riprese al microscopio le mitosi di una cellula vegetale e di una cellula animale.
Si possono notare i movimenti e le divisioni dei cromosomi in cromatidi e alcune differenze fondamentali tra le due mitosi, come la formazione del fragmoplasto durante la divisione di una cellula vegetale.

Andrea Romano

Creazionismo? Bullshit!

Penn & Teller sono un famoso duo di illusionisti statunitensi. Appartengono alla vasta comunità scettica transnazionale a cui appartengono Richard Dawkins e James Randi e a cui appartenevano Carl Sagan e Stephen Jay Gould.

Penn & Teller sono anche gli autori di un fortunato programma televisivo dal titolo esplicativo "Bullshit!". In questo programma demoliscono in modo divertente ma puntuale il presunto soprannaturale, le leggende metropolitane, e tutti i miti che molte persone danno per scontate. Poteva mancare una puntata dedicata al creazionismo?

Ecco il video

Stefano Dalla Casa

28 episodi video della serie Walking with Prehistoric Beasts

Ciascun episodio presente su YouTube dura tra 3 e 10 minuti e mostra momenti di vita di alcune tra le più antichissime forme di vita che si sono succedute sulla Terra.

Scegliete l'episodio attraverso questo link proveniente da YouTube.

Paolo Coccia