Friday, January 26, 2007

Darwin ancora in televisione!

Venerdi sera, 26 gennaio 2007 dalle 20,30 alle 21,30, Darwin sarà ancora protagonista in una trasmissione televisiva della rete La7.

Parteciperanno alla trasmissione Otto e Mezzo condotta da Giuliano Ferrara e Ritanna Armeni, tra gli altri, Telmo Pievani e Enrico Alleva.
Dopo L'Infedele di Gad Lerner dell'anno scorso un altro appuntamento da non perdere!!!!!!!!!!!Ferrara ha fiuto!!!!!!! Tra pochi giorni cominceranno i Darwin Day in tutta Italia (sembra che l'Italia sia stato uno dei paesi con il maggior numero di Darwin Day rispetto agli altri) e Ferrara vuole essere il primo a "ricordare" Darwin!

Paolo Coccia

IL DARWIN DAY A MILANO

Come ogni anno i protagonisti del dibattito evoluzionistico internazionale si confronteranno fra loro e con il pubblico. In vista delle celebrazioni del bicentenario darwiniano del 2009 la manifestazione, come d’abitudine, abbraccerà linguaggi diversi e sarà composta non soltanto dalle sessioni di convegno, ma anche da serate a tema, spettacoli, laboratori per bambini e per ragazzi.
Lo stile divulgativo, misto agli approfondimenti, sarà calibrato per un pubblico curioso, non necessariamente di addetti ai lavori, con particolare attenzione agli studenti delle scuole superiori e agli universitari, nell’intento di coltivare l’interesse per la cultura scientifica in un paese dove ancora essa non sembra adeguatamente valorizzata. L’edizione 2007 è dedicata a un tema affascinante, che si lega alla gioventù di Darwin e alle sue prime ricerche. Il grande naturalista inglese aveva avuto come influenti maestri i migliori geologi inglesi del suo tempo. I suoi primi appunti, scritti al ritorno dal viaggio con il Beagle, sono fortemente impregnati di osservazioni geologiche. Le sue riflessioni sulle trasformazioni della crosta terrestre, sulle distribuzioni dei fossili, su terremoti e vulcani, sulle origini degli atolli corallini, sono state in qualche modo il crogiuolo intellettuale dentro il quale è nata poi la teoria dell’evoluzione. Discutere di Darwin geologo sarà quindi un ottimo pretesto per illustrare i risultati più recenti delle ricerche sull’evoluzione del pianeta Terra e sulle relazioni fra gli esseri viventi e gli ecosistemi in cui sono immersi.
Un tema, insomma, che connette l’evoluzione della vita con i grandi scenari dell’evoluzione della biosfera, e coinvolge inevitabilmente la questione delicata e urgente dei rapporti fra la specie umana e l’ambiente. Gli autorevoli esperti presenti, italiani e internazionali, apriranno dunque suggestive finestre su oceani, atmosfera, vulcani, terremoti, ghiacci, isole, continenti, clima, biodiversità, senza dimenticare mai lo sguardo del tempo profondo che anima gli evoluzionisti. Non mancheranno approfondimenti di attualità, legati ai nuovi studi sull’evoluzione delle credenze e alle critiche, scientifiche e filosofiche, che mostrano la totale inconsistenza della cosiddetta dottrina del “disegno intelligente”.Chi non potrà essere presente al compleanno di Darwin al Museo Civico di Storia Naturale di Milano, e nelle altre sedi cittadine e lombarde dove si terranno gli incontri, potrà seguirlo in diretta dalle pagine web del nostro sito, grazie alla TELECOM..

Dunque, mentre siamo sempre più vicini al fatidico giro di boa dei due secoli.
BUON COMPLEANNO, MR. DARWIN!

Il programma potete leggerlo su Pikaia

La Royal Swedish Academy of Sciences premia Robert Trivers

La Royal Swedish Academy of Sciences ha conferito il Crafoord Prize in Biosciences 2007 a Robert Trivers (biologo evoluzionista e sociobiologo americano), della Rutgers University, per le sue idee pioniere sull’evoluzione del comportamento sociale negli animali
Professore di antropologia e di scienze biologiche alla Rutgers University nel New Jersey, Trivers nel 1999 era stato già nominato da Time uno dei 100 più grandi pensatori e scienziati del ventesimo secolo e ora riceve un altro importante riconoscimento per la sua carriera. Trivers è stato un pioniere, nei primi anni settanta, nello studio delle dinamiche comportamentali degli animali e di come queste siano emerse nell’evoluzione.Le sue prime ricerche hanno portato a una teoria che cercava di spiegare la comparsa della cooperazione tra individui che non sono imparentati. Trivers per primo infatti ha sostenuto che questo tipo di cooperazione può esistere solo se gli animali collaborano per molto tempo e se sono in grado di riconoscersi tra loro; queste sue idee sono state poi riprese da altri in seguito.Trivers ha anche evidenziato per primo come spesso esista un conflitto di interessi tra i genitori e la progenie. I primi massimizzano le loro energie smettendo di investirne nella prole appena questa è abbastanza grande per essere autonoma, mentre i secondi massimizzano le loro energie cercando di sfruttare i genitori più a lungo possibile. Nei suoi studi sugli imenotteri sociali Trivers aveva previsto che le operaie in una colonia investivano circa tre volte più risorse nel crescere una sorella piuttosto che un fratello. Questa intuizione fu poi confermata da successivi studi. Per tutti questi suoi importanti contributo alla biologia evoluzionistica a Robert Trivers spetta di sicuro un tale riconoscimento internazionale.

Chiara Ceci

La biochimica della schizofrenia

Nell'eterna disputa tra natura e ambiente nel plasmare la mente e il comportamento umano, ecco un nuovo tassello nel quadro dell'intricata interazione tra geni e ambiente che si riscontra in una delle piu' importanti malattie mentali.

E' l'uno per cento circa della popolazione umana a soffrire di schizofrenia, una grave patologia neuropsichiatrica che porta a "sentire le voci", avere allucinazioni e a soffrire di molti altri disordini mentali. Dopo piu' di cent'anni di dibattito, approcci psicoanalitici del tutto fallimentari e tentativi piu' recenti di una razionalizzazione tra una condizione necessaria genetica altamente ereditabile e l'interazione di questa con particolari condizioni ambientali, alcune delle quali addirittura intrauterine, uno studio anglo-tedesco, che trova spazio nel numero di Gennaio del Journal of Proteome Research rivela come i biomarcatori associati alla malattia non si riscontrino soltanto nel sistema nervoso centrale ma anche in altri tessuti, e rendano i soggetti schizofrenici maggiormente inclini ad altre patologie, quali diabete di tipo II e malattie cardiovascolari.
Sabine Bahn ha guidato un gruppo dell'Universita' di Cambridge e dell'Universita' di Colonia a scoprire che le proteine alterate legate alla schizofrenia si ritrovano anche nei tessuti epatici e nei globuli rossi dei pazienti esaminati. Dopo aver recentemente scoperto un corposo set di proteine alterate nel cervello di pazienti schizofrenici deceduti, in questo nuovo studio di proteomica la Bahn ha cercato le stesse proteine in tessuti non nervosi di pazienti deceduti e non (nel caso deli globuli rossi), scoprendone ben 14 a livello del fegato e 8 nei globuli rossi. Molte di queste agiscono accelerando lo stress ossidativo e, in generale, degradando il metabolismo energetico all'interno delle cellule: secondo l'autrice sarebbe proprio questa la causa primaria del progredire della malattia non solo a livello cerebrale, ma anche in altri distretti del paziente schizofrenico, portando all'insorgenza di numerose altre patologie croniche.
Questa scoperta e' importantissima non solo per capire meglio come la malattia agisce a livello cellulare e come essa progredisce, ma apre nuove strade allo sviluppo di strumenti diagnostici e di farmaci ad oggi non disponibili.
Ricordo infine ai lettori di Pikaia che Matt Ridley, noto divulgatore scientifico inglese, ha dedicato alla storia dello sviluppo delle conoscenze sulla schizofrenia un intero capitolo, intitolato La follia delle cause nel suo ultimo libro, Il gene agile (Adelphi, 2005); in esso l'autore discute sulla difficolta' nel distinguere tra causa ed effetto in sistemi di tale complessita'.

Paola Nardi

Bisogna avere orecchio

Alcune falene hanno evoluto una sofisticata capacita' di udire i richiami di ecolocazione dei pipistrelli, loro predatori.

Sebbene posseggano uno dei sistemi uditivi tra i piu' semplici fra gli animali, dotato fino a soli quattro neuroni collegati ad un minuscolo timpano, esse hanno acquisito nella loro storia evolutiva la capacita' di udire gli ultrasuoni usati dai pipistelli per coordinare le loro battute di caccia notturne. E non solo: James Windmill, un esperto in nanotecnologie, e i suoi colleghi della University of Bristol presentano dalle pagine di Current Biology una evidenza davvero sorprendente. Noctua pronuba, una falena particolarmente diffusa in Inghilterra, dimostra di essere in grado di modulare dinamicamente la frequenza alla quale risulta sensibile, accorgendosi dell'imminente attacco di un pipistrello: in questo frangente, infatti, il predatore utlizza ultrasuoni di frequenza piu' alta, in molti casi uscendo dal campo di sensibilita' della preda. Secondo il modello matematico elaborato dagli autori, l'orecchio N. pronuba si sintonizza rapidamente sulle alte frequenze non appena un aumento dell'intensita' dell'ultrasuono avverte la falena dell'arrivo del predatore, e questa sensibilita' permane addirittura per diversi minuti dopo che il primo attacco (e ultrasuono annesso) e' cessato.
Secondo Windmill, ci troviamo di fronte a una vera e propria escalation co-evolutiva, dato che alcuni pipistrelli mostrano di utilizzare diverse frequenze di ultrasuoni per confondere le proprie prede.

Paola Nardi

Cannibalismo e paternità

I pesci che non hanno certezza della paternità praticano il cannibalismo nei confronti dei nuovi nati. In questo modo recuperano energie per un ulteriore atto riproduttivo.

Esistono numerosi studi teorici ed empirici che suggeriscono come il comportamento dei maschi nei confronti della prole sia fortemente influenzato dalla certezza della paternità. In particolare, le cure parenali maschili risultano tanto maggiori quanto più è manifesta la fedeltà della propria compagna.
Uno studio, condotto da Suzanne M. Gray e collaboratori della Simon Fraser University di Burnaby (Canada) e pubblicato sull'ultimo numero di American Naturalist, ha portato un'altra dimostrazione a suffragio di queste teorie. Infatti, i maschi di Telmatherina sarasinorum, un piccolo e colorato pesce che abita le acque del Lago Matano in Indonesia, risultano cannibali nei confronti della loro prole quando non hanno certezza della paternità. In particolare, il livello di cannibalismo aumenta proporzionalmente al grado di infedeltà femminile, rappresentato dalla presenza al momento della deposizione di altri maschi opportunisti (gli sneakers) che potrebbero inseminare le uova, diminuendo le possibilità individuali di fecondazione. Dai risultati emerge che il livello di cannibalismo aumenta di circa tre volte in presenza di un altro maschio e di circa sei volte in presenza di altri due maschi. Le femmine di questa specie, invece, dal momento che hanno sempre la certezza della maternità, non sono mai state osservate praticare il cannibalismo.
La spiegazione funzionale di questo comportamento maschile è da ricercare nel recupero delle energie spese nel poco redditizio atto sessuale, in seguito a corteggiamento e inseminazione, e necessarie per un ulteriore atto riproduttivo che porti un maggior successo in termini di fitness.
E' disponibile l'articolo originale.

Andrea Romano

Quando sulla terra la vita rischiò di scomparire

Michael J. Benton , professore di paleontologia dei vertebrati presso la Bristol University, sarà ospite del Dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio” dell’Università degli Studi di Milano a fine mese

Ospite del prof. Andrea Tintori, professore di paleontologia e coordinatore del Dottorato in Scienze Naturalistiche e Ambientali, il prof. Benton terrà tre lezioni nell’ambito della Scuola di Dottorato in Terra, Ambiente e Biodiversità che toccheranno i temi:How to look at life: Red Queen or stationary model? - Progress, faunal replacements, and competition - Macroevolution: rates and trends in the history of life - Mass extinctions – Catastrophes – Cycles - Impact geology - The end-Permian mass extinction; largest extinction of all time; volcanic causes? - The end-Permian mass extinction on land: evidence from Russia - The K-T event: the debate and the crater.

Chiara Ceci

Il ladro di Orchidee

Il sottotitolo del film "Il ladro di orchidee" è "adaptation" e parte da una polisemia: adattamento è anche il processo per cui un libro diventa una sceneggiatura cinematografica, che è ciò di cui parla il film.
Darwin fa parte dei ragionamenti-deliri dello sceneggiatore e al centro della storia da sceneggiare c'è un personaggio reale che cerca le orchidee che crescono nelle paludi come forma estrema di adattamento naturale.
Link al film: http://www.illadrodiorchidee.it/

Marcello Sala

I giorni della scienza, il Progetto Scuola della Fondazione Umberto Veronesi

I giorni della scienza, il sito del progetto scuola della Fondazione Umberto Veronesi e del Ministero della Pubblica Istruzione, promuove tra i giovani il pensiero scientifico nei suoi aspetti più innovativi e all'avanguardia
I giorni della scienza è un'iniziativa rivolta alle scuole di tutti i gradi e prevede la distribuzione assolutamente gratuita di un'agenda per i docenti e di materiali didattici per gli studenti.Il progetto ha un sito (www.igiornidellascienza.it) che pubblica approfondimenti di argomento scientifico.
Federica NichettiLa Fabbrica s.r.l.Via L. Mascheroni, 2920145 MilanoTel. +39 02485411www.lafabbrica.net

In viaggio con Darwin

In viaggio con Darwin è un’iniziativa della Società Ticinese di Scienze Naturali con la collaborazione dell’Accademia Svizzera di Scienze Naturali, la Società Astronomica Ticinese, il Museo cantonale di Storia naturale e la Fondazione Science et Cité.

IN VIAGGIO CON DARWIN - L'evoluzionismo dal Beagle al DNA
Il contesto 27 dicembre 1831. Il brigantino Beagle salpa dal porto di Plymouth per un viaggio intorno al mondo che durerà quasi 5 anni. A bordo troviamo il capitano Robert Fitz-Roy e un ragazzo di 22 anni salpato in qualità di naturalista: Charles Darwin. Le osservazioni compiute durante quel viaggio porteranno a sviluppare la teoria dell’origine delle specie. In attesa delle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Charles Darwin e del 150° della pubblicazione de L’origine delle specie (2009), la Società Ticinese di Scienze Naturali (STSN) invita tutti gli interessati ad un viaggio alla riscoperta di Darwin con un percorso adatto a tutte le età: conferenze, corsi, caffè scientifici, cinema e concorsi per capire come la teoria dell’evoluzionismo si è evoluta nel corso dei secoli, trovando sempre nuove conferme. Dalle prime osservazioni compiute sul Bearle, alle scoperte legate alla biologia del DNA.Programma delle attività Conferenze pubbliche
Lunedì 12 febbraio, Locarno, Liceo Cantonale, ore 10: conferenza del prof. Giulio Giorello, docente di Filosofia della Scienza all’Università di Milano, dal titolo “Un grande uomo che si racconta: l’autobiografia di Richard Darwin” (solo per gli studenti del Liceo).
Lunedì 12 febbraio, Il Ciani (ex-Asilo, in faccia al Palazzo dei Congressi), ore 20.30: conferenza d’apertura del prof. Giulio Giorello, docente di Filosofia della Scienza all’Università di Milano, dal titolo “Darwin e il concetto di scoperta scientifica”.
Sabato 21 aprile, Bellinzona, Auditorio BancaStato: Assemblea ordinaria della STSN, con una conferenza di Sandro Rusconi dal titolo “Genio genetico: naturale o artificiale?”
Martedì 8 maggio, Lugano, ore 20.15, Museo cantonale di Storia naturale: Conferenza di Viktor Zacek, Università di Montréal : “Evoluzione del volo, dagli insetti ai pipistrelli all'uomo”.
Venerdì 11 maggio, Locarno, Ofima: Conferenza di Viktor Zacek, Università di Montréal : “Evoluzione e materia oscura” (in francese).
Lunedì 1 ottobre, ore 20.30, Museo cantonale di Storia naturale: conferenza di Piero Bianucci dal titolo “Come i fisici rubarono Darwin ai biologi”. Caffè scientifico
Mercoledì 23 maggio, ore 20.30 Lugano, Il Ciani (ex-Asilo, in faccia al Palazzo dei Congressi): un Caffè Scientifico dal titolo “L'evoluzionismo tra certezze, equivoci e polemiche - Tanti auguri signor Darwin!” Con Enrico Bellone, professore di Storia della Scienza presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di Milano e direttore della rivista “Le Scienze” e Telmo Pievani, Professore di filosofia della scienza, Università degli Studi di Milano-Bicocca. Corsi e seminari
Febbraio-marzo-aprile, Lugano: corso del prof. Guido Cotti, già direttore del Museo cantonale di Storia naturale, su “La teoria dell’evoluzione”, in collaborazione con la Scuola Club Migros; 8 e 15 febbraio, 1, 8, 15 e 22 marzo (ogni settimana, di giovedì, dalle 19 alle 21), sempre presso il Museo cantonale di Storia naturale.
Martedì 13 marzo 2007, ore 20.15, Museo cantonale di Storia naturale, Lugano - Marco Bernasconi (Museo zoologico, Università di Zurigo): Seminario “Filogenesi molecolare: l'evoluzione degli organismi raccontata dalle molecole”
Settembre-ottobre-novembre, Lugano, Museo cantonale di Storia naturale: ciclo di 5 conferenze del prof. Guido Cotti, già direttore del Museo cantonale di Storia naturale, dal titolo “Darwin e dintorni”; 11 e 25 settembre, 9 e 23 ottobre, 13 novembre (ogni due settimane, sempre di martedì, alle 20.30); - Lavizzari e il diluvio: uno sguardo alla geologia di metà Ottocento - Miss West e le navi di Sua Maestà - La voce dimenticata dell'evoluzione: Alfred Russell Wallace - La lettera da Ternate: il battesimo della teoria dell'evoluzione - L'Eden e la colpa: i rapporti di Darwin con la religione. Escursioni Domenica 27 maggio 2007, ore 9.00, Malvaglia (partenza dalla funivia per Dagro) - Andrea Persico (ecologo prof. indip., Locarno): Escursione “Coevoluzione tra inganni, astuzie e realtà. Escursione naturalistica (flora e fauna)” Cinema
Settembre-novembre, Bellinzona e Locarno: 2 proiezioni cinematografiche sull’evoluzionismo.
- L'enfant sauvage di François Truffaut, F 1970Bellinzona, Cinema Forum 1+2, martedì 4 settembre 2007, 20.30Locarno, Cinema Morettina (Aula Magna del Liceo), venerdì 7 settembre 2007, 20.30
- E l'uomo creò Satana di Stanley Kramer, USA 1960Bellinzona, Cinema Forum 1+2, martedì 6 novembre 2007, 20.30Locarno, Cinema Morettina (Aula Magna del Liceo), venerdì 9 novembre, 20.30 Concorsi
Bando di concorso per l’assegnazione dei premi per il concorso dei lavori di maturità svolti sull’evoluzionismo.Il bando di concorso è disponibile presso tutte le direzioni dei Licei pubblici e privati del Cantone Ticino e la Scuola Cantonale di Commercio di Bellinzona.

Francesca Palli
Membro del comitato della STSN

Alla ricerca di una definizione aggiornata del concetto di GENE

La rivista dell'ANISN, Associazione Nazionale degli Insegnanti di Scienze Naturali, pubblica nel suo ultimo fascicolo (anno 19, n. 4, dicembre 2006) un breve articolo sulla necessità di definire un più aderente concetto di GENE alla luce delle continue scoperte di biologia molecolare.
Ha redatto l'articolo "Gene: quale definizione?", Isabella Marini (pp.27-30). Abbandonate l'idea del vecchio concetto "un gene una proteina" e familiarizzate con nuovi termini come lo Splicing alternativo, le transcriptional factories, l'eredità extragenomica.
Segnalo inoltre gli articoli del nostro collaboratore Stefano Dalla Casa che ha pubblicato il saggio recensione del libro Preda di Crichton (pp. 64-66) e di Tiziano Gorini sulla letteratura parascientifica (pp. 31-34).

Paolo Coccia

Il costo della predazione

Secondo un modello matematico, i predatori terrestri non possono superare i 1000 Kg di peso poichè non riuscirebbero a sostenere l'alto costo metabolico che ne deriva.

Uno studio condotto da Chris Carbone e collaboratori dell'Institute of Zoology di Londra ha modellizzato la strategia trofica dei carnivori in termini di costi e benefici. I risultati di questa teorizzazione hanno portato alla conclusione che i carnivori terrestri possono arrivare a pesare al massimo circa una tonnellata, limite oltre il quale la cattura delle prede conferirebbe loro meno benefici dal punto di vista energetico rispetto ai costi che devono essere sostenuti nella caccia e nel mantenimento della temperatura corporea.
Questa ricerca, di cui è disponibile l'intero articolo originale sul sito della rivista PLoS Biology, ha preso in esame le strategie di caccia dei piccoli (meno di 20 Kg) e dei grandi (più di 20 Kg) carnivori, sottolineando una notevole differenza delle prede catturate. I carnivori che pesano meno di 20 Kg cacciano, infatti, organismi di taglia molto piccola, mentre, superato quel valore di peso, i cacciatori cominciano a predare specie della propria taglia o superiori. Lo studio prosegue analizzando i benefici e i costi energetici in base alla massa del predatore e delle prede catturate, stabilendo il limite di 1000 Kg, peso massimo sostenibile da una dieta media a base di carne.
Un discorso differente viene fatto per gli erbivori e grandi rettili, quali i dinosauri. I primi, infatti, possono reperire ovunque le proprie risorse alimentari, senza quindi dover spendere molte energie per procacciarsi il cibo, e, secondo questo modello, possono pesare fino a 15 tonnellate. Alcuni dinosauri, invece, seppur carnivori, poterono arrivare a pesare ben oltre il limite di peso massimo stimato ma non dovevano sostenere ingenti costi metabolici per mantenere costante la temperatura corporea, essendo animali eterotermi come tutti i rettili.
Non è un caso, quindi, che le odierne specie di grandi carnivori siano oggi fortemente minacciate, dovendo sostenere alti costi energetici e vedendosi distruggere i propri habitat con conseguenti problemi nella caccia.

Andrea Romano

Resoconti del convegno Beyond Belief

Segnalo il sito web TSN (The Science Network) dedicato esclusivamente al convegno tenutosi il 5 e 6 novembre 2006 al Salk Institute for Biological Studies di La Jolla. Nel sito si trova la registrazione completa, ovviamente in inglese, delle due giornate del convegno al quale hanno partecipato personalità come Steven Weinberg, Richard Dawkins, Sam Harris, V. S. Ramachandran e tanti altri. Il titolo del convegno è Beyond Belief e gli argomenti discussi sono i rapporti tra scienza e religione.

L’indirizzo del sito dove si trovano i filmati del convegno è questo: http://beyondbelief2006.org/Watch/ Nel quadro culturale italiano il convegno potrebbe portare un utile contributo per raffinare il dibattito e sollevare temi che vanno meditati, anche se le conferenze sono tutte in inglese.Ho voluto tradurre in italiano la conferenza dell'astronoma Carolyn Porco, sia per la simpatia della relatrice sia per la bellezza delle immagini, alcune delle quali in anteprima. Roger Bingham del Salk Institute ha confermato il permesso di mettere online la traduzione della conferenza di Carolyn Porco. La sua conferenza è l’ultima della sessione 3 (comincia a un’ora, venti primi e cinquanta secondi). Per facilitare chi sa un po’ d’inglese ho messo un segnale ogni trenta secondi, in modo che si possa comodamente seguire la conferenza parola per parola.

Aleramo Lanapoppi

Il resoconto lo trovate su Pikaia

Il primo uomo d'Europa

Ritrovato un cranio risalente a 35.000 anni fa che presenta caratteristiche anatomiche dell'uomo moderno e dell'uomo di Neanderthal. Costituisce il cranio completo più antico d'Europa.

Un gruppo di ricercatori della Washington University a St. Louis ha rinvenuto il più antico cranio completo appartenente ad un essere umano moderno vivente in Europa. Il reperto, scoperto a Pestera cu Oase, in Romania, risalirebbe a circa 35.000 anni fa secondo una datatazione effettuata con la tecnica del radiocarbonio. I tratti somatici del cranio evidenzierebbero caratteristiche tipiche dell'uomo moderno affiancate, tuttavia, ad alcuni caratteri attribuibili a ominidi più antichi. Infatti, nonostante Oase2, il nome attribuitogli dagli scopritori sulle pagine della rivista PNAS, possieda le proporzioni degli uomini attuali, presenterebbe una fronte appiattita, un'ampia apofisi mastoidea e i molari superiori straordinariamente sviluppati, caratteri molto diffusi tra i Neanderthaliani.
Dal momento che gli umani si insediarono in Europa già 40.000 anni fa, si può pensare che i nostri progenitori che colonizzarono il continente europeo non fossero completamente "moderni", ma che ci vollero ancora millenni di evoluzione per dare forma ai caratteri dell'uomo attuale. Questa scoperta, verificandosi la presenza contemporanea di caratteri umani e neanderthaliani, potrebbe rafforzare anche l'idea che Homo sapiens e Homo neanderthlensis fossero interfecondi.

Andrea Romano

La vocazione cooperativa dell'edredone

L'edredone (Somateria mollissima), un anatide marino comune sulle coste dell'Europa Settentrionale e del Nordamerica, si dimostra particolarmente incline al breeding cooperativo, cioe' a complesse forme di cooperazione nell'allevamento degli anatroccoli, durante il periodo riproduttivo.

Se era gia' noto che le femmine di edredone si riunissero talvolta in gruppi per espletare questo importante compito, uno studio pluriennale su una popolazione di edredoni finlandesi, diretto da Markus Öst dell'Universita' di Helsinki, ha rivelato per la prima volta come questi uccelli siano dotati di una sofisticata capacita' di socializzazione e contrattazione, che porta a determinare il massimo profitto per i partecipanti di un'alleanza che ha come scopo l'ottimizzazione riproduttiva.
In uno studio i cui risultati appaiono nel numero di Gennaio della rivista The American Naturalist, Öst e i suoi colleghi hanno dapprima messo a punto un modello teorico, basato sulla teoria dei giochi, che prevedesse il comportamento evolutivamente stabile dei gruppi coinvolti; in seguito il modello e' stato messo alla prova sul campo, osservando il reale comportamento delle femmine. Dalle ripetute osservazioni si e' stato possibile appurare che le femmine con gli anatroccoli, prima di dividersi in gruppi di varia numerosita', si dedicano a un paziente lavoro di negoziazione alla ricerca delle migliori compagne: quando si forma il gruppo, composto al massimo da quattro femmine, ciascun individuo accetta di ricoprire un ruolo ben preciso. I piccoli saranno accuditi dal gruppo cosi' costituitosi, e sara' assicurato loro calore, cibo e protezione dai predatori: non tutte le posizioni nella nidiata saranno equivalenti (quelle centrali sono le piu' ambite), e anche questo aspetto sara' stato oggetto di intensa contrattazione. Le strategie di comportamento conducono ciascuna femmina a cercare di massimizzare il proprio guadagno, a patto che questo non si spinga fino a determinare l'abbandono di una sua compagna, che trovi inaccettabili le condizioni poste.
Grazie ai complessi comportamenti dimostrati, l'edredone non solo entra di diritto nel novero degli animali riconosciuti come cooperative breeders, ma ne rappresenta al tempo stesso un modello particolarmente sofisticato.

Paola Nardi

Fossili viventi all'università

Una pianta fossile, che coesisteva con i dinosauri, ha trovato dimora nella serra dell'Università del Wisconsin-Madison.
Grazie agli sforzi per la conservazione e la propagazione del Wollemi Pine, una delle specie più antiche e rare del pianeta, alcuni esemplari hanno trovato casa nella serra dell'Università del Wisconsin di Birge Hall. Questa specie, gigantesca conifera ritenuta ormai estinta da 2 milioni di anni, fu riscoperta nel 1994 dall'esploratore David Noble nel Wollemi National Park nei pressi di Sidney, Australia. Il Wollemi Pine, certamente identificabile come fossile vivente, in quanto comparve almeno 90 milioni di anni fa quando i dinosauri proliferavano, al giorno d'oggi conta solamente un centinaio di esemplari in natura. Per la sua conservazione c'è ancora molto da fare...

Andrea Romano

Filogenesi di Rafflesia: un gigante parente di un nano!

La pianta con il fiore singolo piu' grande del mondo discenderebbe inaspettatamente da vegetali con fiori davvero piccoli!

Quando fu scoperta nel 1818 nella foresta pluviale dell'odierna isola indonesiana di Sumatra, il fiore di Rafflesia arnoldii sbalordi' i suoi scopritori, Sir Stamford Raffles e Joseph Arnold, per le sue enormi dimensioni (quasi un metro di diametro, ed un peso di piu' di dieci chilogrammi), il suo vistosissimo colore rosso-arancio ed altre notevoli caratteristiche, come la mancanza di foglie, stelo e radici: si tratta infatti di una pianta parassita, che vive a spese del rampicante Tetrastigma. Potete ammirare la riproduzione di questo incredibile fiore in un diorama del Museo di Storia Naturale di Milano, dedicato agli insetti della foresta pluviale asiatica, qui mostrato nell'immagine.
Dal momento della scoperta, la storia filogenetica del genere Rafflesia ha affascinato ed insieme confuso i botanici di mezzo mondo, ed ha recentemente stimolato la ricerca di un team formato da ricercatori di quattro importanti istituzioni americane, quali Harvard University, Southern Illinois University, Smithsonian Institution, e University of Wisconsin, guidati dal biologo evolutivo Charles Davis. Analizzando circa 11.500 basi del genoma di questa pianta, il team e' giunto alla sorprendente conclusione, pubblicata online pochi giorni fa sulla rivista Science, che essa discenderebbe da un gruppo imparentato alla odierna famiglia delle Euforbiacee, piante caratterizzate da infiorescenze che a malapena raggiungono qualche millimetro di diametro! I ricercatori hanno dovuto indagare su parti del genoma inusuali: di solito, infatti, per ricostruire l'albero filogenetico dei vegetali, si prendono in considerazione i marcatori molecolari dei geni legati alla fotosintesi. In questo caso, pero', questi geni non sono attivi, essendo l'organismo un parassita non fotosintetico. Diciamolo pure: senza l'analisi genetica, sarebbe stato pressoche' impossbile immaginare una parentela cosi' stretta tra due gruppi di organismi attualmente cosi' differenti!
Secondo questo studio, il fiore delle varie specie del genere Rafflesia ha subìto dapprima una rapida crescita dimensionale, aumentando fino a 73 volte il suo diametro ancestrale in circa 46 milioni di anni, per poi ritornare ad una crescita evolutiva piu' contenuta: tutto cio' rappresenta ad oggi uno degli esempi piu' strabilianti di crescita nel mondo degli eucarioti.

Paola Nardi

Fossili da museo

Gli attuali processi di conservazione dei fossili causerebbero una notevole perdita del DNA contenuto in essi, rendendoli meno utili per le analisi molecolari.

I fossili appena rinvenuti conterrebbero circa sei volte il DNA presente nei reperti conservati nei musei. Inoltre, presenterebbero il doppio delle sequenze geniche in buono stato. Questa notizia, pubblicata sulla rivista PNAS, è il risultato del lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Institut Jacques Monod di Parigi. La causa di questa discrepanza sarebbe attribuibile ai processi di conservazione e ai trattamenti subiti dai fossili appartenenti alle collezioni museali. Sembra quindi opportuna la realizzazione di nuovo metodo di conservazione dei fossili in grado di preservare l'importante risorsa contenuta in essi, utile a ricostruire, anche tramite analisi molecolari, l'evoluzione delle forme di vita sulla Terra.
Dell'articolo originale è disponibile l'abstract.

Andrea Romano

Il volume del cervello predice le probabilità di sopravvivenza

Uno studio comparativo tra numerose specie di uccelli dimostra l'esistenza di una correlazione tra la sopravvivenza e il volume del cervello.

Uno studio, effettuato da un gruppo di ricercatori del Centro per le Ricerche Ecologiche e le Applicazioni alla Silvicoltura di Barcellona e pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society Biological Sciences, sembrerebbe dimostrare una correlazione diretta tra la voluminosità del cervello e le probabilità di sopravvivenza negli uccelli. Questa ricerca comparativa, che ha preso in cosiderazione 236 specie di uccelli di tutte le latitudini, ha evidenziato che gli animali che possiedono una dimensione del cervello maggiore rispetto alla massa corporea vivono di più.
Questo fenomeno deriverebbe dal fatto che uccelli più intelligenti siano in grado, meglio degli altri, di adattarsi ai cambiamenti ambientali. Non è un caso, sostengono i ricercatori, che gli uccelli dotati di cervello di maggiori dimensioni siano capaci di colonizzare prima e meglio nuovi territori e di modificare il proprio comportamento a seguito di cambiamenti stagionali.

Andrea Romano

Le radiazioni adattative degli anfibi

La storia naturale degli anfibi sembra contrassegnata da periodi di declino seguiti da brevi episodi di radiazione adattativa.

La classe degli anfibi è universalmente considerata quella a più alto rischio di estinzione tra i vertebrati. Negli ultimi anni, stiamo assistendo ad un declino a livello globale di questi animali, in relazione alle loro caratteristiche anatomiche. Presentano, infatti, una pelle dotata di pori che assorbe le tossine e che rende loro suscettibili ad infezioni batteriche e fungine. Inoltre, la loro epidermide non è in grado di proteggerli dalle radiazioni ultaviolette. Questi tratti rendono gli anfibi estremamente vulnerabili agli attuali cambiamenti ambientali, come i dati dimostrano. Circa il 43% delle specie di anfibi è in forte declino demografico.

Una nuova ricerca dimostrerebbe che gli anfibi hanno attraversato già fasi critiche simili a quella attuale, riuscendo però ad adattarsi e fronteggiare le condizioni ambientali e climatiche poco adeguate. Questo studio, effettuato da un gruppo di ricercatori della Vrije Universiteit di Bruxelles e pubblicato su PNAS, ha analizzato il DNA di 171 specie di anfibi, includendo anche numerose specie estinte, con lo scopo di realizzare un nuovo albero filogenetico che ricostruisca la storia evolutiva di questa classe di vertebrati. I risultati sembrano dimostrare che la storia naturale degli anfibi sia composta da eventi di estinzioni di massa seguiti da episodi di radiazione adattativa, che avrebbero portato alla formazione di numerose specie discendenti da un numero esiguo.
In particolare, questo studio evidenzierebbe che gli anfibi non hanno avuto un'evoluzione progressiva e graduale ma brevi periodi di speciazione quando le condizioni lo consentirono. Infatti, gli episodi di imponennte radiazione adattativa si possono collocare in seguito ad estinzioni di massa, quale quelle risalenti alla fine del Permiano (circa 250 milioni di anni fa) e al tardo Cretaceo (circa 65 milioni di anni fa), dove trovarono numerosi nuovi habitat in cui insediarsi e adattarsi, lasciati "vacanti" dalle specie scomparse. I ricercatori forniscono un'indicazione dell'importanza delle radiazioni adattative che hanno coinvolto gli anfibi: sostengono, infatti, che circa l'86% delle specie conosciutedi rane e più dell'81% di quelle di salamandre deriverebbero da sole 5 specie che sopravvissero all'estinzione del Cretaceo.
Dell'articolo originale è disponibile l'abstract.

Andrea Romano

Sunday, January 14, 2007

Festival delle Scienze di Roma

Si terrà a Roma, a gennaio, la nuova edizione del Festival delle Scienze il cui tema conduttore è:
Le età della vita. Dalla creatività dell’infanzia alla libertà della vecchiaia.
Il Festival è organizzato dalla Fondazione Musica per Roma, il Comune di Roma in collaborazione con Codice.Idee.
Dal sito web di presentazione riporto:
La seconda edizione del Festival delle Scienze di Roma definisce il suo percorso narrativo attraverso le fasi dell'arco temporale del ciclo di vita, affrontando alcuni dei temi più interessanti che emergono dallo studio scientifico e filosofico dello sviluppo dell'individuo.
Il dispiegarsi della vita in un susseguirsi di fasi diverse, ognuna portatrice di una propria specificità, e lo sviluppo dell’individuo con l’insieme dei cambiamenti che si verificano nella biologia, nelle capacità e nel comportamento con il procedere dell’età, dall’infanzia fino alla senescenza, sono infatti, da sempre, un tema vasto e affascinate, tanto per la scienza quanto per la filosofia, l’arte e la letteratura. Storicamente, una particolare attenzione è stata dedicata all’inizio e alla fine della vita, momenti in cui hanno luogo i nostri cambiamenti più drammatici, ma anche la crescita, la fase dello sviluppo delle nostre facoltà o la nascita del linguaggio, seppure per molti versi ancora avvolti nel mistero, rappresentano momenti in grado di offrirci profonde rivelazioni sulle nostre stesse capacità.
La fase dell’invecchiamento, infine, per molto tempo considerata solo un inevitabile declino del corpo e della mente, è ora studiata con crescente interesse come un’età di grande importanza, luogo di peculiarità e facoltà che non è possibile trovare in altri momenti della vita.
Sulla scia della prima, anche la seconda edizione si propone di radunare alcuni tra i più grandi scienziati e filosofi italiani e internazionali per farli incontrare e dialogare sui temi più rilevanti: lo studio dell'infanzia, lo sviluppo della mente, la nascita della parola, le analogie tra evoluzione e sviluppo, la neotenia della specie umana, la sessualità, la fine della vita e l'aspirazione all'immortalità.


Paolo Coccia

Un libro di Telmo Pievani spiega perché Darwin è sotto attacco

Pietro Greco nella sezione “Le idee della Scienza” del sito del quotidiano l'Unità recensisce il libro “Creazione senza Dio” di Telmo Pievani.


Chiara Ceci

Lamarckismo, anagenesi, panselezionismo

Quale spiegazione dare alla perdita degli occhi nelle forme cieche del pesce tetra messicano?

Stephen Jay Gould studiando le lettere di Darwin riportò le tre possibili spiegazioni che sono citate nel titolo. Il biologo dell’università del Minnesota Paul Z. Myers (titolare del famoso blog Pharyngula), sul sito della rivista Seed, riflette sulle spiegazioni evolutive che è possibile dare alla progressiva riduzione o degenerazione degli organi nel tempo illustrando l’esempio della perdita degli occhi nelle forme cieche del pesce tetra messicano Astyanax mexicanus. Di certo Darwin avrebbe amato la risposta trovata che però non confermerebbe alcuna delle tre teorie. Grazie al lavoro di
Jeffery WR.
Adaptive evolution of eye degeneration in the Mexican blind cavefish.
J Hered. 2005 May-Jun;96(3):185-96
.....è stato possibile ora formulare una spiegazione alternativa alla luce delle nuove conoscenze dell'evo-devo.

Chiara Ceci, Paolo Coccia

Aggiornamenti, segnalazioni, novità potete trovarle sul portale dell'evoluzione Pikaia

Le previsioni esatte dello scoiattolo rosso

Nella spasmodica lotta tra predatore e preda, vince chi sa prevedere meglio le mosse dell'avversario!

Ed e' cosi' che gli scoiattoli rossi del Nordamerica (Tamiasciurus hudsonicus) e del continente euroasiatico (Sciurus vulgaris) battono le mosse di sopravvivenza delle loro principali fonti di cibo: gli alberi che producono i loro semi preferiti. Il fenomeno e' stato attentamente studiato da un team internazionale di ricercatori guidati dal biologo canadese Stan Boutin, della University of Alberta. Del team ha fatto parte anche il ricercatore italiano Guido Tosi, dell'Universita' dell'Insubria. Boutin e' un vero esperto di scoiattoli rossi, avendoli pazientemente studiati negli ultimi vent'anni.

E' noto che molti alberi hanno evoluto il cosiddetto mast seeding, che molti studiosi ritengono costituisca un'arma di difesa contro gli animali che si cibano dei propri semi: esso consiste nel produrre stagionalmente quantita' irregolari di semi, non dando modo ai consumatori di adeguare la numerosita' della propria popolazione alla quantita' di cibo a disposizione, salvando cosi' una quantita' di semi sufficiente per assicurare la sopravvivenza della specie vegetale.

Nel report pubblicato recentemente su Science, pero', Boutin e colleghi svelano la straordinaria capacita' dello scoiattolo rosso di prevenire le scelte produttive delle proprie risorse, contrapponendo una mossa altrettanto efficace: dopo aver partorito la consueta cucciolata in primavera, l'intraprendente roditore ne genera una seconda poco prima che i semi, in autunno, siano maturi e pronti per essere mangiati. Insomma, proprio come un coraggioso investitore di borsa, lo scoiattolo rosso scommette sul cambiamento delle condizioni, quando queste non sono ancora palesi. Un altro aspetto straordinario e' che la seconda cucciolata giunge quando la femmina sta ancora allattando i cuccioli della prima, e cioe' in un periodo che non dovrebbe permettere l'ovulazione, e quindi la fertilita' dell'animale.

Come fanno T. hudsonicus e S. vulgaris a prevedere il comportamento dei produttori di semi? Gli autori sospettano che abbia a che fare con i germogli racchiusi nei coni di cui i roditori si cibano in estate: forse un segnale chimico (ormonale) o visivo puo' guidare l'animale alla giusta previsione, stimolando il suo comportamento riproduttivo.

Paola Nardi

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Vivere bene con poca variabilità genetica

Due specie di albatross sopravvivono con popolazioni in buona salute nonostante presentino un tasso di inbreeding non riscontrato in nessuna altra specie di vertebrati.

Uno studio pubblicato su Proccedings of the Royal Society dimostra come nelle popolazioni di due specie affini di albatross (Diomedea exulans e Diomedea amsterdamensis) siano in grado di vivere nonostante un bassissimo livello di variabilità genetica intraspecifica. Minuziose analisi genomiche sembrano far pensare che questo basso tasso di variabilità, pari a circa un terzo del valore minimo riscontrato nelle altre specie di vertebrati come misura della presenza di eterozigosi e loci polimorfici, fosse già presente nel progenitore comune alle due specie e risalente a circa 0,84 milioni di anni fa.

Potrà questo successo riproduttivo derivante da alti livelli di inbreeding (riproduzione tra individui con genomi molto simili) far cambiare il punto di vista dei ricercatori sulle conseguenze negative della depressione genetica?

Andrea Romano

Foto di Gonzalo Vasquez tratta da Wikipedia

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Numero speciale della rivista 2R-scienza

E' uscito il primo numero di 2R-rivista di recensioni filosofiche.

La rivista, interamente dedicata alla discussione di novità editoriali nel settore della filosofia e della filosofia della scienza, ha preparato un numero speciale (2R-scienza), dedicato alla divulgazione scientifica. Tra i contributi segnaliamo quello di Luca Sciortino al libro Homo Sapiens di Giorgio Manzi e di Mauro Scanu al libro L'uomo che gettò nel panico Darwin di Federico Focher.

Paolo Coccia

Sunday, January 07, 2007

Ritornano gli "Happy Hour evoluzionistici" a Milano

Pikaia è lieta di annunciare che, a partire da Gennaio e precisamente giovedì 11 alle ore 18.30, ripartono a Milano gli “Happy Hour evoluzionistici”. Ogni II° e IV° giovedì del mese riprendono i nostri incontri.Ingresso gratuito con consumazione a 6 Euro. E’ vivamente consigliata la prenotazione
Per informazioni:
Museo di Storia Naturale di Milano, Ilaria Guaraldi Vinassa de Regny
0288463337
ilaria.vinassa@comune.milano.it
http://www.comune.milano.it/museostorianaturale
Ecco l'elenco:
11 Gennaio
Marco FerragutiLa storia naturale degli spermatozoi
25 Gennaio
Giovanni Caprara Evoluzione nella comunicazione scientifica: la professione del giornalista scientifico
15 Febbraio
Guido Chiesura Isole di Darwin
8 Marzo
Enrico Banfi L’evoluzione dell’ultima ora: l’invasione delle piante aliene
22 Marzo
Agnese ViscontiL’evoluzione dell’energia: svolte economiche, ricerca scientifica e innovazioni tecnologiche
12 Aprile
Fabrizia Gianni La pianta: un organismo ramificato a moduli
19 Aprile
Giorgio Teruzzi All’origine dei gruppi animali
10 Maggio
Giulio Giorello Evoluzione naturale, evoluzione culturale
24 Maggio
Fabio Peri In principio era il vuoto… nascita ed evoluzione dell’universo
14 Giugno
Telmo Pievani I coralli di Darwin: la storia avventurosa di una scoperta scientifica raccontata dai taccuini privati del grande naturalista
28 Giugno
Luca Sciortino Evoluzione, epistemologia, divulgazione

Paolo Coccia

Anticipazioni 2007. I primi libri dell'anno...solo annunciati!

I primi titoli dell'anno promettono bene!
Eccoli!
Carlo Bernasconi , Milano Gianna , Silvia Garagna , Carlo Alberto Redi , Maurizio Zuccotti. Questioni di natura e cultura, non solo DNA. Cellule e genomi - V corso. Ibis. Collana Studia ghisleriana, pp.160
Russell Foster, Leon Kreitzman. Ritmi di vita. Longanesi. Collana La lente di Galileo, pp. 304
Un libro sulla cronobiologia
Nicholas Wade. Prima dell'alba. La storia perduta dell'origine dell'uomo. Cairo, pp. 384
Minelli Alessandro. Forme del divenire. Evo-devo: la biologia evoluzionistica dello sviluppo. Einaudi. Collana: Biblioteca, pp. 220
Janet Browne. Darwin. L'origine delle specie. Una biografia. Newton Compton. Collana I libri che hanno cambiato il mondo, pp.176
Edoardo Boncinelli , Chiara Tonelli. Dal topo all'uomo: i tre geni che fanno la differenza. L'evoluzione della vita. Sperling Paperback. Collana Saggi, pp. 160
Enzo Gallori. Atlante di genetica. Le basi chimiche della vita, le leggi matematiche dell'evoluzione, le speranze per il nostro futuro. Giunti. Collana Atlanti illustrati, pp. 240
Franceschelli Orlando. Dopo Darwin. Natura, mente, evoluzione. Donzelli. Collana Saggi. Scienza e filosofia
Keynes Richard. Darwin, sua figlia e l'evoluzione. Einaudi. Collana Saggi

Paolo Coccia

Nuovi studi sull'origine degli insetti

Un gruppo di scienziati danesi suggerisce dalle pagine di Science che l'origine degli insetti andrebbe cercata tra i crostacei.

Sul numero del 27 Dicembre di Science un gruppo di scienziati danesi ha presentato i risultati di analisi molecolari suggerendo che l'origine degli insetti andrebbe cercata tra i crostacei.
Nonostante siano un gruppo animale enormemente diffuso e rappresentato, l'origine degli insetti è ancora molto dibattuta. Uno dei problemi è l'assenza di fossili che possano farne capire la posizione filogenetica rispetto agli altri gruppi di artropodi come i crostacei, miriapodi (centopiedi e millepiedi) e i chelicerati (ragni e scorpioni). In passato gli insetti venivano raggruppati insieme ai miriapodi, ma grazie a recenti analisi molecolari e a nuovi studi sulla morfologia, vengono ora considerati più vicini ai crostacei.
I primi crostacei fossili risalgono al Cambriano superiore (511 milioni di anni fa) mentre i primi resti di esapodi risalgono al Devoniano, circa 410 milioni di anni fa. C'è quindi un buco di 100milioni di anni tra il primo fossile di crostaceo e quello di un insetto. Quello che viene proposto con questo lavoro è un interpretazione alternativa alla solita spiegazione dell'incompletezza dei reperti fossili in nostro possesso. Secondo gli autori, infatti, non ci sarebbe una mancanza di fossili ma gli insetti si sarebbero originati all'interno del gruppo dei crostacei. Gli studi molecolari hanno evidenziato una stretta parentela tra gli esapodi e i branchiopodi.
Questi nuovi risultati molecolari corrispondono molto bene alle prove fossili e suggeriscono un origine per gli esapodi in ambienti di acque dolci 410 milioni di anni fa piuttosto che nei mari del Cambriano. Dai fossili sappiamo, infatti, che i moderni branchiopodi compaiono all'inizio del Devoniano ed erano allora già adattati a vivere in acque dolci.
Questa comparsa dei branchiopodi in ambienti dulcicoli corrisponde esattamente con l'emergere degli esapodi. Tutto questo suggerirebbe che l'ultimo antenato in comune tra questi due gruppi viveva in acque dolci nel tardo Siluriano (tra 423 e 416 milioni di anni fa). Questa stima temporale avrebbe inoltre conferma negli studi fatti con gli orologi molecolari.
Nonostante il loro successo nella colonizzazione di moltissimi habitat, gli insetti non hanno mai colonizzato con successo l'ambiente marino. Mentre i crostacei, ampiamente diffusi in ambiente marino, non hanno mai colonizzato con successo gli habitat terrestri. Questa è un'osservazione che gli scienziati spiegano, alla luce delle loro considerazioni filogenetiche, dicendo che di fatto i crostacei hanno conquistato anche l'ambiente terrestre come insetti.

Chiara Ceci

EVOLUTION: The Origin of InsectsHenrik Glenner, et al.Science 314, 1883 (2006): 1883-1884

L'evoluzione ai Lincei di Roma

Due importanti appuntamenti ai Lincei, Roma tra gennaio e febbraio 2007!
11 gennaio 2007
Conferenza "Croce" del Prof. Giorgio Vallortigara (Professore di Neuroscienze e cognizione animale all'Università degli Studi di Trieste) sul tema Menti semplici? Intelligenza e meccanismi cerebrali nelle specie non-umane

15-17 febbraio 2007
XXXIV Seminario sulla Evoluzione biologica e i grandi problemi della Biologia sul tema Evoluzione oggi
Riporto gli argomenti:
L’EVOLUZIONE E LE MOLECOLE DELLA VITA
BIOENERGETICA
LE POPOLAZIONI
EVOLUZIONE UMANA
EVOLUZIONE OGGI Nell'ambito di quest'ultima sezione Telmo PIEVANI (Università di Milano Bicocca) terrà la lezione: L’eredità di Darwin

Le lezioni, seguite da discussione, sono destinate agli studenti e ai professori della scuola secondaria e ai cultori delle discipline biologiche. Gli insegnanti che desiderino far partecipare al Seminario un numero, necessariamente ristretto, di alunni sono pregati di concordare preventivamente tali presenze con la Segreteria dell'Accademia (tel. 06/68.33.131 – 06/68.61.159 oppure 06/68.02.72.76 - fax 06/689.36.16, anastasi@lincei.it
ROMA - PALAZZINA DELL'AUDITORIO - VIA DELLA LUNGARA, 230

Paolo Coccia

Un gigante europeo

Annunciato su Science il ritrovamento di Turiasaurus riodevensis, una nuova specie di dinosauro sauropode dalle dimensioni gigantesche.

Su Science troviamo l’annuncio del ritrovamento in Spagna di fossili di sauropodi giganti. Alla fine del Giurassico, circa 150 milioni di anni fa, l’Europa era abitata anche da questi enormi dinosauri. Fino ad ora ritrovamenti di questo tipo di animali erano state fatte solo in America e in Africa.
La specie ritrovata, Turiasaurus riodevensis potrebbe essere il più grande animale terrestre che abbia mai abitato il nostro continente. Pesava tra 40 e 48 tonnellate, il diametro di un suo omero è paragonabile alle dimensioni di un essere umano adulto e l’unghia del primo dito della zampa aveva le dimensioni di una palla da football americano.
Tra le parti ritrovate ci sono anche frammenti del cranio, scapola, femore, tibia e fibula (perone), denti, vertebre, costole e falangi. Turiasaurus riodevensis fa parte di un nuovo gruppo di dinosauri sauropodi caratterizzati dall’avere arti primitivi e una struttura ossea come quella trovata solo in dinosauri che abitavano altri continenti.

Per comprendere meglio la scoperta si possono leggere queste informazioni supplementari: http://www.sciencemag.org/cgi/data/314/5807/1925/DC1/1
R. Royo-Torres, A.Cobos and L. AlcalaA Giant European Dinosaur and a New Sauropod CladeScience 22 December 2006: Vol. 314. no. 5807, pp. 1925 - 1927

Chiara Ceci

L’evoluzione dinamica degli ecosistemi

Pubblicato su Nature uno studio italiano sulla complessità degli ecosistemi e sulle loro dinamiche evolutive.

Un gruppo di fisici italiani S. Azaele, S. Pigolotti e A. Maritan dell’Università di Padova con la collaborazione di J. R. Banavar della Penn State University (USA), hanno pubblicato su Nature una letter che rappresenta un importante contributo allo studio delle dinamiche degli ecosistemi.Gli ecosistemi sono dei sistemi molto complessi dalla cui comprensione siamo ancora molto lontani. L’elevato numero di specie presenti e i complicati rapporti esistenti nelle e tra le specie rappresentano solo alcune delle variabili da considerare.
Nel loro lavoro gli scienziati hanno considerato le dinamiche comportamentali della comunità e le hanno valutate confrontandole con le previsioni fatte da un modello neutrale per un ecosistema prossimo o già all’equilibrio.Oltre a fornire la descrizione dell’abbondanza relativa delle specie, le analisi hanno portato a una comprensione quantitativa del turnover (il tasso con cui le specie si sostituiscono) e di quello di estinzione e a una misura della scala temporale dell’evoluzione neutrale.
Lo studio è stato effettuato su dati raccolti a Panama sull’isola Barro Colorado in un periodo di dieci anni, dal 1990 al 2000. Il modello fornisce per questi dati una buona descrizione e predice le dinamiche di estinzione delle specie attuali.Quello che viene presentato è un modello analitico che permette di provare le caratteristiche delle foreste pluviali in evoluzione nel tempo e di valutare le conseguenze di perturbazioni legate all’attività dell’uomo.L’approccio dello studio è una descrizione dell’ecosistema sottoposto a dinamiche neutrali che possono essere risolte analiticamente.
Il modello che emerge rappresenta un buon punto di partenza per futuri studi dove possano essere incorporati altri elementi come dinamiche non neutrali e effetti spaziali ed ambientali legati al passare del tempo.

Chiara Ceci

Annusare sott'acqua

Si pensava che tutti i mammiferi riadattati alla vita in acqua avessero perso l'uso dell'olfatto e invece...

Una ricerca del biologo Kenneth Catania, della Vanderbilt University di Nashville, dimostra che alcuni mammiferi semiacquatici, come la talpa dal muso stellato (Condylura cristata) e il toporagno acquatico americano (Sorex palustris), hanno ritenuto questa capacita' e "annusano" l'ambiente subacqueo circostante con un metodo particolare. In una comunicazione pubblicata su Nature, il ricercatore spiega i dettagli della sua ricerca: osservando un esemplare di C. cristata, Catania si e' accorto che esso emetteva un grande quantitativo di piccole bollicine, per poi risucchiarle dalle narici. Le bollicine venivano emesse ed inalate al ritmo "vertiginoso" di 5-10 volte per secondo: e' lo stesso metodo utilizzato da alcuni piccoli roditori terrestri, compresi ratti e topi, che si trovano pero' ad agire in superficie. Vari esperimenti in laboratorio hanno dimostrato che C. cristata e S. palustris sono in grado di discernere pezzetti di cibo da altri campioni non edibili semplicemente usando il proprio senso dell'olfatto; nel caso di C. cristata e' stato escluso, con opportuni accorgimenti, il ruolo di quel potente strumento di indagine tattile dell'animale, rappresentato dall'appendice tentacolare sul muso.
Quali altri mammiferi acquatici hanno ritenuto la capacita' di annusare sott'acqua? Perche' i cetacei hanno perso l'olfatto nel loro cammino evolutivo? E' una questione di dimensioni? E allora, come se la cavano foche ed otarie? Sono tutte domande alle quali Kenneth Catania spera di dare in futuro una risposta.

Paola Nardi

I batteri più piccoli del mondo

Scoperte 3 nuove specie di batteri. Al momento costituiscono le forme di vita più piccole conosciute.

Grazie al lavoro pubblicato su Science del microbiologo dell'Università della California a Berkeley, Brett Baker, sono stati scoperti i più piccoli esseri viventi fino ad ora conosciuti, con la dimensione record di 200 nanometri di diametro. Si tratta di 3 specie di Archeobatteri, uno dei due gruppi in cui sono divisi i Procarioti, che vivono nel fango di alcune miniere di ferro statunitensi. Questi sono stati successivamente denominati ARMAN-1, -2 e -3. Il loro scopritore è ora intenzionato a coltivarli in laboratorio con l'intento di andare più a fondo nella conoscenza di questi microscopici organismi.

Andrea Romano

Uomo e scimpanzè sono più lontani

Uno studio congiunto di quattro gruppi di ricercatori ha analizzato i genomi di uomini e scimpanzè, stabilendo che la differenza genetica tra le due specie sarebbe di circa il 6%.

Uomini e scimpanzè hanno un patrimonio genetico comune di circa il 94%, quindi presentano geni eclusivi di ciascuna specie per solo il 6% del genoma. Questo è quanto asseriscono, in una ricerca congiunta, quattro gruppi di ricercatori di differenti università: la Bristol University, la University of Colorado, la University of Michigan e la Indiana University of Bloomington. Questa nuova stima della differenza genetica tra uomo e scimpanzè, come risultato di un nuovo metodo di comparazione tra sequenze di DNA, è stata riportata sull'edizione inaugurale di Public Library of Science ONE (PLoS ONE), una rivista open access su cui è disponibile l'articolo originale.
I ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sulle "famiglie di geni" dell'uomo (Homo sapiens sapiens), dello scimpanzè (Pan troglodytes), del topo (Mus musculus) e del cane (Canis lupus familiaris). Le "famiglie di geni" sono gruppi genici che si ritrovano molto simili o identici in tutti gli organismi, in quanto presentano un'origine filogenetica comune. Sono stati esaminati 110.000 geni appartenenti a 9.990 famiglie geniche delle quattro specie in esame. Lo studio si è poi concentrato sulle famiglie geniche comuni a uomo e scimpanzè, nel tentativo di ricostruire le modificazioni geniche che hanno portato all'evoluzione dell'uomo a partire dal progenitore comune alle altre scimmie antropomorfe. L'analisi sembrerebbe dimostrare che molte delle differenze genetiche tra le due specie sono dovute alla duplicazione o alla perdita di alcuni geni, soprattutto quelli che inluenzano le funzioni cerebrali, piuttosto che alla mutazione di essi. In altre parole, sia la perdita che il guadagno di singoli geni ha contribuito alla divergenza tra l'uomo e gli altri primati. Infatti, tramite un metodo statistico, gli scienziati ipotizzano che la nostra specie abbia guadagnato 689 nuovi geni, attraverso la duplicazione di geni già esistenti, e perso altri 86 dal momento della divergenza tra noi e gli scimpanzè dal nostro progenitore comune. Includendo nell'analisi i 729 geni che i nostri "cugini" sembrano aver perduto, la differenza totale tra le due specie ammonta a circa il 6% del patrimonio genetico.
Questi risultati non confutano la comune convinzione che i DNA delle due specie differiscano solo per 1,5% della sequenza nucleotidica, ma evidenziano che esistono vari modi per stabilire la distanza filogenetica tra specie diverse. Non si esclude che in futuro vengano creati metodi comparativi in grado di rendere conto sia delle differenze esistenti tra le sequenze di basi, sia, a livello più macroscopico, delle differenze strutturali dei genomi.

Andrea Romano

Come i primi fissatori di azoto

Scoperto un archebatterio metanogeno ipertermofilo capace di fissare l'azoto alla temperatura di 92 °C: siamo di fronte al fossile vivente dei primi fissatori di azoto apparsi sulla Terra?

La scoperta, annunciata recentemente sulla rivista Science da John Baross, professore di oceanografia, e dalla ricercatrice Mausmi Mehta, entrambi alla University of Washington di Seattle, sembrerebbe sostenere l'ipotesi che la capacita' di sintetizzare la nitrogenasi, un complesso enzimatico che converte l'azoto atmosferico in ammoniaca (rendendo l'azoto disponibile ai viventi), si sia evoluta prima che le tre linee principali della vita (Archaebacteria, Eubacteria ed Eukarya) si dividessero. L'archebatterio ipertermofilo FS406-22, scoperto nelle acque quasi all'ebollizione di un camino idrotermale presso un sito della dorsale pacifica denominato Axial Volcano, al largo della costa tra Stato di Washington e Oregon (Stati Uniti Nordoccidentali), e' il frutto di una ricerca durata piu' di vent'anni: essendo capace di rendere disponibile l'azoto necessario al proprio metabolismo a tali temperature, il batterio fissa un singolare primato, detenuto finora da Methanothermococcus thermolithotrophicus, scoperto in Italia negli anni ottanta e capace di fissare l'azoto a 64 °C.
A supporto dell'ipotesi che FS406-22 costituisca un vero e proprio fossile vivente, la sua analisi genetica mostra sequenze geniche assolutamente primitive: in particolare, il gruppo di geni che produce le proteine della nitrogenasi avrebbe tutte le caratteristiche per somigliare moltissimo a quello dell'ultimo antenato comune di tutti gli organismi moderni.
E' un risultato che ha forti implicazioni evolutive, allarga l'orizzonte della conquista di territori "impossibili" da parte della vita sulla Terra, e stuzzica la fantasia degli esobiologi, alla ricerca della vita su altri pianeti.

Paola Nardi

Come i primi fissatori di azoto

Scoperto un archebatterio metanogeno ipertermofilo capace di fissare l'azoto alla temperatura di 92 °C: siamo di fronte al fossile vivente dei primi fissatori di azoto apparsi sulla Terra?

La scoperta, annunciata recentemente sulla rivista Science da John Baross, professore di oceanografia, e dalla ricercatrice Mausmi Mehta, entrambi alla University of Washington di Seattle, sembrerebbe sostenere l'ipotesi che la capacita' di sintetizzare la nitrogenasi, un complesso enzimatico che converte l'azoto atmosferico in ammoniaca (rendendo l'azoto disponibile ai viventi), si sia evoluta prima che le tre linee principali della vita (Archaebacteria, Eubacteria ed Eukarya) si dividessero. L'archebatterio ipertermofilo FS406-22, scoperto nelle acque quasi all'ebollizione di un camino idrotermale presso un sito della dorsale pacifica denominato Axial Volcano, al largo della costa tra Stato di Washington e Oregon (Stati Uniti Nordoccidentali), e' il frutto di una ricerca durata piu' di vent'anni: essendo capace di rendere disponibile l'azoto necessario al proprio metabolismo a tali temperature, il batterio fissa un singolare primato, detenuto finora da Methanothermococcus thermolithotrophicus, scoperto in Italia negli anni ottanta e capace di fissare l'azoto a 64 °C.
A supporto dell'ipotesi che FS406-22 costituisca un vero e proprio fossile vivente, la sua analisi genetica mostra sequenze geniche assolutamente primitive: in particolare, il gruppo di geni che produce le proteine della nitrogenasi avrebbe tutte le caratteristiche per somigliare moltissimo a quello dell'ultimo antenato comune di tutti gli organismi moderni.
E' un risultato che ha forti implicazioni evolutive, allarga l'orizzonte della conquista di territori "impossibili" da parte della vita sulla Terra, e stuzzica la fantasia degli esobiologi, alla ricerca della vita su altri pianeti.

Paola Nardi

I sistemi predatore-preda e gli oscillatori accoppiati

Un concetto caro a fisici e matematici diventa ora utile strumento per spiegare il delicato rapporto ecologico tra consumatori e risorse in natura.

John Vandermeer, ecologo teorico alla University of Michigan, propone dalle pagine di BioScience il modello matematico degli oscillatori accoppiati per spiegare il complesso andamento ondulatorio o pulsato delle dimensioni delle popolazioni di predatori e prede. Il concetto di popolazioni oscillanti non e' certamente nuovo negli studi ecologici, ma nel suo lavoro decennale Vandermeer ha voluto studiare differenti sistemi predatore-preda interconnessi tra loro: se, ad esempio, in un ecosistema si considerano due sistemi oscillanti e indipendenti come leone-zebra e ghepardo-impala, l'invasione da parte di un terzo predatore, come il leopardo, determinera' l'interconnessione dei sistemi considerati: si avra' quindi un sistema di oscillatori accoppiati, che cominceranno a oscillare in fase, cioe' i massimi e minimi delle popolazioni dei predatori si raggiungeranno contemporaneamente. Nel punto di minimo si creera' un vantaggio per la popolazione del terzo predatore, mentre quando si raggiungera' il massimo il terzo predatore verra' probabilmente estromesso dal territorio. Anche l'immissione nell'ecosistema di una nuova preda (ad esempio l'antilope, che puo' competere per il cibo con zebre ed impala) causa un effetto accoppiante, detto di caos sincronizzato (gia' conosciuto in fenomeni fisici quali l'emissione laser), tra due sistemi predatore-preda precedentemente indipendenti: quando la nuova preda oscilla in antifase con le altre due prede, essa e' in grado di sopravvivere nello stesso territorio, nonostante la competizione con esse.
Vandermeer ritiene quindi di avere ora a disposizione degli strumenti matematici (corredati delle relative simulazioni al computer) adeguati a modellizzare sistemi ecologici particolarmente complessi, la cui razionalizzazione ha disturbato per anni il sonno degli ecologi, secondo l'autore troppo legati ad un approccio tradizionale, newtoniano, al problema. Secondo Vandermeer tutti i sistemi ecologici del tipo consumatore-risorsa necessitano di essere rivisitati alla luce degli oscillatori accoppiati.

Paola Nardi

Intelligent design and the Age of Endarkenment

Un preoccupato saggio sulle avvisaglie di un ritorno dell'Oscurantismo, dell'eclisse della ragione è appena stato pubblicato da Gerald Weissmann, direttore editoriale del prestigioso The FASEB Journal. L'articolo "Intelligent design and the Age of Endarkenment" potete trovarlo sull'ultimo fascicolo della rivista Pharos, autumn 2006.

Seguite Weissmann su FASEB. I suoi editoriali spesso pubblicano articoli estremamente interessanti. Eccone alcuni (è gratuito l'accesso al testo intero):
Teach evolution, learn science: we’re ahead of Turkey, but behind Iran FASEB J. 2006 20:2183-2185
Swift-boating Darwin: alternative or complementary science FASEB J. 2006 20:405-407
Intelligent Design: Hooke and The Lynxes FASEB J. 2005 19:1933-1935
The facts of evolution: fighting the Endarkenment FASEB J. 2005 19:1581-1582


Paolo Coccia